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I LUSIADI
DI
LUIGI CAMOENS
TRA D U ZI ONE
D I
ANTONIO NERVI
SECONDA EDIZIONE
ILLUSTRATA CON NOTE
DI D. B.
SI AGGIUNGONO
LE NOTIZIE BIOGRAFICHE DELL"1 AUTORE
F ARI l CENNI E GIUDIZI INTORNO AL POEMA
fi GLI ARGOMENTI DEI CANTI
MILANO
DALLA SOCIETÀ TIPOG. OBI CLASSICI ITALIANI
M. D. CCC. XXI
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'V
A WER TIM EN TO
VEGLI
EDITORI MILANESI
/j Iliade e V Odissea di Omero ,
V Enei de di Virgilio , V Orlando Furioso
dell Ariosto , la Gerusalemme liberata del
Tasso , i Lusìadi del Camnens , il Para-
diso perduto del Milton , V Enricheide del
Voltaire , la Messi ade del Klopstoch , sono
i poemi a cui la Musa delV E pop eia ha ,
per universale assentimento , conceduta la
trionfale corona. Alcuni vogliono ad essi
aggiugnere V Araucana dello spagnuo'o Er-
oi Ila. La Farsaglia di Lucano . la Tehaide
di Stazio , V Italia liberata da’ Goti del
Trissino , la Conquista di Granata del
Graziani , ec. , poemi abbondanti di bel-
lezze , ed assai riputati , appartengono però
ad una sfera inferiore.
Il pellegrino ingegno del cav. Vincenzo
Monti , donando all’ Italia una traduzione
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IV
AVVERTIMENTO
dell ’ Iliade , ha nelle vere sue forme rap-
presentato a ’ nostri occhi
. . . quel Signor dell’ altissimo canto
Che sovra gli altri, com’ aquila, vola.
DaW illustre cav. Ippolito Pindemonte sì
è terminala una versione dell’Odissea, già
decantata fin cP ora come eccellente lavoro.
È da bramarsi che il soverchio amor della
lima non ci tolga piu a lungo il piacere
di seguire nel volgarizzamento del prode
Veronese gli errori dell’ accorto Jìgliuol di
Laerte, il quale, poiché espugnata fu Troia y
Mores hominum multorum vidil, et urbes.
Grande e quasi infinito e il numero de*
verseggiatori che si adoperarono a far ita-
liano d gran poema di Virgilio , o per in-
tero od in parte. Ma tutti essi cedono ad
Annibai Caro , come le stelle all ’ apparir
del sole nascondono tutte la fronte sce-
mata.
La nostra letteratura si vanta , come la
greca , di aver prodotto due capolavori
epici , il poema cioè dell’ Ariosto e quello
del Tasso. Vi fu chi al Furioso contese il
titolo di epico : « Chiamatelo adunque di-
vino 3 n disse un uomo d’ingegno pronto e
sottile. Lacerato da sciaurati critici e dagli
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DEGLI EDITORI
V
Accademici della Crusca , il grande èd in--
felice Torquato rifece il suo maraviglioso
poema. Trista condizione de} sovrani intel-
letti ! La turba de * mediocri si avventa ad-
dosso a loro , piti fiera che que3 mastini
della Macedonia , da cui tanta fatica du-
rano a liberarsi i viandanti. Ma V eccel-
lenza della Gerusalemme liberata non con *
cedeva al suo stesso autore il far meglio.
La posterità ha giudicato la lite ; tutte le
nazioni hanno voluto recare quell ’ aurea
composizione nella loro favella; ed il Tasso
è divenuto il poeta piu popolare dell} Eu-
ropa , il poeta il più letto , il più gustato
di lutti , non eccettuati Omero , Virgilio e
V Ariosto ; ancorché egli ceda al Greco
nella novità, al Latino nello splendore , ed
al suo predecessore Italiano nella fecondità
della immaginativa e nel brio.
Parecchi traduttori italiani , come sono il
Rolli , il Mariottini , il Papi , il Marti -
nengo , il Corner , il Leoni , hanno voltato
in verso toscano il poema di cui sì giusta-
mente orgogliosa va V Inghilterra , quel
poema in cui la celeste Musa che inspirò
Mose sulle romite cime del Sinai , canta la
prima disobbedienza dell’uomo, ed il fatai
pomo, cagione di tante miserie. Tutte quelle
traduzioni però non tolgono che V italiana
VI AVVERTIMENTO
poesia debba sperarne tuttora una piti for~
bìta e perfetta.
- L’ Enriade od Enricheide del Volta-ire
venne fatta italiana essa pure. Ma la poe-
sia francese , il cui pregio principale con-
siste nella chiarezza e nelP eleganza f usa
troppo scarsamente i colori poetici per far
vistosa comparsa , quando trasportata sul
Parnaso italiano. La nostra favella , poe-
tica in modo eminente , si compiace nella
varietà e nel vigor delle immagini , nel
parlar lontano dal comune sermone , e nelle
grandi ed ardimentose figure. Quindi av-
viene che non abbiamo una sola traduzione
dalla poesia francese che si possa leggere
con diletto , tranne forse alcune tragedie.
D’ altronde la favella de’ Francesi tanto
conosciuta e studiata in Italia , che ogni
lettore , alquanto colto , preferisce di attì-
gnere alle fonti , e gusta nell’ originale pu-
rità le bellezze de’ poeti di una nazione
che tanto nelle lettere e nelle scienze ,
quanto nelle arti e nelle armi assai glo-
riosamente si è dimostrata a? dì nostri.
La Messiade dell’ alemanno Klopstock
trovò ben presto un traduttore italiano nel
signor Zigno , il quale non senza qualche '
bravura sostenne l’arduo e periglioso as-
sunto. Conviene avvertire per altro che le
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degii editori vii
bellezze della Messiade non sono di tal
indole da molto attalentare ai lettori ita-
liani. L} autore spazia del continuo fra gli
aerei regni della fantasia , e noi , eredi in
letteratura del gusto deì Greci e de 3 La-
tini } ci dilettiamo principalmente in veder
ritratta la natura che a 9 nostri sensi sog-
giace , e preferiamo le viraci scene della
vita reale alla pittura d’ enti incorporei, ed
alle illusioni in cui si smarrisce il pensiero.
Il bel poema in cui V illustre Camoens ,
tanto somigliante al nostro Tasso per V al-
tezza dell' ' ingegno e la severità della for-
tuna , celebrò nella maestosa sua lingua le
maravigli ose gesl^pde 3 Portoghesi nelV India ,
fu tra statato in italiano dal genovese Paggi ?
fino dalla metà del seicento, (i) Ilavvene pure
un3 altra versione , falla da un Piemontese,
verso la metà del secolo scorso ; ma en-
trambe non molto - degne di lode. Il conte
(i) U originate e in oliava rima portoghese. IV e re-
chiamo la prima oliava ad esempio :
As Armas , e os Barnes aisinalados,
- ' Que da Occidental praia Lusitana ,
Por roares nuoca de ante* naregados
Passaram ainda aleni da Tuprobana ;
Em perigos , e guerra* esforgados ,
Mais do que promettia a for;a human* ,
Entre genie remota edifiraram
Novo rcino , que tanto sublimaram :
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Vili
AVVERTIMENTO
di' S. Raffaele , letterato di riguarderai
pregio , avea divisato di ridurre i Lusiadi
in versi sciolti italiani : egli però non molto
pih fece che dar incorni nei amento all 3 im-
presa. La traduzione di che ora abbiamo t
preso a dure una ristampa , e V opera ( se
il vero ci fu riferito ) di vent 3 anni di la-
voro, ritoccato del continuo dal chiarissimo
P. Solari. Checché però di ciò sia , assai
bella apparirà questa traduzione a chiun-
que sia buon conoscènte di poesia italiana.
Facile ed armonioso n3 è il verso , sciolta
e poetica la dicitura ; e se piu la stretta
fedeltà non v3 e conservata , continuo però
vi risplende il merito della nobiltà e del-
Veleganza.
Essa fu stampata in Genova nel 1 8 r 4- »
« ben tosto ebbe spaccio in quel paese , ove
più non se ne incontrano copie in vendita
appresso cd librai. Non essendo , per cosi
dire , uscita da3 confini Ligustici questa
traduzione , di cui i giornali letterarii non
fecero cenno veruno , si rimase come sco-
nosciuta in Italia ; ne sarà questa la prima
volta che un lavoro , degnissimo di tutta
lode , si giaccia per molt3 anni ignorato tra
noi. La mancanza di un centro letterario
apporta lagrimevole danno agli studii ita-
liani.
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DEGLI EDITORI
IX
, Nel riprodurre co’’ nostri torchi quest? ec-
cellente. traduzione de Lusiadi , si e giudi-
cato opportuno di corredarla:
i.° Del Compendio della Vita del -
V Autore, scritto dalla celebre signora di
Stael.
2.0 Di una Giunta ad esso Compendio
fatta dal sig di Villenave.
3.° Di un Articolo del sig . Sismondo
Si smondi intorno i Lusiadi del Camoens , e
la magnifica edizione fattane in Parigi dal
sig. de Souza Botelho.
4 ° Di un Giudizio sopra lo stesso
poema, tratto dada Storia Universale della
Letteratura del P. Andres.
5. ° Degli Argomenti a ciascun Canto.
6. ° Di un gran numero di Note rela-
tive all’ istoria del Portogallo , od alle al-
lusioni ed imitazioni del Camoens. Si sono
pure riferiti i passi de? poeti latini ed ita-
liani che. hanno affinità con altri passi del
poema portoghese.
Queste Note furon tratte dalle Istorie por-
toghesi di Manuel de Faria i Souza , dal-
l’Asia di Giovanni Barros , dalle Bellezze
dell’ Istoria Portoghese del Durdent , dal-
l’ Istoria Universale degli Inglesi , da quella
del Mullcr , da varie Biografìe inglesi e
francesi , dal Comento di Manuel de Farla-
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X AVVERTIMENTO DEGLI EDITORI
i Souza y e da quello di Manuel Correa ,
posti al poema originale , da’ Comenti di
De Costerà e di La Harpc che accompa-
gnano le loro traduzioni francesi, ec.; un' al-
tra parte è nuova del tutto.
Tante e sì dilìgenti cure , avvalorate dal
raro merito della traduzione , ci confortano
a sperare che questa ristampa verrà ac-
colta con lusinghiero favore ; e quindi trar-
remo animo a pubblicare fra breve altre
commendevoli largamente, illustrate tradu-
zioni di poeti stranieri , le quali o si giac-
ciono affatto dimenticate , o sono oltremodo
difficili a rinvenire.
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XI
COMPENDIO
DELLA VITA
DI LUIGI CAMOENS
SCRITTO
\
DALLA SIGNORA BARONESSA
DI STAEL
-I—Juigi Camoews, il più celebre dei poeti
portoghesi, nacque in Lisbona nel 1.517. Di
nobil famiglia era suo padre, e sua madre
apparteneva all’ illustre casa di Sà. Egli fece
i suoi studi in Coimbra. Quelli che gover-
navano l’educazione in cotesta città, non
pregiavano , nella letteratura , altro che l’ imi-
tazion degli antichi. Il sommo ingegno di
Camoens era inspirato dall’istoria (Iella sua
patria e dai costumi del suo secolo. Le
sue poesie liriche, soprattutto, appartengo-
no. ael pari che le opere di Dante, del Pe-
trarca, dell’ Ariosto e del Tasso, alla lette-
ratura rinnovata dal Cristianesimo, ed al
I
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XII
NOTIZIE BIOGRAFICHE
genio cavalleresco, anzi che alla letteratura
meramente classica. Onde avviene che ì set-
tatori di questa, assai numerosi al tempo di
Camoens, non applaudirono ai primi suoi passi
nella carriera de’ versi. Finiti i suoi studi ,
egli sen tornò a Lisbona. Caterina di At-
ta yde, dama di palazzo, lo accese di vivis-
simo amore. I.e passioni ardenti vanno spesso
unite alle altissime doti naturali dell’intel-
letto. La vita di Camoens fu alternativamente
consumala da’ suoi affetti e dal suo ingegno.
Rilegato egli venne a Santarem, per le con-
tese che sopra di luì trasse l’amore che a
Caterina ei portava. Quivi, nella solitudine,
egli compose molte poesie, le quali espri-
mevano lo stato della sua anima; ed uno può
seguire il corso della sua istoria, riguardando
a’ diversi generi d’impressione che ne’ suoi
«critti si pingono. Mosso a disperazione dalla
sua sorte, entrò come semplice soldato nella
milizia , e servì nell’ annata navale che i
Portoghesi mandarono contro que’ di Ma-
rocco. Egli componeva versi in mezzo alle
battaglie; ed ora i pericoli della guerra ec-
citavano il suo poetico estro, ora il poetico
-estro infiammava il suo guerriero valore.
-Il Camoens perde l’occhio destro per un’ ar-
chi bugi ala ricevuta dinanzi a Ceuta. Tornato
che fu a Lisbona, egli sperava almeno che
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dell’ autore
XIII
le sue ferite riporterebbero mercede , se pre-
giata non era la virtù del sno ingegno; ma
quantunque doppio titolo avesse al favor del
suo Ile, tuttavia grandi ostacoli lo altraver-,
sarono. Gl' invidiosi hanno spesso 1" arte di
distruggere un merito col mezzo dell’altro,,
in cambio di farli spiccare amendue nel
mutuo loro splendore. Camoens giustamente,
crucciato della dimenticanza in cui giacere
il lasciavano, s’ imbarcò per le Indie nel 1 553,
e disse, come Scipione, un addio alla sua
patria, protestando che le stesse sue ceneri
non avrebbero in essa la tomba. Egli giunse
nell’India, a Goa, celeberrima tra le stazioni
de’ Portoghesi. Commossa fu la sua imma-
ginativa all’ aspetto delle imprese de’ suoi
concittadini in quell’ antica parte del mon-,
do ; e sebbene avesse di che lagnarsi di loro ,
volle nulla di meno fame eterna la gloria
in un poema epico. Ma la stessa vivezza di
fantasia, la quale forma i sommi poeti, rende
assai malagevoli i riguardi che una condi-
zione dipendente richiede. Camoens s’ irritò
contro gli abusi che commeltcvansi nel ma-
neggio delle cose dell’India, e compose in-
torno a quest’ argomento una satira, della
quale il Viceré di Goa prese tanto sdegno,
che lo mandò in esiglio a Macao. Colà egli
XIV
NOTIZIE BIOGRAFICHE
visse più anni, non avendo per sua compa-
gnia che un cielo più splendido ancora ohe
il cielo della sua patria, e quel bell’ Oriente,
giustamente denominalo la Culla del mondo.
Egli vi compose la Lusiade , e forse , in così
pellegrina fortuna, questo poema dovrebbe'
mostrarsi di un divisamento anche più au-
dace. La spedizione di Vasco di Garaa nelle
Indie , l1 intrepidezza di quella navigazione ,
che non era inai stala intrapresa per lo in-
nanzi , forma l’ argomento del suo poema.
I passi più generalmente conosciuti sono
l’episodio d’ Ines di Castro, e l’apparizione
di Adamaslorre, quel genio delle tempeste,
il quale vuole fermar Gama allorché questi
è in procinto di superare il Capo di Buona
Speranza, il rimanente del poe ria vien so-
stenuto dall’artificio con cui Camoens ha
saputo tramischiare i racconti dell’ istoria
portoghese colle splendide immagini della
poesia, e la divozione cristiana coile favole
del paganesimo. Questo accozzamento fu rim-
proverato al poeta ; ma noi non portiamo
avviso che esso produca, nella Lusiade, una
impressione discorde:, imperciocché si sente
assai bene, nel leggerla, che il cristianesimo
è la realtà della vita, ed il gentilesimo è
l’ adornamento delle feste *, anzi evvi un certo
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dell’ autore
XV
che di delicato in non servirsi di ciò che è
santo agli occhi stessi del Genio. Camoens,
d'altronde, aveva ingegnosi motivi per in-
trodurre la mitologia nel suo poema. Lo
attalentava il ricordare la romana origine
de’ Portoghesi; e Marte e Venere conside-
rati non eran soltanto come le tutelari deità
de’ Romani, ma come gli antenati di loro
eziandio. La favola attribuisce a Bacco la
prima conquista delle Indie; era quindi na-
turale il rappresentarlo come geloso delle
imprese de’ Portoghesi; nulla di meno que-
sto uso della mitologia, ed alcune altre imi-
tazioni delle opere classiche, danneggiano
l’ originalità delle scene che il lettore si
aspetta di rinvenire in un poema Del quale
l’India e l’Affrica sono descritte da quel
medesimo che le ha trascorse. Un Porto-
ghese debbe essere impressionato meno di
noi dall’ aspetto delle bellezze della meridio-
nale natura; ma evvi alcuna cosa di si por-
tentoso ne’ disordini e nelle bellezze delle
antiche parti del mondo , che avidamente ne
ricerchiamo le particolarità ed i capricci, e
forse Gamoens si è troppo conformato, nelle
sue descrizioni, alla teorica delle belle arti che
Siù comunemente e ricevuta. La versificazione
ella Lusiade ha tanta pompa e tanto vezzo
XVI
NOTIZIE BIOGRAFICHE
neH'originale favella, che non solo i Porto-
ghesi di colto ingegno, ina eziandio que’ del
popol minuto, ne sanno a menle moltissime
ottave, e le cantano con grandissimo amore.
L’ unità d’ interesse nella Lusiade consiste
principalmente nel sentimento di amor di
patria che tutto intero lo avviva. La gloria
nazionale de’ Portoghesi vi comparisce ad
ogni istante sotto tutte le forme che l’ im-
maginazione le può conferire. Quindi è na-
turale che i concittadini di Camoens lo am-
mirino, anche più degli stranieri. I gratissimi
episodi di cui la Gerusalemme va fregiata ,
le compartiscono un buon successo univer-
sale; e quand’ anche fosse vero, come alcuni
critici tedeschi hanno preteso, che nella Lu-
siade ci abbia un colorilo istorico più fermo
e più vero che nel lavoro del Tasso, con-
tuttociò le finzioni del poeta italiano più
splendida ne faranno sempre e più popolare
la fama. Camoens venne finalmente richia-
mato dal misero suo esilio, posto all’estremo
del mondo; ma nel ritornare a Goa, la nave
in cui era, ruppe alla foce del fiume Mecon
in Cochinchina , ed egli salvossi a nuoto t
tenendo in mano, come Cesare, fuori del-
l’acqua i fogli del suo poema, solo tesoro
«b egli involasse al mare , ed a cui portava
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dell’ autore
XVII
più amore che a’ propri suoi giorni. Questa
coscienza della grandezza del proprio inge-
gno è pur bellissima cosa quando la confer-
mano i posteri. E quanto meschina a vedersi
è la vanità mal fondata, altrettanto è no-
bile il . sentimento che ti dà securezza di ciò
che tu fai, a malgrado degli sforzi che al-
tri fa per conculcarti od opprimerti. Nello
sbarcare sul lido , egli comentò, in una delle
sue poesie liriche , il famoso salmo delle
figlie di Sionne in esilio ( super / lumina Ba -
bylonis ). Camoens si credeva già di ritorno
al suo natale paese , nell’ atto di toccare il
suolo dell’ India in cui i Portoghesi erano
stabiliti. Di questa fatta la patria si com-
pone de’ concittadini , della lingua , di tutto
ciò che rammenta i luoghi, dove ritroviamo
le memorie dei dolcissimi nostri anni primi.
Gli abitatori del Mezzogiorno sono affezio-
nati agli oggetti esterni, e quelli del Set-
tentrione alle abitudini; ma tutti gli uomi-
ni, e specialmente i poeti esiliati dal paese
che gli ha veduti a nascere , appendono ,
come le donne di Sion, la lor arpa ai salici
di dolore che crescono sulle rive straniere.
Camoens, tornato a Goa, vi fu perseguitato
da un nuovo Viceré, e chiuso in prigione
per debiti. Alcuni amici però si obbligarono
per lui, onde fu in grado d’ imbarcarsi e
Camoens b
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XVIII
NOTIZIE BIOGRAFICHE
di ricondursi a Lisbona nel i '>69, sedici anni
dopo la sua partenza d’Europa. Il re Seba-
stiano, uscito appena dalla fanciullezza, prese
a riguardare con benevolenza il poeta. Egli
accettò la dedica della Lusiade, e trovan-
dosi in procinto d’ imprendere la sua spedi-
zione contro i Mori dell’ Affrica , conobbe
meglio di ognuno l’ eccellenza dell’ ingegno
di questo poeta , il quale amava non meno
di lui i pencoli, allorché potevano essere
di scala alla gloria. Ma detto avresti che il
fato sinistro, di cui il Camoens era bersa-
glio, sovvertiva perfino la fortuna della sua
patria per ischiacciarlo sotto piò vaste ro-
vine. Il re Sebastiano fu morto dinanzi a Ma-
rocco, nella battaglia di Àlcacar, l’anno 1578.
La regale famiglia si spense insieme con lui,
ed il Portogallo fu privato della sua indi-
pendenza. Ogni baglior di speranza dileguossi
allora per l’infelice poeta; la povertà del
quale era sì grande che , nell’ oscurità della
notte, uno schiavo che condotto egli aveva
con se dall’India, mendicava perle contrade
onde provvedergli il vitto. In questo misero
stato egli scrisse ancora alcune canzoni : ed
i piò belli fra i suoi componimenti lirici con-
tengono dolenti querele sopra la miserabil
sua sorte. Di quanta eccellenza d’ingegno non
doveva esser dotato colui che una novella
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dell’ AUTORE XIX
inspirazione sapeva attignere in que’ pa-
timenti stessi che tutte le tinte della poesia
avrebbero pur dovuto distruggere. Final-
mente l’eroe della letteratura portoghese,
il solo di quella contrada la cui gloria sia
nazionale ad un tempo e sia europea, morì
nello spedale di Lisbona, l’anno 1079, sessa-
5 esimo secondo della sua vita. Quindici anni
opo, innalzato gli fu un monumento (r).
Questo breve intervallo divide il più crudele
abbandono dalle più splendide manifesta-
zioni di entusiasmo; ma in questi quindici
anni la morte si era collocata qual media-
trice tra la gelosia de’ contemporanei e la
segreta loro giustizia.
(1) Con queit’ iscrittone : .4 i/ui jaz Luis de Cameens
Principe dos Poetas de seu tempo : vi reo pobre e mise-
rare temente , e assim morreo o anno de i5 79.
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GIUNTA
DEL SIGNOR VILLENAVE
AL COMPENDIO -
DELLA VITA DEL CAMOENS
M,
Latteo Cardoso, Gesuita, professore di
belle lettere in Evora, compose il seguente
epitafio che fu scolpito sulla tomba di Ca-
moens :
Naso eìegis, Flaccus lyricis, epigrammate Marcus ,
Hic jacet heroo cannine r irsilius.
Ense simul calamoque auxit tibi, Lysia, famam :
Unam nobilitant Mars et Apollo manum.
Castalium Jontem traxil mndulamine ad Indos ,
Et Gangi tclis obslupejecit aquas.
Lysia mirata est, quando aurea carmina lucrum
Jngrnii , haud gazas , ex oriente tulit.
Sic bene de patriil meruit, dum fulminai ense ,
Al plus uum calamo bellica Jacta refert. .
II unc Itali , Galli , Hispani vertere poètam ,
Quaelibet hunc vcllet terra vocarc suum.
V ertere fas , aequare nefas , aequabilis uni
Est sibi , par nemo , nemo secundus erit.
XXII
NOTIZIE BIOGRAFICHE
Il Tasso fece il seguente sonetto in onore
del Camoens, poco tempo dopo la pubbli-
cazione della Lusiade , e prima che venisse
in luce la sua Gerusalemme:
VJsco , le coi felici ardite antenne
Incontro al Sol che ne riporta il giorno
Spiegar le vele e fer colà ritorno ,
Ov1 egli par che di cadere accenno ;
Non più di te per aspro mar sostenne
Quel che fece al Ciclòpc oltraggio e scorno ,
3Vè chi turbò le Aiyie nel suo soggiorno^
Nè diè più bel subbielto a colte penne.
Ed or quella del colto e buon Luigi
Tant’ oltre stende il glorioso volo,
Che i tuoi spalmati legni andar men lunge ,
Onde a quelli a cui s1 alza il nostro polo
Ed a chi ferma incontra i suoi vestigi
Per lui del corso tuo la fama aggiunge.
Oltre la Lusiade , il Camoens compose
gran numero di poesie diverse , come sonet-
ti , canzoni , sestine , odi , elegie , egloghe ,
stanze , epigrammi , satire , e due comme-
die, intitolate: Gli amori di Filodemo , e
L’Anfitrione, imitato da Plauto. Hawi molto
del sublime m alcune sue odi, e le sue sa-
tire sono asperse di fiele. Un dotto Porto-
fhese disse all' abate di Longuerue , che
autore della Lusiade aveva inventato due
mila vocaboli, i quali tutti erano stati ac-
colti nel tesoro della favella. I Portoghesi
\
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dell’autore h xxm
risguardano .il Camoens come il loro Virgi-
lio, il loro Orazio, il loro Ovidio ed il loro
Marziale. Le principali edizioni della Lu-
siade e delle poesie diverse del Camoens
sono le seguenti: i.° Os Lusiadas , Lisbo-
na >n 4*°ì 2*° Lusiadas eommentadas
por Manuel de Faria jr Souza. Madrid, i63g,
4 tom. in 2 voi. in fol., fìg., edizione pre-
giata e ricercata. Questo famoso commenta-
tore pubblicò nel 1640 un grosso y ohimè
m foglio per difendere il suo comento, e
lasciò, morendo (i65o), otto altri volumi
di osservazioni e di note sopra le opere del
Camoens* 3.° Obras do grande Luis de Ca-
moens} com os Lusiadas eommentadas por
Manoel Correa , com os. argumentos do
Jvam Franco Barrato , escrìta por Manoel
de Soria Severin. Lisbona, 1720. — Ma-
nuele Correa , il quale pubblicò la prima edi-
zione del suo commento nel i6i3, chiama
Camoens il principe della poesia eroica. Que-
sta edizione e dedicata a D. Bodrigo d’Acun-
ha, inquisitor di Lisbona; 4-° Obras de Luis
de Camoens. Parigi, Didot, ìySg, 3 voi.
in 12, fig. ; 5.° Rìmas dividi das in ciuco par <-
tes. Lisbona, i5g4, in 4 °» seconda edizione,
ivi, 1598, in 4.0; 6.° Rimas varias commen -
tadas por Manoel de Faria y Souza. Li-
sbona, i685, in fol. La Lusiade fu tradotta
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XXI r H0TIZ1E BIOGRÀFICHE
*" *■ r • • ' •
in versi casti gUani da Luigi Gomes di Tapia,
con noie ed osservazioni, Salamanca, i58o,
in 8.°; in otavas rimas, per Benito Caldera,
Alcalà, i58o in 4-**; pel’ Enrico Garcés, Ma-
drid, i?c)t,in 4-° Essa fu tradotta in prosa
francese dal sig. Du Perron de Castera, con
là vita di Camoens, e con note. Parigi, iy35
e T76S, 3 voi. in la, e da Laharpe (e
d’ Hermilly), Parigi, 1777, a voi. m 8.°,
fig. La Lusiade fu pure tradotta in italiano
da C. A. Paggi, di Genova. Lisbona, 16^9,
versione dedicata al Papa Alessandro VII ;
ed in inglese da Riccardo Fànshaw, Lon-
dra, ?655; e da G. I. Mickle. Oxford, 1776,
in 4.® ec. Un Carmelitano , detto • Tom-
maso di Faria, vescovo di Targa in Affrica,
ha tradotto in latino la Lusiade, la quale
trae il suo nome dai Lusiadi , (Portoghesi)
da Luso, xvir re di Spagna, ovvero da Lu-
so , figlio o compagno del Bacco indiano.
Questo poema è stato arricchito di coment! •
da Gomez di Tapia, Manuele Correa, Pie-
tro di Mariz, i6i3, in 4-°\ da Luigi Silva
de Brino, e Manuele Faria jde Souza. La
vita di Camoens fu scritta da Pietro de
Mariz, da Manuele di Faria, e da Du Per-»
ron de Castera. ' •' • ‘ * *
La più bella e riguardevole edizione de’
Lusiadi è però la seguente che ha dato
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t>ELL* autore
XXV
origine all’ articolo del dotto sig. Sismondo
de’ Sisnriondi riportato più innanzi:
Os Lusìadas. Poema epico de Luis de
Camoens , nova edic ió , correda , e dada a
luz por Dom Joze Maria de Souza Bolelho.
Un volume in foglio. Parigi, dai tipi di Fir-
mino Didot, 18x7.
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ni
CENNI
DEL SIG.
SISMONDO DE’ SISMONDI
' SOPRA
Ir
UNA NUOVA EDIZIONE (,i)
DE’ LUSIADI
E SOPRA ESSO POEMA
u n signore portoghese, distinto non meno
per la vastità delle sue cognizioni e P altezza
del suo carattere, che per la nascita, dopo
aver corso con onore P aringo diplomatico e
rappresentato il suo sovrano presso le corti
di Copenaghen, di Londra e di Parigi, ha
ora consacrato parecchi anni d’ occupazione
e una parte ragguardevole delle sue ric-
chezze ad innalzale un monumento al poeta,
« ' / » #
L1 edizione sopra mentovata. • •'
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XXVIII
CENNI E GIUDIZI
a cui i suoi compatrioti riferiscono tutta
la loro gloria nazionale. Dopo aver termi-
nato, mediante assidue cure, un’ edizione
dell’ Epopea del Camoens, la quale si può
considerare come la più magnifica opera che
l’arte tipografica abbia mai prodotta, ei l’ha
inviata m dono a tutte le pubbliche biblio-
teche d’Europa, a tutte quelle del Brasile
e dell’ A merica , e fino alle estremità delle
Indie e della China. Ha voluto che in cia-
scuno di quegli emporii delle arti e delle
lettere, il poema conservatore della gloria
portoghese fosse riguardato «piasi un tesoro
che tanto più gelosamente si custodirebbe,
non potendosi surrogargliene un simile; per-
ciò non ha consentito che pur un esemplare
di questa edizione venisse posto in commer-
cio. Si può ottenerlo dalla sua generosità,
ma non si può comprarlo.
11 Camoens, dopo aver languito nella mi-
seria, mori in uno spedale , nè con una pie-*
tra fu segnato, nel pubblico cimitero, it luogo
della, sua sepoltura; e 'il più grand’uomo
che abbia prodotto il Portogallo non rice-
vette una testimonianza di gratitudine da
quella patria di’ egli aveva coperta di glo-
ria. 11 sig. di Souza volle riparare quella
grande ingiustizia nazionale con un atto del
più pio entusiasmo; in Dome della patria,
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INTORNO AL POEMA
XXIX
quantunque col suo danaro particolare, egli
lia eretto un monumento al Camoens, e
nulla ha risparmiato onde quell' esimio la-
voro fosse degno e di essa e di lui.
E dapprima egli consacrò parecchi anni
agli studi filologici sovra il testo del Camoens,
con una pazienza che si trovava altre volte
negli eruditi del secolo xv, ma che più oggi
non si conosce. Per ristabilirlo in tutta la
sua. purezza , egli ha paragonato a verso a
verso tutte le esistenti edizioni; ha ricono-
sciuta così l’ ortografia del poeta e ne ha
segnate le anomalie, non avendo la lingua
portoghese alcuna legislazione a questo ri-
guardo , e stante che nessuna accademia
nssò regole generali , non essendo raro il
veder lo stesso autore seguire usi diversi
per la medesima parola.
11 signor di Souza ha aggiunto alla sua
edizione una nuova vita del Camoens, nella
quale egli ha rettificati i molti errori in cui
erano caduti i suoi predecessori , ed ha ap-
poggiato sovra autentiche prove il racconto
interessantissimo delle strane avventure di
quel guerriero poeta, di cui le disgrazie ag-
guagliarono la gloria.
Dopo quei lavori preparatori! , il sìg. di
Souza si rivolse a Firmino Didot, il più di-
stinto de’ tipografi francesi; e questi, come
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XXX
CENNI E GIUDIZI
il nostro Bodoni, ha saputo congiugnere alla
parte meccanica del suo lavoro tutto il gu-
sto dell’artista e tutte le cognizioni del let-
terato. Ha fuso pei Lusiadi un nuovo ca-
rattere, il più perfetto che sia uscito dalle
sue officine ; la magnificenza della carta ,
l’eguaglianza dell’inchiostro, la nitidezza am-
mirabile della stampa, sono state proporzio-
nate alla bellezza del soggetto , e l’ opera è
stata riveduta sulle prove con una diligenza
si scrupolosa che finora non vi si è potuto
scoprire un fallo.
Gerald, il primo pittore della scuola fran-
cese, ha assunto di dirigere le incisioni che
in numero di dodici ornano quella edizione;
sono degne per la loro bellezza del nome
celebre che portano. Staccate incisioni pos-
sono venir loro paragonate , ma niun libro
ancora era stato adorno di quadri sì egregi.
Noi quindi ci crediamo assai meno in do-
vex*e di chiamare 1’ attenzione del pubblico
sovra un poema da lungo tempo celebre,
ed al quale il nostro Tasso non isdegnò
d’andar debitore di molte bellezze, che so-
vra un atto luminoso di generosità e di pa-
triotismo. Questo atto ci desta riverenza non
unicamente per colui che da sè solo l’ ha
adempiuto, ina anche per una patria che
inspira sentimenti n caldi, per una nazione
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INTORNO AL POESIA
XXXI
in cui v’ è ora chi s’ accorge guanto ella ri-
manga onorata nell’ onorare 1 suoi grandi
uomini, per una nazione che non disgiunge
le rimembranze della sua gloria poetica, della
sua gloria militare e della sua libertà, e
che piange intenerita ripetendo i canti del-
l’autore dei Lusiadi, perchè ella risente in
essi il rimbombo delle sue vittorie passate,
e delle generose istituzioni che la posero in
grado di conseguirle.
11 Carnoens , s’ è possibile , è ancora più
patriota che poeta. 11 sentimento che lo
anima, il solo scopo di tutti i suoi pen-
sieri , è la gloria della sua nazione. Egli ha
intitolato il poema di cui ci occupiamo, Os
Lwtìadai , 1 Lusiadi , e vi ha fatto entrare
con un’arte inimitabile tutto ciò che poteva
contribuire alla gloria de’ suoi compatrioti,
dai tempi che copre 1’ oscurità della favola
sino all7 epoca nella quale esso è vissuto.
Egli è pure in quella gloria nazionale de’
Portoghesi che fa d‘ uopo cercare 1 unità
del suo poema ; è per via di essa che fa
d’ uopo difenderlo , e che il sig. di Souza
medesimo in una prefazione molto ben ra-
gionata e vivissimamente sentita lo ha di-
féso contra i critici che gli rimproverano o
lunghezze o digressioni continue, o la man-
canza di un interesse romanzesco. Il Carnoens
XXXII
CENNI E GIUDIZI EC.
non aveva scelto un soggetto interessante
per farne un poema , ma aveva scello la
torma di un poema per rendere interessante
e popolare la storia della sua patria. Ir gli
ha mostrato nell' Ines di Castro, nell’Ada-
mastorre, nell' isola di Venere, che la sen-
sibilità, la grazia e la delicatezza erano gli
attributi del suo ingegno non meno che il
vigore epico , ogni volta che il suo soggetto
lo concedeva.
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a
GIUDIZIO
i
D I
.. GIOVANNI A N D R E S
SOPRA ,
I LUSIADI
DEL CAMOENS
Ij ardita impresa de’ Portoghesi di su-
perare il Capo di Buona Speranza, di *sco-
prire l’ Indie Orientali , fondarvi colonie e
stabilirvi il co mmercio e la religione , è il
vasto argomento della Lusiade del Camoens,
superiore certamente a’ viaggi di Ulisse, e
al puuligbo d’Achille, ed alle strette naviga-
zioni e alle piccole guerre d’ Cnea. La
novità delle finzioni , la varietà degli acci-
denti , la bellezza e la verità delle descri-
zioni , ed alcuni tratti sorprendenti ed af-
fatto singolari, e più di tutto la grazia,
l’eleganza, la nobiltà e la forza dello stile
sublime senza gonfiezza e colto senza af-
fettazione , fanno gustare a tutte le dotte'
Camoens c
«
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XXX IV
cfetfNI E GIUDIZI
nazioni il portoghese poema, e lo fanno vi-
vere in tutti i secoli. La visita dal re di
Melinde fatta a’ Portoghesi su le lor navi,
la guerra del re Alfonso di Portogallo con-
tro sua madre e contro il re di Castiglia,
l’avventura d’Egaz Moniz, il sogno del re
Emanuelle per lo scoprimento dell’ India ,
coll’ apparizione de’ fiumi Gange ed Indo ,
la partenza delle navi da Lisbona, la par-
lata minacciosa del vecchio Portoghese, tutto
è descritto colla più viva eloquenza , tutto
e dipinto co’ più poetici colori. « L’ armo-
nia de’ versi del Camoens ( dice Perron
de Castera, traduttore della Lusiade) s’ac-
corda sì perfettamente colle cose descritte,
e i fuoi pensieri hanno un sì gran fondo di
verità, che si crede avere innanzi gli occhi
gli oggetti stessi eh’ egli dipinge. » L’ appa-
rizione del gigantesco spettro che si presenta
alla flotta al superare il Capo di Buona-Spe-
ranza, è quanto può fingere di sublime e
grandioso la più infocata fantasia. Chi non
piange alla tenera e patetica narrazione della
morte d’ Agnese di Castro, a cui l’eloquenza
del Camoens ha saputo dare tanta celebrità?
Se nella Spagna il Bermudez, nella Francia
il La Mothe, e in questi di nell’Italia il Co-
lonaes hanno fatto colle loro tragedie versare
dolci lagrime dagli occhi degù spettatori)
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INTORNO AL POEMA
XXXV
tutti hanno dovuto attingere al fonte della
Lusiade. Questa insomma è stata finora e
sarà sempre riconosciuta per un classico poe-
ma, e sarà sempre guai-data da’ buoni poeti
e dalle persone di sano gusto per un’opera
magistrale. Noi infatti abbiamo veduto an-
cora a’ nostri dì farsi in tutte le nazioni
i dovuti encomi al portoghese poema: ve-
desi nell’ Inghilterra r erudito Guglielmo Jo-
nes (i) lodare la poesia del Camoens , sic-
come quella eh’ è sopra ogni altra polita
e dolce, sublime e sonora; nell’Italia, lungi
d’ abbandonarsi la lettura della Lusiade ,
farsene ima nuova traduzione , e rendersi -
più comune; c finalmente nella Francia stes-
sa, nella sede del buongusto, nell’emporio
della letteratura , tesserne lodi il maestro
della poesia Voltaire ; farne in pochi anni
due diverse traduzioni e Perron de Castera,
e La Harpe , e perfino la stessa Accademia
francese concorrere alla sua celebrità coro-
nando un’ Ode su la navigazione , dove fe-
licemente si adopera la grandiosa invenzione
dello spettro di sopra citata: in somma, in
tutta F Europa rendersi gloriosi applausi al
merito poetico del portoghese Virgilio. Io
so che molti , non senza ragione, riprendono
(1) Con. Poe*. Asiat. , c. XII.
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XXXVI CENNI E GIUDIZI
l’uso che ha fatto il Camoens in un cri-
stiano argomento delle gentilesche divinità,
nè pretenderò di scusarlo col cercare le al-
lusioni allegoriche Belle mitologiche sue in-
venzioni; ma dirò solamente, che al contem-
plare la morbidissima pittura di Venere , e
del leggiadro corteggio delle Nereidi , il let-
tore resta invaghito dalle bellezze del qua-
dro , e poco pensa che cristiane sieno o
gentilesche le dipinte divinità (i). Io prego
a confrontare gli abbigliamenti di Venere
e di Giunone , ed i congressi dell’ una e
dell’altra con Giove descritti dal Camoens
e da Omero, e poi riprendasi, se basta l'a-
nimo, la mitologia del portoghese Omero,
che gli ha dato campo di vincer la mano
al greco. Che Calipso, che Alcina, che Ar-
mida hanno un’ isola cotanto deliziosa ed
amena , che possa stare a fianco di quella
che il Camoens per la mano di Venere pre-
senta a’ suoi Portoghesi? Quanto mi duole
che il poeta, pensando a’ sensi allegorici,
abbia trascurato di soddisfare a un dilieato
pudore nella descrizione de’ piacevoli trat-
tenimenti di quella divina isoletta. Pochi
fjassi di tutta la poesia antica e moderna si
eggerebbono con si soave diletto come il
(2) Canto II.
»
%
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INTORNO AL POEMA XXXV li
nono canto del Camoens , scegli avesse ri-
sparmiate a’ modesti lettoli alcune immagini
men oneste. Più giusta e più fondala è 1’ ac-
cusa che dà alla Lusiade il moderno suo
traduttore La Harpe , di mancare cioè d a-
zione e di caratteri , e conseguentemente
d' interesse, e di riportare tutta la storia del
Portogallo menata in episodii che noiosa-
mente si succedono e che spesse volte sono
mal foudati. A me inoltre recano tedio le
continue allusioni alla mitologia , e ad ogni
sorta di storia greca e romana, antica e
moderna, più proprie d’ un pedante erudito,
che d’ un inspirato poeta. Nè io pretendo
di riconoscere nella Lusiade un’ epopeia per-
fetta, ma di presentare soltanto un poema
in cui i difetti non piccioli sieno compen-
sati colle bellezze molto maggiori, e il primo
Epico fra’ moderni che abbia riscossi gli ap-
plausi di tutte le nazioni , e il primo che
mei’iti lo studio de’ veri poeti.
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I
<;-'X
K
PREFAZIONE
DEL
TRADUTTORE
Io ti presento, amico Lettore, la
celebre Lusiada di Camoens vestita
all’ italiana. Non è questa la prima
traduzione, ed altra m’ha preceduto
di più d’ un secolo, ma, secondo
gl’ intelligenti , poco felice. Quel tra-
duttore non solo, contro i precetti
d' Orazio , ha voluto con parola ren-
der parola, ma s’è talora mostrato
perfin tenace delle stesse desinenze
portoghesi, ed aspra perciò ne rie-
sce e men poetica la locuzione. Io
poi non ho forse nemmen ritenuto
le pieghe dell’abito antico: pure se
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xxxx
brami di conoscere il Camoens, sappi
che il fondo è tutto suo con le passio-
nate descrizioni e le grandi imagini
che ile formano un poeta originale 5
e qualche tinta di colore straniero
ch’io possa avervi aggiunto, farà sol
ciò che farebbe ad un bel ritratto
un atteggiar più dolce di membra,
od un’aura di riso fuggitivo. Egli
scrisse avanti del Tasso, che solea
dire di non temere altro rivale che
Camoens j ed ha i suoi difetti che
riconoscerai per te stesso , e che con-
donerai facilmente al gran poeta.
Nato d’ illustre stirpe in • Lisbona ,
incontrò con la corte, e fu mandato
in esilio; naufragò, ricoverando con
i soli suoi scritti ad un’ isola deser-
ta; fu imprigionato per sospetto di
mordace ingegno ; e tornato final-
mente a Lisbona , mori povero in
un ospizio di carità. Prega, che il
prototipo non sia un sinistro augurio
pel traduttore, e vivi felice.
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I LUSIADI
DI
LUIGI CAMOENS
LX iti - 3
SOGGETTO STORICO
DEL
POEMA
.JS orante il regno di Giovanni Primo
in Portogallo , V infante don Enrico , gran
mastro dell3 ordine di Cristo, rivolse tutte
le sue cure alla navigazione , e molte im-
portanti scoperte furono il prodotto delle
imprese tentalp col suo favore. Regnava
Giovanni II, allorquando , nel 1487 , Bar-
tolomeo Dias scoprì il Capo delle Tem-
peste; il Re volle che si chiamasse Capo
di Buona Speranza , nome che portò sem-
pre in appresso.
Finalmente , nell3 anno 1497 , il re Ema-
nuele, volendo ampliare le scoperte già
fatte , specti Vasco o Vasquez di Gama ,
il cui grido non molto stette a vincere
quello de3 navigatori portoghesi che prima
di lui aveano scorso l3 Oceano. Questi
partì di Lisbona , nel principio di luglio }
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SOGGETTO STORICO
4
con quattro vascelli , e giostrò per lungo
tempo contro i venti e le procelle , prima
di giungere nella cala di Sant3 Elena. Più
di una volta i suoi compagni , atterriti dai
pericoli che il Capo di Buona Speranza
alla mente loro offeriva y si ammutinaro-
no , e costrinsero V ammiraglio a far
prova, per contenerli , di tutta la fortezza
dell3 animo suo. Fattosi pilota egli stesso
della sua nave } riuscì finalmente in cin-
que giorni ( dal io al i5 novembre ) a
superare quel famoso Capo ì e andò a
cercar vettovaglie ed acqua sessanta leghe
più in là.
Approdato che fu alV isola di Mozam-
bico , se ne impadronì ; poi si portò a
Mombazza , città posta allora sotto il do-
minio de 5 Mori , il Re della quale dipen-
deva da quello di Quiloa.
Alcune almadie o piccoli navigli Mori
gli vennero incontro. Gli uomini , vestiti
alla foggia turca , che v3 eran sopra , gli
fecero grandissima festa ; ma il Gama non
lasciò per altro di pigliare verso di loro
tutte le cautele eh3 erano dalla prudenza
richieste. Un pilota di Mozambicco venne
a parlare a costoro } e gli eccitò all3 odio
contro de3 Portoghesi. Il Gama fuggì dalle
loro insidie; ed avendo inteso che Melinda ,
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DEL POEMA 5
florida città , giaceva in quella parte , de-
libero di portarvisi.
Il Re ed il suo figlio lo accolsero con
molto amore , e strinsero alleanza col re
di Portogallo. Il Gama promise di ripas-
sare a Melinda nel ritorno , indi salpo alla
volta della costa del Malabar. Settecento
leghe egli dovea scorrere prima di giun-
ger colà. Ai 18 di maggio 1499 , undici
mesi circa dopo la sua partenza da Li-
sboner, e venti giorni dopo quella da Me-
linda } i viaggiatori ebbero il contento di
gettar V ancora innanzi al porto di Ca-
licutta.
Questa città era allora , come di nuovo
e al presente , la piu bella di quelle con-
trade f ed il luogo in cui si trovavano ac-
colti in piu copia tutti que3 preziosi pro-
dotti di cui abbonda l3 India , come sono
le perle , V argento , V ambra , l3 avorio ,
la porcellana , il cotone , V endaco , lo
zucchero , le tele dipinte , le spezierie ,
gli aromi , ec.
Il sovrano di Calicutta , il quale assu-
meva il titolo di Zamorino , prese buon
concetto de3 Portoghesi da ciò che un Mo-
ro , detto Mozaide . gli raccontò di essi e
delle loro vittorie. Il Gama , contro il pa-
rere della maggior parte de3 suoi of filiali
6
SOGGETTO STORICO
e di Paolo suo fratello , volle scendere a
terra « Se i vostri timori si avverano » ,
egli disse loro , « non badate che al scr-
ii vigio del Re ; c se mi vedrete in punto
u di perire sotto il coltello di qualche
<t traditore f in cambio di pensare a di-
ti fendermi y fate vela pel Portogallo , e
a significate al monarca quali effetti ab-
« bia avuto il nostro viaggio ».
Tanta intrepidezza e magnanimità com-
mossero profondamente i compagni del Ga -
ma. Egli calò sul lido colla più gran
pompa che gli venisse fatto d’ usare , e
con una scorta di dodici uomini.
Il Catual , ossia ministro dello Zamo -
rinOy stava aspettandolo con duecento na-
tii del paese. Così grandi omaggi ei gli
rendè che il Gama più d} una volta ebbe
a ripetere a’ suoi che certamente in Por-
togallo erano assai lungi daW idearsi che
la nazione ricevesse nella sua persona
tanti onori in quelle remote contrade.
Lo Zamorino accolse il Gama come
V ambasciatore di un potente monarca f e
questi gli consegnò una lettera del suo Re.
Tali fausti principii non ebbero sequele
belle del pari. I doni offèrti dal Gama
parvero così meschini che con dispregio
furono rigettati. Egli addusse a sua scusa
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DEL POEMA
1
V incertezza in cui era partendo , se rm-
scirebbe felicemente nel viaggio , ed espose
che , in questo dubbio , non ave a dovuto
prendere con se cose preziose ; ma Vuso
da immemorabil tempo stabilito nelle In-
die richiedeva che nessuno si presentasse
dinanzi al Re od ai ministri, se non for-
nito di ricchi regali ; cd i giusti ragio-
namenti dell7 ammiraglio portoghese non
portarono molto buon frutto.
I Maomettani , che facevano gran traf-
fico in Calicutta , nulla tralasciarono d'in-
tentato per nuocere ai Portoghesi. Non
fu loro difficile disporre in loro disfavore
il ministro , ed impressionar male l7 animo
dello Zamorino. Quantunque il Gama fosse
da Moise avvertito di queste trame , egli
vide nullameno gl 7 inciampi e i pericoli
affollar glisi intorno. Finalmente gli riu-
scì di tornarsene alle sue navi, e di
ottenere per la sua nazione la libertà del
commercio.
Vasco di Gama si trasferì alle isole di
Anchedive , cinquanta leghe di là di Cali-
cutta, ed appigliossi al partito di veleggiare
verso la patria . Sdegnato contro i Mori ,
egli cannoneggiò, nel passare, la città
di Magadaxo , e fece ritorno a Melinda.
À ssai bene quivi fu ricevuto , e prese a
8
SOGGETTO STORICO
bordo un ambasciatore che il re del paese
mandava ad Emanuele. Presso a Mo -
zambicco , l3 ammiraglio perdette una delle
sue navi sopra un banco d3 arena ; poi
supero il Capo di Buona Speranza nel
marzo i499? e proseguì il suo corso per
le isole del Capo Verde e detìe A zzo re.
Più volte lo scorbuto , malattia tanto fu-
nesta ne3 lunghi viaggi y e sconosciuta a’ Por-
toghesi in quel tempo, fece guasti crudeli
tra le sue ciurme ; ma finalmente gli
venne fatto di ricoiidurre in patria citi-
quantacinque uomini: erano cento e set-
tanta nell 3 atto del partire. Paolo Garna
fu tra le vittime , e Vasco , suo fratello ,
ebbe il cordoglio di dargli sepoltura nel -
V isola di Terzera. Tuttavia fu creduto
che i Portoghesi non avessero che per
miracolo condotto a fine questo viaggio
di oltre a due anni..
Vasco di Gama giunse r impetto a Li -
sbona nel settembre , e volle , prima di en-
trare in città , portarsi a far le sue preci
nel romitorio della Madonna , dove , prima
di partire , aveva implorato dal cielo un
viaggio felice. Nicola Coello , uno de3 suoi
offiziali, che la burrasca avea separato da
lui all3 altezza delle isole del Capo Verde ,
era entrato nel Tago ai io del precedente
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DEL POEMA
9
luglio. Il Re , che da costui avea saputo
i principali casi di quella perigliosa na-
vigazione , mando alcuni signori a felici-
tarne il Gama , e volle quindi che facesse
un solenne ingresso nella capitale del Por-
togallo. Ne il generoso Emanuele fu con-
tento di queste dimostrazioni esteriori ;
chè creò il Gama ammiraglio dei mari
delle Indie , e gli fece grandi regali. Tutti
i suoi compagni parteciparono pure , se-
condo il lor grado , alle liberalità del
monarca. Intere flotte , c non più alcune
navi separale , furono poscia spedite alle
Indie , che ben presto divennero il teatro
delle valorose imprese dei Portoghesi , e
la sede delle loro principali conquiste.
Questi sono i fatti storici sopra i quali
è tessuta la favola del poema ; nè certa-
mente il Camoens poteva scegliere un ar-
gomento migliore per celebrare le glorie
della sua generosa nazione. Con vago ar-
tifizio egli ha saputo f nel suo racconto ,
tessere Vistoria defiù bei fatti che avanti
quella spedizione avevano onorati i ma-
gnanimi suoi paesani, detti Lusiadi o Lu-
sitani da Luso o Lisa , nome di un com-
pagno di Bacco ì da cui favolosamente si
fanno discendere i Portoghesi.
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I LUSIADI
CANTO PRIMO
k ARGOMENTO
Giove raccoglie i Numi a consiglio. Bacco si mo-
stra avverso a’ Portoghesi. Venere e Marte li proteg-
gono. I Portoghesi approdano a Mozamhicro. Assalto
de1 Mari, e lor rotta. 1 Portoghesi salpano di nuovo
verso oriente ed arrivano a MomLazza.
I
CT^atìto V arme e i famosi cavalieri
Che sciolsero dal Tago armati legni ,
E soldati magnanimi e nocchieri
Solcaro novi mar , fondat o regni ,
E sott’ astri d’ incogniti emisferi ,
Ciò che non era ardir d’ umani ingegni ,
Vinser nembi e procelle , e videi- lieti
Correre V aureo Gange in seno a Teli.
12 CANTO
2
Nè gli alti Regi inonorati andranno ,
Che per la fé di Cristo in campo usciti,
Dove regnava 1’ afìrican tiranno
Casti costumi richiamaro e riti;
E quanti il patrio suolo ornato avranno,
O saggi in pace, o nelle imprese arditi,
Fian di robusti carmi altero segno ,
Se venga al grande ardir pari l’ingegno.
3
Taccia la fama intanto il greco Ulisse CO,
E lui che pellegrino il Lazio tenne ,
Sebben quei tante ondose vie s’ aprisse ,
Che de’ venti stancate abbia le penne ,
E questi a Roma i gran principù ordisse
Poiché d’ ultrice Dea P ire sostenne ;
Chè al lusitan valor, ch’io spargo in carte,
Cedon l’ impero lor Nettuno e Marte.
4
Vaghe Ninfe del Tago , a cui cantai
L’ acque finora del paterno fiume,
Se nacque in me da’ vostri dolci rai
Questo soave di cantar costume (a) ,
E se le belle rive io sempre amai ,
Or tutto in me spirate il vostro nume ;
Ed Ippocrene al nuovo suon risponda ,
Se prima lusingai sol placid’ onda.
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primo r3
5
Non su morbid’ erbette riposanti e ,
0 pingervi le amate arene d’ oro ,
Ma mi giova cantar guerrieri ed arme,
1 mari superati e il vinto Moro :
Però cedan le avene a fero carme
Che svegli Pire ed arda in mezzo a loro,
Onde spirin faville anco fra noi
Col mio canto uguagliati i grandi eroi.
6
E Tu 09, Germe Reai, che nostra speme 09
Cresci , e bel fior di pianta al Ciel diletta4
Tu , che sebben fanciullo Affrica teme ,
E a cui leva i bei rai la Fè negletta ,
Ascolta qual in te dal nobil seme
Virtù derivi , e qual destin t’ aspetta ,
Che il Cielo a questi ti mandò soggiorni*.
Onde di lor gran parte al Ciel ritorni.
t
7
Sebbene dove nasca e dove cada,
I tuoi felici regni il Sol misuri (5),
Uscir dovrai dalla natia contrada
Dell’avito valor coi grandi augùri,
E gente immensa urtar della gran spada.
Quanta beve il Giordan con labbri impuri;
Nè si dolgano più le sacre sponde
Sotto giogo iniedel gir le bell’ onde.
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•4
canto
8
Ed alla bella impresa i lumi tuoi
Sparse di tante di valor scintille ,
Che sfiammai vide il mondo , o vedrà poi
Di tal guerriero foco arder pupille.
Or mentre a Te dipingo i patrii eroi ,
Tu le nascenti volgi in sen faville ;
Che ben più ti varrà di vasto impero
Guerrier si grandi il pareggiar guerriero.
9
Me non d’ oro disio trasse cantando :
Solo del patrio suolo accese amore ;
Che mercede è per me s’ altri col brando,
lo con la penna il regio crin n’ infiore :
Nè di sognar m’è dPuopo o pazzo Orlando,
Od arme in cui si spezzi uman valore;
Che F imprese de’ tuoi splendon di pura
Luce, qual diede lor virtù matura.
10
Qui vedi un Nunno (6) che alla patria il ciglio
Terge, e i mesti le volge in giorni chiari;
E lui che mai non arrestò periglio ,
Vasco Q), 1’ altero domator de’ mari;
Quindi coll’ armi insieme e col consiglio
Giovanni (8) sostenere i patrii lari ,
E col primiero Alfonso (9) ornai* le chiome
Molti a lui pari di valore e nome.
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PRIMO
15
1 1
Mira colà gli Alme'idi 0°) che arditi
Movono verso i regni dell’ Aurora ,
E insegnan riverenza ai nuovi liti
Spiegando i segni tuoi dall7 alta prora :
Là su monti d’estinti e di feriti
11 tremendo Albucherch cammina ancora (i i),
Il Pacheco (i») ed il Castro (i3) e quei feroci
Ch’ obblio nou spense entro le pigre foci.
Poiché a cantar di Te lo stile indegno
Fora, o signore, io queste imprese or canto.
Tu m’ascolta, ed al fren del patrio regno
Presto stendi la man, chè a maggior canto
Tu pure un di m’ accenderai r ingegno :
Nell’ imprese de’ tuoi sentano intanto
L’ indico mare e gli affrican confini
Qual loro il Ciel vendicator destini.
i3
Sì, tutte il Cielo al giorno tuo sortille
L’ infide genti o barbare od ignote :
Ornai sciogli le navi , e le lue squille
Odano terre inospite e remote.
Già le cerulee vie s’ apron tranquille ,
E tutte 1’ onde sue ti porge in dote
Teti , che fra le belle umide figlie
Già scelse a Te chi il volto tuo somiglie (14):
* a
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i6
CANTO
»4
E dall’ astro natio te guardan liete •
Due di magnanimi avi alme famose (i5).
L’ una mostrò come l’ allór si miete ,
E in pace 1’ altra il patrio suol compose ;
Che in Te, se più ti piaceran le chete
Cure , o in pianto trarrai barbare spose ,
Rinnovellar speran se stesse , e poi
Porti in cielo bel segno ai nuovi eroi.
15
Che se i felici giorni , onde tu regni ,
Al comune desire ancor van lenti,
Il reai guardo, almo Fanciul, non sdegni
Mirar su queste carte illustri eventi;
E mentri il Ciel matura i gran disegni
Coi fidi augurii delle patrie genti ,
Avvezzati a raccor da mari ignoti (16)
Degli animosi tuoi nocchieri ì voti.
16
Già le belle per 1’ alto ali spandea
La portoghese armata , e fresco vento
Gli audaci voti lusingar parea,
Le vele distendendo al gran cimento ;
E sotto i ferrei rostri si frangea
Maravigliato il liquido elemento ,
Ove fatto sinor non avean solco
Che i muti greggi del marin bifolco.
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PRIMO
J7
17
Quando sulla celeste immensa mole (17)
Chiama i Numi a consiglio il sommo Giove (l8>,
Che librar d’ Oriente i fati ei vuole ,
E le pronte ad uscir venture nove ,
Già di Maia spedito avea la prole
Col gran comando che ogni cosa move 7
Ed il latteo sentier di più bei lumi (19)
Brillava sotto il piè di cento Numi.
18
Da dove nasce e donde more il giorno ,
E dall’Austro venian , dal freddo Arturo (20),
Che i vani cieli a governar, soggiorno
Lor diè diverso il fato ; e or fosco, or puro
Ne volgono il bel raggio ? onde ritorno
O fa 1’ aprile , o rugge il nembo oscuro :
Già sono accolti insieme , e udir potresti
Variamente echeggiar gli astri celesti.
*9
Sovra bel soglio d’adamante accolto
S’ offre placidamente il sommo Nume ,
E la soave maestà del volto
Inonda intorno qual beato fiume ;
Stringe la destra in viva gemma scolto
Fiammante scettro , ed un sereno lume
Ne lambe il crin per gli omeri cadente,
E un nascer sembra di maltiu ridente.
Camoens 2
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CANTO
18
20
Riverenza e- silenzio alto succede ,
E ne pendono i Cieli immoti e fisi 5
Fanno quindi corona al divin piede
Nei varii seggi lor gli Dei divisi :
Hanno i Numi maggiori maggior sede ,
Stanno i secondi appresso i primi assisi (ai);
Ed egli in mezzo a lor cosi ragiona,
E dolce e grave insiem la voce suona.
21
lo credo ben che ancor vi sieda in mente ,
Eterni Dei, quanto ne’ fati è scritto ,
Che la vetusta portoghese gente ,
Ovunque il corso volga, o il braccio invitto ,
Or per la patria di bell’ ire ardente ,
Or nuovo aprendo d’ ampi mar tragitto T
Oscuri con le sue novelle glorie
Tutte 1’ antiche celebrate istorie.
22
Voi vel vedeste allor eh’ il Moro tenne
Della felice Europa il bel terreno ,
Qual sull’ usurpator vittoria ottenne ,
Benché d’ armi e di forze avesse meno ,
Onde in retaggio di valor le venne
La fertil terra eh’ offre al Tago il seno ;
E come contro la temuta Spagna
Trasse ai passi fortuita ognor compagna.
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PRIMO
*9
23
Pure non rìcordiam 1’ antiche e chiare -
Opre , e di latin sangue aspersi i lidi ,
Nè i gran duci stranieri, e sol mirare
Ne giovi , amici Dei , come si affidi
A mai tentala impresa, e sovra il mare
Procelle ignote e i varii aspetti sfidi
Del ciel ch’or arde ed or agghiaccia intorno ,
Pur che le spiagge scopra ond’ esce il giorno.
a4
*
E ver che legge eterna le destina ,
E inutil opra contrastarlo fora ,
Di lungamente dominar reina
Le belf acque che il Sol nascendo indora ;
Pur su’ stranieri mar la pellegrina
Gente durò l’ inverno , ed erra ancora ;
Ed è ragion che si ristori alquanto,
E le si mostri il suol cercato tanto.
«
a5
E poiché varii climi ed ha già scorto
Sott’ altro ciel più d’ una ignota stella,
Ed a pugnar contro i gran legni è sorto
11 turbine nemico e la procella,
Ho fermo nel pensier che amico porto
Sull’ affricane spiagge or s’ apra ad ella ,
Ed i nocchieri ristorati e i legni
Ai gran destili corso più lieto segui.
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20
CANTO
26
Qui tacque Giove , e il suo parlar seguia
Or 1» uno or l’ altro degli Dei minori ,
E di parer diversi un suon s5 udia ,
Come cura pungea diversa i cori C22);
Ma clie d* India s’ apiisse oggi la via
Bacco geloso de’ suoi prischi onori
Non consentia, nè che guerriera gente
Si guidasse dal Tago ad Oriente 0*3).
27
Sapea eh’ eran ne’ fati alteri e belli
Giorni dove di Spagna illustri eroi
Verri an per alti mari , e tutti a quelli
Dori soggetterebbe i flutti eoi ,
Ed il valore degli eroi novelli
V' oscurerebbe il nome e i pregi suoi ;
E si dolca, se quindi d’ altri fora
11 grido eh’ ei ritien da Nisa ancora ;
28
Perchè d’ allor eli’ ei fece il gran ritorno ,
Su mille cetre d’ ór dolce risuona
LJ alloro d’ Oriente a lui dintorno ,
E al pampin 1" intrecciò già sua corona ;
Ma se le ìndiche arene afferra un giorno
L’ armata donde in cielo Or si ragiona ,
E chi, diceva, al vincitore antico
Sarà di lodi e di tributi amico?
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PRIMO
21
29
S5 opponea Vener bella, e ai grandi eventi
De’ Portoghesi l’ inchinava Amore ,
Che delle care sue romane genti
L’ ardir vi ravvisava ed il valore ,
E il suon quasi latin di quegli accenti (24)
Pur le scendeva dolcemente al core ;
Nè le cadeano ancora del pensiero
Le gran cose che in Affrica già fero.
30
E inteso avea che dalle nuove imprese
Splendore ne traivi a la natia stella ,
Onde sorgean più vivi alle contese
Quindi T onor della sembianza bella ,
Il timor quinci delle ingiuste offese ;
Nè sue ragion cedeano o questi o quella,
E d’ affetti divisi e di costumi
Chi T un, chi l’altra favoriano i Numi.
31
Siccome in selva Austro, che infuria e freme ,
Spezza rami , arbor svelle , aggira fronde ,
E tutta par che ne vacilli e treme
La montagna ch’ai gran fragor risponde,
Svellersi eredi dalle rupi estreme ,
E le grotte muggirne atre e profonde ;
Tale a udirsi parea di Giove al trono
Discorde di più voci ed alto suono (a5).
\
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22
santo
32
Nè chete erano ancor P ire e i clamori ,
E il torvo ciglio al tracio Nume ardea ,
Chè la memoria degli antichi ardori
Anco il rapia verso P amica Dea ,
E forse ancora lo movean gli onori
De’ Portoghesi invitti , e in piè sorgea :
Già nel guerriero usbergo altero splende,
E lo scudo immortai al braccio appende,
33
E in mezzo ai Numi stupefatti , in fiera
Aria si tragge al sommo Giove innante;
Ha calata sul petto la visiera ,
E tutto ne lampeggia il gran sembiante ,
E sdegnato premè P asta guerriera
Sul bel soglio di limpido adamante ,
Cosi che ne crollò P eterea mole (26) ,
E ondeggiò di suo corso incerto il sole.
34
E grida: O tu , che tutto movi e guidi,
In te stesso immutabile ed immoto ,
Se di popoli a le diletti e fidi
Dover non è che P ardir manchi e il voto;
E se su ignoto mar , per strami lidi •
Sieguon col tuo volere or P Indo ignoto,
Deh spargi ai venti, nè P eterna mente
Ti pieghi quanto Bacco o finge o mente.
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PRIMO
23
35
Tu vedi ben che da invido veleno ,
Non parte da ragione il rio consiglio,
Che dal suo Luso ai Portoghesi in seno
Sangue e nome discende : or perchè il ciglio
Armai’ di sdegno incontro a quelli , e meno
Amar chi dritto n’ ha comun col figlio ?
Ed invidia non de’ rapire altrui
11 bene che gli vien da’ merti sui.
36
Dopo tanti perigli ed acque tante ,
Tu P impresa magnanima seconda ;
Che s’ ella è scritta a tuoi voleri innante,
Convien ciminiera al gran destin risponda;
L’ agii Mercurio dall’ alate piante (37")
Spedisci loro, o Padre; appiani ei l’onda
Al nocchier lasso, ed apra amico porto
Che lui raccolga ornai naufrago e morto.
37
Qui ristori le navi; e se vicina
Ha P India , o qual dai nuovi regni ancora
Mai' lo divide , intenda. E la divina
Serena fronte piegò Giove allora (a8):
Ogni altro Nume al gran voler s’ inchina,
E senza mormorarne il cenno adora ,
Ch’ ei sparge loro entro i turbati petti
Di dolce ambrosia i combattuti affètti.
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2i
canto
38
S’ accomiatan tranquilli ; e già del Polo
Ricalcavan gli Dei 1’ azzurre volte ,
E le guerriere navi in alto il volo
Seguian dell’ ampie vele al vento sciolte,
E fra Madagascarre (29) e 1’ arso suolo
Correan d1 Etiopia ad oriente volte ,
Sotto il Sol che infiammava i vaghi segni (3o),
Che Vener trasse in ciel dai salsi regni.
39
Fresco sparava il vento, e coloria
Placido azzurro il bel celeste manto ,
E sì piano era il mar che non s’ udia
Nemmen fra i scogli mormorarne il pianto (3 0
Il promontorio Prasso , e già fuggia
A tergo l’Etiopia, e nuova intanto
Terra vedean che sovra 1’ onde schiette
S’ offre divisa in picciole isolette.
' 4o
Il capitan però le prore ardite
Non volge, o pende irresoluto e lento,
Chè senza nome e abitator, romite
Jsolette le crede , e siegue il vento ;
Ma bardhette venir lievi e spedite (3a)
Di là vedeansi ove sul cheto argento
Sporgea di lor la prima , e eh’ indi fero
Al saggio capitan cangiai' pensiero.
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PRIMO
25
41
Verso F armate navi , e quella a questa
Corre spumando e gorgogliar fa Fonda:
Tosto un confuso suon si leva e desta ,
E ognun col guardo il corso ne seconda :
Si chieggono, se gente amica, o infesta
Fia , se di vera fè , di setta immonda :
Già son si presso che n5 appaion chiare
Le natie forme , e quai correano il mare.
42
Lunghe n’ erano e al corso agili e sciolte,
Ma strette e anguste le lor barche altronde,
E quasi vela all1 alberetto avvolte
Di natia palma aprian tessute fronde :
Le genti , non di pelli ispide ve folte ,
Ma di facil di volto aria gioconde,
Quanta però potea fuori mostrarse
Dalle sembianze lor fra brune ed arse.
43
Di bei bambagi a’ varii fior distinti
F an lieta pompa , ed altri quei colori
Intorno al fianco avea stretti e succinti;
Dal braccio ad altri il vago lembo fuori
Sporgeasi e tutto F omero ; discinti
Curve spade cingean d’ aurei lavori ,
' E suono unian di rustici stromenti ,
E amici segni e lieti atti ed accenti (33).
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44
Ma già volando le gran navi, ornai
Dell’ isola tenean le prime arene.
I nocchier lassi : Abbiamo errato assai ,
Gridavan lieti , ed awolgean le piene
Spiegate vele ; e come in brevi rai
Lume che manchi si ristringe e sviene ,
In lieve spume il mar languiva , e fido
Le raccoglieva in seno al nuovo lido.
45
Mordon l’ ancore il fondo , c immota pende
Dai gu erri e r legni la straniera gente:
II capitan F affida , e dolce stende
La destra, e volge favor nuovi in mente.
Già sapor varii amica cena rende,
E brilla dolce al guardo il vin cadente;
Sull’ alte poppe FAffriean s' asside ,
E vota i colmi nappi e lieto ride.
46
Sazio de’ cibi il naturai disio ,
In araba favella alfabil chiede
Diverse cose a un tempo , or donde uscio
La bella armata , e qual ignota sede
Tentin F altere prore ; or come ardio
Di sconosciuti mar tentar la fede ;
E lietamente alle richieste cose
Il capitan sorrise , indi rispose :
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PRIMO
/
47
Dove il bel Tago d’ Occidente apnea
Terra feconda , e volge arene d' oro ,
Governa un Re gente di nome antica
Diletto sì qual fora altrui tesoro :
Dall’ alma terra al nascer nostro amica
Ci nomiam Portoghesi, e l’Afro e il Moro
Già vinto in guerra, ove il buon Re ne spinge
Cerchiano or il bel suol che l’Indo cinge.
48
E quanto sotto il glacial Polo, e quanto
Giace all’opposto ciel di terre e d’onde (34),
E tutto visto abbiamo il mar che infranto
Indietro mandan 1’ affricane sponde ,
E rinnovarsi i cieli, e il nuovo manto
Pingerne stelle non vedute altronde ;
Pur sì contenti erriam , eli’ anco per lui
Varcheremmo Acheronte e i regni bui.
49
E per remoto mar , che via non scopre ,
Spingiam la prora e alziam la vela audace :
Diteci voi , qual tratto ancor ne copre
L’ India , se pure il ver qui non si tace (35).
Qual terra è questa, e se sorgiamo sopre
A fera piaggia , o se amicizia e pace
Sperar ne giova, a compensarne i vari
Rischi di tanti già trascorsi mali.
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28
CANTO
50
Cosi chiedeva il capitano , e a gara
Or gli uni or gli altri rispondeano a lui :
Signor , dicean , su queste coste avara
Natura fu de’ più bei doni sui ,
Nè mai P irsuto abitator v’ impara
Ciò che ragione e legge impone altrui :
Noi dal buon seme discendiam d’Àbramo,
Che una donna trasfuse in stranio ramo.
51
E legge in pregio e il ver fra noi si tiene.
Qui comincia la costa , e n’ è sincera
Scala cruest’ isoletta , indi alle arene
Di Qui loa vassi ed a Mombazza altera.
Ed opportuna ai desir nostri viene ;
È detta Mozambich; e sebben fera
E dura al pai' dei patrii tronchi e dumi,
Più dolci or ha da noi modi e costumi.
52
E se a voi , che dell’ Indo le remote
Piagge tentate , giunga forse grato
Chi governi le navi e apra le ignote
Onde , piloto ai nuovi mari usato
Avrete , che la via sicura note :
Prima però il nocchiero affaticato
Di ristorar vi piaccia , e il destin vostro
E voi stessi far noli al signor nostro.
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53
Costui , di voler suo facile e umano ,
Ogni difetto adempirà vvi appieno :
Qui congedo chiedendo al capitano ,
Piegò da fronte il Moro , e pose al seno
La destra; e già lingeansi in Oceano
Le rosee rote di quel dì sereno ,
E di lume minor spargea la luna
1 sentier cheti della notte bruna (36).
54
Nolte non sorse ai Lusitan più bella
Dachè correan cotanti mari e venti:
Balza ad ognuno il core, e la novella
D’India ne raddoleia gli andati eventi;
Pure i profani riti e la rubella
Credenza rivolgean di quelle genti ,
Maravigliando che la setta immonda
Tanto tenesse già d’ amica sponda.
55
Splendea sul mar la luna , e ne ridea (37)
La placid’ onda e 1’ umile riviera ,
E sparso di cento astri il ciel parea
Bel prato rivestito in primavera ;
Nè susurrar di lieve aura scotea
1 bei silenzi e la tranquilla sera ;
Pur nocchiero non v’ha che al sonno albergo
Offra , od adagi a sopor breve il tergo.
3o
. CANTO
56
E appena tV Oriente in sul confine
Tornò V alba novella , e mostrò fuore
I bei cerulei lumi e sciolse il crine (38) ,
Spiega i stendardi onde l’ antenne infiore :
Sventolavano all1 aure mattutine
Dalle poppe i bei segni e dalle prore ,
E facea- pompa al puro di spiegata
Con un vago ondeggiai' la bella armata.
57
Ma delle genti onde novelle intese
A vea , volgea colui ben altre cose ,
Che dalla stessa le credea discese
Che là dal crudo Caspio (39) e le nevose
Rupi ad alteri fatti un giorno scese ;
E poiché all’Asia nuovo giogo impose ,
Come irato del Ciel decreto volse ,
II bel terren di Costantin si tolse.
58
E d’amicizia e pace ai dolci uffici
Lieto movea dall’ isola soggetta ,
Varii doni recando , a far felici
Color che crede di cognata setta.
Ricambia il capitan con atti amici
Le straniere accoglienze, e i doni accetta,
E recar loro impon di porporini
Color bei drappi, e dolci trutta e vini.
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PRIMO 3 1
59
Sparsi per P alte antenne i naviganti
Pendono intenti, c V uno all’altro addita (40)
Il portamento ignoto , e de’ sembianti
Il color fqsco che gli sguardi irrita:
E l’Affrican maravigliava, innanti
Tanta mirando gioventude ardita;-
Pure giocondi spiega atti ed aspetto , ,
E liquor dolce gusta e cibo eletto,
60
E chiede al capitan , se dai confini
Di Tracia, o d’altro simil lido parte:
Se della natia le rechi i divini
seco ; e ciò chiede con arte ,
Ond ei scopra se un Dio verace inchini ,
O s abbia riti almen conformi in parte ;
Chiede più oltre ancora, e quali in guerra
Veste lucidi arnesi, ed arme afferra.
61
Vasco ( che tal diceasi il cavaliero
Per alto senno a quell’ impresa eletto
Cui fortuna offri il crine, e donde altero
Sonera 1 uno e P altro mar soggetto )
Si rispondeva: Apertamente il vero
Signor, dirò, nè fia da me negletto
Quanto ad adempier giovi il tuo disio :
iN®n Moro , o Trace , od altro tal son io ;
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3 2
CANTO
62
Ma dalla bella Europa inver 1’ ardente
Indo sciolgo , e quel Dio da me si cole
Ch'era a sè stesso ognor vivo e presente
Quando non era ancor l’ aurora e il sole,
Sul cui cenno e volere onnipossente
Tutta sostiensi la terrena mole ,
p quanto ride in solco o guizza in fiume.
0 piante al corso vibra o mette piume :
63
Che per alta pietate all’ umaii seme
Misto , e vestito di mortali spoglie ,
Sovra una croce le depose sceme
Di vita , onde da noi grazia si coglie :
1 santi suoi voler , ciò che più preme ,
Scritti ho sul core, ed ei d’affetti e voglie
Paterne adempie i suoi favori in noi,
Sebbene non rechiamo i libri suoi.
64
Ma poiché tanto i tuoi desiri estendi ,
Cne le nostre armi anco conoscer chiedi ,
Acciocché tutto il mio cor grato intendi ,
Quivi alquanto , signor, ti posa e siedi ,
E cambio eguale d’ amistà mi rendi :
Indi ai ministri accenna , e x^ecar vedi
Armature diverse in bel lavoro-
Di fino argento effigiate e d’ oro :
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J
PRIMO
33
65
Alti ci mi eii a lunghe piume attorti,
Usberghi e scudi di ferina asprezza ,
Poi P armi orrende onde ferite e morti
Sparge il piombo volante e mura spezza.
Ala poiché sol tra generosi e forti
È magnanimità mostrar fortezza (41) ,
Vasco non vuol con fulmine improvviso
A1P inerme Aiìrican turbare il viso.
66
Or mentre P una osserva ed altra stringe
Bell’ arme il Moro , e il capitan favella ,
Tacito al cor gli serpe e glielo spinge
Invido sdegno ad opra iniqua e Ièlla ;
Ma già noi mostra, e riso amico fìnge,
E come può la barbara favella
Di vezzi raddolcisce e lieti segni ,
Onde meglio coprjj’ gli empi disegni.
67 *
Soggiunge Vasco : A questi mari avrai
Tu gente usala che il cammin mi mostre;
Ala se dono d’ alcun farmi vorrai ,
Sempre ti colcran le terre nostre.
E P astuto signor risponde : Assai
Ali giova il secondar le imprese vostre,
E piloto non sol , ma- funi e sarte ,
Od altro avrai di cui ti manchi parte.
Camoens 3
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34
CANTO
68
Cosi dicea, che facil via gli parve
Di trarlo a morte su deserto lito ;
Tanto gli duol che non di sogni e larve,
Ma cultor fosse di cristiano rito.
O misteri di Dio , chi può spiegarve
F ra quanti veste ingegno uman fluito !
Dunque giammai non mancheran rùnici
Al nome augusto , onde noi siam felici !
69
Alfine s’ accomiata , e il finto volto
Un colai riso d’ amistà vi scioglie ;
Ma sotto l’ alto sen l’ odio raccolto
Volge , e matura scellerate voglie.
A fender torna il patrio mar , che folto
Di cento vele il suo signore accoglie ,
E fra un vario echeggiar di lieti gridi
Volge co’ suoi seguaci il dorso ai lidi.
70
Gli va compagno il Tradimento al fianco,
E Bacco intanto le gioconde rose
Strappava al crine, e sovra il braccio manco
Posando il capo ravvolgea gran cose ;
Ma poiché vide il Re di livor bianco ,
E tutte penetrò le trame ascose,
Di secondarne i moti al cor gli sorse ,
E al disegno crudel P ira soccorse.
i
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PRIMO
35
71
Dunque legge , dicea , d’ immobil fato
Co.tanto affiderà stranio nocchiero,
Che le inde foci ei vegga , e tuoni armato
Sovr’esse, ed alte spoglie e nuovo impero
V’ ottenga, ed io dal sommo Giove nato,
Io d’ Oriente vincitor primiero,
Non scenderò a raccor più d’india i voti,
E fìan gli altari miei deserti o ignoti (42) ?
72
Non duoimi die favor d’ amica Dea
Alessandro scorgesse a quella parte ,
Che gli allori io dividere potea
Dove le forze sue divise Marte ,
Ma gente che pria nido non avea,
Cui poche arene di poco oro sparte
Fan sede e regno, cmgeravvi chiome,
E il Macedone ed io sarem vii nome !
73
No tu lido od aiena in Oriente
Vedrai , guerriero audace più che forte ;
Io . scenderò su questa piaggia ardente ;
Non tirsi e danze , ma battaglia e morte
Spargerò ovunque, infiammerò il nascente
Furor del Moro, e ovunque il piè tu porte,
Ti seguirò nimico, e in nuovi modi
Fabbricator di tradimenti e frodi.
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36
CANTO
Così volge inquieto , e sovra i venti
Agii si libra e in Affrica discende ,
Di torli veli avvolge i crin lucenti,
E longa scimitarra al fianco appende (43) •
Già barbari ne suonano gli accenti ,
E ondeggiar fa barbare vesti e bende ,
Di Mozambieh un Moro al volto, ai passi
Sembra, ed uom che al sovrano in pregio stassi .
7 5
Move alla reggia , e al suo signore innante
Giunto , con arte turbasi e scolora ,
E spiega alto secreto in sul sembiante ,
Che deggia confidar senza dimora :
Perdona se, non chiesto, a te le piante
Volgo , signor ; poi soggiungea , ma fora
Periglio il differir , che fera gente
Morde or le arene tue col ferreo dente.
76
Sappi eh’ ella tV incendi! e di rapine (44)
Vive , e che sotto placida favella
Tutte infamò le coste a noi vicine .
Nuovi riti fingendo e fè novella :
Quest» stesso mugghiar d’ onde maiine
Sembra pregar che seco la procella
1/ avvolga, e il ventri, o che d’ascose arene
Ultrice secca 1’ empiei navi affrene.
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PRIMO
3?
77
Ma ben altre nel petto acerbe cose,
Signor, io chiudo; e soggiungea turbato:
Ah! che lutti rapirne, e figli e spose
A vii servaggio , popolo iugannalo ,
L’empia dispone; e noi, cui queste ascose
Piagge già fean così tranquillo stato ,
Presto sospireremo in stranio lido
ir a fi rica xl nostro dolce antico nido.
78
Raccogli tu cento vendette in una ;
E poiché fia che col nove) mattino
Suo bisogno la guidi e tuà fortuna
Acque dolci a condor dal rio vicino ,
Co’ tuoi l' attendi, ove scendendo bruna
L’acqua avvolge fra sterpi il suo cammino;
E l’ ombra e ([nell incerto errar dell'onda
L7 occulte insidie copra e farmi asconda.
• 79
Ma poiché timor siegue i rei consigli ,
Non verrà il capitano inerme e solo ;
Pur come paventar eh* armi e perigli
Celino le fresche ombre e il verde suolo,
E tu appena che scenda e terra pigli
L’iniqua gente, il tuo guerriero stuolo
Traggi improvviso all’ aure aperte liiora ,
E stringi e opprimi lei turbata ancora.
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38 canto
80
Che s7 altro il fato volga , ed impedita
Sia l’ impresa eh’ io reco , arti d7 inganno
Nuove e sicure il tuo fedel t’ addita.
Abbi ansi i Portoghesi in loro danno
Il piloto richiesto alla partita ;
E se per onde ignote erranti vanno ,
Ei gli aggiri così che navi e genti
E ne disperda» P empio nome i venti.
81
Parlava il Nume ancor, che l’Affricano
Accorto ne sorrise, e lieto poi
Cqsì gli rispondeva : Amico , invano
Non giungi , ecco, ti sieguo ove tu vuoi ;
Ed in dolce atto gli stringe» la mano ,
Quasi a mercede de’ consigli suoi ;
E vengan pure, e altro che dolci e chiare
Acque 1 nocchier riporteranno al mare.
82
Tosto le rive del ruscel circonda,
E d7 un piloto ei stesso attento spia
S’JUa pieghevole ingegno, e alla Feconda
Mente spontaneo l7 ingannar s7 oflria ;
E poiché tutto i suoi desir seconda ,
Del tradimento la pii* certa via
Disegna seco ; e , Va , poi dice . afferra
L7 empio timone , e sciogli dalla terra.
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PRIMO
39
83
Già ritornava il Sole, e l’aureo piede
Sugli alti monti fiammeggiar parea;
E il capitan , che il di cresciuto vede ,
L’ acque bramate in mente rivolgea ;
Ma un dubbio presentir che il cor gli fiede
Quasi d’ ascoso inganno accorto il fea ,
E già de’ suoi le più feroci e pronte
Destre trasceglie, onde tentarne il fonte.
84
Non lievi segni avea di fè cangiata,
Chè or voci incerte sul piloto , ed ora
Aperta ne traea ripulsa ingrata,
E suono di minaccia anco talora ;
Onde di .tre battei picciola armata
Alle sponde movea dall’ alta prora ,
Chè a dubbii casi in mezzo ognor consiglio
Fu di buon capitan temer periglio.
85
Chiuse d’ armi tenea l’ erbose sponde
Del bramato ruscello il Moro ardito ,
Ma difeso così da siepi e fronde
Che tranquilla ne par la foce e il lito ;
E ad arte aveavi un sen che le belle onde
Fresche accoglieva, e feane dolce invito;
Ad afferrarlo il nocchi er sorge , e vede
Fiammeggiar aste e spade, e appena il crede.
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4°
CANTO
86
Tosto il crudo Affrican spiega la fronte ,
D’ arme sonando , e i Portoghesi aspetta ,
E, Ve’, dice, additando il picciol fonte,
Come soave vien 1’ onda diletta :
11 Portoghese di quei detti ed onte
Si rode impaziente di vendetta ,
E balza al suol sì rapido , che l’ uno
Non è primiero, e non P estremo alcuno.
87
Come talora .il crudo lottatore ,
Se amata ninfa siede al circo innante ,
Le forze avviva di quel -dolce ardore ,
Tanto robusto pili quanto piti amante ,
E stassi incontro il toro , ed il furore
0P irrita coll’ intrepido sembiante ,
Ma' quei ferocemente il conio abbassa ,
Balza-, infuria , e feriti e morti lassa.
88
Dai portoghesi legni ad un momento
Scoppia il lampo ed il tuono : oscuro velo
Il giorno involve , e ne limugge il vento.
Non sa se il mare infuni, o tuoni il cielo,
Che quinci notte il preme , indi spavento ,
11 Moro , ed altri accieca , altri di gelo
Immoto stassi, e di vergogna in faccia
Tinto e di rabbia, ignobil fuga il caccia.
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Siegue il fier vincitore , e dove in resta
Starsi vedean le lancie , arder le spade ,
Altro che un susurrar lieve non resta
Di scosse frondi e suon di rio che cade :
Le guerre il Moro e il folle ardir detesta ,
E come il gran timor gli persuade ,
Bestemmia il vecchio che al rio fatto duce
S5 offerse , e il sen su cui mirò la luce.
9°
Pur, come e crudo in lui costume antico,
Pugna fuggendo, e vibra o dardo o sasso;
Ma lo preme cosi 1’ altier nimico,
Che il come ondeggia e ne vacilla il passo ,
Nè più sposa ricorda, o tetto amico,
E dove scende l1 isoletta al basso ,
E picciol sen da vicin suol la parte ,
Fugge nuotando a più secura parte.
91
Pur sì rapido è il salto e così greve ,
Che tutta l’ onda gorgogliar si sente :
Altri travolto il mar nimico beve ,
Il nuoto altri seconda e la corrente ;
Ma di tutti però lo scampo è breve (43),
Che tonando gli coglie il bronzo ardente ,
E già non toccan le bramate rive
Che esangui spoglie o salme semivive.
CANTO
92
Lieto riporta le nimiche spoglie ,
E va sicuro il Portoghese al rio,
Che dolce mormorando al piè gli scioglie
Le belle onde , e ne adempie ogni disio.
Ma nuovo sdegno 1’ Affrican raccoglie ,
E già ne arde maggior l’odio natio;
E se non rise il Cielo al primo inganno ,
L’ altro succeda , e ne ristori il danno.
93
Giunge picciolo legno, e pace chiede;
Ma finto n1 è l’invito e il messaggiero ,
E i novi inganni il Lusitan non vede,
Che il pentimento altrui crede sincero.
T osto colui dieea : Di nuova fede
Son io pegno, signor, nè infingo il vero,
Che messaggier non sol , ma tuo piloto
11 Re m’invia, cui tuo desire è noto.
94
Dolce spirava il tempo e fresco vento,
Movea sotto i più bei celesti segni ,
Ed ai lidi venia qual piu'o argento
L’ increspar lieve degli equorei regni ;
E mentre il cielo e il placido elemento
Chiamava in alto i buon nocchieri e i legni.
Il capitan, che altro non chiede, accoglie
Colui sulla sua nave e lieto scioglie.
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PRIMO
43
95
Spumava il mar dall’ alte prore infranto,
E le vezzose di Nereo figliuole
Agitando le aurette eoi bel manto,
Coi canti le seguiano e le carole ;
Ed il piloto al capitano accanto
Fingeva al grande inganno atti e parole ;
Che v’era il Nume, e ne movea gli accenti
Isligator di frodi e tradimenti.
96
E a quanto Vasco chiede, ei quasi a dito
L’India disegna ed il terren diletto,
Qual sia fecondo il suolo , e come il lito
Offra in seni sicuri ampio ricetto :
E dallo scaltro ragionare ardilo
Il capitan pendea senza sospetto •,
Pur quei non avvoigea deli’ Indo i porti ,
Ma dure servitudi o certe morti.
97
E soggiungea : Di fertile terreno
Altra isoletta questo mare onora.
Che quanta gente accoglie nel suo seno ,
Teco ha una fede, e un Nume stesso adora;
E se col giorno e il Sol che vengon meno
Non abbandona i legni il vento ancora,
Il nuovo dì che sorgerà dall' onde
N’ addurrà lieti alle vicine spoude.
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44
CANTO
93
Vasco già n’ arde , ed appressar disia
L’amica gente ed il terreo felice,
Ed al Moro infedel , che gli mentia ,
Volger le .prore a quella parte indice.
Di gran nome e di forze ella fioria ,
E il nativo Alìncan Quiloa (46) la dice ,
Ma, come in Mozambichi, empio costume
Vi regna , e culto di bugiardo Nume.
99
Lieto che incauta di novel periglio
Volga la classe all1 infedel riviera;
Ben corra, ei dice; e altro crudel consiglio
Va meditando , ove sia presa e pera.
Ma Citerea, che col sereno ciglio
Veglia su lei dalla sua vaga sfera ,
Un vento move dall’ opposta sponda ,
Che crescendo respinge i legni e 1’ onda.
100
Si rode il Moro , e lo spirar nimico
Del vento non comprende o poco o molto ;
Ria pur, signor, dicea, se il seno amico
Alle lue navi or d afferrare è tolto ,
Pi •esso è nuova isoletta ove uso antico
Ha di riti diversi insieme accolto
Popolo misto , ed è tranquilla sede (47)
D’ affrican culto e cristiana fede.
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PRIMO
» K
40
101
Cosi l’astuto mentitor colora
Peggiore inganno , e ha si vive e pronte
Mani ere , e così veglia all' opre ognora ,
Che il tradimento mai vi leggi in fronte.
Volge di nuovo il capitan la prora ,
E 1* isoletta gli sorgeva a fronte ;
Ma torna il vento a Citerea fedele ,
E sparge e allarga in alto mai' le vele.
102
Per un breve- canal l’ isola sporge
Sul vicin continente, ed ha mnpetto
Ampia città che in facil colle sorge ,
Dominando reina il mar soggetto ,
E che lontana dal nocchier si scorge
l’er alte moli di superbo aspetto:
Monbazza è detta , e di signor possente
Sta sotto il hen, ma già d’ età cadente.
103
Dall’ alte torri le gran navi appena
Per il nativo mare ei correr vide’,
Un messaggier dalla soggetta arena
L01* manda incontro onde 1 invili e affide.
Al giunger suo la fronte rasserena
Vasco, arene fingendo e genti fide;
Ma quei recava amici detti , e in seno
Di tradimenti nascondea veleno.
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46
CANTO
104
Che Bacco nuovo avea preso sembiante
Di Moro , e di quel Re mosso lo sdegno ;
Onde ciò che amistà sembrava innante ,
Si rivolgesse in barbaro disegno.
Per quai duri sentier drizzi le piante.,
Infelice mortale ! or finto ingegno
T’avvolge, ora ti coglie insidia aperta,
E sempre ondeggi di speranza incerta.
105
Sul mare imperversar d’ Austro e di Coro ,
E monti d acque a tergo minaccienti ;
Insidie in terra e risse, e dopo loro
Dure necessitadi e lunghi pianti:
Dove a cercar ti volgerai ristoro ,
Che uu non t’ afferri di perigli tanti ?
Ma come incontro a poca polve move
Tanta mole -di sdegni il sommo Giove !
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NOTE
AL CANTO PRIMO
n
■D ABBARA Pyramidum sileat miracula Memphis.
Tacciti Lucano ornai y là dove tocca
Pel misero Sabello e di JSfasidio y
Et attenda ad udir quel ch} or si scocca :
Taccia di Cadmo e di A reta sa Ovidio ;
Che se quello in serpente e quella in fonte
Converte poetando , io non la invidio.
Dante-
%
Ingenium nobis ipsa pnella faciU
E per colei che m ’ ha fatto poeta.
Ovidio.
Dante.
S
Il poeta si rivolge al re Sebastiano , giovanissimo
ancora. Sotto il regno di questo principe fu pubblicata
la Lusiada , principiata gran tempo prima in Portogal-
lo , e terminata nel viaggio del Camoens alle Indie Orien-
tali. Il poeta qui gli presagisce i più fausti destini. Ma
egli mostro in tal guisa che il dono della profezia non
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NOTE
48
è conceduto ni vati moderni , come e tede vasi che fosse
agli antichi. Breve fu la vita del re Sebastiano , ed in-
Je/icissimo il suo fine. Egli perì di J.5 anni nella fune-
sta spedizione d' Affrica , alla , battaglia di Alhazer ,
data contro i Mori nel 15^8. È notabile che di tre prin-
cipi i quali combattevano in quella sanguinosa giornata ^
non uno sopravvisse alla sconfitta od alla vittoria. Già
spossato per la profonda piaga ricevuta in quel fatale di-
sastro , il Portogallo fu inoltre lacerato dalle fazioni , e
perde per gran tempo lastra nq uil lita y V indipendenza e
la gloria. La sottile tirannide di Filippo II succede al
generoso governo de ’ re portoghesi.
*
, 4
fì lhix Dardaniae, spes o fdissima Teucrum.
Virgilio.
5
Volvitur ipse ti hi , qui conspicit omnia Phoehus ,
Atque tuis orlos in tua condit equos.
ilut. Nemes.
.6
Don Nunno Alvaro , gran contestabile di Portogallo ,
sotto il regno di Giovanni 1 (_ V edi le note al canto IV )•
7
Vasco di Gaina ( Vedi il Soggetto istorico
8
Periodo di gloria e di prosperità fu al Portogallo
il regno di Giovanni I , che durò 48 anni.
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N 0 T E
49
9
Alfonso il conquistatore , primo re di Portogallo.
10
Francesco Atmeida e Lorenzo suo figliuolo , nomi
celebri fra quelli degli eroi portoghesi che soggio garono
le Indie , e fondarono quella portentosa potenza , di cui
presentemente non rimangono che pochi miseri avanzi.
Francesco Atmeida fu il primo Europeo che portasse
nelle Indie il titolo di F ice Re.
11
Alfonso di A Ihuckerche , giustamente sopra nno mi-
nato il Grande. Egli fu eh' espugnò Goa ed O rmus ,
e tant’ alto levò il potere de' Portoghesi nell' In Ue. Dopo
tante mar.tvigliose imprese , egli cadde in disgrazia elei
suo Re. 11 Scendi nella tomba , vecchio infelice ,, egli
sciamo cruccialo più volte , £i scendi nella tomba , che è
tempo oramai. ,, — La lettera che prima di morire egli
scrisse al re Emanuele } mette in chiaro la sua eroica,
gran dezza. — u Signore , io scrivo l' ultima volta a
£t Fostra Altezza , con uno strignimenta di cuore , certo
£t indizio della vicina mia morte. Io ho un figliuolo nel •
<1 regno j vi prego di farlo grand* in proporzione de' miei
u servigi. Io gli comando di chiedervelo , sotto pena della
“ mia maledizione. Nulla io vi dico delle Indie : esse
“ vi parleranno abbastanza e per loro e per me. >f —
n
Il Pacheco con cento -cinquanta uomini difese il forte
di Cochino contro cinquanta mila uomini condotti dal re
di Calie ulta. Come altre volte Leonida eli suoi Spartani
avevano fatto una funebre cena piuma di pugnare alle
Termopili , così , animati da uno stesso valore , il Pache co
ed i suoi Portoghesi si munirono di' soccorsi spirituali
Cavtoens b 4
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della chiesa , e giurarono di difendersi scambievolmente
sino all’ estremo sospiro. Il nome di Pacherò e scritto
sull ’ elenco degli uomini illustri che furono scopo del-
P ingratitudine de ’ loro concittadini e del principe. Colui
che con un pugno d’ uomini area superato tutte le forze
di un potente sovrano , e fatto il nome portoghese così
formidabil nell’ Indie , fu prima avvinto fra i ceppi ,
indi lasciato morire mendico.
i3
Giovanni di Castro e celebre soprattutto per la stia
difésa di Dio contro i Turchi. Egli si può chiamare il
Curio de’ Portoghesi. Dopo di avere esercitato per più
anni la potestà suprema nel più ricco paese del mondo ,
Castro morì così povero che nella sua malattia non fu in
grado di farsi comperare un pollo che il medico gli aveva
ordinato ili mangiare. Itegli ultimi suoi giorni fu ali-
mentato a spese della casa di Misericordia. Qual diffe-
renza tra Giovanni Castro e gli Hastings ed i Clive , i
quali tornarono in Inghilterra carichi de’ tesori e delle
maledizioni degl’ Indiani ! Questi , molti anni dopo la
morte di Castro , andavano alla sua tomba a chiedergli
giustizia de’ torti che ricevevano.
*4
Teque sibi generum Thetys emat omnibus undis.
Virgilio.
E lo vorrian per genero comprare
Telide e l’Ocedn con tutto il mare.
Bern. Tasso.
i5 '
illustres animai’, proaviquc , palerque
Intenlss oculos ore nepolis habent.
Frac.
Digitized by
NOTE
16
Et votis jam nunc assuesce vacar i.
5l
Virgilio.
*7
Pariti itur interea domus omnipotentis Olympi ,
Conciliumque vocat Divurn Pater.
Virgilio.
18
j4rgomento ili malte censure è stato questo intervento
delle divinità pagane in un poema , il cui soggetto , come
V autore dice nell ’ esordio , è principalmente il trionfo e
lo stabilimento della religione cristiana in contrade ido-
latre. E strano certamente il vedere Bacco e Marte con-
tendere innanzi a Giove per sapere se un ammiraglio
cristiano andrà a portare la fede di Gesù Cristo ai se-
gnaci di Maometto ed agli adoratori di Brama. Con-
vien pero dire che un poema epico non può far senta
del maraviglioso. Il Tasso alle antiche favole ha sosti-
tuito i sortilegi e la magia ; il V ol taire ha usato gli
enti allegorici , come la discordia, il fanatismo , ec. ,
che assai freddi riuscirono. Molti critici hanno per altro
assunto la difesa del Camoens. Secondo questi , gli enti
soprxinnnlurali , introdotti dal poeta , sono mitologici ad
un tempo ed allegorici. Eenere celeste rappresenta la <
religione ^ Bacco il demonio , ec. Essi invocano pure
V autorità e V esempio di Dante in suo favore. Si è ve-
duto nel Compendio della V ita di Camoens come, la
sig. di Stael ragioni in favore di lui sopra questo argo-
mento.
*9
Est via sublimis coelo manifesta sereno ,*
Eactea nomen habet , candore notabili s ipso :
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5 2
NOTE
Hac iter est superi s , ad magni leda Tonantis
Regalemquc domum.
Ovidio*
IO
Conveniunt properi qui terris omnibus errant , ec.
Vida.
ai
Nec confusus honor. Coelestibus ordine sedes
Prima datar } tracium proceres tenuere secundum.
Claudi.
aa
Tahb us orabat Juno , cunctique fremebant
Coeticolae , assensu vario.
Virgilio.
a3
Progeniem sed enim Troiano a sanguine duci
Àtidierai Tyrias olim quae verterci arces.
Virgilio.
24
Per mostrare quanto la lingua portoghese abbia affi-
nità colla latina , recheremo alcuni versi che ad uno stesso
tempo sono portoghesi e sono latini,
Roma injìnitos sanctissima vive per annos
Pacifica gentes , vive quieta , tuas.
Castiga grandes , violenta morte tyrannos ,
Ingratos animos ( es generosa ") fuge ,
Acquine insignes , varia de gente iriumphos ,
Distantes terra s , imperiosa rege .
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NOTE
53
Tanto majores tilulos , Bethlem alta celebra ,
Quanto Romano major es Imperio.
Major amor , amor es magnificentia , major
Fama, tuas Chrislo , dando benigna casas.
Noi pure abbiamo in italiano di tali versi , come ne
Ja fede quel distico del Chiabrera posto sotto P imma *
gine di una Madonna :
Jn mare irato, in subita procella ,
Invoco te , nostra benigna stella.
Vi sono pure alcune canzoni latine e sarde ad un
tempo.
»5
Un mormorio
Qual ne le folle selve udir si suole
Dove lustro giunga sibilando e. spiri.
T. Tasso , Ger. Conij.
a6
Tremefecit Olympum.
Fragor aethera terruit ipsum.
Virgilio.
Ovidio.
27
Rapido si eh ’ anco il pensiero eccede.
28
Tasso.
Snnui t invito Coelestum numi ne Rector.
Cai.
C
v.
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54
NOTE
29
Madagascar, una delle più grandi isole del? Affrica
e del mondo intero ; essa giace nell’Oceano Etiopico. I
Portoghesi la chiamano Isola di S • Lorenzo , perche la
scoprirono nel dì festivo di questo Santo.
30
Nel segno dei pesci. Al tempo della guerra de’ Numi
contro i giganti, Venere ed il suo figlio , essendo inse-
guiti da Tifeo , prole della Terra , si gettarono nell on-
da , e si trasformarono in pesci . In ricordanza di gue-
st avventura essi collocarono fra i segni celesti due dei
pesci di cui avevano tolto la forma.
31
Hinc aura primo lenis ìmpellit rates ,
Allapsa velis , unda vix tactu levis
Tranquilla Zephiri mollis afflatu tremil.
SeD. ut Ag.
32
In questo tempo alzando gli occhi al mare
Vide Orlando venire a vela in fretta
Un naviglio leggier che di calare
Facea sembiante sopra ? isoletta.
Ariosto.
33
Si non audires ut saltem cernere posses
Jaclatae late signa dedere manus ,
Candidaque imposui longae velamina Wrg».
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N O T £
55
34
Tra quanto e in mezzo Antartico e Calisto.
Ariosto.
35
Et quo sub coelo tandem , quibus orbis in oris
Jactemur, doceas : ignari hcmintimqae locorumque
Erramus.
Virgilio.
36
Tosto che ’l Sol nel liquido elemento
Tuffò le chiome sue aurate e belle ,
E Ci nzia apparse col suo crin d’ argento
Su *1 carro . e ’ ritorno le notturne stelle.
Bern. Tas.
37
Le acque porgon splendor che de la Luna
Le ripercuote il tremolante lume.
Mario di Leo.
38
Aurea fulgebat roseis Aurora capillis.
Ovidio.
39
Non solamente i Mori , a cui Gama qui parla , erano
andati pel Mar Rosso , a stabilirsi sopra le coste orien-
tali dell ’ Affrica , ed a trafficare nei porti dell ’ India g
ma i Turchi stessi principiavano a far conoscere la
loro potenza in qué mari. Signoreggiavano essi l’Arabia
ed Aden , una delle chiavi deli ’ Eritreo. Ma la poca
56
NOTE
industria di questa nazione V ha impedita finora di trar
profitto , pel traffico , de’ vantaggi che le sono offerti dal-
V estensione de’ suoi domimi , dalla felice lor giacitura ,
e dai porli che sopra tutti i mari essa possiede.
40
D* insà le mura ad ammirar frattanto
Cheti si stanno e attoniti i Pagani , ec.
E l* insolite pompe e i riti strani.
T. Tasso.
4»
E sdegna negl’ inermi esser feroce.
T.Tasso.
43
j4st ego quae Divilm incedo Regina , Jovisque
Et soror et conjnx , una cum gente tot annos
Bella gero ! Et quisquam numeri Junonis adoret
Praeterea ? aut supplex aris imponat honorem ?
Virgilio.
43
Furialia membra
Exuit ; in vultus se se transformat aniles , ec.
Virgilio.
44
Queste accuse venivano realmente date a * Portoghesi
da’ mercatanti Mori che si adoperarono ad aizzare contro
di loro tutti i monarchi dell* India. Convien però dire
ohe le rapine e la tirannide esercitate dai conquistatori
europei sopra le rive del Gange spesso giustificarono
troppo bene i bruni colori con cui quelli presero a
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pingerli. Anche al presente la gelosia de' Mori è il
principale ostacolo che impedisce agli Europei d' inter-
narsi nel centro dell ' Affrica.
45
Altri che ’l ferro e P inimico caccia ì
Net mar si getta , e vi si affoga e resta }
A Uri che move a tempo piedi e braccia ,
V « per salvarsi in quella parte e in questa.
Ariosto.
46
Mozambicco , Quiloa , Mombazza , Melinda era-
no , al tempo dell' arrivo de' Portoghesi , tanti piccoli
regni affricani , e formano ciò che chiamasi la Costa di
Zanguebar.
47
Però che dentro una città commisto
Popolo alberga di contraria fede ,
La debil parte e la -minore in Cristo ,
La grande e forte in Maometto crede.
T, Tasso.
Digitized by Gpogli
I
I LUSIADI
CANTO SECONDO
ARGOMENTO
TnADIMlirro del re di MomLaiza per condurre i
Portoghesi a perire. Venere, scesa sull’ onde, gli
scampa. Ella torna all1 Olimpo , e prega Giove in fa-
vore de1 diletti suoi naviganti. Il nume la racconsola
* le svela le future glorie del Portogallo. Apparizione
di Mercurio a Vasco di Gama. 1 Portoghesi afferrano
il lido di Melinda, il cui Re gli accoglie con onore,
« si trasferisce sulla nave dell1 ammiraglio.
I
(jtia le Ore ancelle del bel carro d’ oro
Si rivolgeano taciturne e chete ,
Chè al mar tornato Febo, avea ristoro
Recato all’ uom di sonno e di quiete ,
E il ciel tutto spiegava il bel tesoro
Delle sue luci scintillanti e liete ;
E il messaggero ingresso pur chiedea
Al sommo capitano , e gli dicea :
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6o
CANTO
3
Signore , al cui valor s1 oppone in vano
Di stranio, mar non conosciuto aspetto ,
E in cui maggiore dell7 invitta mano
E il gran disegno che ravvolgi in petto ,
Questo tuo nomi grido , il mio sovrano
Così ti strinse di verace affetto ,
Che unir le destre e ristorare i fianchi
Or chiede ai legni tuoi dal mar già stanchi.
3
Ma te per fama sui celesti segni
Noto , e ai venti temuto e alle pxoceUe ,
Accòrre in grembo a suoi felici regni
Crede favore di benigne stelle ;
Però ti prega che non sprezzi o sdegni
Nostri costumi e barbare favelle ,
Ma che senza sospetto al sen vicino
Ricovri i legni tuoi dal gran cammino .
4
Qui d’ Oriente, che finor su tante
Onde tu siegui, i bei tesori avrai,
Ed odorati germi ed util piante,
E qual gemma arda di quel sole ai rai ;
Che se P impresa tua vuoi trarre innante ,
Qui pria le genti ristorai' potrai,
Onde al cammin le riconforti almeno
Breve riposo di tranquillo seno (»).
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SECONDO 6l
5
Cortesemente il capitan risponde,
Che il generoso invito assai gli è grato :
Ma vedi } soggiungea , che brune le onde
Ormai son latte e il ciel di stelle ornato,
Ned io potrò , finche le chiome bionde
Non sciolga al bel mattino il di tornato ,
L’ invito secondar , e prender porto :
Pure tosto il larò che il Sol ha sorto.
6
Tu dimmi intanto se fra voi d’ un Dio
Regni verace ower culto straniero.
E quegli tosto a scaltro ingegno unio
Pronta menzogna; e, Ben t’apponi al vero,
Risponde, che non altri il suol natio
Cole , che Lui che è Nume e Signor vero
Ma sebben Vasco alla credenza pende,
Pur come saggio il voto anco sospende.
7
Seco sulle gran navi al mar traea
Gente che prima alle rapine intesa ,
A riparar la lama ora correa
Gli alti peligli dell' ardita impresa ,
E duo che pronto ingegno accorti fea ,
Alla bella città dinanzi stesa
Messaggier manda , e di spiarne impone
Le forze , e qual v’ alibi a di Dei ragione.
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62
CANTO
8
Con essi bel di murice colore
Invia , gentil presente , al Re straniero }
Onde tale si serbi il regio core ,
Quale si offerse e si spiegò primiero.
,, Ma ben altro volgeva il rio signore ,
!.. ; Che mostrarsi magnanimo e sincero (*) ;
E già partiano quelli , e di alti gridi
Il giunger lor ne suiti taro i lidi.
9
S’ inchinar quindi alle regali piante
Di lui che il dono accoglie e ne sorride ,
E vider templi ed ampli fori , e in quante
Vie la bella città si apro e divide :
Sol ciò non vider eh1 era sol bastante ,
E atti e delti mentir le genti infide \
Che malizia non sol gli umani ingegni,
Ma i sembianti conforma a’ suoi disegni.
io
E colui che del fior dei di primieri
Veste la guancia ognor fresca e ridente,
Di nuovo inganno rivolgea pensieri ,
Sotto aspetto mortai Nume presente ,
1 Ed ara sacra ai placidi misteri
Del Salvator divino offre repente ,
De’ Portoghesi al guardo intorno pinta
D’ ima gin pure e di più faci cinta.
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Dall’ una parte i guardi raccogliea
Innanzi al divo messaggier la bella
Vergin su cui colomba discende a
Nell5 atto umi'1 che si diceva ancella ;
E quindi i pescalor di Galilea
Parean cangiar di volto e di favella
All’ improvviso piover di divine
Fiamme che ne radeano il raro crine. (3)
12
Al nuovo altare innanzi il popol denso
In atto stassi di pietade immoto ,
E pura nube di odorato incenso
Lambendo P aer va cheto e devoto.
Spiegan pur essi il cor di fede accenso ,
E accoppian casta prece a fìnto voto ,
Che cultor empio e impuro sacerdote
Vi mormorava il Dio profane note.
13
Poiché rivolser da quell1 ara il piede
Rieovraro ad amico e nobil tetto ,
Tal che di lor onde vedean la fede
Credon sincero il core e pio P affetto ;
Si cortese lor fu P ospite sede ,
Che non cena mancò , non fido letto ,
Finché non rosseggiar sul mar vicino
Le nuvolette fresche del mattino.
64
CANTO
*4
All’ apparir del desiato giorno
Rinnova al capitano il Re l’ invito ,
E all’ alta nave gli Affiicani intorno
Il sen più fido gli fingean del lito ;
Intanto i messaggier facean ritorno ,
E di quanto aveau visto e quanto udito
Lieti, Si, vanne, ripetean, che il puoi,
Che qui tutto risponde ai desir tuoi.
15
Nè sol di cheto mar tranquillo seno ,
Ma di dolce amistà cortesi uffici,
Che ha di saggio signor soave freno
La fortunata terra , ed atti amici
Incontri ovunque, nè al sembiante meno
V engono ; quindi i popoli felici
Dicean poscia dell’ara, e quai di speme
Cristiana riti celebraro insieme.
16
Il capitan già volge altri pensieri ,
Che sospettar non sa d’inganno e d’arte,
E lietamente sovra i legni alteri
Degli accorsi Afiricani accoglie parte :
Mista si avvolge ai lusitan nocchieri
L’ infida gente , e vele spiega e sarte ,
Sebben tacila intanto in coi^ ne rida ,
Qual chi la preda ornai parta e divida :
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SECONDO
65
*7
Che disposti sul lido eran gli aguati,
Onde giunte le navi al lido appena
Si vedessero a fronte arme ed armati,
E non seno tranquillo o fida arena;
E da doppio timor cinti e turbati
LJ alta vendetta e la dovuta pena
Di Mozambich cogliesse i Portoghesi
Uccisi ai legni , o sulle arene stesi.
x8
Già spiegate le vele , e già le gravi
Ancore svelte , un lieto grido senti ;
E già presso è la bocca, e le alte navi.
Vengon coi bei vessilli aperti ai venti;
Ma ai Cipro la Dea, che le soavi
Luci non rivolgea dalle sue genti ,
Rapida si , che men rapido fende
L’ aer partico strale , al max- discende (4)-
*9
Vaga figlia del mar le limpid’ onde
Scherzante al piè di riverenza in segno:
Ma noi mira la Diva , e sulle sponde
Chiama le ninfe dell’ algoso i-egno (5),
Ed a che venga palesando e donde
Trarre a giocondo fine il. suo disegno ,
Parte col vago stuolo in ver P armata <4
Per distornai- la sua fatale entrata.
Camoens 5
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6(3
CANTO
' 20
Al mover delle Dee gorgoglia il mare ,
Ma suono quel non è di rochi pianti ;
Già per il cheto dorso e l’ acque chiare
Scintillan dolci sguardi e bei sembianti.
Là Nise e Cloto , e qui Nerina appare ;
S’ incurvan sotto il piede i flutti infranti ,
E increspandosi poi tranquilli e lievi.
Spiegai» fresco sentier di gigli e nevi.
21
Vener di viva fiamma i lumi accende ,
E sul dorso a un Triton fa suo cammino :
Il bel peso ei non sente , e lieto fende
Le onde, quasi intendendo il suo destino,
E ove le amate vele apre e distende
Il respirar novello del mattino ,
Si slringon tutte alle alte navi in faccia,
E siepe e muro fan di molli braccia.
22
Contro il legno maggior sorge «d appella
Seco la Dea cento compagne e cento :
Spiran le aure seconde, e vi qp la bella
Nave spumante del marino argento ;
Ma il molle seno oppone questa , e quella
Or fianco adopra, or braccio; e invano il vento
Spila, che il legno è a rimbalzar costretto,
Divin fianco incontraudp o divin petto.
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23
Qual se peso maggior traggan talora
Sollecite del verno le formiche (6) ,
Ora mescersi insiem le vedi, ed ora
Dividero gli uffici e le fatiche :
Arti e modi sagaci ignoti ancora
Spieganvi, e fervon tutte all’ opre amiche 5
Tali parean le ninfe dal presente
Inganno a trar gli amici legni intente.
24
Fogge respinta dal bramato seno
La nave , e invan ne freme il nocchier bianco ;
Pure speme ed ardir non gli vien meno,
Ed or vele rinforza, or volge fianco;
Ma mentre il vento o scarso accoglie, o pieno
Mentre al destro soccorre e al lato manco,
Gran scoglio mira che dalle onde fuora
Sporgea vicino a minacciar la prora.
25
Vanno alti .gridi al cielo , e a quél periglio
D’opre e di man tutto ribolle il legno.
Non intendono i Mori a qual consiglio
Si fero grido e tanto ardor d'ingegno;
E ne turban così la mente e il ciglio,
Che già credono noto il rio disegno ,
E che ciò sia di cruda pugna invito,
Onde nessun di lor più torni al lito.
68
CANTO
26
Balzati dalle alte poppe, e cento strade
Si apron di fuga ove timor gli caccia :
Più non vedi fra lor chi ad altro bade ,
Non chi corso rattenga o volga, feccia ;
Quei remo stringe, altri fra le onde cade ,
E sorge fuor con le natanti braccia :
F uggir sol giova , e purché afferri i lidi ,
Non cura alcun come fortuna il guidi.
Cosi sull’ alga verde assiso suole
Il ranocchio aspettar la fresca sera ;
Ma se gente si allacci o fionda vole
Al margin della placida riviera ,
Chi qua balza e chi là , quasi s’ invole
A periglio vicino onde ne pera,
E dal fango natio sol fuora mette
11 capo ad esplorar 1’ aure sospette (7).
28
11 rio piloto che avea tratto al grave (8)
Passo le navi con inganno ignoto ,
Or dell’inganno si scolora e pavé,
E fugge ai Mori insiem , temendol noto.
Intanto , onde al vicin scoglio la nave
Non franga, e tutto ingoi l’immenso vóto,
Volge Vasco la prora; e al duce appresso
Gli altri legni mmor fanno lo stesso.
39
Ma in gran pensieri ondeggia , e incerto e lento
Non sa ciò che risolva e ciò che dica:
Onde la fuga e il subito spavento,
Se fido porto è questo e gente amica ,
E se è tranquillo il mar, secondo il vento ,
Come vien l’ onda a legni miei nimica?
Cosi tra se ragiona , e a un tratto poi
Quasi rasserenando i pensier suoi :
30
Oh portento , gridava, oh genti avare ,
O promesse crudeli e infide paci !
Ben quel fuggir ne fa palesi e chiare
Le inique trame e gli animi fallaci ;
Ma chi turbolle , e chi ne chiuse il mare.?
Oh dell’ ingegno uman torbide faci ,
Se non splenda dal Ciel pietoso guardo
Che il lume ne indirizzi incerto e tardo !
31
Si , si , ne dice il Ciel che seni infidi
E avare genti han d’ Affrica le arene ;
E ben visto abbiam noi qual vi si annidi
Pi tradimenti scellerata spene:
Pur dove è l’uom che in suo saper si affidi
Tante scoprir vie di periglio piene !
Deh ! siegui tu raggio cortese e pio
A rischiarare il cieco uman disio :
7°
CANTO
32 .
E poiché solo da tuoi fonti eterni
L’ alta bontade attingi ed il potere
Onde sì .dolce i tuoi nocchier governi ,
E li campi da genti incolte e lere ,
Ci additi un sol de’ lampi tuoi superni
L’ Indo bramato , e noi, che il tuo volere
Seguiamo e 1’ onor tuo per mari ignoti,
Compiuti alfin veggiamo i puri voti (9).
33
Così Vasco pregava, e una furtiva
Stilla rigava della Dea le gote :
Compiange i duri casi , e di sì viva
Pietà la slringon le dolenti note ,
Che invan le ninfe e d’ Ocean la riva
Pregan che il bianco piè più tarda rote.
Vassene a Giove, e di una in altra stella
Varca correndo, e ne divien più bella.
34
Arde fra vive rose e fra rugiade
Di bei sudori sparso il vago volto ,
‘ E le s’increspa intorno, indi le cade
L’ oro dei biondi orin per gli omer sciolto,
E spira un non so che , eh’ or di pietade
Ora sembra d’ amor , ma un tutt’ accolto
E di grazia e beltà , che 1’ ampio cielo
jNe infiamma, e il carro di Boote e il gelo (io).
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SECONDO
71
35
E giunta dove è il genitore assiso ,
Fra leggiadra e dolente arresta il piede;
E non sì tosto si apre il bel sorriso,
Che sospir molle e palpitar succede.
Qual finge accorti sdegni e caro riso
Donna a tentar d7amante cor la fede,
Tal più di vezzi che di duol fa mostra,
E sviene e quindi il bel pallore mostra (u>
36
• Ed ah ! gli dice , io ben talor potea
Di lieta impresa lusingare il core,
Che il guardo tuo seren mi promettea ,
E seguace a’ miei voti il tuo favore;
Ma- se per me, benché no ingrata o rea,
Ornai nel sen più non V alberga amore ,
Adempì pur di Bacco i prieglii , ed io
Porti, tua figlia, in dote il pianto mio.
37
.Sebben , pianti infelici , a che traete
Sì dolorosa vena ! e quando e dove
Corsero al Portoghese onde più chete ,
Benché lagrime ognor spargessi io nuove.
Dunque dall’ ampr mio tal frutto miete ,
Che s’ io il difenda , lo persegua Giove I
Ma che lare s’ io l’ amo e invan mi provo
Spegnere antico amor con odio nuoyo?
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I2
CANTO
38
Pera, pera il ineschili , se cos'i vuoi,
E me cagion del suo morire appelli.
Qui piange , e sono i vaghi pianti suoi
Qual d’alba a fresca rosa umor novelli :
A favellar ripiglia , e i detti poi
Tronca improvvisa, quasi invan favelli ,
E un caro susurrar a’ ira e d’ amore
Suona furtivo da’ bei labbri fuore.
39
Vinto il gran genito^ dal dolce incanto
Che irata tigre avria fatto tranquilla ,
Vèr lei si move, e il ciel serena intanto
Col girar della placida pupilla ;
Bacia i begli occhi , vi rasciuga il pianto ,
Quel caro pianto che sul cor gli stilla (ia) 7
E di un dolce la cinge amplesso , e lieve
Cadendole sul bel collo di neve.
40
Ella ai teneri amplessi abbandonata
Bagna di nuove stille al padre il volto.
Come faneiul cui fu la madre irata ,
Che a pianger siegua nel suo seno accolto ;
Tal eh’ ei , 1’ alta caligine spiegata
Entro cui siede P avvenire avvolto ,
Racconsola ed affida i dolor suoi
Coi grandi eventi che verranno poi.
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4*
Cessa , vezzosa figlia , e tanto affanno
Meco addolcisci di pensier più lieto,
Che invano altri t’ oppone arte ed inganno
E scritto in adamante è il gran decreto:
Ad Oriente i Lusitan verranno ,
E ciò che giacque altrui finor secreto ,
Tu ’1 vedi , e sappi pur che le famose
Grecia e Roma ne andranno un di pensose
Che altri del bel Timavo a riva uscire
Esul potesse dalle patrie sponde.
Altri del mar bollente affrontar 1’ ire
Dove Scilla e Cariddi assorbon 1’ onde ,
Impresa fu di fortunato ardire ,
Ch’ ebbe del favor mio 1’ aure seconde ;
Ma ciò che il fato mai concesse altrui ,
Scopriran nuovi mondi i nocchier tui.
43
Quindi arene vedrai pria d’ alga cinte
Crescere in mura ed in cittadi alzarse ,
Quinci turche falangi uccise e vinte ,
E le ceneri impure al vento sparse ,
E di benda reai le fronti scinte
I re degli Indi al vincitor piegarse,
E di rispetto in segno offrirgli in dono
II nativo terreno e il patrio trono.
74
CANTO
44
Vasco , che a discoprir la piaggia nuova
Tanto corse finor d’umido regno,
Darà poi di valor sì chiara pruova ,
Che del marin tridente ei parrà degno ;
E benché aura non spiri, onda non mova,
Le vele spiegherà del vago legno ,
E secondar senza respir ai vento
Dovrà il corso 1’ attonito elemento (i3).
45
Anzi là dove gli Affricani avari
Gli negaro il ristor di limpid’ onda ,
I nocchier, che dal Tago ai nuovi mari
Verranno, raccorrà tianquilla sponda;
E il nobil grido udito e fatti chiari ,
Quanta ora gli odii e rio livor seconda
Infida costa deporrà 1’ antica
Ferocia, e terra fia di gente amica.
46
11 Rosso mar fra tema e fra stupore
Arresterà le onde sospese al lito ,
E Ormutz vedrai spogliato di valore ,
Ormutz già tanto alle Lattaglie ardito.
Qui le saette sue tornargli al core
Sentirà popol barbaro infinito,
E laverà col sangue il folle ardire
D’ aver tentato le magnanime ire.
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Mira la bella Goa che lieta in volto (»4>
Scote dal collo il giogo e al piè si vede
Il diviso Oriente insieme accolto
Nuove leggi raccome , e giurar fede :
Dopo il molto pugnare e il vincer molto
La offrirai lor de' bei sudor mercede ,
E aggiunta quindi al popolo guerriero
Reina sorgerà di vasto impero.
48
Vinto P empio idolatra , ella pietoso
Culto ricniamerawi , are veraci ,
E inspirerà col cenno imperiose»
Ai ribelli il rispetto ed agli audaci ;
Poi Cananor difesa e il popoloso
Calieut mirerai sincere paci
Comporre, e ad un guerrier quanto altri forte
Fra liete grida aprir Cochin le porte.
49
Tanto non vide spumeggiar d’altere
Navi , e si fiero urlar d’ arme e di scudi
Leticate alior che le romane schiere
Divisero i civili odii e gli studi ,
Benché selvaggie nazioni e fere ,
Ed agghiacciati Sciti e Etiopi ignudi
Spingesse in guerra dalf egizio hto
Di Cleopatra V adultero marito :
?6
CANTO
50
Siccome agli Indi iT Lusitan condutto
Fia che l’ invitta spada intorno rote ,
E il trionfato mar sonerà tutto
Di barbare favelle e voci ignote ,
Onde lasciato a tergo immenso flutto ,
E l’aureo Chersoneso (>5), alle remote
Isole della China il corso volga ,
E d’ Oriente il pien tributo accolga.
51
Però deponi in questo seno i tuoi
Pianti , e qual fieda acerba cura il core ,
E il bel liso prepara ai nuovi eroi
Che i passati perigli ne ristore ,
Che dal mar Gaditano ai lidi Eoi
Dall’ Austro ad Aquilon non fia maggiore
Nè più chiaro valor , sebbene al giorno
Facessero gli antichi eroi ritorno.
57.
Così dicendo , a se F agii figliuolo
Chiama di Maia(i6), e, Vanne, impone a lui:
Movi il duro Aflricano , e fa che il suolo
Avaro or apra alcun de’ porti sui :
Quindi spiegato ver Mombazza il volo,
Al capitan r amica terra , a cui
Ricovrar dee le navi , in sogno addita ,
E 1’ affretta e lo spingi alla partita.
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SECONDO
77
53
S’ inchina il messaggiero e le belle ali
Spiega a un’ aura che vien fresca e tranquilla ,
Stringe la fatai verga onde sui mali
Un improvviso e dolce obblio distilla ;
Con essa tornar può dalle ferali
Sedi un’ alma ove morte dipartìlla ,
E dissipare i venti e calmar 1’ onde ;
E preme del cimier le chiome bionde (17).
54
Giunto sovra Meliude , il chiaro grido
Si manda innanzi della Dea loquace ;
E il mare ne risuona e il vicin lido ,
Nè de’ nuovi noccbier il nome tace :
Cresce maggiore il suono , e già l’ infido
Tratto varcato d’ ampii mari e il Trace
Vinto si dice , e già ardono i petti
Dei grandi fatti e degli ignoti aspetti.
55
E quindi a trar del gran periglio fuora
Le amiche navi inver Mombazza move :
Che se alcun poco il messaggiero ancora
Tardava il cenno ad adempir di Giove ,
Non sorgea lieta ai Lusitan 1’ aurora ,
E già chete volgean le insidie nove ;
Nè d’ ombre cinta sol mente mortale
Ciò che avvolga malizia a scoprir vale.
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78
CANTO
56
Già le Ore prime del notturno gelo
'Torceano il cheto volo , e sol profondo
Obblio regnava, e sol da! casto velo
Vegliavan gli astri sul quieto mondo (18) ;
E a Vasco , che spiava il mare e il cielo
Premendo alto sospetto al core in fondo ,
Un dolce lusingar di sonno liev&
Sparso le cure avea di sopor breve :
57
E, Fuggi tosto, intimi il inessaggiero ,
Fuggi l’avaro seno e il fìer tiranno,
Che ove non colse i legni tuoi primiero
Rivolge l’Aifrican secondo inganno.
Fuggi , e signore di migliore impero (19)
Ristoreratti dal sofferto danno ;
Mira il cielo che ride , il mar che tace ,
Ed i venti composti in beta pace.
58
Come sovra acque infide e ad empie foci
Chiudi tranquillo a fatai sonno 1 rai ?
Che crudo pasto di destrier feroci ,
Se sorga il nuovo dì , tu qui sarai ,
O crudi altari e sagrifici atroci
Del sangue de’ tuoi fidi tingerai ,
Che gli empi ospizi di Tid/de e i riti
Inferni di Busin han questi liti.
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seogte
SECONDO
79
59
Radi la costa , c presso a quella parte
Ove si volge egual la notte al giorno ,
Amica spiaggia accoglierà le sparte
Vele, e fia dolce a’ tuoi nocchier soggiorno:
Dagli AfFrican selvaggi la diparte
Non nuovo mar che le si serri intorno ,
Ma gente e Re migliore , onde fia poi
Mostra l’ India cercata ai legni tuoi.
60
Così dicendo, con la verga il fìede;
Ed ei leva la fronte sbigottita,
Ed indorarsi l1 aer cheto vede
A un vago raggio che la costa addita j
Saluta il chiaro segno , e già succede
Ai pensier dubbii la virtù smarrita ,
Ed, All’ opre, nocchieri, ei grida, all' opre,
Che i suoi candidi segni il Ciel ne scopre.
61
Presto al vento che sorge ognuno appresto
Le vele, ed apra alle speranze il core,
Ch’ io vidi in sogno il messaggier celeste,
E già siede con noi sulle alte prore.
Balzan lieti i nocchieri , e tutti investe
Un Nume stesso ed un istesso ardore :
Altri gli alberi impenna , altri le gravi
Ancore svelle , e già movon le navi.
e
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8o
CANTO
62
I Mori intanto, onde gli incauti legni
Trarre ne1 scogli della foce ascosi ,
Recidean lor le funi , e i rei disegni
Guidavan cheti pei silenzi ombrosi.
Ma poiché vider biancheggiare i segni
Delle alte antenne , e i taciti riposi
Ondeggiar rotti da festevol grido,
Non corser no , precipitare al lido.
63
Già fean solco le navi , e in vasto seno
Mormorando s’ aprian le vie profonde.
Àrde di pure luci il ciel sereno ,
E il mare ha bel zaffìr di limpid’ onde j
A tergo fogge il barbaro terreno ,
Pure il nocchiero ancor le avare sponde
Ne segna, e dolce, or che passò il timore,
Il corso rischio gli ritorna al core.
64
Le ombre una volta avea P aureo pianeta
Lasciate intorno , e un’ altra volta ancora
Sparse le rose , e già sull’ onda cheta
Se ne adomava la seconda aurora,
E duo legni venian cui 1’ aura lieta
Del placido mattin lambia la prora,
E a trame il capitan certe novelle
Vola coll’ ampie vele incontro a quelle.
*
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SECONDO
81
65
Timida F una di vicin periglio ,
Correndo a riva , F ancora v3 affonda ,
Qual chi ricovri da nimico ai-tiglio ;
L3 altra siegue il suo corso , e lo seconda
fu guisa tale , che sembrò consiglio
Delle navi appressar F armata sponda.
Poiché senza il tonar de1 bronzi ardenti
Raccolse i lini e consegnò le genti.
66
Vasco ne è lieto, e alfìn compiuto crede
Ciò che bramò fìnor, d1 aver piloto ,
Che alcun trovar fra i prigionieri ha fede.
Cui non sia F Indo e il nuovo mare ignoto ,
E senza indugio or questo or quel ne chiede;
Ma pure il bel desir gli torna vóto,
Che d3 India alcun non sa novella , e solo
Di Melinde vicin dicongli il suolo.
67
Saprai qui, sieguon, ciò che invano aspetti
Da noi , che amica terra è il bel paese ,
E signor v3 hanno i popoli soggetti ,
Non sai se più magnammo o cortese.*
Confronta il capitan del Moro- i detti
Con quanto in sogno da Mercurio intese ,
E lieto dove FAifrican fa segno
Volge la prora del maggior suo legno.
Camoens 6
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82
CANTO
68
Dal fresco grembo suo spargeva Flora
I lieti giorni e la stagion serena
Col vago toro «he il bel corno indor; (io).
Al dolce sospirar di Filomena ,
E messaggera de’ bei di l’Aurora
Sulle onde fresce rosseggiava appen; . ,
Che con il nuovo raggio eccoti m 1 iva
Del cheto mar Melinde a lui s’ offr i r a.
Sacro all’ armata ritornava il giorno ,
E tutti aperti i bei stendardi avea ,
Che or fuggiano scherzando, orfean ritorno,
Sull’ aura fresca che col di nascea.
Spargean le trombe allegri suoni , e intorno (ai) |
II vessillo maggiore arder parea ;
Tali movean le belle navi ai lidi ,
Che già rispondon di festevol gridi.
7°
Affrica ancor quel nuovo tratto abbraccia,
Ma pur siede miglior la bella terra ,
occulte insidie cova, o di minaccia
Aperta suona, o d’armi freme e guerra.
Starisi le -navi alla cittade in faccia ;
11 fondo algoso 1’ ancora ne afferra ,
E Vasco impon che un messaggiero al piede
Del Re si rechi, e impetri arniqa sede.
SECONDO
83
71
Il buon re di Melinde, a cui mostrato
Era P arrivo dei nocchieri arditi ,
Non sol consente il porto disiato ,
Ma dolci atti v’ aggiunge e dolci inviti :
Entrin , dieea , le navi , e mi fia grato
Aver loro comuni ed acque e liti ;
Ma sovra ogn’ altro il capitan non sdegni
Ornar di sua presenza i nostri regni.
72
1 fidi sensi un messaggier riporta;
E vi accoppia parlar si piano e schietto ,
Che ben si scorge in lui non dubbia o torta,
Ma pura fede e insiem verace affetto. t-
Picciolo legno siegue quindi e porta
Quanto al bisogno può , quanto al diletto
Giovar , lanute greggi , e d1 ambo i lati
Rosee frutta pendenti e cedri aurati.
73
Questo e quelli in tal guisa ha Vasco cari,
Che il suo piacer n’ esprime e la sua lode ;
E ben fora ragion , dieea , che i mari
Servisser tutti ad animo si prode ;
E quanto di presenti eletti e rari
Seco traea sulle guerriere prode ,
Bei colori di porpora natia ,
E di corallo iu regio don gli invia («) ; ‘
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74
E facondo orator v’ aggiunge , a cui
Impone che d’alterni uffici amica
Legge là stringa ; e perchè a lidi sui
Non scenda ei stesso , accortamente dica.
Appena innanzi al Re giunse colui ,
Altro ei sembrò di quella terra aprica ,
E sì bel rivo d‘ eloquenza aperse ,
Che di un grato piacer gli orecchi asperse.
75
Signor , cui piove il Ciel grazia e favore ,
Onde feroce popolo soggetto %
Vive lieto così , che sembra amore
Ciò che ad un tempo è amor, tema e rispetto,
Non solo i porli tuoi , ma il regio core
Tutto Oriente ha di lodar diletto ,
E questa speme li rechiamo innanti.
Onde ristori noi nocchieri erranti (23).
76
Già non coviamo in seno empio disegno 0*4),
O d’ aitimi spoglie saziarci disio,
Or incauta citta predando, or legno
Che placido trascorra il mar natio ,
Ma d Europa superba il più bel regno
Ne diè la cuna, e 1 Oceàn n’aprio,
Su cui d’ India tentiam le ignote arene
A secondar d5 invitto Re la spene.
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SECONDO
85
77
Qual di barbare coste empio costume,
Leggi d’ ospizio imaginò sì crude ?
Anco l’uscir dalle marine spume
Vietane , ed appressar le arene ignude :
Ma qual tema o sospetto indi presume ,
O qual sembianza abbiam selvaggia e rude?
Che pellegrini e pochi , or chiusi i porti
Trovxam, or chi minaccia incendii e morti (a5),
78 .
Ma ciò che in altri manca, e tratto umano
E regio aspetto ed animo sincero ,
In te, signore, adempì, e tu la mano
Stenderai dolce al lusitan nocchiero ;
Nè certo a’ lidi tuoi ci spinge invano
Comando di celeste messaggiero ;
Che se il Ciel di te parla , e quali poi
Esser denno i tuoi pregi e i inerti tuoi?
79
Sol prego, o saggio Re, che non ascriva
A dubbia fè che tua virtude offenda
Se il capitan , come vorria la viva
Fama e 1’ alto tuo nome, a te non scenda,
Ma di toccar ad esso arena o riva,
Sebben talora amica terra ei prenda ,
Vieta cenno reai , rh" ei guardar deve
Finché la prora l’indo mar non beve;
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86
CANTO
So
Or tu che adempì, di buon Re gli uffici ,
Ben sai che legge è 1’ ubbidire a noi ,
Nè il bel corso arrestar de’ benefici
"Vorrai , perch’ egli compia ai dover suoi ;
Pure per me sensi t’ espone amici
Di grato cor cosi , die se agli Eoi
Lidi è destin ch’ei giunga, il nuovo suolo
Afferrar crede col tuo nome solo.
81
Qui tacque, e un vano mormorar di voci
Sorse , maravigliando il grande ardire
Di chi movea da si lontane foci ,
Di sconosciuti mar tentando P ire ;
Ma i pensieri del Re correan veloci
Vèr l’altra parte, ed, Oh dall’ ubbidire
Di costoro , dicea , chiaro si sente
Quanto il signor ne sia grande e possente.
82
E con parole d’amistà ripiene
Soggiungea quindi all’ orator rivolto:
Se pria ti trasse a me sol dubbia spene ,
Dolce certezza or ti sereni il volto ,
Cliè la fama de’ tuoi già tante arene
Trascorse , e v’ ha così gran volo sciolto ,
Che gloria fia non sol raccome i legni ,
Ma parte avervi ancor dei patrii regni.
83
Duplmi però che questa ospite sede
D’ un guardo non onori e lieta faccia
11 capitan, nè il peregrino piede
Segni le arene mie di nobil traccia ;
Ma pur se tanto ubbidienza chiede ,
Vinca il dovere , e il piacer nostro taccia ;
Ei governi le navi , e cura mia
Ricompensarne il raro merlo fia.
84
Appena il Sol fia di queste onde fuori.
Io stesso verrò lieto al duce vostro,
E sorgan presto i mattutini albori ,
Onde aperto egli vegga il desir nostro ;
E se di stranio mare i lunghi errori ,
O il feroce pugnar di Borea ed Ostro
Antenna ruppe, o squarciò vele, io tutti
De’ venti i danni ammenderò e de’ fluiti.
85
Mentre ei dicea, già l’umido soggiorno
J1 Sole rivedea dall’ Occidente,
E il messaggiero si parti col giorno
Cui rosseggiava il bel raggio cadente ;
Ma appena al capitano ei le’ ritorno,
E narrò le accoglienze in fra la gente.
Che quasi India sorgesse a loro limanti ,
Celebraro la notte ì naviganti. ,
88
/
CANTO
86
Fiamme innocenti per lo ciel strisciarse
Miri repente , e folgoranti e belle
Di cometa imitar le chiome sparse,
E mancar poi quasi cadenti stelle.
Odi armonie festive intorno alzarse ,
E i guerrier bronzi ad or ad or fra quelle
Mescersi : il mar ne ferve , e il lieto suono
Par che le umide Dee tolgansi in dono.
87
11 festeggiar seconda, e scintillanti
Segni Melinde anch’ ella adorna e finge :
Scherzan lucide pioggie e rai tremanti ,
E lungo tratto d’ aer se ne pinge (26);
E fra tuoni tranquilli e lieti canti
Un alternar di vaga luce or cinge
Le eccelse antenne delle navi , ed ora
E seni e mura alla cittade indora.
88
Ma già la Stella del inattin vezzosa
Richiamava le cure de’ mortali ,
E co’ begli ocelli di Titon la sposa
11 dolce saettava obblio de’ mali :
Era F ora in cui l’aura rugiadosa
Sovra i fioretti va scotendo le ali ,
E il Re picciolo legno avea già sciolto
Dal lido, e inYer 1’ armata il corso volto.
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SECONDO
89
89
Lungo le umide arene immensa gente
F erve d’ obiti lieta e di sembianti ,
Ed un raggio novel di Sol nascente
Fiammeggia sovra l’ór dei ricchi manti:
Non è chi spada stringa od arco aliente,
Ma scoton palme e frondi verdeggianti,
Vittorie presagendo e nuovi imperi
Di tanto mare ai vinci tor nocchieri. .
9°
Il bel legno che accoglie il regio fianco
Leggiadro scorre sovra rosei remi ,
Lambisce il mar di lieta spuma bianco
Delle volanti sete i lembi estremi :
Sieguono al destro lato e al lato manco
Quanti tengon nel regno onor supremi;
E come rito vuol di quelle genti,
Augusto ei stassi in barbari ornamenti (27).
91
I)’ oro inteste e di seta, ha regie bende ,
E regio manto in color vivo tinto ,
E nei diversi fregi ond’ ei risplende
Dal valor prezioso il pregio e vinto;
Dal collo aureo monil sul sen gli pende.
Di vive gemme ardon la spada e il cinto ,
E tutto fino al piè quindi e tesoro
Di cremisin velluto e di fin’ oro.
f
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9°
CANTO
9*
Sovrasta d’oro alzata H Sol gli adombra
Serica ombrella che di regio siede
Ministro in cura, e quella placida ombra
Tutto, ite veste il crin canuto e il piede;
Canora schiera quindi il legno' ingombra ,
E altri avena si adatta, ed altri fìede
Nacchera o sistro , e non di dolci modi ,
Ma- solo un echeggiar confuso v’ odi.
93
Incontro al Re le placide acque fende
Vasco in sembianza d1 alto grado degna :
In abito guerriero egregio scende ,
-E in ogni moto riverenza insegna;
••Gli usi pallài ritiene , e d’ ór gli splende
Sovra il petto e sul braccio ispana insegna,
/ E del cappello sulla breve sponda
Pieghevol piuma il moverne seconda.
94
Di ricchi manti e di, abiti diversa
Seco si tragge gioventude eletta ,
Che mentre il mare le fa specchio, aspersa
Di varia luce appar l’onda soggetta,
Che non sì rosea ride e gialla e persa
Di Taumante la bella giovinetta ,
Come al Sol fiammeggiando e quelli e questi
Diverse e vaghe ne apparian le vesti 0*8).
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SECONDO- gì
95
Quel venir lieto ne accompagna aperto
Giocondo suon di melodia festiva ;
11 mar di cento vele ricoperto
Di nautico clamor tutto bolliva;
Tonavano i guerrier bronzi, e dall’erto
Delle ardue poppe oscura nube usciva :
Al nuovo suon 1 attonito Albicano
Sovra gli orecchi si ponea la mano.
96
In ver la sponda del suo legno avanza
Vasco, ed il braccio alile porge cortese ,
Che pieno di magnanima fidanza
La man posovvi e al fianco suo discese;
In dolce maestade , atti e sembianza ,
Intorno volge , e delle forti imprese
La maraviglia sulla fronte esprime,
Come all’Indo spingean le navi prime.
97
E quanto d’aurei frutti c pingui armenti
Beve il bel Sole, e le fresche erbe pasce,
Al capitano offerse, onde contenti
Renda i noccliier di quanto colà nasce ;
E dicea : Sebben mai di vostre genti
Alcun su queste arene orma non lasce,
Pur so chi siete, e quanto ignoto il volto,
Tanto l’ardir m’è noto e il valor molto ;
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92
CANTtf
\ 98
Che non già tanto 1’ Affrica da voi
Divide vasto sen di venti e d’ acque ,
Che i bei fatti non oda e i grandi eroi
Al cui valor 1’ Esperia un di soggiacque ;
Ma se tanto valor cosi fra noi
Suona , qual poi sarà laddove nacque ?
Cosi dolce parlando il Re dicea,
E al Re cortese Vasco rispondea :
99
Tu , che qual astro in questi estremi liti
Risplendi agli infelici , e il corso noti ,
E che dolce previeni e pronto aiti
Noi quasi assorti in tanti mari ignoti (29) ,
Tu T eterna bontà sì presso imiti ,
Che di te non son degni i nostri voti ,
E sola fia mercede al regio core
Essa che t’ inspirò tanto favore .
roo
Tu sol fra cento infidi seni e porti
Scudo ci sei contro gli equorei sdegni ,
Ed a speme miglior tu sol conforti
1 nocchier lassi e i combattuti legni ;
Finche gli aurei colon il dì riporti ,
E un cheto scintillar la notte segni ,
O viva errante , o sotto il patrio tetto ,
Amore a te mi stringerà e rispetto.
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93
SECONDO
é
101
Cosi Vasco parlava, e lento lento
Fendean le placide acque i legni aurati
Inver le navi ; e il Re col guardo intento
Le prore ne spiava e gli ardui lati :
Seguiva intanto il militar concento ,
Ed il vivo tonar de’ fianchi armati ;
E l’Affrican dalle vicine arene
Il patrio suon v’ unia di si stri e avene.
102
Poiché fu sazio il reai guardo appieno,
A un favellai' amico si compose,
Che acuto ingegno il Re nodriva in seno,
E vago d’ apparar straniere cose:
Tacciono i bronzi, il ciel ride sereno,
E toman chete le aure paurose ,
Posa il limpido mare, e sulla breve
Ancora il navicello ondeggia lieve.
103
Or chiede al capitan delF aspre guerre
Che arsero già fra il Portoghese e il Moro t
Or quali illustri regni Europa serre ,
E ove la patria sua sorga Ira loro;
Se bel càelo le vesta apriche terre ,
O bel mar le tributi ampio tesoro ;
Quali ebbe il regno alti principii , e come
Quinci si stese , e forze accrebbe e nome.
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h>4
E dirami qual di flutti e qual di venti (So)
Feroce imperversar a noi ti spinge ,
Che gli estremi siam forse delle genti,
E che di tanti mar natura cinge.
Deh mira come i placidi elementi
Un concorde alternar congiunge e stringe
E il ciel sereno e il cheto vento e il mare.
Che le acque quasi in stagno uguaglia chiare.
105
E al favorevol tempo anco il disio
S’ aggiunge d’ ascoltar le alte fatiche ,
Che quante genti nutre il regno mio
Antica fama già vi rese amiche ;
Nè creder che sì avaro il ciel natio
Ne guardi , e il raggio della mente implicite (3i),
Che a noi pur dolcemente il cor non mova
Egregio fatto, e impresa antica o nova.
106
Che se il mondo ammirò gli alteri ingegni
Che osar di guerra minacciare il Cielo ,
E lui che avvolse entro gli inferni regni
11 trifauce guardian dall’ irto pelo ,
De’ pur sua lode aver chi fragil legni
Sotto F artico ardor 1? opposto gelo
A terre spinge o mai vedute , o mai
Credute aprirsi del dì nostro ai rai.
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SECONDO
93
107
E se colui che impuro cener rese
D’ Efeso 1’ alto tempio , a sè dal rio
Fatto gran nome, e chiaro suon pretese,
Tanto corre alla gloria uman disio ,
E ben ragion che le onorale imprese
Non abbandoni poi fama all’ obblio ,
Che sol per la virtude il ciel le diede
Gran tromba ed impennolle il dorso e il piede .
/
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e?
NOTE
AL CANTO SECONDO
Se V vos Hesperiam magnarti , Satumiaque arva ,
Jioe Erycis fines , regemque optatis Acestem ,
Auxilio tutos dimiltam } opibusque juvabo.
Virgilio.
a
Cortesemente dico in apparenza ,
Jtfa (orto ri sentia contrario effetto f
Ot i7 signor del Castel , benevolenza
Fingendo e cortesia , /or diè ricetto ,
E poi i ec.
Ariosto.
3
Su erta finzione ha un fondamento istorico. I Por -
esi trovarono veramente nell ’ /ro/a di Mombazza al-
cuni cristiani abissini , /a religione di? quali era un me-
scugìio del rito greco e del Giudaismo ; questi nelle
case loro avevano altari ed immagini cristiane.
Caino cns
7
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9»
NOTE
4
Corda non pinse mai da si saetta ,
Che si corresse via per ly aer snella •
Dante.
5
Il primo traduttore francese del Camoens pretende
efie Venere e le Nereidi qui rappresentino le virtù divine
ed umane. Si può con più fondamento osservare , dice
La tlirpe , che , perdonando all} autore il mescolamento
delle invenzioni mitologiche con un argomento cristiano ,
questo passo risplende di singolari bellezze poetiche.
6
Così per entro loro schiera bruna
S’ ammusa Cuna con V altra formica ,
Forse a spiar lor via e lor fortuna.
1
Come le rane innanzi alla nimica
Biscia per P acqua si dileguan tutte ,
Finch’ alla terra ciascuna s’ abbica.
E com' all ’ orlo dell ’ acqua di’ un fosso
St.m li ranocchi pur col muso fuori ,
Sì che celano i piedi, e P altro grosso.
Dante -
Dante.
Questo e conforme all’istoria. Due piloti mandati
daMombazza, e eh’ erano d’accordo col re di quest /-
sala per far perire le navi portoghesi , si lanciarono in
acqua , ed afferrarono il lido a nuoto. Il Gama , stupito di
TJigitized byt
NOTE
99
•'Ciò , fece porre alla tortura due altri Mori che rimasti
erano sui vascelli , e questi confessarono il tradimento
meditato dai due piloti , i quali s’ erano dati alla fuga,
pel timore d* essere scoperti.
9
Aspice nos hoc tantum , et si pielate me remar ,
Da deinde auxilium.
Virgilio.
io
Tal di’ accender potea d’amore il cielo.
B. Tasto.
Ch ’ innamorò di sue bellette il cielo.
T. Tasso.
li
y agilissimo quadro , tutto spirante gratia e vo-
luttà, e degno del pennello di un gran maestro. Belletta
di questo genere fanno vivere eterna un’ opera nella me-
moria degli uomini.
la
F. sciugò gli occhi e pien d’ amor baciolle
La bella faccia.
Mario de Leo.
13
Si allude ad una tradisione isterica , riferita nella
terza Decade di Barros. Allorquando il Gamn andò per
la seconda volta alle Indie col titolo di Ammiraglio ,
una bonaccia lo sorprese non l unge dalla Costa di Cam-
baia : quindi subitamente , c senza veruna apparenza che
il tempo fosse cangiato , ecco che il mare si mostra
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IOO
NOTE
agitato da imo straordinario moto , prodotto senta duétto
da qualche scotimento di terra. Il Gama vide i marinai
presi dalla maraviglia e dal timore. u Che paventate {? „
egli disse. <l Non ùtcorgete voi che il mate trema sotto
“ i suoi dominatori ? Lsso riconosce il nostro impero „ —
Di tal guisa in tutti i tempi gli uomini avveduti hanno
messo a profitto V ignoranza del volgo. I Portoghesi ,
inclinatissimi a credere ai prodigii , prestarono avida-
mente fede a questo , il quale tanto interessava la gloria
loro j ed un istorico che l’ avesse posto in dubbio , non
sarebbe certamente stalo molto bene accolto da’ suoi con-
cittadini.
Goa è ancora al presente il centro della dominazione
portoghese , e il meschino avanzo di quella vasta e for-
midabil potenza per un secolo da essi Ceduta nelle Indie.
iS
Il Chersoneso Aureo è la penisola di Malaca , nel-
POceano Orientale. Questa abbonda in miniere d’ oro f
onde le deriva quel soprannome. Albucherche se ne im-
padronì nell’ anno 1S11. Gli Olandesi la tolsero ai
Portoghesi nel 1640. Del rimanente , questo discorso di
V onere a Giove per implorarne il soccorso a prò de’ Por-
toghesi , e la risposta del nume che predice la futura
loro grandezza , sono imitazioni del cantore di Enea.
Venere , nel primo libro di Virgilio , fa la stessa pre-
ghiera iit favore de’ Troiani, e Giove le risponde al
medesimo modo , mostrando nell’ avvenire la potenza e
le imprese del popolo eh’ eli’ ama cotanto.
16
Haec ait , et Maja genitum demittil ab alto f
e quel che iegue.
Vi re ilio
bytìoógle
NOTE
IOI
t
>7
Ohnubitque coma.t , fi temperai astra galero
Dum dextrae virgam inservii.
Sut.
18
Jamque fere medium coeli nox humida metam
Contigerat : placida laxarant membra quiete , re.
Virgilio.
19
Fuggi , yfrgilan , non oerfi ornai Za luce?
Fuggi le tende infami e V empio duce.
T. Tasso.
20
Scaldava il Sol già V uno e V altro corno
Del Tauro.
Petrarca.
21
Tympana tenta tonant palmis , et cymbala circum
Concava raucisonoque minantur cornua cantu.
Lucr.
22
Sic et coralium , quo primum contigit auras ,
Tempore durescit , mollis fuit turba sub undis ,
Ovid.
23
O Regina f novam cui condere Juppiter urbem ,
Justitiaque dedit gentes frenare superbas
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102
NOTE
Troes te miseri , ventis maria omnia vectis ,
Oramus : ec.
Virgilio.
Non nos aul ferro Libycos papillare Penates
E enimus , aut raptus ad littora vertere prnedas.
Virgilio.
a5
Quod genti* hoc hominum ? quaeve. hunc tamen barbara
morem
Permittit patria ? Hospitio prohibemur arenae :
Bella cient , primdque vetant consistere terra.
Virgilio.
a6
Sembra che i Mori e gl* Indiani , non meno che i Ci-
nesi , abbiano conosciuto molto per tempo P uso della
polvere accendevole , ma non se ne valevano che negli
spettacoli e ne’ pubblici festeggiamenti. Quanto il Ca-
moens qui dice , gioverebbe a confermare siffatta opi-
nione. r i si scorge che i popoli di Melinda imitano i
fuochi artificiali de* Portoghesi , e che il re loro si mo-
stra sorpreso e spaventato dal frugar de! cannone. Chec-
che di ciò sia , si legge nell ’ istoria de* Portoghesi che
poco tempo dopo V arrivo degli Europei nelle Indie , i
popoli del Malabar usavano P artiglieria nei loro eser-
citi : ma così male se ne servivano , che anteponevano
P uso delle freccio, e questo fu il principal motivo della
maravigliosa superiorità di un pugno di Portoghesi sopra
tante migliaia d’ Indiani. In generale la micidiale scienza
del P artiglieria non fu condotta a perfezione che nel no-
stro Occidente , perocché essa dipende dalie cognizioni
matematiche assai più coltivate fra noi , che non fra gli
Orientali. D} altronde le continue guerre fra popoli quasi
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NOTE
io3
eguali in cultura ed in -potere hanno per necessità par-
torita molta emulazione e condotti molti progressi nelle
militari dottrine t le quali dall 5 attività europea furono
spinte innanzi assai , e dall’ indolenza asiatica tenuta
assai indietro. A llor quando V imperatore del Mogol si
oppose con un milione d’ uomini alle conquiste di Tamar
Koulihan , egli trascinava dietro al suo eserc ito una stra-
ordinaria quantità di enormi cannoni ^ da’ qua!' Ju assai
male difeso. I Turchi , più vicini a noi e più avvezzi
a combatterci contro , non hanno fatto che lentissimi
passi in questa parte della scienza guerresca. Essi per
gran tempo si sono serviti di grossissimi cannoni , dif-
ficilissimi a maneggiare. , e di palle marmoree di strano
volume , che ben di rado producevano e/letto. Fu d’ uopo
che alcuni cannonieri ed ingegneri europei gli ammae-
strassero in quest’arte deir artigliere ; ma non grande
fu il profitto che trassero da queste lezioni.
a 7
Arie laboralae vestes ostroque superbo , ee.
Virgilio.
28
fr agite eran per ricchezza e per colore
Come è V arco talor d’ Iride bella.
B. Tasso.
a9
0 sola in fandos Trojae miserata labores . ec.
Virgilio.
3o
Die autem mihi terramque tuam ,
hemque , ec.
pcpulnmque «r»
Hora. Odiss.
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104 NOTE
3i
Non obtusa adeo gestamus peetora Poeni ,
Ne c tam a ver sin equos Tyria sol jungil ab urbe .
Virgilio.
• /
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I LUSIADI
CANTO TERZO
ARGOMENTO
VlSCO di Gama , richiesto dal Re di Melinda ,
prende a raccontargli 1’ istoria del Portogallo. Egli
dà principio colla descrizione dell1 Europa. Indi narra
l1 origine dei Conti , poi Re del Portogallo , il loro cre-
scere in potere, le loro imprese contro de1 Mori. Il
Redentore apparisce , in sembianza di un vecchio , al
Re Alfonso. Battaglia di Ouricche. Lagrimevole fato
di Ines di Castro.
I
Oh a te solo il nostro canto appella ,
Calliope , prole degli eterni Dei (1) ;
Tu spira estro maggior, fiamma novella ,
Tu che di Febo ed ardor nostro sei,
E sempre dolce amor ti rida, o bella
D’ Orfeo madre, e splendor de’pensier miei,
E il biondo Apollo tuo de’ suoi begli occhi
O Daini o Leucotoe giammai non tocchi.
CANTO
ioti
2
Vesti i cantati eroi del tuo bel lume,
Amata ninfa, e il buon desir seconda,
Onde si dica die al mio patrio fiume
Sposò Aganippe la fatidic’ onda :
Si , si consenti che il tuo dolce nume
Si colga un qualche allòr su questa sponda,
Se pur non temi , o Dea, che il verso mio
Vinca il cantor che dal tuo seno uscio (a).
3
Gli occhi e le labbra al capitano in volto
Teneano intenti , che i pensieri alquanto
Raccoglier parve , e quindi al Re rivolto,
Tu chiedi , disse , che la patria e il vanto
Vostro io ti nani, e qual sul Tago accolto
Venne il bel regno poi crescendo tanto,
Nè slranier fatto imporre a me ti piacque,
Sol dir come la gloria in sen ne nacque.
4
Ben fora dolce il peso se d’ altrui
Narrar io ti dovessi i fatti egregi,
Che ove ricliiamar de’ gli eventi sui ,
Saggio è quel labbro che ne tace i pregi;
Tutto però si debbe a merti tui;
E ciò, signor, che tu comandi o pregi.
Tanta tiene virtù dal regio affetto ,
Che T ubbidir mi fia sempre diletto.
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TERZO
IOJ
5
E altro pensier soccorre al buon desire ,
Che quanto a te farò chiaro e palese
Uguagliai* non potrà 1’ immenso ardire,
E tnen verrà la lode alle alte imprese (3);
Ma perchè ti sia lieto il nostro dire ,
Pria dove sieda Europa , e quali stese «
Ampie braccia dirò , seguendo poi — **
Le patrie guerre e i celebrati eroi.
• 6
In’ fra due zone opposte ( ed una gelo
Eterno cinge , e Y altra il sole incende )
S tassi la bella Europa , a cui di cielo
riti temperato in parte il raggio splende;
So Via il fianco di lei 1’ ondoso velo
Dall’ Arturo P Oceano distende ,
E dalla parte donde l’Austro vede
Accoglie il mai* Mediterraneo al piede.
7
Ad oriente ha le famose sponde ,
Ove i greci destrier sparser l’arena,
Di guerra ardendo e ai vendetta, e donde
Fuma di Troia or poco avanzo appena.
Vicina è l’Asia, e dalle terre immonde
Tanai la parte a cui dall’ irta schiena
De’ gran monti Rifei colano in dote
Le acque che chiude poi P ampia Meote.
g
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8
Verso settentrion sorgono algenti
Cime di monti , ove le luci schive
Del dì , che nasce fra le nebbie e i venti ,
Giammai destan fiorir d’ erbette vive :
Qui regnan le tempeste, e rilucenti
Stannovi d’ alto gel l’ acque e le rive (4) ,
Nè ruscelletto mai dolce vi piange ,
Nè mormorando il cheto mar vi frange.
9
Vi soggiornan gli Sciti, antica e fera
Gente che cogli Egizi un dì contese,
Se abitator la Scizia ebbe primiera,
O pur del Nilo il fertile paese.
Oh mente umana in un cieca ed altera !
E non è da vd terra onde l’ uom prese
Il suo natale ed i principii suoi ,
Sebben all’ aure uscito o prima o poi 1
10
Qui tra foreste antiche ascose e sparte
Siedon Lapia e Norvegia, e del guerriero
Scandinavo i cultor che al suol di Marte ,
Benché posti sì lunge , oltraggio fero.
Queste gelide terre un braccio parte
Del Sarmatico mare , ed or nocchiero ,
Prusso, ed or Dano e Sveco vi si accoglie
Attor che il mite tempo i gel vi scioglie.
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TERZO
109
ti
Fra il Tanai e questo mar ben altre poi
Rimote genti il natio ghiaccio preme,
E Moscovite e Russe , e note a noi
Sotto più nomi ancor Sarmate estreme (5):
Qui la foresta Ercinia e i cultor suoi
V’ha la Polonia, e Sassone e Boeme
Terre Germania , ed un immenso seno
Vi chiudono il Danubio, l’Albi e "1 Reno.
12
11 celebrato tratto ov’ Elle giacque,
Quasi spinta dai venti, or Tracia tiene;
E ben risponde al Dio che da lei nacque ,
D’acuti geli cinta e nude arene:
Al feroce Ottomano ella soggiacque,
Che Rodope premendo ed Emo viene
Con Bisanzio, che già reina e bella
D’empio signore or arrossisce ancella.
13
L a Macedonia è presso con l’ antiche
T^rre poste del fredd’Assio alle rive:
11 suol qui s’ apre , collinette apriche
Offrendo e lieti campi ed acque vive;
E d’ ogni bel costume e pregio amiche
Genti ne venner celebrale e dive ,
Onde Grecia al ciel sorse di virtudi
Madre e d’ ingegni e di guerrieri studi (6).
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no
G A N T ©
14
Siegue Dalmazia , e nell' istesso seno
Ov’ Agenor- trovò scampo . e ricetto ,
Venezia, che, fuggendo estranio freno.
Usci donna da breve algoso letto ;
E qui discende al mar di bel terreno
Ampio e famoso braccio , Italia detto ,
Italia di feroce antica gente
Nutrice , e d’ arti e di valor possente.
1 5
L’ abbraccia il gran Nettuno , ed al suo lato
Corre l’ Alpe qual muro alzato ad arte (7),
Ed Appenniu , che, 1’ alte cime armato,
Tonò cotanto in guerra , il sen le parte.
Delle soggette un dì provineie il fato
Cesse a cure divine , a sacre carte ,
E tanto piacque in Cielo umile e scalza,
' Ch’or nuo^b regno e miglior scettro innalza.
16
Dagl’ itali confin quindi fuor esce
Gallia che a Cesar tanto allór nodrio :
' Senna , Garonna e il Rodano vi mesce (8)
Al fertil suolo il bel tesor natio;
E d’ alti monti in ampia fi-onte cresce ,
Che nomò di Pirene (9) il fato rio :
Se fama non mentì, dai gioghi loro
Scorser ruscelli un dì d’argento e d’oro.
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TERZO
IH
*7
Di là dai Pirenei gran messi miete
L’ antica Spagna che ampio braccio stende ,
£ cinta di campagne apriche c bete
Non dubbia fe di sua grandezza rende :
Vaia signori accolse, e d’ inquiete
Genti F armi sostenne e le vicende ;
Ma roti quanto sa l1 instabil sorte ,
Che il capo alzerà sempre invitta e forte.
18
L’ Affrica Tingitana e il sen formoso ,
Cui varcar parve ad Ercole fatica ,
Le stanno a fronte, e poco tratto acquoso
Spagna divide , e la gran punta antica
Di più popoli madre , a cui riposo
Debbe ed impero ; e sì d’ onore amica
JPè l’ alta gente , che non sai maggiore
Se il consiglio v5 ammiri od il valore.
r9
Tarragona, a cui venne altero nome
Dall’ inquieta Napoli (io) soggetta,
Navarra e Asturies , da cui vinte e dome
Le forze fur dell’ affricana setta,
Parti son del bel regno ; indi le clùomc
Spiega Castiglia che sovrana è detta.
Ha Granata, Leon, Castella, e lieti
Tratti e altre genti vi tributa il Beti.
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I 12
CANTO
20
Or qui dove '1 terren declina al mare,
Anzi colà donde il nascente giorno
Esce da placid’ acque , e ad acque chiare
Dai celesti sentieri ei fa ritorno ,
Stassi P altera Lusitania , e pare
Che opposto abbiano i fati il bel soggiorno
Al feroce Affocano , a cui sicure
D? Affrica ornai non son le arene impure.
21
La dolce terra è questa ond’io la viva
Aura spirai, signore ; e il Cielo a lei,
T ratto che m’ abbia P alta impresa a riva ,
Mi guidi , e chiuda lieto i giorni miei ;
A cui da Luso il bel nome deriva,
Figlio di Bacco fra i minori Dei,
Che di famosi error già stanco o pago ,
L5 ombre e P acque allettai- del fertil l ago.
22
Nacque quindi il pastor(n) che non armenti
Guidò per fresche balze e a fonti puri,
Ma contro il fier Roman Paste lucenti
Spinse , e fé’ del rio sangue i solchi impuri;
Poi lunghi giorni senza nome e genti
Corser sul Portogallo incerti , oscuri ,
Finch' il Ciel richiamollo a gran disegni,
Onde sorger doYea fra i miglior regni.
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TERZO
I l3
23
Tutta l’ispana avea fertil contrada (ia)
Alfonso sottomessa a nuovo impero ;
Guerrier, donde sì fera arse la spada, .
Che F a lineano ardir ne giacque intero.
Cotanta il nome suo correa già strada
Che il Caspio rispondeane al mare Ibcro ,
E d’ aline grandi parea solo onore
Seguir le belle imprese e il fìer signore.
24
Le dolci tene e i geniali letti ,
Onde apprender da lui la bellic’ arte ,
Molti lasciàr feroci giovinetti,
E seco fur delle vittorie a parte.
Tanti trassergli al piè regni soggetti,
Sì fere genti furo vinte o . sparte ,
Che non sol volle Alfonso i bei sudori
Terger, ma premii v’accoppiò ed onori.
25
Era Ira questi il valoroso Enrico («3),
Giovin di biondo pel, di fresche gote,
Che dall’ ungaro uscia lignaggio antico ,
E l’imprese ne gir sì belle e note,
Che della figlia il talamo pudico
Gli offerse Alfonso , e il Portogallo in dote ,
Ch* avea vinto coll’ armi il giovin fero,
Ma che allor non avea fama ed impero (14)
Camoens 8
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CANTO
I 14
26
Fatto nuovo signor di picciol regno,
Con il nome Tacerebbe e coll’ imprese,
. E liete terre tolte a giogo indegno
Ne fèr maggiore il grido ed il paese :
Diegli il Ciel di favor novello pegno ,
E della sposa il sen fecondo rese ,
E il lieto genitor tal figlio n’ ebbe
Onde gran fama al Portogallo crebbe.
27
Fra le altre belle imprese Enrico avea
Uniti al grande acquisto i guerrier suoi ,
Per cui sciolta da ceppi la Giudea
Vide Sion cento cristiani eroi ;
E già ritorno il buon signor facea
Lieto, o sacro Giordan, che i rivi tuoi
In libertà scorressero , ed ei V acque
Visto avesse ove a un Dio lavarsi piacque.
28
Ma tante guerre e dell’ etade i danni
L’ antiche forze ornai ne aveano tolto ,
Ond’ al fin giunto dei mortali affanni
Tranquillo al ciel volò lo spirto sciolto :
Acerbi al figlio ancor moveano gli anni ,
Pur già tutto spiegava il padre in volto ,
Ed ammendar parea coi grand’ augùri
11 difetto degli anni anco immaturi.
TERZO
1 1 5
*9
Ma la madre-, se pure antico grido
Ne dice il ver, novelli amori accolse (,5),
Giacquesi il figlio fuor del patrio nido ,
Ch’ ella l’ ampio terren tutto si tolse :
Invan $’ oppose , e dell’ oltraggio infido
Il frugifero Tago in van si dolse ,
Che qual dote concessa al padre Enrico
Ella vi richiamava il dritto antico.
30
Ornai non altro dalla madre avea
Fuor eh’ il nome dell’avo il proprio figlio C*6);
Ma più del tolto snolo a lui valea
Il magnanimo ardire ed il consiglio.
Ne freme il giovin fero, e gli cuocea
Men del barbaro modo il duro esiglio ,
E volge come tornar possa al regno,
E quanto giusto fosse il Ciel fé’ segno.
31
Già i patini campi di Guimarre in alto
Lampeggiare vedean 1’ aste guerriere ,
E quindi il figlio star, quinci all’assalto
Correr la madre ed animar le schiere.
Ben vesti, Amor, d’ impenetrabil smalto
Un cor che si soggetti al tuo potere ,
Se materna pietade e onor di Dio
Valse meno in costei d’un reo disio.
h
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32
Ecco , Progne e Medea, chi maggior face
Scote, ea aggira più turbato il ciglio,
Chè qui la voce tli natura tace ,
Non per vendetta o di furor consiglio ,
Ma voglie impure e di regnare audace
Desio spingon Teresa incontro al figlio ;
E se amore fe’ Scilla ingiusta e fera,
Questa ha due furie in sen proterva e alteri
33
Ma la vittoria dall’ ingrate tende „
Presto P ali rivolse ed il sembiante ,
E già pentito nuovo omaggio rende
Al grand’ Alfonso il suol rapito innante.
II vincitor ragion più non intende,
E a lei di lacci avvolge e braccia e piante;
Onde poi n’arse il Ciel di gran vendetta;
Tal sempre onor dritto di madre aspetta.
34
Sovra l’atroce ingiuria armata freme
L’ intera Spagna , e ■ già spiegate al vento
Ondeggian cento insegne , e il terren geme
Sotto cento destrier ferrali e cento :
Ma non immensa gente accolta insieme ,
Nè doma il Lusitan periglio o stento ,
E la superba oste infinita o vinta
11 dorso volge , od è sul campo estinta.
TERZO I 17
35
La tardata vendetta alla recente
Piaga congiunta più feroce fassi ,
E altro scende maggior guerrier torrente
Stringendo Alfonso che in Guimarre stassi
Corona ha la città d' armi e di gente
Folta cosi che ne son chiusi i passi,
E forse anco s’ Egàs non v’ opponea
11 magnanimo fatto , il Re cadea (17).
36
Custode del regale giovinetto
11 seguiva costui fra l’ armi ancora ;
E visto . il gran periglio , esce soletto ,
E passar oltre dalle guardie implora;
Vassene al duce ispano, e, A le soggetto
Alfonso fìa dopo la terza aurora,
Gli dice ; e tanta ai gravi detti fede
Ottien eh’ ei volge dalle mura il piede.
37
Ma niega Alfonso di piegar la fronte ,
E ne va del rifiuto Egas smarrito
Che già F aurora gli sorgeva a fronte
Del giorno al grande incontro stabilito (18) :
Abborre il fier di mentitor P impronte ,
Ch’ egli ha , qual fido il cor , lo spirto ardito ,
E dove il detto suo fallace tomi
D’ offerire disegna i dolci giorni.
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CANTO
I 18
38
Scalzo ed in veste che di duol fa fede
La giovin sposa ei prende e i figli amanti:
Va quella seco, e non con egual piede
Seguonlo a tergo i pargoletti ansanti.
Un bell’ ardir fra la pietà si vede
Trasparir dai magnanimi sembianti,
E giunto al Re, dicea: Su, su t’ affretta,
Che è pur giusta, o signor, la tua vendetta.
39
Non t’ingannai però; solo il mio core
Mal s’appose al voler de’ sommi Dei,
Ed or, sebben d’involontario errore,
Son questi giorni a te dinanzi rei :
Pur se puote innocenza il tuo furore
Placar , ecco la sposa e i figli miei :
Unisci al padre e sposo e quella e questi ,
E onorata di noi memoria resti.
40
Stavasi Egàs qual reo sotto la spada
Del ministro che il tragge all’ ultim’ ora ,
Ch’ aspetta sol che il ferro acuto cada ,
E tacito il cader pronto ne implora.
Fra l’ire ondeggia il duce, e quindi strada (19)
S’ apre al turbato eor pietade ancora ,
E l alta fè, maravigliando, scorda
L’ ingiuria , e pace ed amicizia accorda.
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TERZO
1 *9
4*
Oh generoso esempio che poteo
Offrir se- stesso per il suo sovrano!
Nè quel Persa ledei cotanto feo
Che il volto si sfregiò con fera mano,
Onde del suo Zopiro ei quasi reo
.Fosse, Daino chiedea,-di doglia insano,
Che il Ciel si ripigliasse il vinto Eufrate ,
E gli rendesse le sembianze amate.
42
Ma i gran pensieri Alfonso avea rivolto >
Ai lieti oltre il bel Tago aprici campi,
E il fertil suol ritorre innanzi tolto
Al Saracin volea pria eh’ ei v’ accampi ;
E in Uricche (ao) il fedel campo raccolto
11 vicino Affrican già i Ièri lampi
Vedea dell’ armi T ed or nitrir destriero ,
Or suon v’ udia di timpano guerriero.
43
Ei sol commette al Ciel P ardito evento,
E s’aspetta da lui forze e difese;
Così pochi, qual d’uno incontro a cento ,
Armati ei raccogliea dal bel paese.
Più furor che magnanimo ardimento
Potean parer le meditate imprese,
Se il suo sperar non v’ aggiungea faville
D’alto valor come di schiere a mille,
i
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120
CANTO
44
Ha cinque Re nimici , e l’ affricano
Osmar d’ armi vi splende e forze altere ,
E ciascuno guerriero e capitano ,
E or vibra P asta , ed or dispon le schiere :
Sieguono armate P animosa mano
Nuove Camille e Àmazoni guerriere 0*0 <
Che a lato anch’ esse dei feroci duci ^
' Fiammeggian d’ire e non di vaghe luci.
45
Già rosseggiava sovra il mar P Aurora (**>
Quando agli antri ricovrano le larve ,
E di là donde il nuovo dì s’indora
Sovra la croce il Redentor gli apparve
Che a lui , che umile il suo Signore adorà ,
Vibrar dal seno aperto un raggio parve,
Ond’ ei gridava : Il mio Signor tu sei ,
E la vendetta tua scenda sui rei(»3).
46
11 bel portènto di tal nuova luce
Al giovinetto Alfonso empie l’aspetto,
Che al popolo fedel eh’ egli conduce
D’ altro onore par degno e d’ altro affetto ;
E lui che n’ era condottiero e duce
Sovrano appella a vendicare eletto
Il bel terreno, e contro a quei feroci
Alza tumulto di festive voci.
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TERZO
I 2 I
47
Non cosi per il monte in giù s’ avventa (»4)
Mastin feroce incontro a toro spinto ,
Nè lo star della gran mole paventa,
O il fero corno onde la fronte ha cinto ,
Ma scorrendo leggiero ora ne tenta
L’ irsuto fianco , or per le orecchie avvinto
11 tragge, ed ei ne palpita ed ansante
Invan richiama al cor le forze infrante :
48
Come infiammò repente il Re novello
L’ onor del Ciel , de’ sudditi P amore ;
E già leva P insegne , ed a vedello
Sembra turbin che il di vesta d’ orrore.
Mira il gran nembo il Moro , e uscir da rjuello
Qual da gravido sen lampi e terrore ,
E s’ apparecchia all’ armi , e il ciel rimbomba
Là d’alti stridi e qui di fera tromba.
49
Come talor se in rustico soggiorno (aS-)
Alto incendio s’ apprenda a pasco erboso ,
E improvviso spirar di Borea intorno
Sparga le fiamme e n’ arda il bosco annoso ,
, 11 pastor cui le calde ore del giorno
Fèr dolce invito d’ ombra e di riposo ,
Gli sparsi arnesi qual più può raccoglie (a6) ,
E ai Yicin tetti stupido s’ accoglie.
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122
CANTO
50
Tale fra l’empie genti all’ armi giada
Confuso suon confusamente inteso.
Questi il destriero al vicin rischio sfida,
Quegli ferrato dardo ed arco ha preso;
Ma mentre ondeggia l’un, l’altro s’ affida,
A fera zuffa il Portoghese è sceso,
E di sangue e di stragi ornai si mesce
La pugna , e quindi incrudelisce e cresce.
51
Sì rapido è l’urtar, l’impeto fero,
Che il soggetto terren par che ne treme;
Arde sotto i gran duci ogni destriero,
Ed avvampa col piè, col nitrir freme.
Vedi stretto a guerrier crudo guerriero ,
E insiem le spade trar, cadere insieme ;
Ma il Lusitan dove il gran ferro caccia
Invan fìbbia s’annoda, elmo s’allaccia.
-5a
C adono i Mori l’un sull’altro avvolti;
Nè ascolta il Nume lor chi freme o langue :
Guizzano tronche membra , e in mille volti
S’arresta il vivo serpeggiar del sangue.
Già pugnan rari quei che parver molti,
Chè aitai giace ferito ed altri esangue,
E sì mutato è il suol che il verde aspetto
Cangia in altro di stragi e sangue infetto (a7%
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TERZO
123
53
Già più non ha che del fuggir lo scampo
O barbaro destriero , o guerrier linee.
Fansi fuggendo questi a quelli inciampo,
E le alte spoglie ne divide il duce.
Torna sereno il giorno , e lui sul campo
Saluta vincitor la nuova luce ;
E al suol di cinque Re le forre stese ,
Sorge il giovin feroce a nuove imprese,
' 54
Frappon brieve dimora, indi circonda
Leira , e ne ristora il grave oltraggio.
Che ancor la luna non volgea seconda ,
Che il Moro la premea di ner servaggio.
Auronche cade seco , e la feconda
Santereim che ha di ciel soave l'aggio,
E sì placido il corso del bel Tago
Che il suol v’è d’ombre fresco e di fior vago.
55
Indi Maffa v’ aggiunge , e al regio piede
Piega le selve a Cinzia sì dilette (a8)
Sintra , che corre di dolci acque e siede
Lieta d’ antri muscosi e di selvette.
Alle IVaiadi sacra è 1’ alma sede ,
E vi sfidan d’amor P aspre saette
O chiuse in seno ai fonti , o Figgiti ve
Fra bei cespugli e per ombrose rive.
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124
CANTO
56
Lisbona O9), e tu che sovr’ogni altra bella
Apri sul mar soggetto i vaghi lumi ,
Tu che di mura cinse e di castella
Lui che molte città vide e costumi,
A cui Teti s’inchina e mesce ancella
La placid’ onda a’ tuoi reali fiumi ,
T’inchinasti al guerrier che i muri tui
Col valor proprio vinse e l' armi altrui.
5?
Là dall’ Albi , dal Reno e la gelata
Britannia immensa gente erasi sciolta,
E per la fé di Cristo in guerra armata
Contro il fier Saracen scendea raccolta ;
E di quei di la pellegrina armata
La bella foce avea del Tago accolta ,
Che ad Alfonso congiunta 1 campi cinse
D’ armati e d’ armi , e la cittade strinse.
58
Avea la quinta volta i puri argenti (3<0
Già Febo rinnovato alla sorella ,
Nè più sorse Lisbona incontro a genti ,
Che ogni scampo avean chiuso intorno ad ella ;
Pur si feroci e vari errar gli eventi
Del crudo di fra questa schiera e quella,
Che ampie stragi v’ avvolse insieme stretta
Quindi disperazion , quinci vendetta.
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TERZO
125
• $9
Così Fàlla città , che non etade
Domò vorace , non i feri Scili (3i) ,
Che le volsero al sen F aste e le spade ,
Dalle caverne lor più volte usciti ,
E donde corser per sanguigne strade
L’Ibero e il Tago dell’ ardir pentiti ,
Nuovo signore accolse , e non sapea
Che sorgerne reina indi dovea.
60
Della vinta Lisbona il chiaro grido
L’ intera Estremadura al piè gli mena;
Già il rcal vincitor saluta Obido ,
E già dell’ ncque sue scopre la vena
Aranquez , e raccoglie in sul bel lido.
Ove cadendo poi l’ondosa piena
Si mesce alle fresche aure e si confonde
Un dolce mormorar di sassi e d? onde.
61
Serpe, Alve, Mora, Torrivetre, e in seno
Alcacer posta di gentil pianura
Con quanto s’ apre fertile terreno
Di là dal Tago , e di bell” ór matura ,
Sottomette il gran braccio, e il Saraceno
Lieti solchi abbandona e chiuse mura ;
Cli’ ove. d’ira guerriera Alfonso avvampi,
Ei ritener non spera i dolci campi.
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126 CANTO-
62
Sieguon le belle imprese, e 1’ ardua -fronte
Al buon duce Gerardo Evora inchina.
Qui ricovrì) Sertorio , e stare a fronte
Potè della grande aquila latina.
Or fresca vena di lontana fonte
Sovra cento begli archi vi cammina (3*) ,
E v5 aspetta il cader del puro argento (33)
Il fertil solco ed il pasciuto armento.
63 *
Ma a nuove stragi par che Alfonso appelli
Quanto più bee di sangue il brando ignudo ,
E di Baia su i popoli rubelli
Inesorabil scende il guerrier crudo.
Non di materno sen , di destre imbelli
Il palpitar giovò , valse lo scudo ,
Che di Francoso vendicar lo scempio
Ei volle qui con memorando esempio.
" 64
Indi vince Palmella, e te pescosa
Cizimbra, e come le sue sorti altere
Volean, mirasti per la spiaggia algosa
Fuggir vinte e disperse armate intere,
Che Alfonso ove correa di bosco ombrosa
Fronte , raccolte le feroci schiere ,
Inosservato una grand’ oste attende ,
Che senza freno qual torrente scende.
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I27
TERZO.
65
Movea da Badajoz alto e possente
Moro , e con seco esercito infinito ;
Segui an fanti e cavalli , e lungamente
Ne sonava il sentier battuto e trito :
Ma non si toro che d’amore ardente
L’abbia cura gelosa inferocito
Guarda la bella sua giovenca , e abbassa
Il corno incontro al pellegrin che passa ,
66
Com’ ei sull’ Aifiican si stringe e serra ,
Che già si turba e incerto par che penda
Onde mova il fier turbine di guerra,
Nè sa se l’ asta impugni , o 1’ arco tenda ,
11 Lusitan trascorre, uccide, atterra;
Strage e tumulto mesconsi a vicenda.
Son sessanta guerrieri, e lo spavento
Già finge e vede cento schiere e cento.
67
Già fugge la# grand’oste , e s’urta insieme
Fante e destrier, guerriero e capitano.
Raccolte in un le schiere Alfonso preme
1 fuggitivi , e ne rosseggia il piano :
. Badajoz sola resta ultima speme
A rieovrar dalla vittrice mano ;
Ma presa è quella , e cader vedi i vinti
Fin sotto gli ocqIù delle spose estinti.
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I 38
CANTO
68
Ma il sommo Dio che deve al peccatore
L’ alto castigo che giustizia chiede (34) ,
E sol talora lo ritarda amore ,
0 a far degli alti fin sapienza fede ,
1 lunghi pianti ascolta ed il clamore
Di lei che stretta in ceppi il di non vede (35) ,
E quanto più sorda prigion risuona
Di lai materni , arde ei maggiore e tuona.
69
Ji.a vinta Badajoz per dritto antico
Al signor di Leone era soggetta,
E già cinto d’esercito nimico
Ei la resa v’intima, o la vendetta:
La niega il fero successor d’ Enrico ,
E inesorabil la battaglia affretta;
Ma cadendogli sotto il gran cavallo ,
Fatto è prigione appena uscito il vallo.
70
O di provincie sconosciute e npvi
Popoli ignoti vincitor Pompeo,
Col duro esempio consolar ti giovi
11 grande affronto che il destin ti feo :
Te f arsa Sien, che ovunque passo movi,
L’ ombra tua non ti siegue , e del Rifeo
Te vider f alte nevi , e il suol che cinge
L’ ardente zona, e quel che Borea stringe (36).
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TERZO
129
71
Te Arabia e Coleo, ove di rio veleno
Spumante drago non chiudeva i lumi ,
Te il Cappadoce, il Cilico, il Sofeno,
E seguace Giudea di pii costumi,
E te d’ Armenia accolse il fertil seno ,
Ove sciolgono insiem due regii fiumi.
Ma pur di tanti allori adorno il crine
Vinto vide e fuggente Emazia alfine.
72
E Alfonso che sgombrò d’ immensa gente
Col sol valore il patrio suolo, a cui
Tutta piegossi l’ Affrica bollente,
Ora è costretto di piegarsi altrui.
Pur fu consiglio dell’eterna mente
D’uguagliar coppia altera i fati tui ,
E che dal suocer l’uno, e l’altro vinto
Fosse da lui, ch’era alla figlia avvinto.
73
Alfonso alfine a libertà fu reso ,
Poiché uguagliò la pena il gran delitto;
E invano il Moro a vendicarsi inteso
In Santereiin tentonne il braccio invitto;
Pure , sebben dell’ armi avvezza al peso ,
La stanca elude ornai chiedea suo dritto,
Onde la spada al figlio porse , a lui
11 bel Tago additando e i campi sui.
Canto è ns k q
i3o
CANTO
74
Tu sarai, dice, di me degno erede,
Se ti rammenti questa il genitore.
A Sancio il generoso animo fìede
Stimol possente di guerriero onore :
Già l’arme il giovinetto e il destrier chiede,
E delle genti sue raccolto il fiore ,
D5 empio sangue affrican spumante lassa
Beti che al piede di Siviglia passa.
75
Ma la pronta vittoria è quasi foco
Che ad esea appresso incendio ampio diventi;
Già vèr Baia cammina, ed allo un poco
Stassi e misura le nimiche genti ,
E vola sì che alla gran strage loco
Sembra mancai* dove il guerner s’ avv enti :
Turbo il credi che svella , Onda ch’aggiri,
E sangue e morti a tergo sol gli min.
76
Lo sconfitto Affricano arde di nuove
Ire , e i popoli suoi già manda Atlante ;
Già risuona Ampetusa , e P arme move
La fera patria dell’ Anteo gigante -,
Armata scende alle guerriere prove
Abila rozza e pastorale innante,
E la tromba sì gran suono disserra,
Che tutta sorger vedi Affrica in guerra.
-
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TERZO 1 3 1
77
Il fier Miramolin (37) cotanti armati
Conduce al par del suo destriero ardente ;
Altri tredici Re gli stanno ai lati ,
Duci minori della vana gente ;
Or v’ odi trombe , or barbari ululati ,
Quindi il nitrir magnanimo si sente.
Copre i pian la grand’ oste , e asciuga l’onde ,
O chiuse in rivi , o stese in ampie sponde.
78
Esporre Sancio a così dubbia sorte
Nega l’ onor della patema spada ,
E chiuso in Santereim le ferree porte
Guarda, o risplenda il giorno, o l’ombra cada.
Tenta in più guise 1’ Aflricano il forte
Muro, s’ei scopra al grande assalto strada;
Ma invan, perchè d’Alfonso ovunque il figlio
Ora coll’ armi accorre, or col consiglio.
79
Brando più non stringea nè arme vestiva
Alfonso, e ne folci'a gli anni già grevi
L’ alma città che del Mondego in riva
Placid’ ac(jue fan lieta ed aure lievi.
Ma poiché a lui non dubbio grido arriva
Quai macchine di guerra incontro levi
AI figlio Sancio 1’ Afirican feroce,
11 prisco ardii- gli corre al cor veloce (38).
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80
Le proprie genti ad- ogni impresa ordite
A soccorso del figlio il padre guida :
Sancio loro esce incontro, e Farmi unite
Fortuna stessa al gran cimento affida.
L’ empie schiere ne fui* sì sbigottite
Che già tutto è tumulto e stragi e grida,
Cadon sossopra cavalieri e fanti ,
E aste nuotan nel sangue ed archi infranti (39).
81
Chi risparmia la spada , urta il timore ,
E cade F uno , ed altri il campo cede ;
L’istesso Re v’è colto, e a Ini che more
Sembra insultar de’ fuggitivi il piede.
Già la spada ripone il vincitore ;
E poiché il bel terren libero ei vede ,
Rende grazie a quel Dio da cui sol piove
Forza e vittoria in così dubbie pruove.
82
Fra Farmi e in mezzo alle vittorie avea
Già fatta F alto eroe la chioma bianca ;
Ma mentre gli Affricani egli viucea,
Vinto lui stesso avea l’etade stanca
Che non per pregi e per valor la rea
Crudele morte di pietade imbianca,
Onde il tributo ei pur paghi che debbe
Chi quest’ infauste aure mortali bebhe.
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TERZO
i33
83
Dier segno di dolor le rupi algenti
AUor che aperse la grand’ alma il volo ,
E gli alti fiumi ed i ruscei fuggenti
Ne lagtimaro in seno al verde suolo.
Nome non ebbe da quei di dolenti
La fama che d’ Alfonso il nome solo ,
E l’ aure e l’ acque ognor del patrio fiume
Alfonso cliiameran qual proprio Nume (4°).
84
Tosto nuovo signor saluta il regno
Il figlio Sancio acerbo giovinetto ,
Ma che del grande gemtor già degno
F u quando al Beti fé’ cangiar d’ aspetto ,
E che mostrato avea guerriero ingegno
Dall’ armi immense d’Andaluzzo stretto ,
E non usato ardire allor che vinse
L’ esercito infedel che Baia strinse.
85
Appena il reai serto al verde alloro
Intrecciò Sancio, illustre impresa avvolse ,
E Silva che in Algarve ultim’ al Moro
Restava ancora ad espugnar si volse.
Cadean gli empii con ella e il poter lorft ;
Però le forze sue Sancio raccolse ,
E al grand’uopo a lui giunse dal gelato
Reno d’arme soccorso inaspettato;
m
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i34
CANTO
86
Ch’ erasi di mie’ giorni il pio guerriero (41)
Federico già mosso in vèr Giudea,
Ove a trarre Sion da crudo impero
Guido condotte le sue genti avea;
Ma cosi P acque ne chiudeva il fero
Soldan , che fonte o rio più non scendea,
E dal feroce ardor oppresse e vinte
Cadean le schiere in ogni incontro estinte.
87
Ma i venti, o pur colui che P ampie penne
Spiega e raccoglie come vuole ai venti ,
Fé’ che l’armata pellegrina venne
Laddove Sancio nvedea le genti;
E cóme allora al suo gran padre avvenne,
Che Lisbona espugnò non altrimenti ,
Ai germani congiunto il chiaro figlio
Or Silva prese e n’ eguagliò il consiglio.
88
$è d’Affrica le genti ei solo miete
Naturalmente al patrio suol nimiche.
Ma cosi cresce in lui la nobil sete ,
Come le belle imprese e le fatiche;
E dove di Leon tranquille e liete
Giacean le terre e le campagne apriche ,
Corre , ed uguaglia al suol P altera Tui ,
E incendii e stragi indi minaccia altrui.
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TERZO
l3S
89
Ma morte in mezzo al gran cammin l’ arresta,
E preme ferreo sonno il gnerrier ciglio.
Signor di Lusitania Alfonso resta ,
Secondo a lui di sangue e d’ opre figlio ;
Tosto il patrio valor si manifesta,
E Alcacerc ritolta al sozzo artiglio
Del Moro, quei che con inganno presa
L’ avea , col sangue ne lavò l’ offesa.
9°
Poiché 1’ avara tomba anco costui
Chiuse, il serto reale awien che passi
Sovra la fronte d’altro Sancio, a cui
Raggio d’ onore non rischiara i passi
Cosi vive soggetto ai desir sui >
E cosi i spilli a nobil uso ha lassi,
Clic negato gli fu , siccome indegno ,
Esercitar gli uffici alti del regno.
91
Non tante il popol suo guise di pena
Vede, come Trinacria ai priscni tempi;
Nè qual Neron legge e vergogna il frena,
Od alla patria arde le reggia e i tempi:
Pur F onda altera che il bel Tago mena ,
Già lungamente avvezza a grandi esempi
Di magnanimitade e di valore ,
Inchinarsi licusa a Re minore.
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i3 6
CANTO
92
Però finche il suo fral morte non vinse ,
Ne sostenne il fratello il regio incarco ,
Che terzo Alfonso quindi il manto cinse ,
Tanto maggior di lui che n’ era scarco :
Cosi le idee della gran mente ei spinse ,
Che se d’angusto regno, avaro e parco
F ugli il destino , ei n’ ammendo l’ errore ,
E sicuro lo rese e il fé1 maggiore.
93
Parte lei bel terren d’Algarve , a cui
Dotai diritto avea , fé’ a lui ritorno ,
E dagli ingiusti usurpatori sui
Cosi d patrio sgombrò dolce soggiorno ,
Che tu potesti, o Tago , ai campi sui
Lieto e sicuro passeggiar d’ intorno ;
Nè insidiaro più mai genti nimiche
Le tue fresche ombre e le tue messi apriche.
94
A costui nacque per mercede un figlio ,
Che Dinis nomar piacque al genitore :
Egli unì grande ingegno a gran consiglio,
E a placide virtudi un regio core.
La bella pace aperse allora il ciglio ,
E come alba che fosca notte indore
Tacquero l’arme e l’ auree leggi, e i santi
Riti ne sorser non pensati inuanti.
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Ei primiero in Coimbra albergo apriva
Alle bell’ arti , di vagar sol use ,
E a còr fioretti del Mondego in riva
Da'l’ alma Grecia richiamò le Muse :
Fama ne corse si verace e viva,
Che un nuovo Pindo Apollo in sen gli chiuse,
E placid’ ombre su’ bei rivi stese ,
E cetre e serti agli arboscei appese :
96
Anzi così di ben oprar mai pago,
Or fortezza or cittade alzò novella ,
Che Lusitania si specchiò nel Tago ,
'E a parer comincio reina e- bella ;
Ma varcato P aprii degli anni vago ,
Là ove P uman catnmin si rinnovella ,
I bei giorni ne fur di vita spenti ,
Nè acerbi ancora e non ancor cadenti.
97
F u quarto Alfonso il figlio ; e benché stretto
Dai confin brevi del natio paese ,
Tal generoso ardir si chiuse in petto,
Che P ispano potere a scherno ei prese :
Ono'r però e dover non. fu negletto,
E magnanimitade il ferreo arnese
Gli -cinse allor che contro Spagna spinse
Affrica le sue furie , ed ei le vinse.
r38
CANTO
98
Scmiramis giammai d’idaspe il sena
Ingombrò di cotante arme e guerrieri,
Nè Attila, donde di terror vien meno
Italia , tanti vi' sfornò destrieri ,
Quanti il fier Granatese e il Saraceno ,
D’ arme congiunti i duo feroci imperi ,
Sovra i Tartesii (4») pian versàr torrente ,
E di mista inondar barbara gente.
99
Eguali forze oppor non puote , e teme
Servaggio o morte chi reggea tastigli a ;
Pregare Alfonso nelle angustie estreme
Il presente timore a lui consiglia;
Ma P incarco ne affida e P alta speme
Alla sposa reai che n’ era figlia ;
E già in sembianze languide e leggiadre
Parte la bella dallo sposo al padre.
100
Sparsi sul collo ha i crini (43), e d’un bel pianto
Aspersi i rai, ma serba il regio core
Di maestà e tristezza un misto incanto :
Grazia v’aggiunge eie concilia amore (44):
Così leggiadra ella s’ avanza intanto
Ai patm tetti , e appena il genitore
Visto ha quel duol, cne a lei discende, ed ella
Pietosamente a lui così favella:
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TERZO 189
101
Quanti in barbaro lido o ignota sponda
Affrica nutre abitator feroci
A nostri danni uscirò, e già ne innonda
L’ empio stuol del soggetto Ebro le foci:
■ Dappoiché 1’ ampia terra il mar circonda,
Si crudeli minaccie e fere voci
Udite fur , nè tante armi vedute ,
Tal che 1’ aure ne stan sospese e mute.
102
Quei che mi strinse in dolce nodo acerba *
Del grande rischio a fronte ora si trovai
Ma die vai contro immensa oste superba
Numer di pochi , o valorosa prova ?
A quai giorni crudeli il ciel mi serba f
Se ha che al grande assalto il campo or mova.
Misera ! senza sposo e senza trono
Chieder forse dovrò la vita in dono.
103
Tu, per cui fugge il sangue al mio nimico,
Lasciando il volto di terrore iihpresso,
Tu soccorri al periglio , e il braccio amico
Porgi allo sposo pria clf ei cada oppresso.
Deh , se questo , signore , è il volto antico
Ch’io fanciulle tta carezzai sì spesso,
Deh riconosci le sembianze mie,
E chi fu padre difensor mi fie.
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l4o ' CANTO
104
Tale il figlio a campar d’ alta procella
Vener pregava un giorno il sommo Giove;
Pur non sapresti dir qual sia più bella ,
Nè da qual labbro più dolcezza piove ;
Chè pietade ed amore a questa e a quella
11 bel volto scolora e il labbro move ,
E quella vince e questa , e dubbio intanto
Pende fra le due belle il caro vanto.
105
Già nitrir di cavalli e suon ti fere
D1 arme e di scudi ovunque orma tu sta inpi ,
E quasi a un punto sol tu miri intere
Falangi ricoprir d'Evora i campi.
Sovra le aste ferrate e le bandiere
Par che di feri raggi il sole avvampi ,
E già F eco ripete delle valli
Misto rumore d’uomini e cavalli C45).
106
In mezzo alle sue squadre Alfonso stassi ,
E all’ armi si ravvisa ed all’ aspetto ;
. Ei gli ordini dispon , governa 1 passi ,
Onde il grado feal non sia negletto :
Timor non vJ è che al cor furtivo passi t
Si F ardir ei rinfranca in ogni petto :
Al fianco suo , ma di pietà dipinta ,
Move la figlia da tante armi cinta.
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107
Dove Tariffe in Iati pian si stende
Spiegati le ali congiunte i duo guerrieri.
Sbocca rimpetto a loro e si distende
Immenso stuol di fanti e di destrieri ;
Tal crudo d’ aste lampeggiar vi splende ,
E ondeggiare di barbari cimieri ,
Che pria che l' uno campo e l’altro mova,
Par che gèlo di morte al cor ti piova.
108
Ride ferocemente il fier nimico ,
Che oste si poca incontro armata vegna;
E ritornare al suo soggiorno antico ,
E sì certo il trionfo ei par che tegna ,
Che già fresca pianura o colle aprico
Ciascuno a suo piacer per se disegna :
Misero lui che non comprende o vede
Qual s’apra abisso de’ superbi al piede!
109
Come il gigante che a crudel battaglia
Scendea di Terebinto nella valle ,
E visto il pastorei cui par che caglia
Sol d’ una rozza fionda che ha alle spalle :
Questa, dicea ridendo, è l’aspra maglia,
E fea sonar delle arme orrende il calle.
Mentre quei dalla fionda il sasso scioglie,
E mostra come un Dio da lunge coglie (46)
canto
i4a
I IO
Così il Moro non sa qual forza vesta
L’ esercito fedel benché minore ,
E tutte invano arma sue furie, e desta
A contrastarla F infernal livore.
Già contro il Saracen le forze appresta
L’ ispano Alfonso, e il Lusitan valore
Sta contro il Granatese , e già di Marte
Ferve F orrida mischia in ogui parte.
1 1 1
Fiero fra F alta polve si ravvisa
Il lampeggiar delle fulminee spade ,
E il cader dei gran colpi , e vi s’ avvisa
11 grido di chi freme e di chi cade.
Non un aspetto sol, non una guisa
Vi serba morte , e s’ apre cento strade
11 ferro vincitore, e fianchi e petti
Squarciati vedi, e rotte asle ed elmetti.
II 2
Così il fier Portoghese uccide, atterra
L’ oste che a guerra spinto avea Granata ;
E dai grand’ archi invan strale si sferra,
Che è quasi a un punto sol vinta e fugata.
Ciò par poco ad Alfonso, e a nuova guerra
Tinto di sangue , e con la spada alzata
Camminale misto al Castigliano , insieme
Di Marocco i guerrieri incalza e preme.
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TERZO
l43
u3
Era già presso ad a t tufiarsi il giorno
Laddove avea la bella luce accesa ;
JVla piia di fare al cheto mar ritorno
Parve aspettai' la memoranda impresa.
Che, uniti i duo guerrier, sì fera intorno
Corse la strage , che maggiore intesa
Giammai ne fu , nè d’ empio popol misto
Giammai più bel trionfo udito o visto.
ii4
Mario non tante dal lor nido fuore
Alme sospinse al torbido Acheronte,
Allor che bebbe il crudo vincitore
Misto al sangue de’ Cimbri il puro fonte \
Nè lui che giù dall’ Alpi armi e terrore
Trasse col nero giuramento in fronte ,
Spogliò cotanti cavalier latini
Quando il Tebro ondeggiò su i gran destini.
1 *5
E se Sionne di Giudea regina,
Allor che il crine le avvolgesti, o Tito,
Trasse con seco nella gran ruma
Di figli ingrati numero infinito ,
Qual minacciato avea voce divina,
Più che umano valor di braccio ardito ,
Fu lo sdegnato Dio che i suoi ninnici
Conquise , e ne tritò 1’ ossa infelici.
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>44
CANTO
1 16
Già più fiero e magnammo d’ aspetto
Fatto alla patria Alfonso avea ritorno,
Che d’ arme e di nimici ombra e sospetto
Il bel trionfo avea sgombrato intorno ,
Quando tanto svegliò pietoso affetto
Colei che, tolta innanzi tempo al giorno,
Sovra il trono reai solo s’ assise,
Poiché i begli anni suoi morte recise.
"7
Tu che cangi ad altrui voglie e costumi , -
Solo tiranno in mezzo agli altri Dei,
Tu che albergavi ne’ suoi dolci lumi ,
Amor, tu le affrettasti i giorni rei.
Ma non ti basta da’ nostri occhi fiumi
Trarre cotanti , se tiranno sei ,
Che per trofeo di tua fierezza aneli
Vittime sanguinose , are crudeli (47) !
1 18
Fra placidi ozi allegri di contavi
Bell’ Ines giovinetta (48), ed il tuo cuore
Sotto la man di chi n'avea le chiavi
Lieti frutti cogliea d’ un casto ardore ,
Nè t’ era noto ancor che ai di soavi
Mesce il fato l’amaro, e il tuo signore
Solo talor chiedevi, e al caro duolo
Rispondea di Mondego il verde suolo (49)*
TERZO
l43
1 *9
Ma i campi intorno e le colline apriche
Pareanti dir ch: ei ti vivea costante ;
Nè selvaggio sentier, nè rie fatiche
L’ idea gli cancellar del tuo sembiante :
Te richiamava il di , te F ombre amiche
Riconduceano entro il pensiero amante (5oj,
E il volto ne velica a amor dipinto ,
E i cari modi onde tu preso e vinto.
120
E fiorir d’ altrui rosa , e d’ altrui bruna
Pupilla il dolce saettar fu vano ,
E alto splendore di regai fortuna
A lusingarlo gli s’ offerse invano (5i) ;
Ch’ Ines vezzosa eri tu sol quell una '
Cui dolce sospirava anco lontano ,
E al vecchio padre rimanea già poco
Da sperar clri arda il figlio ad altro foco.-
121
Ei ne mnaccia , e irrita i furor sui
L’ intollerante volgo , che ne freme ;
E a sciorlo , o bella , da bei lacci tui
Dannarti a morte ingiusto Re non teme :
Spera che manchi l’alto incendio in lui
Col mancar de’ begli occhi all' ore estreme ,
E misera t’ espone a quella spada ,
Ond’ è ragion che Affrica sola cada (5a).
Camoens io
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CANTO
l46
123
Al regio piè la timida donzella
Tragge barbaro stuol di lancie folto;
Ma si dolente vien, ma cosi bella,
Che il Re tf infiamma per pietade il volto;
E mentre il volgo freme intorno ad ella.
Ella a pietose voci il labbro sciolto ,
Non def begli anni suoi ridotti a morte ,
Ma de’ figli si lagna e del consorte.
123
Levando al ciel le vaghe luci e sole ,
Le luci , che le mani avvinte avea (53) ,
Al di sereno ed al sorgente sole
Mostra il bel pianto che sul sen cadea ;
E rimirando poi 1’ amata prole
Che al ginocchio ed al piè le si stringea ,
Le pargolette destre alzando e i pianti ,
Cotal ragiona al crudel avo innanti.
124
Se silvestre cornacchia a cui rapile
Mostrò natura che gran rostro dielle ,
Anzi le belve che ferocia ed ire
Sortir nascendo alla pietà rubelle 7
Ai teneri bambin far vezzi e offrire
Talor fur viste l’ ispide mammelle ,
E ben piò d’ un di sì pietosi esempi
Hanno le stoiie de’ passati tempi :
I
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TERZO
l4?
125
Tu , che d’ umane viscere foralo ,
Se pur me trarre a cosi gran periglio ,
Sol perchè vaga parvi al signor mio
Nomarsi può d umanità consiglio ,
A questi parti , che di me vestio
Un infelice amor, rivolgi il ciglio,
E se per me pietà non senti, almeno
Conserva lor questo materno seno (54).
126
Tu, che, pugnando, d’alte morti impresso
Il fìaneo lasci all’ Affrica superba,
Ali non voler che avvolga il fato istesso
Una vita innocente e ancora acerba ;
Che se sperai1 pietà non m’ è concesso ,
Pommi ove il sole uccide i fiori e l’erba (55),
Sull’ arsa Libia , o dove i giorni brevi
Induran sullo Scita eterne nevi.
127
Pommi degli orsi in fra gl’irsuti velli
In sen d’ arena inospita e romita ,
Che forse fia che impetrimi da quelli
Qualche pietosa a tanti mali aita :
Là questi amati , miseri fratelli
A colui nodrirò che lor diè vita ,
E fra piccioli scherzi e i cari accenti
IVT addolcirò 1’ esigilo e i di dolenti.
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CANTO
128
Tal prega, e tal dolcezza intorno piove,
Che il Re piega al perdon l’altera mente;
Ma i nimici di lei pietà non move,
E vuon veder le belle luci spente.
Già fiammeggiar miri le spade : ali dove
Ti rapisce il furor barbara gente ,
Forse mercar vorrai di valor grido
Contro un inerme sen d’ amor sol nido !
139
Qual Polissena della madre accanto,
Quasi rosa ancor chiusa entro il bel velo ,
Crescea modesta e bella , e fea soltanto
Colle soavi luci invidia al Cielo ;
E il fìer Pirro, atterrandola pel manto,
Le immergeva nel seno il crudo telo ;
« Ed ella il dolce guardo al sen raccolto ,
Tingea d’un bel pallore il vago volto.
i3o
Tal contro il bianco collo e i molli avori,
Onde sì caro il bel volto sorgea ,
Levan 1’ ignude spade , e i duri cuori
Quel dolce lagrima più ciudi fea :
Già tinge il puro sangue i bianchi fiori ,
Che anzi il bel pianto inumiditi avea ,
Nè sapean quai vendette acceso in breve
Avrebbe di quel sen la scura neve.
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TERZO
*49
1 3 1
Potevi per pietà di quel sembiante
Nasconder nure, o Sole, i raggi tui,
Ed i ministri e il barbaro regnante
Far d" improvviso orror dolenti e bui.
Ines moriva , e ancor moriva amante ,
F ur sospiri d’ amore i sospir sui ,
Ed il labbro morendo ancor parea
Esprimere il bel nome ond5 ella arde a,
i3a
Cosi , come fioretto che succiso
Da rozzo piè d’ incauta pastorella
Smarrisce il dolce odore e il fresco riso ;
Nè par quel che vesti 1’ alba novella ,
Mancando vien nel giovinetto viso
Il latte e 1’ ostro ond’ era già si bella ,
E più rosa non sembra a giglio mista :
Sol dolce è morte in si pietosa vista.
i33
Ines quindi restò dolce disio
Di Mondego ; e il bel suol ne pianse tanto ,
Che in placid' onda di fuggevol rio
Trasformerò le ninfe il caro pianto :
D’ Ines , e del suo fato acerbo e rio
Il ruscelletto mormorò frattanto ,
Ed ei ritiene ancor fra T erbe e i fiori
Il dolce nome de’ suoi tristi amori.
i5o canto
134
Ma poco errò la bell’ ombra dintorno
A a affrettar la pena a’ suoi nimici ,
Che presto Pier di reai manto adorno
Alzò le scuri ed arse d’ ire ultrici ;
Invano ricercar lontan soggiorno ,
E di straniero ciel migliori auspici,
Che sotto il suo poter cader li feo
Giustizia che dovunque insegue il reo.
135
Ei sì giusto regnò , che ognor seguace
Fé’ la dovuta pena al rio delitto,
E frenai' il lascivo ed il rapace
Solo di saggio Re stimò diritto :
I potenti costrinse, ed all’audace
L’infermo oppose e all’ oppressor l' afflitto,
E tanti diede di giustizia esempi
Quanti Alcide e Teseo nei prischi tempi.
136
Da sì gran genitor , quasi natura
La strada errato avesse , inegual figlio (56)
Nacque , a cui non di repno illustre cura
Pensier mai vinse , e mai sospese il ciglio :
Sott’ esso vegliar guardie e cinger mura,
Nè alcun si usò di rett’ oprar consiglio.
Tal eh’ il fier Pastigliano arti e disegno
Tacitamente rivolgea di regno.
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TERZO
1 5 1
1 37
Ma forse fu di giusto Ciel vendetta
Ch’ ei tolta s’ era a sventurato amore
Chi d’altro nodo era legata e stretta,
v E gli affetti cogliea del non suo core ;
O pur già 1’ alma a fiamme ree soggetta
L’agilità nativa e il suo splendore
Smarrito avea; che impuro amor fe’ sempre
Anco ai più saggi variar di tempre.
138
Molti per alti , o Ciel , giudizii tui
NelF istesso piacer trovftr la pena:
11 dica quei che la bellezza altrui
Trasse rapita sulla frigia arena ,
E quel che Dio scelse a’ disegni sui
Pria sonator di boscareccia avena,
E ehe poi fatto Re , d’ aitimi consorte
Arde , e l’ incauto sposo espone a morte.
139
Ma quanto il cieco e barbal o amor puote ,
Più che altri il sa di Pino il genitore
Che rossor finge di virginee gote
D’ Onfale al fianco, e trae filando l’ ore (57)j
E lui che siegue oltre le fonti ignote
Del Nilo le fuggenti amate prore ,
Ed il guerrier che lasciò quasi estinto
11 latin nome da una donna vinto.
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l5a CANTO TERZO
l4o
Pur dov’è mai chi di campar si prove
Se al varco d’un bel ciglio amor P aspetti,
O fra le rose d’ un bel labbro move
Aura di sospir dolci , e dolci detti ?
Di Fernando P error pietà ritrove,
O tu, che sai come beltà saetti.
Che anco egli corse avria P orme lodate
Se amor non gli apponea fatai beliate.
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NO TE
AL CANTO TERZO
D
IC mthi Calliope , etc.
CUud.
ai
\
Non me carminibus vincet , nee Thracius Orpheuf.
\ irg.
3
lo non posso ritrar di tutti a pieno /
Pero che sì mi strignc il lungo tema ,
Che molte volte al Jalto il dir vien meno.
Dante.
4
Una parte del mondo è che si giace
Mai sempre in ghiaccio ed in gelate t nevi y
Tutta lontana dal cammin del Sole.
Petrarca.
5
Fondali e Goti e inon di fama oscuri
a
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NOTE
154
Che beoti l' latro , e ehi con ìor confina ,
Daci , Boemi , ed Vngheri e Poloni.
B. Tristo.
6
Antìqune Grajorum urbes , gens optima morum
Formatrice , ciani iageniis et forlibus ansia.
Sapnaz.
Che Apennin parte , c. 'I mar circonda e !' Alpe.
Petra ira.
Che Apennin parte , e ’/ mar e l'Alpe serra.
Ariosto.
CAc Apennin parte , e l'Alpe e 'l mar circonda.
B. Tasso
/
8
Quarti Rhotlanus , tjuam findit Arar , /y/ia permeai ingens
Sequana , piscosoque ihterluit amne Garumna ,
7«m »/««.? piniferis gente* praerupta Pyrene ,
Rupibus Herculeas prospectat ad usque coiumnas.
Sannaz.
9
Pirone , figlia ài ' Behrire t re eli quella parte della
Spagna che confina colla Francia , renne rapita da Er-
cole. Il quale ^ essendosi un giorno discostato da lei , nel
ritorno la trovò morta e lacerata dalle fiere . Egli le dii
sepoltura sopra uno ile' monti f denominati quindi Pirenei.
Diodoro Siculo accenna un' altra origine di questo nome.
Egli lo trae dal vocabolo Trvp che, significa fuoco ; e per
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NOTE
l55
\
Autenticare questa etimologia , narra che un branco di
pastori avendo un giorno acceso il fuoco sopra quei
monti, vi si appicco un incendio che distrusse vastissimo
selve y e tate si fu la violenta delle fiamme, che i me-
talli , fusi nel seno della terra , ne sgorgarono e corsero
fter ogni banda. Camoens , usando il privilegio della
poesia che di tutto si arricchisce , ha unito insieme que -,
s(e due tradizioni.
10
La città di Napoli detta Partcnope (Canto delta V er-
gine) dagli antichi , derivandone il nome da una Sirena
che favoleggiavano morta su quel lido per la dispera-
zione di non aver potuto sedurre Ellisse co’ suoi canti.
Codesta città riparata poscia da Fa/aride , tiranno di
Sicilia , o , come vogliono altri, da Ercole , fu chiamata
Neapolis , voce greca , che significa Nuova Città. Ca-
moens /’ appella inquieta , alludendo alle frequenti rivo-
luzioni di cut è stata il teatro.
11
Da pastore , poi da cacciatore, Viriate divenne cape
di una masnada di fuorusciti , indi generale di un eser-
cito , col quale difese il Portogallo per quattordici
anni.
ia
. . . Rex arva Latinus et urhes
J am senior longa placidas in pace regehat.
Virgilio.
l3
Conte Don Enrico , stipite dei Re del Portogallo. —
1? origine , dal poeta qui data ad Enrico , è contraria
a quella che poi venne più generalmente accettata. Fra
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i5 6
NOTE
le molti opinioni diverse in che si divisero i Dotti sopra
questo punto d’ istoria , la più probabile sembra quella
di Teodoro Goffredo il quale Jìorì non molto dopo il Ca-
moens. Egli, nel suo trattato dell'Origine, dei re di Por-
togallo , prova che questi principi discendano in linea
retta dalla casa dei re di Francia ; che Roberto , duca
di Borgogna , nipote di Ugo Capeto , ebbe un figliuolo
detto Enrico , il quale fu padre del Conte Enrico di cui
qui si favella ; e che questi passò in Ispagna insieme
■con molti signori francesi f e meritò , per le. sue imprese
jCQnlro gli Infedeli , i benefizi d’ Alfonso re di Castiglia.
*4
. . • Tum res inopes Evander habebat.
Virg.
i5
GP istorici non vanno d’ accordo sopra il secondo ma-
trimonio di Teresa, Alcuni pretendono eh ’ esso non sia
avvenuto. Certo però sembra che l’ amante , il quale fu
creduto suo marito , si chiamasse Don Fernando di Trava ,
conte di Transtamare. Si trovano pure molte discussioni
tra gli storici intorno al matrimonio di C/imene di Gu-
sman , madre di Teresa , con Alfonso di Castiglia. Per
molto tempo si è preteso che questo matrimonio non si
fosse mai avverato. Comunque vada la cosa , Teresa , o
figlia legittima o naturale di Alfonso , ebbe il Portogallo
per dote. I Mori ne possedevano allora la metà , ma ne
furono successivamente cacciati , come V osco racconta
in appresso.
16
Et aviti nomiti ts haeres
Tanta lui.
Ovidio.
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NOTE
*7
Egaz-Moniz tra stalo governatore rie/ giovane prin-
cipe f e prese per partito di avventurare ogni rosa onde
trarlo fuor del pericolo. Egli si condusse come qui
narra il poeta.
18
Jamque dies infonda aderat.
Virgil io.
*9
Ira e pietade
A varie parti in un tempo l’affretta.
T. Tatto.
20
La pianura di Uriques , ove seguì (1 1 hf) la famosa
battaglia che qui vien descritta dal poeta , e nella quale
Alfonso I sconfisse cinque re Mori , fu poscia denomi-
nata Caliecas de Rrics , ossia Teste di Re. Si alzo un
trofeo sul campo di battaglia colle spoglie tolte al ne-
mico.
21
Non era cosa rara il veder donne guerreggianti nel
campo de’ Mori. La passione dell’ amore ha operato por-
tenti appresso que ’ popoli. Le istorie portoghesi ne fanno
spesso ricordo. Don remando di Ataide aveva disfatto
una banda di Affricani presso Tangeri ; il capitano di
questi conduceva con sè la sua amante ; essa il vide m
fuggire ed esclamò : u Cosi tu fai per piacermi ; ucci -
yy dinti , anzi che lasciarmi schiava. „ 1’ amore e
la vergogna infiammarono il capitano Moro a no-
vello cimento. Ce lui da n , egli disse alla bella t
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1 58
NOTE
“ tramontato non è ancora il giorno : la vittoria viene dal
u Cielo : il valore sta nel mio braccio , e la tua bel -
lezzo è stampata nel mio cuore. „ Egli si volge , si
avventa contro Don Fernando , e con uno strale lo uc-
cide.
33
Jamque rubescebat radiis mare , et aethere ah alto
Aurora in roseis fulgebat lutea bigis.
VirgiI io.
23
Tutte le istorie di Spagna riferiscono questo prodigio ;
lo stesso Alfonso ne stese -la narrazione , e la confermo
con giuramento. Ecco le parole di questo principe , fe-
delmente compendiate dal portoghese. tc fi timore avea
“ percosso le mìe truppe all’ aspetto dell ’ innumerabile
tl moltitudine dei il fori j ed affaticato io mi giaceva t
u tristo , parendomi temerità il commettere battaglia ,
4t quando all * improvviso mi corse agli occhi verso
tl oriente un raggio di luce , il cui splendore si faceva
l( ad ogni momento più grande. Avendo affissato i miei
sguardi in quella luce , scoprii in mezzo ad essa una
“ croce , più risplendente del sole. Gesù Cristo era ap-
peso a questa croce ^ e molti fanciulli , maravigliosa-
tl mente belli , lo circondavano. Io credo che questi fos-
“ sero angeli. Il Signore si degnò di confortarmi , di-
M cendomi con voce soave : Aloni» , fa cuore , perocché
44 non solo vincerai in questa battaglia , ma altresì iu tutte
“ quelle che darai agli inimici della Croce. Tu troverai il
u tuo popolo forte nelle pugne e pien di coraggio ; riso ti
“ pregherà che tu eutri nella battaglia col titolo di Re ; e
44 questo tu devi accettare , perchè io sono il fondatore e il
41 distruttor degli imperii , ec. oc. „ Da quella miracolosa
giornata in poi i Conti del Portogallo assunsero il titolo
« la dignità reale.
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Chi ha visto Toro <t cui si dia la caccia ,
E che a l’ orecchie abbia le zanne fiere ,
Correr mugliando , e trarre ovunque corre
I cani seco , e no.t potersi sciorre , ec.
Ariosto.
a5
. . Non altrimenti che d' un vento
Impetuoso per gli avversi ardori } cc .
Dinanzi polveroso va superbo ,
E fa fuggir le fere ed i pastori.
Dante.
26
Come pastor , quando fremendo intorno
Il vento , i tuoni , e balenando i lampi ,
y ede oscurar di mille nubi il giorno ,
Ritrae la greggia dagli aperti campi ,
E sollecito cerca alcun soggiorno ,
Ove V ira del Ciel secar o scampi :
Ei col grido indrizzando e con la verga
Le mandre innanzi , agli ultimi s’atterga.
Tasso .
27
La terra che sostien V assalto è rossa ,
Mutalo ha il verde ne* sanguigni manti.
Ariosto.
E fece rosso ov’ era verde e bianco.
Ariosto.
E del suo sangue /è’ vermiglio il verde.
Miatumo.
i6o
NOTE
23
Questa città , di cui amenissimi e ridenti sono ► con-
torni . giace sopra un monte dello stesso nome , ove di-
tesi che altre volte sorgesse un tempio dedicato al Sole
ed alla Luna.
29
Le Cronache portoghesi affermano che Lisbona venne
fondata da Ulisse tre secoli prima di Roma. Si appog-
gian essi al nome di Ulissipo , da remotissimi tempi dato
alla città di Lisbona , e che pretendono significare la
città di Ulisse. Ed allegano pure /’ autorità di Strabono ,
il quale parla di una città di Spagna detta Ulissca , nella
quale dentro un tempio sacro a Minerva si conserva-
vano prore di navi e scudi greci , risguardati come mo-
numenti dei viaggi di Ulisse. Alcuni scrittori fanno an-
che più antica Lisbona , concedendole per fondatore uno
de ’ nipoti di Noè , denominato Elissa. Intorno alle quali
stranezze è inutile il far dimora.
30
Ila cinque volte de la sua sorella
Scema la faccia ed altre tante piena.
TansiUo.
3i
Il Camoens dice che Lisbona ha fati » fronte alV inon-
dazione dei Barbari : non conviene però inferirne che non
sia stata avvolta nella conquista che i Goti ed i Inon-
dali fecero altra volta di tutta la Spagna. Ermenegildo
se ne impadronì , non colla forza , a dir vero , ma per
tradimento di alcuni della città ; il che basta a giustifi-
care il poeta , il quale è in diritto di rintracciare tutto
Ciò che può spiccare in gloria della sua patria. Per ri-
spetto ai nomi Mandali , /’ Andalusia ne porge un
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NOTE l6l
esempio , essendo questo nome una corruzione di Vanda-
lusia , o Vandalia.
3a
JJ ac q indotto di Evora vien citato fra i più begli acqui-
ci otti romani che ci siano rimasti. Sertorio lo fece innal-
zare quando i Portoghesi lo elessero a lor generale f il
re Giovanni III lo ha ristorato.
33
Fons CTal illimis nitidis argenteus undis.
Ovidio?
34
Raro antecedcntem scelestum
Deseruit pedo poena c laudo.
Orazio.
Non sia chi pensi di poter fuggire
Del giustissimo Dio Volta vendetta ;
Che s’ egli ha ben la man lenta al punire,
Fql perche usar pietà più si diletta ,
Perche si penta l’ uom del suo fallire :
Il benigno Signor tarda ed aspetta j
Ma ’l paga poi , vedendolo ostinato ,
Con doppia pena d’ ogni suo peccato.
B. Tasso.
35
Alfonso aveva fatto imprigionare la madre , il che in
una trista necessità di regno forse poteva trovare la scusa.
Ala egli fece porre le catene ai piedi di lei , c fu questo un
atto di odiosa barbarie. Dicono ch'ella desiderasse che i ferri
fossero lo stromenlo del castigo del figlio , e gli rompes-
ser le gambe. Questa maledizione fu adempita } e gli
Camoens o 1 1
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NOTE
1 62
storici notano che Alfonso venne ferito tre volte in di-
versi incontri , e nelle gambe ad ogni volta.
36
Me domitus cognovit Arahs , me Marte ferocem
Heniochi , notique erepto veliere Colchi.
Cnppadoces mea signa timent , et ^ dedita sacris
Incerti Judaea Dei , mollesque Sophenae , ec.
3?
Mirnlmuminion , ossia principe de* Credenti ; gli sto-
rici europei lo chiamano, per corruzione , Miramolino.
Egli fu vinto ne’ campi di Tariffa . ed ucciso di una
frecciata neW atto di passare il Tago.
38
Che per vecchiessa
in lui virtù non manca.
T. Tasso,
39
Pien tutto il campo e di spezzate lance,
Di rotti scudi e di troncali arnesi , ec. -
T. Tasso,
4»
Ipsae te , Tityre , pinus ,
Ipsi te fontes , ipsa haec arbusto vocabant.
Eurydicen foto referebant fumine ripae .
Virg.
Virg.
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NOTE
l63
4i
Sanrio ed Alfonso suo padre furono amendue assai
bene piovati dalla fortuna. Nessuno più di questi due
principi fece il suo profitto delle crociale ì inutili per
lo più spesso , o funeste a chi le aveva intraprese. Il
padre era stato debitore delV espugnatone di Lisbona a
Guglielmo Lunga Spada , duca di Normandia y Federico
Barbaro ssa aiuto il figlio a prendere In citta di Silva.
Federico e Guglielmo s’ erano imbarcati per la Siria f
nel passare sulle roste d •/ Portogallo , essi condiscesero a
discendervi per soccorrere il re Alfonso- ed il suo figlio
contro de’ filari, reputandosi fedeli al voto , purché fa-
cessero guerra agli Infedeli.
4a
La Tartesia Calpe di Ausonio f Tariffa de * moderni.
43
Sopra eli omeri sparso ha V aureo crine.
H * B. Tasto.
44
Tristis erat , sed nulla tamen formosior illa
Esse potest tristi •
Ovid.
Sopraggiunse anelante e sospirosa ,
Dolente sì che nulla più , ma bella
Altrettanto però che lagrimosa.
T. Tasso.
45
E co’ fieri nitriti il suono accorda
Del ferro scosso , e le campagne assordi.
Tasso.
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i64
NOTE
46
Signor , tu che drizzasti incontro P empio
Golia P arme inesperte in Terebinto :
Si eh’ ei ne fu , che d’ Israel fea scempio ,
sii primo sasso d’ un garzone estinto.
T. Tasso.
47
E non ti basta ognor dai nostri lumi
Lagrimosi stillar ruscelli e mari ?
Ala spesso vuoi che gP infelici amanti
Spargano il sangue ove san scorsi i pianti.
Cav. Marini.
48
Non avvi storia più commovente per alcuni riguardi ,
nè per molP altri più atroce di quella che dipinse i fatti
di don Pedro e d’ Ines , episodio il più bello di questo
poema. Sotto un certo aspetto può anche dirsi non esser-
vene alcuna che presenti alla morale conseguenze si ri-
levanti , perocché i disastri e i delitti di cui abbonda,
questo racconto , ebbero origine da un amore illegittimo.
Don Pedro , figliuolo d' Alfonso IV , re del Porto-
gallo , si manto a Costanza , fglia di don Manuale di
Penafel , il più possente fra i signori spagnuoli ; nè
principessa merito mai tanto amate , Itencb’ ella dal suo
sposo non P ottenesse. Ines di Castro , datale per dami-
gella d* onore 1 inspirò al principe una jervenle passione
che seco lui ebbe comune. Costanza , che amava tenera-
mente il consorte , non appena fu certa della propria
sventura , tP ebbe cordoglio vivissimo , cui abbandonan-
dosi interamente , mori nel i345, dopo di avere trascorsi
nove angustiasi anni in questo nodo malaugurato,
Ines , nella quale tutti gli storici concordemente esal-
tarono e rara bellezza , e indole d’ animo soavissima t
pianse sinceramente colei , la cui morte ella si dovea
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NOTE
i65
rimproverare ; mentre don Pedro , mWd pii che dianzi
d’ amore , non ebbe più frtno a manifestare la passione
dì che ardeva per la medesima. Laonde , appena gli. fu
lecito il farlo senza offendere i debiti riguardi , sua sposa
la dichiarò. Spiacque grandemente ad Alfonso tale con-
dotta del figlio , erede della corona paterna ; ma i pre-
paramenti della guerra che mossi aveva contro la Casti -
glia , e la peste de ! 1348 che , funesta all’ intera Europa ,
piu grave sterminio arrecò al Portogallo , chiamarono a
si per allora tutte le. sollecitudini di quel monarca.
Nel 1354 don Pedro sposò Ines nella città di Braganza
al cospetto del suo ciamherlano e d' un vescovo , lasciando
fin d’ allora scorgere il divisamento in cui venne di ac-
clamarla regina , non si tosto salirebbe sul soglio del
padre. 1 prelati ed i grandi , studiosi di contestare un
fatto che in loro sentenza era un disdoro del trono por-
toghese , persuasero Alfonso affinché proponesse un se-
condo maritaggio al suo figlio ; pro ferta ne! cui rifiuto
, mostro la massima fermezza don Pedro. Basto questo
perche i nemici di Ines e tutti coloro che ingelosiva
tanto innalzamento d ’ una famiglia privata, divenuta pa-
rente della famiglia reale , raddoppiassero istanze al so-
vrano affinché Ines severamente fosse punita.
Tre dt questi grandi soprattutto , cioè Gonzalcs , Pa-
checo e Coello , si segnalarono nel manifestare contr> essa
un astio che d furore rassomigliava , onde senz ’ altri ri-
guardi non isgomentirono di offerirsi a l Re per trucidare
di propria mano una donna senza difesa. Comunque
grande fosse conir’ essa l’ira d’ Alfonso, pure allora
fremette di tale proposta , e senza secondarla si affretto a
combattere 1 Mori che di recente gli nveano tolta una
Città negli A Igarvi.
Ma non tornò appena da questa spedizione , breve ,
quanto felice per le sue armi t che i tre nemici di Ines
rinnovarono con maggiore insistenza le inumane loro
sollecitazioni , cui faceva pretesto l’onore del principe,
e principalmente la salvezza dello stato , al quale d’ uopo
era di e stranie parentele, che lo fortificassero ; e tanto in
queste instigazioni durarono , che ad esse finalmente il
He condiscese .
a
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NOTE
l66
Quanto su questo atroce affare si deliberò non rimase
talmente segreto , che molti cortigiani non ne venissero
informati, e fra gli altri l’ arcivescovo di Braga e la
stessa regina Beatrice , madre di don Pedro , i quali lo
avvertirono delle trame che ordite erano contro di Ines.
Ma il principe , cui tanto colmo di empietà pareva im-
possibile -, credè piuttosto si volesse intimorirlo per pià
facilmente indurlo a separarsi da colei che ogni dì gli
cresceva in amore.
Venne finalmente giorno , in cui standosi don Pedro
alla caccia . Alfonso partì ila Montemayor per rendersi
a Conimhra residenza di Ines ; la quale ebbe appena il
tempo d’ essere avvisala che il Ile moveva verso il palazzo
ov’ ella soggiornava , deliberato di farla morire. Non
tardò essa a corrergli incontro , ed a presentargli . pro-
stratasi innanzi a lui , i tre figli che di don Pedro le
erano nati. I.a presenza di questi sfortunati fanciulli ,
in cui non poteva Alfonso non ravvisare il proprio san-
gue , la beltà d ’ Ines che le materne lagrime facevano
più commovente j toccarono in sì fatto modo il cuore del
Re , che si ritir o privo di forza a compire il crudele di-
segno , per cui erosi ivi condotto. Ma non cessarono
perciò I * feroci prove di Gonzales . Pucheco e Coello ,
le quali fatalmente riuscirono agli scellerati , dopo che
Alfonso non ebbe più innanzi agli occhi la misera Ines
e i figli della medesima. Costoro , ottenuto appena il
regio consenso, si affrettarono a I palagio di Ines , dove
orrendo spettacolo fu il vedere cavalieri , nati a difen-
dere la beltà , divenirne i carnefici.
. Non fa mestieri il descrivere da quanto acerbo dolore
fosse trafitto don Pedro ; ma tal non era la sua indole da
appagarsi di disfogarlo con pianti e querele. Nell’ eccesso
di sua disperazione divenne ribelle ; onde unitosi a ■ F 'or-
nando e ad Alvaro de Castro fratelli di Ines , per primo
atto, di vendetta devastò le province poste tra il Pouro e
il Mino , e quelle di Tra-los-mrntes , ove i traditori della
sua sposa avevano possedimenti ; nè il furor che lo in-
vase diede in esso luogo alla pietà per tanto stuolo dJ in-
nocenti , fatti vittima della sua sete di vendicarsi.
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NOTE
Qual fu P afflizione in Alfonso , che soprappiù ram-
men.tavasi aver mossa egli stesso una guerra empia al
proprio padre , il re Dionigi l Ogni dì cresceano la me-
stizia e i disastri che minacciavano quel regno . quando
la medesima regina , accompagnata da parecchi prelati ,
si trasportò a pregare il figlio perché deponesse le armi.
Non acconsentì egli che al solo patto di vedersi con-
segnati Gonzales , Pacheco e Codio ; alla quale inchiesta
ben sentiva di non potere , senza suo disdoro , condiscen-
dere Alfonso , da cui alla fin fine erano partiti gli ordini
che quei malvagi eseguirono. ,Pure , più gravi facendosi
di giorno in giorno le sciagure del Portogallo , ebbe a
ventura V ottenere che. don Pedro si contentasse, d: saperli
esigliati. Oppresso egualmente dai cordogli e dalle senili
infermità , morì Alfonso prima di rivedere il figlio.
Giunto egli era al setta ntaseltes imo anno del viver suo.
Nell’ anno l356 don Pedro salì il trono in età di
trentasei anni. Sua prima cura fu di collegarsi col re
di Castiglia contro il re di Aragona , comunque la ra-
gione di stato gli suggerisse una condotta affatto opposta j
ma qual Re. in allora non romportavasi , be isi qua! ne-
mico implacabile dei carncfci di Ines che nella Castiglia
si erano riparati. Sperò , ni invano , che per riguardo <*
tale confederazione costoro gli sarebbero consegnati da
don Pedro re di Castiglia , tanto conosciuto dopo sotto
nome di Pietro il Crudele , il quale certamente non fu
di tal tempra da avere per sacri i doveri dell 7 ospitalità.
In fatti colse questi tal destro per farsi restituire alcuni
signori che , per sottrarsi a! suo giogo , cercato avevano
il Portogallo f ed in contraccambio mise nelle mani del
vedovo d’ Ines Gonzales c Codio. Quanto a Pacheco ,
dovette questi ad una buona azione il proprio scampo :
poiché nel giorno che seguì l’arresto de’ suoi compagni ,
avvertito in tempo da un mendicante cui solito era fare
elemosina , si salvò nelle terre dell’ Aragona.
Dolente don Pedro che questo solo sì fosse involato
alla sua vendetta , ne cerco un compenso nell 1 incrudelire,
maggiormente sugli altri. Tutti già erano stati dichia-
rati traditori in verso la patria, e come tali, ne furono
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1 68
NOTE
confiscati i beni. Ordinato che si applicassero alla tor-
tura Gonzales e Codio , volle saziarsi contemplando egli
stesso gli orrendi tormenti che sofferirono , sema perciò
lasciarsi indurre a palesare i lor compiici , o la natura,
dei segreti abboccamenti avuti con essi dal re Alfonso.
Fatto feroce dal rancore , non bastò a don Pedro l’ es-
sere stato spettatore di tanti patimenti d’* suoi nemici.
Per Suo comando , innalzalo un palco rimpetto alla fi-
nestra del reale palagio , dond ’ ri potea contemplare le
vittime di sue vendette , volle che ai pazienti si strap-
passe il cuore , mentre erano ancora in vita spavente-
vole supplizio , del quale il Portogallo non avea per
anche visto P esempio . e per cui don Pedro giunse a
svegliare compassione in favore d’ uomini cotanto vili e
colpevoli. Arsi indi i lor corpi t ne furono gettate le
ceneri al vento.
Serbato era a don Pedro P offerire uno spettacolo , sot-
P altro aspetto , più straordinario , e tale che dimostrando
P eccesso dell’ amore da lui provato per Ines , lo presen-
tasse come un oggetto degno cP inspirare pietà amiche
orrore.
Egli si trasferì a Castagnedo , ove i primi signori del
regno lo accompagnarono. Ivi , dopo avere giurato ^ che
il suo maritaggio con Ines era accaduto nella citta di
B r agama , volle s’ interrogassero i testimoni ; e fece indi
pubbliche queste nozze. Stata era fra i due coniugi una
di quelle affinità che , chiamate spirituali , hanno piu o
meno , giusta i tempi , portati) impedimento ai matrimo-
ni t gli storici poi non ci danno maggiori spiegazioni
del modo con cui questa affinità fi fosse contratta.
Don P-dro .si affrettò a far nota una bolla di Gio-
vanni XXII che gli concedea tutte le volute dispense; pei
quali diversi atti non ammise più dubbio la legittimila
dei figli di don Pedro , e il loro diritto di succedere al
trono.
Dopo di essersi prese tali cure , di lor natura lode-
voli , comandò si fabbricassero nel monasteri o d' Alco-
hassa , così per sè come per P Ines . due sepolcri di
bianco marmo , sopra P uno de’ quali sfavasi , cinta di
rogale corona, la statua della sua moglie .
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NOTE
169
P re sedette indi alP ultima rerem mia 1 per cui degne
di comnassione dicemmo il delirio del suo dolore. Fu
questa far disotterrare il cadavere d' Ines , sepolto da
più di selP anni nella chiesa di s.‘ Chiara di C'nimhray
il quale vestito di regali abiti , e instagli una corona
sul capo t venne adagiato sul trono. Ivi t per comando dello
sfortunato marito , convennero tutti i signori e le dame
della corte , che prostratisi innanzi a quella salma cui
don Pedro portò amore *1 intenso , la riconobbero per
loro sovrana , e baciarono quelle mani che scarne 0 ssa
erano divenute.
Collocati indi su maestoso carro i resti di Ines , il
medesimo corteggio P accompagnò , e la pompa funebre
fa continuata per tutte le diciassette leghe che da Alco-
bassa disgiungono Conimbra. I signori teneano avvolti
il capo in un cappuccio eh’ era il massimo segno di lutto
in quella contrada , mentre le dame vestivano lunghe si-
marre nere , da bianchi manti coperte. Da un fato e Valtro
della strada erano (ile d’ uomini che portavano fiaccole.
Comunque eccessivi potessero sembrare questi segni dei
cordoglio che annunziava don P-dro , essi furono però
tanto sinceri , che quel popolo , per natura affettuoso ,
anziché mostrarsene maravigliato . prese parte al lugu-
bre di tal ceremonia con una verità da cui ebbe qualche
sollievo il cuore di un inconsofabil consorte.
Del rimanente , no ir hi narrammo , senza palliarli , gli
errori in cui lo trasse una passione infelice ; poiché lo
biasimammo e di aver impugnate le armi contro il pro-
prio genitore e di avere spinto ni la crudeltà fa vendetta
che prese degli uccisori di Ines . ci è farsa il dire
quanto cara ricordanza di si lasciasse ai suoi popoli don
Pedro , morto nel 1367, sei anni dopo questa ceremonia
unica nella storia.
Ognuno angoscioso si mostrò per tal morte , e fu uni-
versale il compianto , allorché il cadavere di don Pedro
fu trasportato nella tomba ove posavano le ossa di Ines.
Su questa tomba si ripetevan sospirando que ’ detti che
gli furono famigliar i : 11 Un Re che. lascia trascorrere
a un giorno senza avere sparse beneficenze , non merita
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NOTE
I7O
(e nome di Re ,v Ivi ciascuno ave a cura di dimostrare
cóme nel durar del suo repno si fosse mantenuto con-
sentaneo a il fatta massima. Per fa quale . senza che le
ostilità fossero spinte tropp’ oltre , fu sollecito di far la
pace con Enrico d i Transtamare , che il volo dei Casti -
glicini e P armi de ! celebre Pugliese Un aviario posto sul
trono , prima occupato da Pietro il Crudele , confede-
rato di don Pedro. Ben sentì lo sposo di Ines quanto gli
fosse disdicevole il proteggere un principe , il quale } co-
mecché legittimo , a ve a colle sue crudeltà alienato V animo
de ’ sudditi e fatto evasi indegno de! soglio. Laonde don
Pedro cessò da IP inviargli aiuti , e gli nego perfino asilo
negli stati portoghesi , facendogli intendere che cedra
per tal modo alP interesse de' propri sudditi , in lui
maggiore d' ogni altra considerazione.
Proteggitore del terzo stato contro la nobiltà , don Pe-
dro eh he coi legislatori repubblicani e coi despoti co-
mune la massima di riguardare innanzi alla legge eguali
tutte le classi della società ; e a dimostrare com’ egli a
tal dettame fosse fedele . si narra un giudizio che questo
Re pronunzio , quando il clero ed un calzolaio erano
le parti convenute al suo tribunale. Avendo un cano-
nico dato morte al padre del secondo , non ebbe dai pro-
pri superiori ecclesiastici maggior castigo dell> essere
escluso dal coro per un intero anno ; venne al calzolaio
il destro di uccidere il canonico : per la qual cosa avendo
fatto ricorso gli altri canonici , il colpevole fu condan-
nato dal Re a non fare scarpe in tutto il volger d’ un
anno .
49
Formosam resonare doces Amare llida si/vas.
Virg,
< Cum vocis imago
Renderei , et dociles iterarent nomina ripae.
Bembo.
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NOTE
So
J7I
Nacturnis le ego somniis
Jam captum temo , jam volucrem sequor.
Qui amarti , ipsi sibi somnia Jìngunt.
Orai.
Atuon.
5i
• ■ • ' • » jT.gr am nulli quondam f exere mai-iti )
N> on Lybiae , oc.
Virg.
5a .
Ensemque reclusit
TI ardimi unì , non Aoi quaesitum munti s in tisits.
V.rg.
53
sld coelum tendens ardentia lumina frustra ,
Lumina y nam teneras arcebant vincala palmas.
V irg.
54
P torce jam conjux , precor j
j4 gnos ce Megaram , natus hic vulttis tuos
Habilusque reddil ; cernis ut tendat ntanus.
Sto.
55
Pone me pìgris ubi nulla campis
sirbor gestiva recrealur aura , er.
Or.
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s
172 NOTE
56
Ferdinando, non pari d’indole al padre, dopo aver
.retti con imperio meno assoluto i suoi stati , mori la-
sciando unica figlia , le cui notte già stipulate col re
Giovanni di Castiglia trassero a grave rìschio l’ indi-
pendenza del Portogallo. Il poeta rimprovera con ragione
a Ferdinando il fatto di Eleonora. Èra costei figlia di
Alfonso Telles , e moglie di JLorento di’ A cagna. Il Re
che si accese per lei d’ amore , fece rompere il lor ma-
trimonio sotto pretesto di parentela , e la prese in con-
sorte. Dicesi che , dopo questo divorsio , il marito , ri-
tiratosi in Gallisia , portasse ordinariamente al cappello
due picciole corna d’argento , in segno del disdoro vio-
lentemente ricevuto dal suo principe.
57
Jlculem lanas nere coegit Amor.
Ovidio.
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I LUSIADI
CANTO QUARTO
ARGOMENTO
I
Vasco «lì Gama prosegue il suo racconto. Leonora
chiama il re di Castiglia ad assumere la corona del Por-
togallo. Vittoria de* Portoghesi. Regno di Giosanni li.
Suo divisameli to di scoprire le Indie passando pe1 mari
dell’Affrica. Sogno profetico «he annunsia I1 impero
delle Indie ad Emmanuele , suo successore. Partenza
di Vasco di Gama. Querele di un Vecchio conti*
l1 ambizioso imprendimento de' Portoghesi.
I
Cjome dopo il terror di notte oscura,
Che i a enti in guerra mena ed il baleno
Esce F auretta del bel giorno pura,
E fuga i nembi, e il Ciel torna sereno,
E quindi in faccia al nuovo Sol Natura
Ripiglia i vaghi manti e infiora il seno (i) ;
Cosi nel regno portoghese avvenne ,
Allora che 1 ernando a morir venne.
i74
canto
1
I voti ornai chiedean di tutto il regno
Che qualche alfin vendicalor sorgesse
Contra color che fatto oltraggio indegno
Gli avean finche Fernando il fren ne resse;
Ed il ciel di placarsi ornai fea segno
Poiché Giovanni (a) nuovo Re successe ,
Che da! severo Pietro aneti’ ei scendea ,
E un naturai diritto al regno avea.
3 '
Ma volle Iddio, cui tutto il ben s’aspetta,
<. he si riconoscesse il suo bel dono ,
Ed in Evora vaga pargoletta
Sciolse improvvisa nella voce il suono ,
E dilli’ avare faseie ond1 era stretta
Sorgendo in piè, felicilògli il trono.
Gridando: O Portogai, sgombra gli affanni,
E accogli il nuovo tuo signor, Giovanni.
4
Sparso avea di quei di le sue faville
Civil Discordia , e già n’ ardean feroci
Le cittadine risse , e uniansi mille
Crudeli spade a scelerate voci ;
Infierivano gli udii, e d’ atre stille
Sboceavan tinte al mar le patrie foci ,
E fra i voluti a morte e gli infelici
La Rema conto vyi i fidi amici (3) :
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QUARTO
17 5
5
Ma prima vide d’ ogni fregio ignudo
Spirarle al piè l’ adultero marito :
Molti il seguir, nè dignità fu scudo
Bastante; e d’alto spinto, infranto e trito
Altri al suol giacque ; altri trafitto e nudo
Fu scherzo al volgo, ai stessi aitar rapito;
E monti di cadaveri insepolti
Alto incendio consume insieme avvolti.
6
Tanto non vide il Tevere , nè tanto
Fu da vendetta furor cieco spinto
Sotto Siila , e colui che il crudo vanto
Ne superò , poiché il rivai fu vinto.
Ma Leonora non sospiri e pianto
Solo spargea sovra il consorte estinto ,
Ma per erede sostener la figlia
Tutta d’ armi agitava la Castiglia.
7
Reale sposa, di Castiglia il trono
Premea la figlia di Fernando uscita,
Ma di non puro amore infausto dono
Tolto i dritti le avea chi gli diè. vita ;
Pure d’ un nuovo regno il dolce suono
Parve ragion onde la Spagna unita
All’ armi mosse e in fiero suon fremea }
Che Beatrice al padre succedea.
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176
CANTO
8
L’ istessa sede dì quel regno cinse
Primiera il brando , e seco trasse in guerra
Quella ove l1 armi il fier Rodrigo (4) spinse ,
E tolse agli Aflricani immensa terra ;
11 Lionese, che giammai non tinse
Terror, nell’elmo tosto anch’ei si serra,
E più gli vai d’ asta ferrata e scudo
L’ ostinala fermezza e il volto crudo.
9
Dove il Guadalupir feconda e bagna (5)
L’Andaluzia, sulle pianure amene
11 Vandalo s’ aduna, a cui compagna
Antica lama di ferocia viene ;
E quella che già fu Tina campagna
E signor nuovo e nuovo nome or tiene,
Spiega ne’ gran vessilli le famose
Colonne che nel seno Ercol le pose.
10
3Vè te , guen-iera gente , il fresco seno
Ritiene di Toleto, ove dal sasso
Alpin cadendo il Tago, il bel terreno
Trascorre poi con lieto e fertil passo;
JVè a te , duro Gallego (6>, è il timor freno,
Che dalle antiche piaghe ancora lasso
Armi il fier braccio e ad incontrar t’ affrette
O nuove morti o barbare vendette (j ).
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QUARTO
177
1 1
Da Biscaja pur scende altra guerriera
Stirpe di modi incolta e di favella,
E vien costei sì di se stessa altera ,
Che piccioP onta alla vendetta appella :
Del patrio fatai don lucente e fera
Asturies siegue, e Guipuscoa con ella.
Che Funa e l’altra sotto zolle ignudo
Ampie vene di ferro asconde e chiude.
12
Ma dell’ oste raccolta arde maggiore
In seno al gran Giovanni il patrio foco;
Già le squadre rivede , ed il valore
Sol ne misura e non il numer poco ;
Pure a tentar de’ popoli F amore ,
Adunati i più degni in regio loco.
Chiede coli’ accennar dolce del ciglio
Questo e quel di parere e di consiglio.
i3
11 patrio ad arrestar spirto guerriero
Pur alcun avvi e non di nome ignoto,
Che in fìnte ambagi ravvolgendo il vero,
L’alme sospende e ne ritarda il voto;
Gente cui sòl timore è consiglierò ,
Ed Ita sì freddo il cor , sì d: onor vóto ,
Che il Re non solo e la giurata fede,
Ma niegan Dio dove timore il chiede.
Camocns 1 2
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178
CANTO
11 fero Nunno d’ Alvarez ne freme ;
E benché al rio consiglio unirsi molli
Ei vegga ed i Germani, ai molti insieme
Innanzi stassi , e sotto i cigli folti
Gli arde intorno lo sguardo e nulla teme ;
Ma in mezzo a cento sbigottiti volti
La man posando sovra il brando ignudo,
Cosi favella generoso e crudo:
15
Dunque fra i nostri alcun fia vile a segno ,
Che scenda all’ arme timido e restio ;
E non è questi , o Portoghesi , il regno
Onde suon di valor si chiaro uscio !
Or chi vi rese di si molle ingegno,
O spense in voi cosi l’ onor natio ,
Che questo regno già famoso reso
Aitimi servo cediate ed indifeso !
16
Ma da color che le guerriere fronti
Sotto Enrico spiegar voi non scendete !
E dove andò 1 is lesso ardir, se i fonti
Gfistessi sono onde discesi siete ?
Là spoglie immense tolte e sette Conti
Fui* di quest’oste vinti, e voi temete!
Temete or voi chi non altiero o crudo
Ma parve in faccia a’ vostri padri ignudo C8)
QUARTO
*79
*7
Sì , sì , costor la vostra patria terra
Tinser di sangue , anzi inuebbriàrne il suolo
Allor che gli avi e i vostri padri in guerra
Or Dinis trasse , ora il maggior figliuolo :
Che se il timor che al core vi si serra
Move dai falli di Fernando il volo,
Eccovi nuovo Re che dal Ciel pegno
V’ è di miglior fortuna e miglior i-egno.
18
Ah ! se dietro a costui , che al trono ergeste ,
Movete pronta a guereggiar la mano ,
Ite pure , e non sol chi già vinceste ,
Ma qualunque altro vi si oppone invano.
Ma voi le luci irresolute e meste ,
Fise ed immote ritenete al piano !
Vili! il vostro timor più non contrasto,
E solo incontro alla grand’oste io basto.
*9
Io solo , io solo con le genti nostre ,
E la spada (e vibrolla lampeggiante )
Farem che serva non s’addili e mostre
Colei che ognor fu libera e regnante :
Ondeggili pure le dubbiezze vostre,
Nè vi scuota pregar di patria amante ,
Ch’ io cadrò seco nella sua rovina ,
O il braccio mio la sosterrà reina. *
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i8o
CANTO
20
Dai magnanimi detti il vivo foco
Ai*de della vergogna in chi 1’ ascolta ;
Che al mal sopito ardore indi fa loco ,
E scioglie la paura al cor raccolta.
Già freinon arme tutti , e angusto e poco (9)
Il petto sembra alla gran fiamma accolta:
Si raccolgon sui fervidi destrieri
Al Re d’intorno, e gridan guerra alteri.
2 1
Di strumenti fahrìl rimbomba e rude
Suon la cittade , e il popolo ne bolle :
Già volto* a guerrier usi ha V aspra incude
F erro che au onor serva , o ad aprir zolle :
V’ è chi V elmo riveste , altri le nude
Spade brandisce , altri i vessilli estolle ,
E già splendono l’armi, ecjuindi schiere (io)
Spiegarsi vedi ed ondeggiar bandiere.
22
D’Abrante, ove alla fonte ancor vicino
Segna il placido Tago anguste rive ,
Esce P oste, e seconda il suo cammino
Il corso delle belle accjue native :
Nunno ne è duce; ed il guerrier destino
Presagir puoi dalle pupille vive ,
Che tanto ha di consiglio e di valore
Da guidare ogni esercito maggiore.
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QUARTO l8l
23
Qual vèr l’ Italia un dì l’ Unno feroce
Spingea la gente ad Àquilon soggetta,
Tal Nunno vien coll’ armi e colla voce
Del castigliano ardii' freno e vendetta:
Duo prodi cavalier, onde la foce
Letea gli alteri nomi anco rispetta,
Sieguonlo presso, e guidan le grand’ ali
Che 1’ esercito va spiegando eguali.
a4
Son costoro Rodrigo, e lui che poi
Restò signor d’Almance, Almada altero:
Col scelto fiore de’ guerrieri tuoi
Stai Giovanni nel mezzo: il gran destriero
Pai- che il conosca , e batte il suolo , e i suoi
Spirti seconda col nitrir guerriero :
Il nerbo è qui della battaglia , e il grandé
Vessillo portoghese al ciel si spande.
a5
Le madri , le consorti e le donzelle
Pendon dai muri e sieguono col ciglio
L’armata nube che rapisce ad elle
O caro amante o dolce sposo o figlio:
Già son le schiere a fronte , e queste e quelle
Alzan grido feroce; indi il periglio
E il ribrezzo succede , e a quelle e a queste
Par che gelo improvviso il sangue arre s te.
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26
Squillar di trombe e timpani sonanti
Si rispondono in bellici concenti ,
E par che adombri il ciel , si vani e tanti
S’ apron vessilli ; e quinci e quindi ai venti
Già il pio cultore aveva i fasci infranti
Di cui fé’ Cere i desir suoi conienti ,
E cominciava a numerar la prole
Per le vindemmie rosseggiami al Sole.
. >' 27
Fèr le trombe nimiche il primo invito ,
Ed il selvoso Antandro se ne scosse ,
E inver l’alpino sasso il piè smarrito
11 Guadiana impaurilo mosse ;
I sentier freschi e il margine fiorito
Obhliò il Boero che col erin velósse ,
E stretti al sen le madri i dolci pegni
Detestar della guerra i crudi segni 00.
28
Quanti ve n’ha cui si ristringe al core
II sangue , e il volto fa di color privo l
Ad altri senso naturai maggiore
Dipinge il rischio , e rende pigro e schivo :
Poi succede al ribrezzo ed al timore
Sprone di gloria e amor di suol nativo;
E già movonsi e spiegansi sui lati
L’ali nimiche de’ due campi armati.
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QUARTO
l83
29
Ma così che segnare i varii affetti (ia)
Vi puoi, che spingon Panne e accendon Pire;
Chè una l’are difende e i patini tetti,
E tenta l’altra i regni altrui rapire.
Ma Nunno dell’ ardor di tutti i petti
Par che arda ei solo e par c!ie fiamma spire ;
E urtando il gran destrier , le folte schiere
Iniiniche travolve , uccide o fere.
30
Aste fen’ate e spade fulminanti
Quinci e quindi vibrate urtansi insieme.
Trema il terreo sotto i destrier volanti,
E fra le sparse ehiome il vento freme.
Par di cielo procella, e spersi e infranti
Vanno scudi ed usberghi, e fuor ne geme
Cruda scintilla che nuove ire desta,
E cresce intorno a lui la gran tempesta.
3r
Córrergli armato incontro ( oh duri petti ! )
Vede de’ suoi german l’altero stuolo:
Ei non s’ arresta, ed i comuni affetti
Cedon loco all’ amor del patrio suolo:
Sieguono altri ribelli , ed ei con detti
Aspri gl’ incalza, e contro a tutti solo
Stassi di patrio amor nobile esempio,
Ove si specchi il traditore e l’ empio.
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1 84 CANTO
3a
Se giù nei regni di Cocito oscuri
Mercede eguale al gran delitto aveste,
O feroci Roman ehe i ferri impuri
Del sangue della patria un giorno feste,
Dite a Minos che nuove pene e scuri
E nuova forma di giudizio appreste ,
Che ancor il Portogallo in sen si cova
Chi i tradimenti antichi oggi rinnova.
33
Ma la schiera di Nunno il campo cede.
Tanto nimico stuol P urta e la caccia :
Il fero duce sol non volge il piede,
E corre invitto contro ogni minaccia.
Sembra leon che in la petrosa sede (i3)
Àrditi cavalier stringono in caccia.
Che. ove armi senta e suon <P armata voce ,
Non sai se più turbato o sia feroce;
34
Chè il torvo guardo aggira , e sferza il fianco
Onde maggior Pira nativa bolle:
Tal Nunno oppresso, ma non vinto o stanco ,
S’ avventa a questi , e quei di vita tolle.
Ma che vai petto di timor non bianco
Dove inonda torrente e il corno estolle!
Avvolge questi le sue genti, e scudo
Invan lor fa del seno e brando ignudo.
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QUARTO 1 85
35
Da crudo colpo è il fìer Gerardo oppresso
Che dianzi avea l’ ispano Pere ucciso ,
E muor fremendo al suo nimico appresso.
Pugnavano dall’ un P altro indiviso
PietrQ e Duart che parean d’un seno istesso; '
Si un bel cor rispondeane ed un bel viso :
Morte quel nodo risoeltar ne volse ,
E un colpo sol l’anime fide sciolse.
36
Giaccion Giovanni e Lopez , che giurato
Avean di ritornar sui corpi estinti ;
Ma il giuramento loro in parte il fato
Sol compie , e muoion d’ostil sangue tinti.
Da numero maggior stretto e serrato '
Alfonso, che ne avea già mille vinti,
Muore trafitto da cento aste il petto , '
E gli spaventa ancor col crudo aspetto.
3'7
Nè te , garzon di pochi lustri appena ,
Ilario , risparmiò la fatai ora :
Lasciar sì presto non gli sembra pena
Gli anni che dolce primavera infiora ;
Ma una cara beltà che P incatena
Sol fa grave la morte y e mezzo ancora
Espiarne sul morire il nome amato
Lo spirto che sen va d’amor piagato. >
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i8 6
CANTO
38
M a della pugna i rischi ed il periglio
Di Nunno il buon Giovanni avvien che veda^
Che saggio duce ove non può col ciglio,
Col senno accorre onde lontan provveda.
Qual ìionessa che la preda al figlio (14)
A raccogliere uscio, s’indi s’avveda
Che il covil ne lasciò vedovo e nudo
Delle Massilie selve il pastor crudo (i5) ,
39
Balza feroce, ed i selvaggi monti
Scote con i ruggiti e con le strida :
Tale Giovanni le pivi salde fronti
Tosto raduna, e , Andiam , compagni , grida :
Là là mostriamci generosi e pronti ,
Ove il rischio di Nunno ora ne guida ;
Oggi riposta sta nel valor vostro
La vostra liberiate e l’ onor nostro.
40
Io vostro Be precedo, il petto io stesso
Offro ai colpi nimici ; or me seguite.
Noi Portoghesi vedrem Nunno oppresso,
E pien di n orti il campo e di Ieri te!
Sì dice , e vibra il ferro ove piò spesso
Mira il nimico e son più 1’ armi unite ;
Ned uno coglie sol l’asta guerriera,
Ma il secondo ed il terzo avvien che pera.
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QUARTO
4*
L’ atto fero e il parlar sdegno e rossore
Accende e sveglia la magnanim’ ira ;
Nè solo i petti ne ardono, ina fuore
Per gli atti stessi ne lampeggia e spira.
Insta del Re 1’ esempio, e il nuovo ardore
Il rischio non conosce e non lo mira ,
Che stiman gloria ugual sui passi sui
O dar la propria , o tor la vita altrui.
Molti lo scontro fier bal/h alle sponde
Dell’atro irremeabile Cocito.
L’ eroe di C alatrava ei primo l’ onde
Ne bebbe e giacque tronco inaridito ;
A quel di Compostella in sen s’ asconde
11 mortifero colpo appena uscito ,
E i Pereira feroci il crudo telo
Muoion mordendo ed insultando al Cielo.
43
Garde7. , che il fìer guerriero era nomato ,
Morire anco morendo non parea :
Velasco e Sanchez , l’uno e l’altro nato
Di Toledo , simfl sorte premea :
Quei con le magic’ arti il cieco fato,
Questi natura investigar solea ;
Ma non d’erbe virtù, non arte maga,
O previde , o saldar poteo la piaga.
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188 '
CANTO
44
Giovanni fra le stragi arde primiero,
E vili ne riporta e illustri prede ;
Ei fulmine parea sovra il destriero,
Che il misero ne è colto appena il vede :
Cresce maggior la pugna, ed a guerriero
Morto o ferito altro guerrier succede :
E fra chi pugna e fra chi giace estinto
Il castiglian vessillo è preso e vinto.
4^
Ne fremon quelli , e quasi ancor non fòsse
Aspra la pugna , instan più fieri e crudi (16);
Spade oppongonsi a spade , e posse a posse ,
Ne scintillan percossi ed elmi e scudi :
Vedi di sangue uman fumanti e rosse
Intorno l’ erbe, e il suol par che ne sudi :
Ma il Lusitan e questi uccide , e preme
Quelli, e spavento mesce e strage insieme.
46
Triegua non dan le fere spade, e avvolto
Fra la confusione ed il terrore
Fugge il campo nimico a freno sciolto (17),
Nè più grado ritien fregio o splendore :
L’istesso Re porta dipinto in volto
Pentimento ad un tempo , ira e dolore ,
Che di sue regie spoglie altero vede
Chi condursi credea vassallo al piede.
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QUARTO
189
47
Bestemmia altri le guerre, e più colui
Che alle genti -le trasse in pria tranquille ;
Altri T avara sete che co’ sui
Stimol cotante suscitò faville ;
E perchè un solo sia signor d’ altrui ,
Non teme disertar cittaai e ville ,
E che le dolci spose e le cadenti
Madri chiamino mvan chi le sostenti.
48
Tre dì passò sul campo vincitore (18)
Giovanni , ed i dovuti onor raccolse ,
E quindi lui, che è fonte del valore,
Della vittoria a ringraziar si volse ;
Ma non fa triegua in Nunno il fero ardore,
E tosto le vittrici armi rivolse
Inver P Andai uzia , che il guardo truce
Sol fra l’ anni scintilla al lèro duce.
49
La vittoria e il terror dai passi pende
Di Nunno, ed il nimico mvan ne rode.
De’ Vandali la terra a lui si rende
Tosto che il suono delle trombe n’ ode :
E invano contro lui s’ ai-ma e s’accende
Od antico signor o guerrier prode.
Ch’egli Siviglia espugna, e quindi i lieti
Tratti che bagna oltre correndo il Beti.
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5ò
La superba Castiglia ascoltò alfine (19) .
Miglior consiglio , e fé’ di pace segno ;
Ma le intrecciò sì vaghe frondi al crine
11 Ciel , che tutto suo parve il disegno ,
E duo sul bel Tamigi oltre marine
Beltà crescenti al talamo ed al regno
Ai monarchi guerrieri in spose avvinse,
E il comun Imeneo i’ ire n’ estinse (ao).
51
Amor però non ammollì la dura
Alma, o fra gli ozii suoi Giovanui tenne,
E poiché intorno libera e secura
La terra avea, spiegò velate antenne.
Il primo ei fu che la procella oscura
E ì venti ignoti intrepido sostenne ,
Onde apprendesse 1’ Atfrican che folle
Altari e templi a sordo Nume estolle.
52
Ed ecco, fausto augurio, ali spiegare
Di pellegrini augei candido stuolo
Che 1' aure secondando e f acque chiare
Inver f erculea Colpe indrizza il volo (ai).
Abila ei superò che allo sul mare
Minaccia, e Ceuta al Moro lolla, ei solo
Assicurò coll’ animosa impresa
L’intera Spagna da nimica offesa.
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QUARTO 191
. 53
Ma presto lo ritolse il Ciel che il diede ,
Che la terra di lui degna non era ,
E fi'a gli astri lo pose onde si vede
Ancora lampeggiar 1" alma guerriera.
Della virtude e del valore erede
Prole restò magnanima ed altera ,
Ove a speme miglior risorse il Tago
Coll* augurio del padre e coll’imago.
54
Pur si felici alla reale prole
I di non corser che seguirò appresso ,
Che il Ciel per gli alti suoi giudicò vuole
Or felice il mortale ed ora oppresso (*a).
Chi vide sempre u* senza nubi il Sole ,
A cui serbò fortuna il volto istesso !
E ben questo alternar vario ed incerto
Ne* figliuoli di lui mostrassi aperto.
55
Poiché mentre Duarte al soglio eletto
Co1 patrii augriri il freno ne reggea ,
II fratello Fernando in lacci stretto
Sotto tiranno barbaro gemea ;
Ma i lacci gloriosi il nobil pe tto
Magnanimamente eletto ave a ,
E Ceula ritenendo , i giorni sui
Volle sacrificare al ben d’ altrui (a 3).
t
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56
L’ altero Codro per la patria il brando
Nimico e Pire ostili in sè converse,
Ed al suo career Regolo tornando
Della sposa e de’ figli il duol sofferse.
Ma perchè resti il patrio onor, Fernando
E libertade e vita a un tempo offerse,
E ciò che in duo poteo di patria amore
Unisce in sè di tutti duo maggiore.
57
Fu quinto Alfonso di Duarte il figlio;
Nè fia che il nome lunga età ne taccia :
Coll7 armi ei vinse e spaventò col ciglio
L’ Affrican duro che ne siede in faccia *
D’ ardita impresa il vinse mai periglio ,
Nè mai disegno ne mutò minaccia,
Invitto cavaher, se mai tentato
Dell’ invincibil Spagna avesse il fato (24).
58
Ercol novello gli aurei pomi ei colse ,
E del suo giogo, on<F Affrica soggiacque,
Giammai F altera il nero collo sciolse;
Ben la vendetta ritentar le piacque ,
Ed in Arzilla e Tangeri raccolse
Immenso stuol da cento terre ed acque ;
Ma verdi al grande eroe spuntano ancora
Gli allori che alle chiome avvolse allora.
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QUARTO 193
Cadon le ferree porte infrante al piano,
E tutt’ arde di strage e di battaglia ,
Che al Portoghese ardir s’oppone invano
O torre armata o duplice muraglia.
Quanto pugnando fé’ l’ invitta mano ,
Canto ridir non può; nè tromba agguaglia
11 feroce nitrir del gran destriere ,
Ai gridi misto di chi fogge o pere.
60
Indi sopra Castiglia il vincitore
Corre rapito aa maggior disio ,
Che pari a Ferdinando suo signore
Egli diritto pur v’ avea natio ;
Ma di numer possenti e di valore
Tutte le genti sue la Spagna unio ,
E fin di Ci alpe dall’ estremo lito
Raccolto mosse esercito infinito.
61
F orse vitato ne fora, se Giovanni
JNon v’ accorrea , magnanimo suo figlio :
Sul fiorire costui de’ più begli anni
F era tromba n’ avea mai scosso il ciglio ;
Ma come suol sotto i materni vanni
Aquila fender Paure e armar l’artiglio.
Tal ei pugnò si fier del padre a lato,
Che ondeggiò dubbia la vittoria e il lato.
Camoens x 3
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"Nk!
1^4 canto
62
Or questa spada or quella uccide e fere ,
Ed egualmente è 1 uno e V altro estinto :
Raccolse alfine il Castiglian le schiere ,
Di vincer disperando , oppure vinto.
Restàr preda a Giovanni armi e bandiere ,
E il campo tenne d’ osti] sangue tinto ,
Che giovinetto pareggiar poteo
Qual più vanti latin suolo od acheo.
63
Ma poiché della fosca e mortai sera
S’ aperse Alfonso a miglior dì la via ,
Il secondo Giovan, che figlio n’era.
Tredicesimo Re F ostro vestia :
Ad agguagliar costui P illustre schiera
Degli eroi che regnato aveano pria,
Colà volse primiero i gran disegni ,
Ove volgiamo noi gli arditi legni (?S).
64
Più messaggieri invia che il bel terreno
Corso che Spagna, Francia, Italia chiude ,
Là sciolser vela ove in ridente seno
Lasciò Sirene le belle ossa ignude ,
E donde nuova figlia del Tirreno
Napoli altera sorse, a cui virtude (a6)
L! ostinate ristora aspre vicende
Or che lo scettro suo Spagna vi stende.
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QUARTO ig5
65
Indi sul mare che Sicilia affiena
Costcggian l'alma Rodi, e giungon dove
11 sangue di Pompeo bebbe 1' arena.
Mirano Menfi e il suolo a cui non piove
Stilla, ma l’ampio Nil la fertil piena
Mesce ai bei campi e pasce 1’ erbe nuove ;
E lasciato T Egitto, in ver l’aurora
L’Etiope incontran che Dio vero adora.
66
Poi solcan l’Eritreo che aperse 1’ onda
Ad Israel le , e fugge al loro lato
Or di boschi amenissimi feconda
La terra cui Nabath il nome ha dato (27) ,
Or la costa Sabea che incisa gronda
Dalte corteccie il balsamo odorato ,
E d1 Arabia che in tre nomi si parte
Tutta trascorsa la felice parte.
67
Entran lo stretto Persico , onde vivo
Suono pur giunge di Babele (28) a noi,
E veggion r acque uscir da un solo rivo
Che in Tigri e Eufrate erran divise poi;
E ove creduto fu di terrain privo
Aprir l’ Oceano i vergili spazi suoi ,
Nuovo non paventar di mare aspetto ,
Ciò che a Traian spense l’ ardire in petto.
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CANTO
196
68
D’India e Carmania ignote te ire e fiumi
Vider costoro ed altri popol molti ,
Che dal diverso suolo, di costumi
’Sorgon diversi, e d’abiti e di volti.
Sozzi riti miraro e sozzi Numi ;
Ma del disegno lor fra mille avvolti
Difficoltadi , il fin mancògli , e meno
Cadder pria di tornare al patrio seno.
%
Quel Dio che solò ha nelle man gl’imperi
Della felice impresa avea 1’ onore
Ad Emmanuel serbalo ; e ben gli alteri
Spirti d’ un non so che bolli angli al core ;
Ex di Giovanni al trono e ai gran pensieri
Successe , nè 1’ ardir n’ ebbe minore ,
Ed appena fu Re, che giogo ei pose
Al mare , e ai venti nuove leggi impose.
70
Il gran pensier gli s’ avvolgeva in mente
Di mieter nuovi al patrio Tago alloi'i,
E se i passati Re fatto possente
L’avean, corso maggiore aprirne fuori.
Quest’ il seguiva , od il mattiti indente
Richiamasse i mortali ai lor lavori,
O sotto il vel delle cadenti stelle
Dell’ uman cor tacesser le procelle.
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QUARTO
*97
71
Sull’ aureo letto accolto invano chiede
Che il sparga di suo dolce obblio natura ,
Che dei pensier nella secreta sede
L’ animoso disegno egli matura ;
Ma nell ora che in ciel Venere riede (*9)
Un’ombra il colse un di sì cheta e pura.
Che non dormir, ma parean gli occni sui
Mirare quanto il Ciel volgea di lui C3o).
72
Sovra 1’ eccelse sfere irne rapito
Pareagli , e nuove terre , e m seno a quelle
Di vane genti popolo infinito
Mirar di volti ignoto e di favelle ;
E co'à giunto, con il guardo ardito
Ove si aprian del dì le luci belle
Alti monti scorgeva, e duo gran fiumi
Scorrerne giù per l’ irte balze e i dumi,
73
Diversi augei , fere diverse accolte
Vedeavi a un’ombra stessa, a un pasco ameno;
Nè fra le verdi piante e 1" erbe folte
Apparir via che segni il bel terreno :
S* avvisa ei ben che al lor riposo tolte
Giammai fur quelle terre , ed ivi un seno
Giacea nascosto a mortai piè che fronda
Non mai vi scosse o yì turbò chet1 onda.
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74
Incontro a luì duo gravi vecchi inlauto
lisciano fuori delr algoso letto ,
A cui formavan P acque argenteo manto
Dal crin sparso scendendo al fianco, al petto:
Movean costoro l’un dell’altro accanto
Di rozzo sì , ma pur sereno aspetto ,
E fra la folta barba e il color bruno
Un non so che d’ altero ave a ciascuno.
75
Di virgulti velata avean la fronte ,
E d’ erbe non vedute unqua fra noi ;
Un più lasso sembrava , e che da monte
Traesse più lontano i rivi suoi,
Come diviso dal materno fonte
Erra gran tempo Alfeo , sboccando poi
A cercai* della ninfa fuggitiva
Fra l’erbe fresche di straniera riva.
76
Ma pur in fronte un raggio tal gli siede.
Che a sovrumana oiàgine risponde :
E . O tu , gridava , a cui destin concede
Stender lo scettro sovra immense sponde,
I dì venuti son che al regio piede
Tributarie dohbiam versarti l’onde.
Noi che chiari finor di nome solo
Liberi erriam per questo aprico suolo.
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QUARTO
J99
77
Il Gange io son che movo da celesti (3i)
Piagge le mie bell’ acque, ov’ho soggiorno;
E l’ Indo ancor vergin di rive è questi ,
Ch’ ambo il bel suolo fecondiamo intorno :
Le varie terre e genti che vedesti
Fiano all’impero tuo soggette un giorno:
Ben t’ aspettan perigli e guerre nuove ,
Ma ricordarle un dì fia che ti giove.
78
Qui tacque il vecchio , e degli estremi accenti
Sparve col suono estremo il sonno ancora.
E incerto se veraci, o sian fuggenti
I orme che il sonno ad or ad or colora ,
Chiama i grandi a consiglio , e lor palese
1 a quanto vide in sogno e quanto intese :
79
Le sconosciute terre, i popol tanti
Sparsi e divisi in que’ soggiorni aprici ,
I nuovi dei duo vecchi atti e sembianti,
E P altere promesse e i detti amici.
Concorron tutti insiem saggi e costanti
Di secondar i non fallaci auspici,
E che tosto inver P India armati legni
Spingami , e un capitano il Re disegni.
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200
CANTO
80
Un certo in me presentimento ignoto
Il cor nodria dell’ opra alta immortale ;
Pur non ardia di proferirne il voto ,
Che umano ardire io non credeane eguale ;
Ma o forse ne* miei lumi allora un moto
Lampeggiasse furtivo , od altro tale
Vi scorgesse il sovrano , in me s’ adisse
E con gravi parole cosi disse: . 1
81
Del vero onor si giunge in sulle porte
Sol per vinti disagi e per fatiche,
E ad alma fra i perigli audace e forte
Sono le penne della fama amiche.
Non perisce Fuoin grande, ed oltre morte
Fioriscan liete terre e piagge apriche ,
Ove bel cielo il veste , e di novella
Aura miglior lo pasce e rinnovella.
82
Io , te, Vasco , vo’ duce , e ben ho donde
Sperarne indi maggior la gloria mia ,
Chè ad ogni gran periglio in te risponde
Il nostro amore e la virtù natia.
Si, l’interruppi, io, Re, non venti ed onde
Temo , ov’ un cenno tuo m’ apra la via ;
Sol piaccia al Cielo che i servigi miei
Adeguin ciò che meni e ciò che sei.
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201
QUARTO
83
Fingi a piacer quanto più noce , e quanto
Imaginò la più lontana etate ,
L’ irsuto abilator dell’ Erimanto ,
Le Arpie che osceno ventre e avean beltate
Verginea , e 1" Idra che 1’ un capo infranto
Ringiovenia di nove leste annate ,
Ch’ io sfido ancora il latrator feroce
Che di Cocito fa tremar la foce.
84
Il Re cortese per la man mi prende ,
E dolci lodi aggiunge all’ atto umano.
Lode a virtude è sprone , e già s’ accende
Meco della grand’opra anche il germano
Paolo , e il bravo Co egli o , ove risplende
Pari il consiglio all’ animosa mano.
Altri giovani pur punge desire,
E s’ offrono compagni al bell’ ardire.
85
Or l’uno or l’altro il Re dolce accogliea,
E tutti ricompensa e tutti onora :
Solo vostro l’onor sarà, dieea,
Se i regni suoi mi scoprirà l’ Aurora -,
Così la greca gioventù accendea ,
Quando sciolse Giason la prima prora,
E di vergine solco il pellegrino
Legno il dorso segnò del vasto Eusino.
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202
CANTO
86
Di nautico clamor suonano a gara
D’ Ulisse il porto e le soggette arene ,
Ove al Tago natio mesce l’ amara
Onda Teti , e tranquilla al lido viene.
Gli usati ingegni al gran cammin prepara
Il nocchier che arde di novella spene ,
E già spalmami i legni, c l’inquieta
Gioventù li saluta in voce lieta.
87
Bolle l’ arena di guerrier diversi ;
L’ un all’ altro succede , e questo a quello ;
Dei color paini i bei stendardi aspersi
Fan spettacolo all’ aure altero e bello;
Fiammeggiano le prore , e qual da tersi
Cristalli si riflette il Sol novello ;
E le navi , cui s’ apre il vostro mare ,
Sembran d’Argo sudar le stelle chiare.
88
Ma non sol ci b che nautico consiglio
Crede opportuno al dipartir presente,
Ma quale sovra tant’ onde periglio
Anco n’ aspetti , rivolgiamo in mente ;
E quel gran Dio , dal cui temuto ciglio
Vita e morte dipendono egualmente,
Preghiam propizio , onde 1’ ardite penne
Empia del suo favor all’ alte antenne.
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Q TJ A H T O
ao3
89
Augusto tempio in riva al mar s’onora,
Di lì la gente in lunghe file unita
Devota parte, e sovra d’ essa implora
Sacerdotal ’drappel del ciel l’aita.
Ti giuro , o Re , che la memoria ano ora
Rifugge dal pensier di tal partita,
Com’ 10 lasciai le patine sponde; e intanto
Torna sugli occhi non richiesto il pianto.
9°
Intorno a noi , che la devota traccia
Segtiiani, s’ affolla immensa gente , e chiede
Altri F amico , altri al fratei s’ abbraccia ,
E piange e prega che ritorca il piede;
V7 è chi tutta di lagrime la faccia
Ragna, chi straccia il crin, ch’il petto fiede;
Ma le madri e le spose in cento modi
E aspetti di dolor a gridar odi:
91
O figlio , o figlio , o tu , da cui sostegno
Sol s’ attendeva quest’ età cadente ,
Non più dolce speranza e dolce pegno.
Ma memoria sarai trista e dolente.
Io dunque a mostri dell’ ondoso regno
Ti partorii , nè dovrò te presente
Chiudere desolata i giorni estremi ,
E tu lo vedi e di partir non temi!
. " 92
Nè ’1 temi , o sposo , o tu , tu che mi sei
Soave nodo d’ innocenti affetti :
Ah toma addietro , che son giorni miei
Questi che al sordo mare era commetti:
Come teco potrò gli affanni rei
O dividere teco i miei diletti ,
Se a questo sventurato mio sembiante
Cotanti venti opponi ed acque tante ?
93
Nè questi sol , ma ad Or ad or novelli
Sensi aggiungean come dettava amore.
I tardi vecchi e i pargoletti imbellì
V’uniano il pianto e feano il suon maggiore;
Ne rispendeano i monti, e parea ebr elli
Egual senso vestisse di dolore,
Ed un’ Eco pietosa in tutti i lati
Questo e quel ripetea dei nomi amati;
94
Ma noi perchè non s' ammollisca in petto
L’ alma , e ritardi i generosi passi ,
Non di sposa gridare , e non aspetto
Miriam di madre taciturni e bassi ;
Ed io le genti iuver le navi affretto ,
Senza che alcun detto od amplesso lassi;
Che sebben par che ilchiegga uso bennato,
Pur l’ affinino raddoppia in questo stato.
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QUARTO
205
95
Un vecchio v’ era a cui spirava in volto
Aria gentil, sebben d’età già stanco,
Che sorgendo di mezzo al popol folto
Scosse tre volte il raro crine e bianco ,
E sovra i labbri suoi lo spirto accolto
Quanto dame potea l’ infermo fianco (3a)
A favellar sì prese , e noi dal mare
Le voci a risonar n’ udimmo chiare (33).
96
Empia sete crudel d’applausi e gridi,
Che unita a sozza avidità d’ impero ,
D’aura ti pasci, e a un vano suon t’affidi (34)
Perchè digiuna di splendor sincero ,
Onde avesti tu nome , e di cpiai lidi
Barbari sorse chi t’amò primiero,
O qual d’ irato Ciel giudicio ignoto
Ti fe’ dell’uman cor sì dolce volo?
97
11 volgo , che non vede altro che il manto ,
Te d’ aurei nomi e d’ alte lodi onora ;
E perchè suono che lusinga alquanto
Dall' infinto tuo labbro esce talora ,
Fama ti dice, nè s’avvede intanto
Che tiranna tu sei di chi t’ adora ,
Ed avvolgi soltanto ampie mine
Di genti incaute e di città meschine.
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2o6
CANTO
98
A quanti il Portogallo or casi indegni
D’onde straniere esponi, e di mal noti
Scogli , e purché tu spinga i fatai legni ,
Lasciar non temi tanti nidi vóti:
Vanne e prometti pur novelli regni ,
E nuove vene di tesori ignoti ,
Che poi di tanto suon resterà solo
11 i-egno abbandonato e il nudo suolo.
99
Infelice mortai , qual duro oltraggio
Il primo error ti fece , e qual tu mieti
Eredità di genitor mal saggio !
Pria giorni ti ridean sereni e lieti ,
Ed era pura pace il tuo retaggio :
Or ferreo cor ti resta, e d’inquieti
Pensier ribolli , c suoni ognor di guerra
Abitator di soelerata terra (35).
100
Ma poiché stimi onor Tesser feroce
Lusingando il furor d’ ire famose ,
E l’è concento di gioconda voce
11 pianto delle madri e delle spose:
Poiché si crudo sei che non ti cuoce
Esporre ad onde ignote e sirti ascose
La vita, e, quasi il donator ingrato
Ti fosse, anticiparti il comun fato;
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QUARTO
20J
101
Qui lunghe guerre avrai, che teco misto
E l’Atiìrican che triegua sdegna e pace;
E se l’alto ti move onor di Cristo ,
Qui puoi torre a Maoone ara e seguace;
Se avara sete di novello acquisto
T’ arde , immenso terreno a lui soggiace ;
E se gran pregio di valor ti cale ,
Ei braccio vanta al tuo gran braccio eguale.
102
Ma cresca pure ai patini lari intorno
E ne minacci il barbaro Allineano ,
Purché si corra ai lidi ond'esce il giorno,
Sconosciuto sfidando oste lontano;
Nè di cotante genti alcun ritorno
F accia alla patria che ne p;anga invano ,
Purché i nipoti chiamimi signore
D’Arabia e Persia, o d’india scopatore.
io3
Pera colui che primo al mar commise
Legno , e raccolse in fragil vela i venti (36).
Non padre a lui nè bella madre rise
Allor che gli occhi aperse in fra i viventi.
Sotto l’alte onde, enei primier divise,
Giaccia il rio nome , nè di dolci accenti
Musa risvegli mai l’empia memoria,
Nè nota il segni di verace istoria.
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ao8
canto
104
Ma dal dì che Prometeo osò rapire
Un de’ suoi raggi al Sole , indi con quello
Insensibile creta colorire,
E agitarle nel sen spirto novello (37"),
Sì fiero n’ avvampò P umano ardire ,
Che divenne a se stesso empio e rubello:
Era pur meglio, o Prometeo, che mai
La fatai mole aprisse al giorno i rai;
105
Che non avrebbe il giovinetto ardito
L’ inegual carro di guidar tentato ,
Nè per dar nome a nuovo mare o lito (38)
Altri s’avria di penne il dorso armato.
Già non fremer di flutti, e non ruggito
Di belva , non tonai* di cielo irato
L’ empio mortai da stolta impresa aflrena (39):
O dura sorte , o ben voluta pena (40) !
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3 J> •
A
NOTE
AL CANTO QUARTO
i
n
y OMO despues del tempestoso dia
La tarde clara sue ir ser sabrosa ,
I despues de la nache tenebrosa
£l resp/andor del Sol piacer embia :
Assi embia , ec.
Boscaa.
a
Dopo la morie di Ferdinando , il quale non lascio figli
maschi , tre Giovanni pretesero il trono. Il primo , figlio
legittimo d’ Ines e di don Pietro , era allora detenuto
prigioniero in Ispagna ; il secondo , Giovanni re di Ca-
stiglia , traeva i suoi diritti dal suo matrimonio con
Beatrice, figlia di Ferdinando e di F/eonora , la quale ,
per un’ espressa clausola di quelle nozze , doveva esser
regina dopo il padre , se questi non lasciasse eredi. Fi-
nalmente il terso era figlio naturale del ridetto don Pie-
tro e di Teresa Dulaurens. Il suo diritto al retaggio
non era certamente quello che meglio fosse fondato , ma
i suffragi della nazione si dichiararono in suo favore.
Tutti gli storici portoghesi confermano il portento che
narrato vien dal poeta. Soggiungono essi che il padre di
Giovanni sogno di vedere il Portogallo in fiamme, e
(Giovanni smorzare V incendio. Gloriosamente egli tenne
Camoens i4
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210
NOTE
il regno, e riporto sopra i Casti "Unni la famosa batta-
glia di Aliubarota , di cui riporterassi più innanzi la
descrizione .
3
La regina vedova Eleonora Telici de Meneses, reggente
del regno, tutto faceva a grado del conte Ourem , per-
sona sospetta agli Stati del Portogallo e mal veduta dal
popolo. Ordita conir' esso una trama da pochi uomini
coraggiosi , cosi nobili come borghesi , fecero questi lor
rapo il gran maestro dell' ordine militare d’ A vissa , don
Giovanni , figlio naturale del re Pietro 1, da cui guidati,
penetrarono, in numero di quaranta, gli appartamenti della
regina , che vide dinanzi a sii trucidare il suo favorito.
Chiuse immantinente tutte le uscite del palagio , i con-
5 innati , che vollero indagare gli animi degli abitanti di
àsbona , sparsero voce , essere perito il gran maestro
sotto i colpi del conte Ourem ; la qual cosa basto per
mettere in furore la plebe , che rendendosi in gran folla
al palazzo , ne fece in pezzi le porle. Mostratosi allora
il gran maestro , si cambio in immoderata gioia il fu-
rore del popolo , che proruppe altamente in imprecazioni
contro i Castig/iani ed i toro fautori j del qual novero
essendo il vescovo di Lisbona , fa precipitato dall’ alto
della cattedrale. Temendo per sua vita la stessa regina ,
si lasciò persuadere alla fuga , consiglio funesto ai par-
tigiani di lei e della sua figlia. Il gran maestro , accorto
in colorare le ambiziose sue mire , finse volere rifuggirsi
nell’ Inghilterra , onde sottrarsi alla castigliana vendetta :
ma vi si oppose la nazione che fido a don Giovanni la
reggenza e il comando supremo di tutte le forze porto-
ghesi.
Istrutto delle rose che avvenivano in Lisbona , il re
di Casliglia mosse con numeroso esercito contra il Por-
togallo. Laonde , adunatisi in Coimbra gli Stati di questo
regno , dichiararono il re di Casti glia caduto da tutti i
diritti che le contratte nozze gli ilavano , siccome vio-
latore del patto ad esse inerente di non condur mai sue
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NOTE
21 I
truppe nelle portoghesi contrade . Postisi indi a deliberare
sul re novello da scegliersi , la maggior parte dei Grandi
inclinava ancora a favore del Casligliano ; ma nel mezzo
della discussione alzatosi don Alvarez Pereyra : <£ Io
u sostengo , disse , che fa d’ uopo mettere in trono il
u gran maestro. Se v’ è chi avvisi diversamente . si pre-
senti. Son pronto a difendere i diritti di don Giovanni
“ in campo chiuso , alla presenza di giudici e di testi-
w moni. ,, F enuti nella sentenza del Pereyra i deputati
della città , don Giovanni fa acclamato Be. V ani tor-
narono ad annullare tal nomina gli sforzi del re di ( a -
stiglia : perche sette mila Portoghesi , ardenti di patrio
amore , furono assai contro trenta mila Castigìiani ,
disfatti nelle pianure di A liulmrola ; per la quale vit-
toria assicurarono il trono al principe di loro scelta.
Ecco la descrizione di questa battaglia che occupa tanta
parte di questo canto.
Uguaglia di Aliubarota.
Fra due re castigìiani e portoghesi , che entrambi no-
maronsi Giovanni /, ai l3 di agosto del l3K5 segui la
battaglia d ’ Aliubarota , si fumosa negli annali del Por-
togallo. Fu Beira la prima provincia nemica occupata da
Giovanni di Castiglia , il quale presa Ce/orica , deva-
stata Tramoso , arsi i sobborghi di Conimbrn e passato
il Mondego , strinse d’ assedio Leiria nell ’ Estremadum
portoghese.
Per si rapido innollrar del nemico non si smarrì l’al-
tro monarca , che presto a raccogliere le sue truppe . gli
mosse incontro , accompagnato dal suo contestabile , il
valoroso Nunez. Essendo i Castigìiani assai superiori
di forze ai Portoghesi f si delibero fra questi di sepa •
rare 0 esercito in due corpi , /’ uno dei quali) per dare
divagamento al nemico , penetrasse nella Castiglia , men-
tre Coltro avrebbe travagliati que’ Castigìiani che già
stavano nelle terre del Portogallo. Non durò fatica il
Nunez a dimostrare improvvido tate consiglio , siccome
inteso ad indebolire , col dividerlo , C esercito portoghese ,
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312
NOTE
che senza ciò era dì per se stesso debole assai a petto
ilei castigliano. Egli avvisò in vece doversi tentare un
ultimo sforzo per iscacciare dal!’ occupato territorio il
nemico , mentre questi doveva meno aspettare sì fatta sor-
presa per la fiducia inspiratagli dalle sue forze: la qual
sentenza prevalse.
Non lardarono i due eserciti ad essere in presenza un
tiell’ altro. Grande accorgimento dimostrarono i Porto-
ghesi nello scegliere il campo , il quale fu in angusto
luogo , che mettendo ai loro fianchi due valli imprati-
cabili i apriva ad essi in prospetto vasta pianura , su cui
potevano a Iteli’ agio dispiegarsi. j4 soli sei mila c cin-
quecento uomini ascendeva questo picciolo esercito , nè
una parte di essi avea d’ altr’ armi che piuoli e mazze
ferrate. Gli storici portoghesi pretendono che triplo fosse
l’ esercito castigliano , mentre gli scrittori di questa
nazione non lo fecero che di dicci mila uomini d’ infan-
teria , e di due mila di cavalleria , la qual cosa fu sem-
pre un confessarlo assai superiore all’ altro.
Non appena l’ esercito portoghese fu messo in ordine
di battaglia , che tal movimento opero il castigliano ,
pel quale l’altro avendo sempre il sole in faccia, era
in oltre esposto al vento che portava sovr’ esso tutta la
polve mossa dallo scalpitar del nemico. Ma tanto si fu.
V ardor del combatter» nei Portoghesi , che non posero
mente a queste due molestie , di cui gravi potevano es-
sere le conseguenze.
Spettacolo singolare offersero i prelati d’ entrambe le
parti, prima. che si venisse alla zuffa f perchè V arcive-
scbvo di Braga corse di fila in fila distribuendo ai Por-
toghesi le indulgenze concedute da Urbano /, mentre
i vescovi spagnuoli presentavano i Castigliani di quelle
che venivano da Clemente, competitore di Urbano ; sicché
agli odii di nazione aggiungendosi che l’ un esercito ri-
guardava come scismatico l’ altro , il fanatismo religioso
era uno stimolo di più ai combattenti.
1 Castigliani sorpresero e spaventarono a prima giunta
i Portoghesi , scaricando contraessi due pezzi d’ artiglie-
ria , della quale in quei giorni appena conoscevasi l’ uso
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NOTE
ai3
fra gli Spagnuoli. Ne rimasero morti due soldati che
erano fratelli ; ma un altro soldato si diede a gridare essere
stata questa una provvidenza del cielo che liberava l’ e~
sercito di due colpevoli , V uno de' quali aveva truciilato
un prete nel P atto di celebrare la messa ; il che si ebbe
per segnale di vittoria : onde rassicurati i Portoghesi ,
e sciamando : San Giorgio, che era il grido dilla batta-
glia, si spinsero contro il nemico.
Non isteltero ad aspettargli i Castigliani , ma scaglian-
dosi sovr’ essi, fecero dare addietro il contestabile del Por-
togallo. V le più animati da questi vantaggi , altri mag-
giori ne ottenevano ; e il valore secondando il loro nu-
mero , già il disordine impadronivasi deli' altro esercito ,
quando il re portoghese , toltosi fuori del centro del
battaglione dell' ala destra, grido alle soldatesche di se-
guitarlo, eh' egli stava per additar loro il cammino della
vittoria. In fatti , traendo seco un eletto drappello di mi-
lizie , sbaragliò un corpo nemico , cui pero sottentrarono
novelle bande per assalirlo. Generale diviene la mischia f
V infanteria e la cavalleria si confondono j la morte
miete per ogni dove una folla di prodi.
Il re di Castiglia , che per riguardo alla sue infermità
si facea portare in una lettiga scoperta , trascorreva in-
coraggiando le file de? suoi ; ma meglio fece il re por-
toghese , che menando terribili colpi , si esponeva al pari
d’ ogni soldato ; onde le sue milizie .commosse da tanto
eroismo , operarono inauditi prodigi. Lo scompiglio entri
fra i Castigliani atterrili in veggendo i primarii de’ lor
condottieri qual morto , qual mortalmente ferito ; sic-
ché finalmente si diedero alla fuga, abbandonando il pro-
prio re, che per non cadere nelle mani de' vincitori , fu
costretto mettersi a cavallo.
Un certo numero di Portoghesi serviva sotto te casti-
gliane bandiere. Quelli fra costoro che non perirono
coll ' armi in mano , vennero, quai traditori , messi a morte
anche dopo essersi dati prigionieri. In di tal numero Al-
fonso Pereira , fratello del contestabile ; né gli valse che
il re, bramoso di salvargli la vita, lo desse in guardia
ad uno de' propri ufficiali , impotente a sottrarlo al furor
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NOTE
2l/\
ilei solitati. Il re vittorioso riposatasi alquanto , allor-
ché ad aumento di sua contentezza gli venne portato il
grande, stendardo di Cartiglia , rinvenuto sul campo di
battaglia. Immenso fu il bottino , perche molti fra i più
grandi signori castigliani trovaronsi fra i morti di quel-
P esercito , che si fecero ascemlere a dieci mila. Il re
portoghese ordinò che i principali suoi ufficiali periti
in quella giornata avessero sepoltura nel monastero di
A/cobassa ove stanno le tombe dei re. Ne il numero di
questi ufficiali , n'e quello dèi soldati poi toghesi ivi morti
fu considerabile. Giusta la costumanza di quei tempi ,
il principe vincitore rimase Ire giorni sul campo di bat-
taglia per dar sepoltura agli estinti , ed innalzare trofei
sugli alberi e le montagne di quei dintorni.
Il re di Castiglia , nel mezzo della sventura , serbò tale
condotta che onoro i sentimenti del suo animo. Mal reg-
gendo a contemplare il dolore che ebbe il popolo di Si-
viglia per j! sanguinose disfatte, si ritrasse a Carmona.
E maggior lode gii merito il contegno che tenne allorché
un ufficiale castigliano , credendo così coltivarsi il regio
favore , maltrattava dinanzi allo stesso re un Portoghese,
fatto prigioniere in una città conquistata prima di mirila
rotta. A questo ufficiale così disse il sovrano : l< V oi
“ male operate. Tutti i Portoghesi che per me parteg-
{t giarono , morirono dinanzi a miei occhi $ quelli che
** presero P armi contro di me , m’ hanno vinto. ,, Ri-
mando indi liberi a Lisbona tulli « Portoghesi eh ’ erano
in suo potere , ne guari andò che in compenso si vide
restituiti molti Castigliani , posti in libertà dal suo non
men generoso nemico.
4
Il famoso Cid Rodrigo , il più famoso eroe dell ’ antica
Spagna.
5
Con tutta quella gente che si lava
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NOTE
ai 5
In Guadiana y e bee della riviera .
Ari otto.
... Peneì , qui rura colunt , quorumque labore
Thessalus JEmoniam vomer proscindit Jolcon.
Lue.
6
La Galizia è uno dei pià poveri paesi della Spagna.
I suoi abitatori ny escono per andare a servire in Casti -
glia e nelle contrade opulente del regno. E modo comune
di dire in Ispagna , he lido tradado corno si fuera un
Gallego ; “ mi lutano trattato come se fossi un di Ga-
** lista. ,,
7
. . Misit dives Galle-eia pubetn
Barbara nunc patriis ululantem carmina linguist IC •
* sa. It ai.
8
Non sete quelli voi che meco f uste
Contro cigolante, disse , in Aspromonte ?
Sono le forze vostre ora sì fruste ,
Che s’ uccideste lui , Troiano e Al monte ,
Con cento mila , or ne temete un solo ?
Ariosto.
»
9
E tutta quanta Europa arme arme freme.
Monti.
10
Pars leves cljpeos et spicula lucida tergunt
P
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NOTE
2l6
Arvina pingui, subiguntque in cole secures )
ò'ignaque ferre juvat , sonitusque audire tubarum.
V irgilio.
rt
E si sentir ne V una e V altra riva
Pianger donne e donzelle e Jiglit e mairi.
Vit. Colonna.
Excepit resonis clamorem vallibus JEmus ,
Peliacisque dedit rursus geminare cavernis :
Pindus agii fremitus , Pangaeaque saxa resultane,
JEleaeque gemunt rupes.
Lucano.
1»
Ergo utrimque pari concùrrunt agntina motu
Irarum ; mctus hos , regni spes excitat illos.
Lucanf.
i3
Ut fera , quae densa venantum saepta corona
Contro tela furit , seseque haiid nescta morti
Injicit, et salta saprei venabula fertur.
Virgilio.
*4
Ut Lea quam soevo Joetam presserò cubili
V enantes Numidae , natos ertela superstat
Mente sub incerta torvum ac miserabile frendens.
Sut,
i5
Qual per le selve Nomade 0 Mossile
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NOTE 217
• • • jC a generosa belva, ec.
Ariosto.
16
Crudescunt sanguine pugnae.
Virgilio.
Incrudelisce e innaspra la battaglia.
Ariosto.
17
. * • Hutuli dant terga per agros.
Virgilio.
18
Regnava a quey tempi V usanza che il vincitore si ri-
manesse per tre giorni sul campo di battaglia Onde far
fede della vittoria , e spesso perdendone di tal guisa i
frulli migliori. Questo costume derivava dal genio di
quey secoli di cavalleria , in cui operavasi per la gloria
ogni cosa. j4y tempi nostri in cui la guerra e una scienza t
ed il computo degli interessi è grande argomento di sol-
lecitudine , si ammira giustamente la condotta ilei capi-
tano che dopo aver vinto tn battaglia a tronca la ritratta
al nemico , e corre a sorprenderne le sprovvedute for-
tezze.
19
E ricevè condìtlon di pace
Si come imporgli al pio Goffredo piace.
T. Tasso.
20
Queste due principesse eran nipoti di Odcardo IV ,
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NOTE
2l8
re d’ Inghilterra. La prima , che chiamatasi Filippina f
si maritò col re di Portogallo. L’ altra , detta Catta-ina ,
sposò f non già il re di Pastiglia t come dice il Camoens ,
ma bensì il figlio di lui Enrico , il quale salì al trono
due anni dopo. In un racconto poetico non gran fatto
importano questi errori.
ai
Fide le Gade e la meta che pose
Ai primi naviganti Ercole t «-
Ariosto.
aa
Nulla sors longa est: dolor aa voluptas
Invicem cedunt.
• Sea.
a3
Ferdinando assediò la città di Tanger: ma fu inve-
stito egli stesso da un esercito numeroso di Mori. Gli fu
d’ uopo calare agli accordi , ed egli si diede prigioniero ,
sinché per suo riscatto Ceuta fosse a quelli restituita •
Ma tosto che i Portoghesi si trovarono fuor di pericolo }
il primo egli fu ad opporsi che questa città si rendesse ,
ed antepose .li rimanersi fra le mani rie’ Mori , esposto
a trattamenti più barbari e crudi , i quali ben presto lo
trassero a lagrimevole fine .
*4
Morto che fu Enrico IF re di Casti :’lia , Alfonso
contese qu-stn corona a Ferdinando il Cattolico , come
racconta Fase > in appresso. La battaglia seguì presso a
Toro t ed indecisa rimase. Si noto qual singolarità di
quella giornata che il corno destro rie’ Casigliani t il
quale si scompiglio , era comandato da Ferdinando in
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NOTE 219
persona, e che il re Alfonso conduceva il corno destro
de’ Portoghesi , il quale fu rotto.
a5
' Giovanni II fu il primo a ideare il disegno di andare
alle Indie passando pei mari dell' Africa ; il che fu poi
mandato ad esecuzione da Pasco di Gama , l' eroe di
questo poema , sotto il regno di Emanuele.
De. la bella cittade agli osi nata
Che il nome lien de la bella Sirena.
Martir.
a7
. . . . P alleggiando rada , ec.
. . . gl’ Indi e i regni Nabatei :
E torni poi , per così lunga strada ,
A ritrovar i Persi e gli Eritrei.
Ariosto.
28
Questa torre , dicono , fu innalzata nel piano di Sen-
naar in Caldea. Evvi gran tratto di distanza di quinci
al Golfo Persico. Forse l’ autore allude allo stretfo di
Babel-Mandel , che giace all’ ingresso del Mar Rosso.
Babel-Mandel sign ifi ca in Arabo Porto della morte ,
perocché questo passo è assai pericoloso.
a9
Già Jìammcggiava V amorosa stella
Per V Oriente.
Petr.
7
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220
NOTE
3 o
Allor che i sogni men son fabulosi.
Ariosto.
Si
Si i preteso che il Gange fosse uno de' quattro fumi
che scorrevano nel Paradiso Terrestre ; e questo fonda-
mento basta per giuslifcare una fazione poetica.
3a
. . . Genita aegra trahenlem
Jactantemque utroque caput.
Virgilio.
33
Il discorso , posto dal poeta in bocca di questo vec-
chio , è la fedele manifestazione di ciò che si pensava in
Portogallo intorno alla spedizione di Gama. Si credeva
generalmente eh ’ egli non tornasse più indietro . I? intro-
duzione di questo personaggio , il quale annunzia sventure ,
è rf’ altronde felicissima idea. Più vivo interesse ella
sparge sopra il viaggio di Gama e de’ suoi compagni. Il
sinistro vaticinio del vecchio , la partenza di Gama per
le Indie dipinta co> più vivaci colori, l’ apparizione del
Gange e dell ’ Indo , sono bellezze che innalzano il Ca-
moens nella sfera de? più grandi poeti.
34
Aura populi et vulgus infdum.
Sen.
35
Ut inquinavit aere tempuf aureum
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NOTE
2 21
A Ere -, dehinc ferro , durovit saecula.
Orazio.
36
Ah pereat quicumque rates et vela paravit
Primus , et invito gurgite fecit iter.
Prop.
37
A tirine J ape ti genus
Ignem fronde mala genlihus intubi.
Post ignem aetheria domo
Snfidiiclum , macies , et nova febrium
Terris incubuit cohors :
Semotique prius tarda necessitai
Idilli corripuit gradum.
Orazio.
38
. . . Vitreo datar us
Nomine ponto.
Oraz i*.
39
?.. N il vis fiumana reliquie
In taciuto.
I G. Vi da-
40
0 nimiunt miseri nos et genus aerunmosum.
Frar*
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I LUSIADI
CANTO QUINTO
ARGOMENTO
Continuazione del racconto di Gama. Passaggio del-
l1 Equatore. 1 Portoghesi approdano a diversi punti
del lido affricano. il gigante Adaniaslorre sorge a mi*
nacciarli , presso il Capo di Bnona Speranza. Le
scorbuto aliligge l1 armata portoghese, la quale si ri-
stora a Melinde. Fine della narrazione di Gama.
I
Otia s’ apri ano le vele, e la sua pena
Seguiva il vecchio in questi sensi ancora
L" onda tranquilla mormorava appena
Sotto il Sol senza nubi uscito mora;
Di nautico clamor sonò F arena
Tosto che sciolta fu l1 ardita prora ;
Cliè pur giova partendo il dire addio
Ai cari amici ed al terren natio.
CANTO
22 4
2
Sin tra con gli altri colli ornai dispare ,
Ond’ è Lisbona mia lieta e ridente ;
Pur il guardo d’ ognun li siegue , e pare
Che arrestar voglia il dolce suol fuggente:
Ma spiran l’ aure, nè più terra appare ,
Ed acqua ovunque , ovunque è ciel presente ,
E già tanto corriam di mare aprico
Quanto giammai nuovo nocchiero o antico
3
Già P isole scopriam dove discese
Primiero il grand’Enrico , e lor fe’ grido 0)
Di Mauritania i monti ed il paese
Restaci a manca che d’ Anteo fu nido :
Acque a man dritta ancor da solco illese
Veggiamo sol, nè terra aprirsi o lido;
Pur crede alcun che quivi ancora Teli
Ricche terre v’ abbracci e popol lieti.
4
Poi costeggiare) Madera che dal seno O)
Sorge dell’ acque , d’ alte selve cinta (3) ,
E si fresco ne ride il bel terreno
Qual faria piaggia di più fior dipinta.
Noi P abitammo primi , e benché meno
Di nome sia , perchè ultima , distinta
Coll’ ombre fresche e la gentil riviera
Venere cangieria Cipro e Citerà (4).
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225
QUINTO
5
Indi Massilia decliniam , che nuda
Mostra d’ un lieto verdeggiar la fronte (5).
L’ avaro suol di fresco umor non suda ,
Onde rio scorra , o vi zampilli fonte :
Pasconvi smunte greggi , e augei di cruda
Unghia e di duro rostro a par del monte 5
E questo e quel dei steril fianchi suoi
Barberia quinci chiude, Etiopia poi.
6
Ma colà giunti, dove giunto il Sole
Coll’ aureo cocchio verso Borea riede ,
Sovra il deserto mar le terre sole
Incontriam degli Etiopi adusta sede.
Qui volge di liedd’ acque immensa mole
11 Senegalle, e l’alto Capo siede,
Che già d’ Arsina nominò la fama (6) ,
Or nuovo grido Capoverde il chiama.
7
Passate le Canarie, che felici
Far dette un tempo , ecco sul mar le belle
Terre di lieto e fertil suol nutrici
Che d’ Espero abitar le tre donzelle.
Son varii seni d’ isolette aprici
Nomati ancor dal bel soggiorno d’elle,
E ove già in aravi gli e avean vedute
Altre armate dal Tago in pria venute.
Camoens t5
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8
Qui bel porto n’ accolse , e di soavi
Frutta ne die1 ristoro, e di dolci acque (7);
E 1’ isoletta che afferrar le navi
Dal divo ispan guerrier nomar ne piacque C8)?
P* co stetter però le ancore gravi,
E appena delle fresche aure rinacque
Lo spirar lusinghiero , il lieto grido
Dei nocchier sorse, e abbandoniamo il lido.
9
A rader segui tiam d’ Affrica il fianco
Che ad oriente verge, e l'ampia sorge
Provincia di Jaloff, che volto bianco
F ra i diversi suoi popoli non scorge ,
E la riviera ove il Gamnea già stanco
All’ Atlantico corre , e dove sporge
La gran Malinga ricche vene d’ oro,
E altrui couiparte il bel natio tesoro.
10
Poi l’ Orcadi veggiam , già rio soggiorno
Delle figlie di Forco , e ove sciogliea (9)
Una di lor sì vaghe treccie al giorno ,
E sì dolci il mattino le spargea
Al vago viso e al bianco collo intorno ,
Che in mezzo all1 acque sue Nettun n’ardea:
Misera te, che in crudi serpi avvolte
Fur poi le belle chiome all aura sciolte.
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QUINTO
227
11
E sempre ad Austro il corso volto , appena
Il Capo delle Palme, e piìi si vede
Dell’ alta Leonea l1 ispida schiena ,
L’ isola San Tomaso indi succede ;
E del gran Congo alfin s’apre l’arena
Che il dono tien da noi di vera fede :
E il Zaire veggiam, che ignoto giacque,
E corre immensa via eoa le chiare acque (io).
12
Ma tanto ciel ci si nasconde ornai ,
E cotante acque a tergo ornai ne vanno.
Che te , che a parti eguali in mezzo stai ,
Passato, ardente zona, i nocchier hanno;
E ove dall’ uno all’ altro polo i rai
Il Sole riportando , in un sol auno
Sparge due volte le fresche erbe e il gelo.
Le vele alziam sotto straniero cielo (n).
t3
E già sotto altro ciel la lor faeella
Veggiamo 1’ Orse spegnere nell’ onde (1 a),
JVè gir la notte sì lucente e bella
Come del Tago alle native sponde,
Anzi 1’ astro che avea guidato a quella
Parte le navi , subito s: asconde ,
E salutiam nuov’ astro ignoto innante ,
E che spiega dall’Austro il bel sembiante (i 3).
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C A N T O
228
*4
L’opposto polo è questo incerto ancora,
Se non vi riconosca il mar confini ,
O se terra si celi a vaga prora
• Degli immensi al di là tratti' marini (i3).
Non io, se ferrea voce o vigor fora
Intorno a me di fianchi adamantini ,
Narrar potrei , signor , quanto soffersi
A dirsi nuovo , orribile a vedersi.
15
Or improvviso imperversar di vento,
E lungo tratto d’ aer cupo intorno ,
Arder di vivo fuoco e fier concento
Di nembi e tuoni onde rifugge il giorno;
E notte poi di tenebre e spavento
Care a cosi precipita il ritorno ,
Che l’ onde inorridiscono , e smarrito
Non crede l’ uom di riveder più lito.
16
Si, vidi anch’io ciò che dall’uso saggio
Crede il nocchiero portentoso segno,
Il lieto scintillar d’ un puro raggio
Lambir le antenne al combattuto legno 04)>
Allor che unito a minacciar naufragio
Freme di Giove e di Nettuno il regno ,
E altra cosa maggior , di ferror piena ,
Mi vinse l’ alma si , eh’ il credo appena (i5).
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QUINTO
229
17
Picciol vapor dal sen dell’ acque uscia ,
Che qual fumo ascendea lieve e negletto (16);
E il vaneggiar deli’ aure in ciel- segui a
Cangiando ad or ad or loco ed aspetto;
E onde vapore era partito pria,
Ritornava canal sì angusto e stretto,
Ch’ errare Io veggiam sul dorso all’ onde
Qual nebbia che ogni lieve aura seconde.
18
Ma quasi pianta ad or ad or erescea
Che braccio spieghi e ramoscello breve,
E 1* alfo capo suo nube si fea
Colle granir acque che dal mare ei beve.
Già scuri lembi immensi distendea
Ciò eh1 era solo nuvoletta leve ;
Che quanto ei segue a ber di salso umore,
Tanto la nube ne divien maggiore.
*9
Come mignatta suol , che incautamente
In fra I1 uno raccolga e 1* altro corno
Torel che , sceso a limpida corrente ,
Tempra nelle fresche acque il caldo giorno,
Suggeme il vivo sangue , e orribilmente
Crescer del pingue umor; così d'intorno
Cresce 1’ oscura nube , e cresce insieme
11 canal che sul mar soggetto preme (17).
r
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CANTO
230
20
Ma poiché tanto bebbe e crebbe a segno,
Che lentamente per lo ciel si move ,
11 canale raccoglie umido e pregno ,
E P acque immense ad un sol tratto piove.
Ma deh mi spieghi qui superbo ingegno
Cose sopra natura altere e nuove,
E come dolci quella nube al mare
L’ acque ritorni che succhionne amare (18).
21
Oh se P onde eh’ io corsi , e le novelle
Cose viste da me vedean .coloro
Che d’ ignoti portenti istorie belle
Scrissero , e all’ altre età ne fér tesoro ,
Quai più vere cagioni e quai di stelle
Migliori influssi avrian notato in loro ,
Onde ulil forse ne trarrla fumana
Vita, e non sol piacer di gloria vana!
22
L’ astro minore , onde soave e cheta
Scorre la notte del riposo amante ,
Già cinque volle intero al suo pianeta
Avea mostrato il vergine sembiante (19) ,
E voce dalla gabbia ascoltiam lieta :
Ecco la terra che vi sorge innante :
Balziamo, e quanto ad oriente corre
Orizzonte , col guardo ognun trascorre.
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QUINTO a3i
23
E dì lontani monti oscura cinta
Veggiam , come di nuvole sorgenti
Che a poco a poco crescono , e distinta
Già la spiaggia ne notano le genti.
Non so se più dai nostri voti spanta-
\ ’ approdasse la squadra, o pur dai venti,
Che già siam giunti e l’àncora tenace
Entro P algoso fondo immota giace.
24
Di saper dov* io fossi . a me nel petto
Sorse desire , appena terra scorsi ;
E l’altezza del Sole, e quale aspetto
Ne mostri , a misurar sul lido corsi ,
E coll' ingegno a cotal uso eletto (ao)
V eggio eh’ oltre il gran cerchio io già trascorsi
Del Capro, e che l’ignota o piaggia o terra
Esso e il circolo austral gelato sena.
25
Mg ciò che nutra, ed a cui sia soggiorno,
Già le mie genti avean scoperto, e innante
Un Negro mi traean che a’ noschi intorno
Coglieva il miei delle materne piante.
Cosi selvaggio , e quasi ignoto al giorno
Era fra i sparsi crini il fier sembiante,
Che un Ciclope novel sembrava, e fuore
Gli uscia per gli atti insolito terrore (ai).
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a6
10 quel nuovo timor che il preme ed auge
Alleviarne vorrei , ma nulla intende ;
Anzi cosi coll’irto labbro frange
Selvagge voci che l’orecchio offende.
Gli offriam di ricchi veli aurate frange ,
E colmo nappo che in bell'ór s’accende:
Nulla ei cangia però col nuovo oggetto
Del truce sguardo e del turbato aspetto.
a7
Naccare , quindi campanel , monili
Di cristal gli offeriam : eh’ il crederia 1
Al dolce tintinnar dei vaghi fili
Sorride e scherza, e non è quel di pria;
Ma tanto di selvaggi atti gentili
Esprime , e par che sì tranquillo ei sia ,
Ch’io impongo allor che il barbaro ritorni
Di quei doni contento a’ suoi soggiorni.
38
11 primo raggio biancheggiava appena ,
E correr mille a noi delle straniere
Genti veggiam , che ombre per l’ arsa arena
Parean della persona ignude e nere.
Tratte dai vaghi doni , in tal serena
Alia s’ oflrian , e amici atti e maniere
Fingean cotanto , che Fernan non teme
Di gir nei boschi loro a loro insieme.
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QUINTO
233
39
Un de’ nostri guerrieri era costui
Più che non vuol ragion fero ed audace;
E poiché ancor non torna, in me de’ sui
Rischi un secreto presentir non tace;
E mentre di spiarne impongo altrui ,
Che alta volgeasi già del di la face,
Sovra il monte ei compare , e a tutto corso
Il veggiam divorar P alpestre dorso.
30
Tosto scioglie a raccorlo agii battello
Coeglio; ma invan, che lui già stanco e lasso
Un auro Etiope afferra, ed altro a quello
S’aggiunge ed altro, e non può mover passo.
Io volo allor , ma già cotanto fello
Popolo unito s’ era , e quale sasso
Reca, e qual dardo, che ondeggiante e folto
Già suon raettea d’esercito raccolto.
31
E già di vive pietre oscuro nembo
Piombane sopra, e una di lor mi colse (a3)
Cosi diritta della gamba al lembo ,
Che lungamente il colpo fìer mi dolse.
Corriamo all’ armi, e appena l’ igneo grembo
Tonò de’ nostri bronzi, il dorso volse
L’ oste , che lascia a tergo spaventato
Sanguigna striscia e barbaro ululato.
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334
CANTO
32
Fernando intanto era tornato a noi,
E ricovriamo insieme ai nostri legni ;
Che avara terra era quel lido, e i suoi
Cultor vestia di non umani ingegni (a*) ;
E ognor chiedendo invan chi degli Eoi
O certa nuova rechi , o cammin segni ,
S pieghiam le vele timidi , che il meno
Sia quanto corso abbiam d’instabil seno.
33
Ma un de’ nostri compagni, E ver, dicea,
Fernando, che più dolce è dove scende
Che dove sale il monte? e ognun ridea.
Sì , risponde il guerrier cui l’ onta accende :
Ma poiché vidi d’ alto che correa
Cotanta gente al lido, indi riprende.
Il ritomo affrettai , perché la fera
Non v’ uccidesse , s’ io con voi non era.
34
Soggiunse poi , che appena il monte ei prese ,
Il minacciar perchè volgesse il piede ,
E che frattanto occulte insidie tese
Gli avean dove più folto il bosco siede ;
Che noi pur trar nel barbaro paese
Soyra l’ orme di lui nutriano fede ,
JE di morte cacciarne ai regni oscuri ,
Quindi le navi depredar sicuri.
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quinto a35
35
Lasci am l’infame piaggia, e già pel cielo
Era scorso sereno il g’omo quinto :
Scote un’ auretta sol 1’ azzurro velo ,
Ed ogni legno a facil corso è spinto ;
Ma poiché all’ ombre ed al notturno gelo
Fatto avea loco il nuovo Sole estinto,
Improvvisa veggi am sorger sull’ onde
Nube che cielo e mar mesce e confonde (a5).
36
Cotanto mena orror d’ ombre cadenti ,
Che d’ un alto spavento il ror ci preme :
Siegue sordo muggir d’ onde bollenti ,
Come di mar che intorno a scoglio freme >
Oh ciel ! tosto gridai , quai fìer portenti
Questo barbaro clima unisce insieme :
Quai minaccie son queste , e a si grand’ ire
Come resister può mortale ardire?
37
Ed ecco a noi sull’ aer cupo innante fa6)
Grandeggiare repente aspetto umano (a^
Che dal feroce volto alle gran piante
Tenta lo sguardo misurarlo invano.
Fanno ombra gl’irti crini al fter sembiante,
Rosseggian gli occhi entro un informe vano;
Ha nera bocca , gialli denti , e irsuto
E tonro stassi, e squallido e barbuto (a8).
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38 •
Anzi di tante e si gran membra appare,
Che sol non fia quel che di Rodi ai liti
Sorge colosso sul soggetto mare,
Maraviglia di secoli infiniti :
E già scioglie la voce, e tuono pare
Ch’ esca dall’ onde , ed il fragor ne imiti (*9).
Noi tutti palpitiam, che l’aspra voce
Fiede , ed il volto rimiriam feroce (3o) :
39
E grida : O tu , che già crudeli guerre
Vinte , e perigli superati e stenti ,
Nè paga ancor delle soggette terre
1 frapposti al mortai confini or tenti »
E per queste onde anco t’ aggiri ed erre,
Ov’ io governo le procelle e i venti ,
E che violare non potè finora
Ardito dente d’àncora c di prora;
40
Poiché dell’ acque e di natura il regno
A scoprir vieni , audace gente , e speri.
Trarne tu sola ciò che a umano ingegno
J1 volger non scoprì degli anni interi ,
Ascolta quale dal mio giusto sdegno
Mercede avranno i tuoi disegni alteri,
Ch’ io P ire accoppierò con tal consiglio
Che fia maggior del danno il gran periglio (3i).
QUINTO
237
41
I legni tuoi qui terra e mar nimici
Avranno ovunque alto destin gli mene ,
Che fin raccorre i naufraghi infelici
Irate sdegneran le avare arene:
E sciolga pure con si fausti auspici
La prima armala che dal Tago viene,
Che invan fra le onde e le procelle avvolta
Cercherà l’Oriente ov’era volta (3a).
Dall’oscura mia nube allor fremendo
Lui punirò che di scoprirmi ardioC33),
Ed ai venti e al sonar de’ flutti orrendo
Unirò il plauso del trionfo mio;
Nè tanto sol da mie vendette attendo ,
Ma oguor mi leverò più crudo e no ,
Ed a le giungerà novella grave
Di nocchier perso o naufragala nave.
43
E primier fia colui che alzerà cinta (34)
L’illustre chioma a niun altro seconda,
Che di JVIonbazza e eh Chiloa già vinta
L’ alta vendetta il seguirà per l’ onda ;
E scatenali i venti , e urtata e spinta
La bella nave, io sull’ ignuda sponda
Disperderò del gran guerriero F ossa ,
E F alte spoglie e la temuta possa.
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a38
CANTO
44
Anco per questo mar giovine amante (35)
Trarrà la face del suo casto ardore.
Quasi il soave guardo e il bel sembiante
Potesse T ire raddolcirmi in core ;
Ma io desterogli a tergo la sonante
Procella , e fra il periglio ed il terrore
Dall’agitato mar balzali appena
I figli iaseerà su nuda arena.
4^
Non raccoglierli al seno , e non il pianto
Ritenere potrà la cara vita;
E i duri ('afri a minacciare intanto
Useiran, lei già timida e smarrita,
Che ignuda il bianco piede e scinta il manto
Fuggirà per le arene impaurita,
E inv mo , dal fuggire ansante e stanco ,
Reggerà sullo sposo il g:ovm fianco:
46
Perchè le molli piante dilicate
Farà vermiglie o l’arsa sabbia o il primo,
Nè ricovrar potran dalle gelate
Notti , o dal fero raggio a tetto alcuno (36)
E poiché non avran cui far pietate
Che i sordi scogli e il mar turbato e bruno,
Anco indivisi nell’ angustie estreme
Pregheran morte che gli sciolga insieme.
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QUINTO
339
47
Volea seguir; Ma chi sei tu che tanto
Aer col corpo ingombri , allor diss1 io ,
E che di minacciar t’ arroghi il vanto
Con torvo ciglio e con parlar più rio (37) :
Ei torse il fiero ceffo , e lungo intanto
Spaventoso sosp’ir dal sen gli uscio (38) ,
Come colui che di sventura acerba
Viva al cor la l'erita ancora serba.
43
Quel Capo io son che per terror da voi
Tormento è detto (indi soggiunse irato)
E di cui saggio alcuno o prima o poi
Nè seppe il nome, e ne conobbe il fato :
Affrica chiudo , e da’ confini suoi
Con alto promontorio anco intentato
All'Antartico vo , nè guardo inulto
Questi mari ove rechi il primo insulto.
49
Me fier di nome e forze Adamastoro
Espose alle mortali aure la Terra,
E il primier fui del numer di coloro
Che 1 Numi stessi minacciar di guerra ;
Che l1 onde io corsi a par di Noto e Coro ,
Sfidando lui che il gran tridente afferra,
Mentre i germani miei con torva fronte
Inverso il ciel monte imponeauo a monte (39) .
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CANTO
j4<>
50
Ed anco ardeami il cor la vaga Teti ,
Che un di scorsi si bella al mare in riva,
Che di più dolci rai, d’atti più lieti
Arder mai vidi altra celeste diva;
E da quel di ne’ miei pensier secreti
Cosi F amate forme io mi nodriva ,
Che non solo furor, ma sovra il mare
Desio rapiami delle forme care.
51
Ma poiché a lei , che di beltà novella
F ìoria , non giungean dolci i nostri amori ,
Informe qual mi vedi, io la donzella
Rapir mi volli ; e meco all1 opra Dori
Invocata s’ aggiunse , a cui la bella
Ninfa dicea ridendo : E quali ardori
Piover potriano in sen di ninfa amante
Dal -torvo ciglio di crudel gigante ?
5a
Ma se a turbai’ coll’ arme i nostri regni
Non torni , alfin soggiunse , appena l’ anno
Tutti trascorso abbia i celesti segni,
Risponderogli d’ amoroso affanno.
Questo Dori mi dice, e ciò gli sdegni
Estinse in me , che non temea d’ inganno ,
E come cieco incàuto amante suole ,
Mi pascei di speranze e di parole (4°).
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QUINTO ^4 1
53
Era giunto al suo fin già troppo lento
L’ anno , e sorgeane alfin la notte lieta ,
E io vegliava a spiar col guardo intento ,
Mentre questa si tea più bruna e cheta,
Qual placid’ onda o qual sospir di vento
Guidasse a me de5 miei desir la meta ;
E già qual neve che su colle caggia
Teti appaila sulla deserta piaggia.
54
Le volo incontro, e il bel Nume presente
Fra dolci amplessi avvinto aver credea,
Ma solo acuto sasso e sol pungente (41)
Vepro premeva il sen , la man stringea.
E , Questi i labbri son , dicea dolente ,
Che amor tingeva, e gli occhi ov‘ ei ridea!
Miseri che non bel volto o roseo labro,
Ma sasso mi tenea ruvido e scabro.
55
E , Oh ciudel , soggiungea , figlia dell’ acque ,
Se il Ciel non diemmi, onde piacerti, aspetto,
Perchè l’amante d’ingannar ti piacque?
Indi se larva fosse , o vero aspetto ,
Gran tempo incerta in sen l’alma mi tacque,
Ch’io parea sasso ad altro sasso stretto :
L’ inganno alfin conobbi , e d’ ira cieco
Fuggii portando il mio rossor con meco-
Camoens s 16
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56
Intanto vendicato il fero Giove
S’era de’ miei gertnan; che ardire umano
Non vai contro poter che tutto move (43) ;
E colla rosseggiante ultrice mano
Fatto avea nuove stragi e morti nuove ;
Che altri sotto lo strai sfumò qual vano
Aere , ed altri giacquesi spirante
Sotto le moli fulminate e infrante.
57
Me ria pena pur colse , e lontananza
Non valse ad arrestar divin furore;
Che irrigidita la mortai sostanza
Acuti sassi si fer l* ossa , e fuore
Sorgenti i membri in orrida sembianza (43).
Immobil Capo io giacqui, e a fai* maggiore
All’ inulto mio cor l1 ingiuria antica
Scherzo qui stommi della mia nimica.
58
Qui sul duro pensier le crude gote
Bagnò di pianto, e a guardi miei si tolse.
Fremè il turbato mare , e in larghe rote
La spaventosa nube indi si sciolse (44)-
Supplichevole destra e pure note
Tosto l’ umil mio spirto al ciel rivolse ,
E , Tu , dissi , o gran Dio , che n’ hai guidati ,
Deh tu cangia, che il puoi, gli acerbi lati (45).
\
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QUINTO
243
59
Già fuggia l’atra notte ai raggi innante
Del purpureo mattino , e il Capo apparo
Che aspetto anco ritien d’aspro gigante.
Ne superiam la punta , e nuovo mare
Solchiamo , che ne mena inver levante.
Correan aure tranquille ed acque chiare ,
E secondando l’ arenosa riva
La placid’ onda nuovo suol n’apriva.
60
Adusti pur gli abitator ne sono ,
Che altro quel suolo è degli etiopi liti;
Ma truce solo han della voce il suono.
Nel resto poi d‘ atti e sembiante miti
Cortesemente i loro armenti in dono
Recane! al lido , e in varie schiere uniti
Correr tosto miriamo mansueti
Greggi e vaghe donzelle e garzo» lieti.
61
Chi in groppa a lenti buoi , che l’ arso clima
Pregia d’ogn’ altro, e chi danzando viene;
Altri spontaneo verso alterna o rima,
Ed altro inspira boscarecce avene:
A vedersi parean quei che alla prima
Biade respirar Paure terrene:
.Gente semplice e pura , e lieta solo
Di pingue greggia e di fiorito suolo.
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Mi
CANTO
\
62
Al volto si rispondon gl’ innocenti
Modi , ed ai modi i pastorali ingegni ;
E con le nostre merci i loro armenti
Cangiano lieti e fanno allegri segni :
Ma poiché invan da loro umani accenti
Spero, onde luce trarre a5 miei disegni,
Sciogltam le vele , e l’ ancora già tolta
L’Indo invochiam sull’ onde un’altra volta.
63
Le negre coste d’ AJTrica e il bollente
Suolo radendo intorno , ornai parea
La prora ricercar la zona ardente ,
E il già perduto polo rivedea.
Qui 1’ isola lasciam dov’ altra gente
Del Tago scese , che primiera avea
Visto il gran Capo, e tosto che lo scorse
L’ isoletta afferrò , nè in là più scorse (46).
‘ 64
E fra calme crudeli e fra procelle
Corriam dell’ Indo incerti e della vita ,
Novi mari solcando , onde novelle,
Col raggio sol d’ una speranza ardita.
E mentre incontro a un mar che sotto stelle
Ignote ferve , il buon voler s’ aita ,
In opposta corrente avvolta l1 onda
Travolge i legni , nè il camin seconda (47).
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245
QUINTO
65
Cosi rapidamente ella correa,
Che vento alcun spinger ne puote innante;
E quanto P un le Fresche ali battea ,
L’altra si fea più rapida e spumante.
Invano lo spirar vaino accogliea
Fra i dubbii casi il buon nocchiero errante;
Ma Noto alfìn l’ire raccolse e strinse
L’ onda così , che oltre le navi spinse.
66
Ornai lo scintillar degli astri vinto (48)
Avea quel dì che tre monarchi trasse
Appiè di maggior Re, che in tre distinto
V estito avea spoglie caduche e basse ;
E salutando! già di rosa tinto
Le faticate genti e d’ errai- lasse ,
Nuovo suol s’ afferrò che sulle chiare
Acque d’un rio si sporge, e importo pare.
67
Nè fresche acque costì, ne dell’aprico
Suolo i frutti mancar; ma perche ancora
Suono invan ci speriam di voce amico,
Lascio all’ acque il- bel nome onde s’onora
Il santo giorno , e aprir le vele indico ;
E senza d’ India lieve segno ognora
Corriamo , ognor fra popol muto e quasi
Brutal , fiere vicende e nuovi casi.
t
t
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CANTO
246
68
Deh pensa or tu, signor, come smarriti
Erriam per vasta solitudin d’ acque.
Ignoto il mar, barbari o ignoti i liti
Ove talor 1’ ancora ferrea giacque : .
Nè più speranza onde l’ardir s’irriti,
Che da gran tempo incerta in sen ne tacque ;
Poiché non terra o mare, e non di polo
Cangiar ci scopre mai l’Indico suolo.
69
Or da influsso cnidel di cielo a noi
Straniero oppressi , ora da cibo ingrato ,
Altro non aspettiam che alfin n’ ingoi
Ultimo ai nostri mali il mar turbalo;
Ma credere potrà chi verrà poi ,
Che a cotanti perigli avrian durato
Costanti ognor questi nocchieri arditi.
Se non fosser costor dal Tago usciti?
70
Ah che fra lor strage e tumulto insorti
Foran , ned io forse sarei qui teco,
E sparsi di rapine i lidi e i porti
fT avria l’ illusa speme e il furor cieco (49).
Si dica pur che non disagi e morti
( E P alta sperienza io riva reco )
Ammorzar puon d’ un Portoghese in petto
Ardir di bella impresa e patrio affetto.
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QUINTO
247
71
Lasciato il porto amico e il fresco rivo,
Per F ampio mare allargomi , e le sponde
Perigliose di Sofala schivo ,
Che Noto non ne colga in su quell’ onde:
Qui n’ apparir duo legni , e ne fe’ vivo
Lo sperar , che parea sopito altionde ,
Un non so che da lunge ancora involto ,
Ma che sporgea sull' acque ombroso e folto (So).
72
E già vallette e prati , e già ridenti
Rive scopriansi dond’ in mar si mette
Capace rivo , su cui molli argenti
Spiegano vela agevoli barchette.
Tosto il cor ne balzò mirando genti
Da quali vela al vento si commette ,
Sperando pure eh’ India non si cele
Là ove metter veggiamo arbori e vele.
73
Nuova gente d’Etiopia era pur quella;
Ma sembra di stranier costumi mista :
E arabe voci alla natia favella
Cong.unge, d’atti umana e lieta in vista,
Gran fascia di bambage avvolta in ella
Cinge alò tempia, e di cerulea lista
I nudi fianchi vela, e tal ragiona
Che chiara a alcun di noi la voce suona (5i).
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248
CANTO
74
Dice che anco fra lor spalmami legni
Di doppia vela armati , e ferreo rostro
Il patrio mar solcando inverso i regni
Ove nascendo il Sol si tinge d’ ostro ;
Che terre giaccion là d’ industri ingegni
E di volti conformi al color nostro :
E così ragionando , a tutti in petto
Il cor balzò d’ insolito diletto (Sa) .
7$
Che dell’ Indico suol così sicuri
Indicii mai ne furo porti altronde ,
E col nome però de’ buoni augriri
Consacriamo al bel rio le placid’ onde \
Nè perchè ignoto resti ai dì futuri
Quanto care ne far le amiche sponde,
Candido marmo alziamo in seno al lito
Di verace e fedel nota scolpito.
76
E poiché di costumi e atti cortese
N’ era la gente , e fresco il vago seno ,
Per le fiorite rive e all’ ombre stese
Si ristorar le stanche genti appieno ;
E qui le navi ripuliam , che rese
Già 1’ alto limo avea scorrevol meno ,
Consentendoci ognun quanto talora
Chiedea il bisogno od il diletto ancora»
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QUINTO.
249
77
Ma con tal freno governarne piacque
Al Ciel , che al bene il male ognor succeda ,
E sul tranquillo sen delle bell’ acque
Erinni scosse la sanguigna teda :
Tal portò seco eredità chi nacque ,
Che non sol sempre lieti i dì non veda,
Ma che il bene non sia che volo breve
D’ aura fugace , e il mal tenace e greve-
78
Sozzo morbo ne colse , e da straniera (53)
Mano rapiti foro al dolce giorno
I miei compagni in sì crudel maniera ,
Che anco tremando col pensier vi torno :
S’enfiavan le gengive , e si fea nera
La bocca, a cui marcian le carni intorno ,
Sconcie così , che si vedean perire
Senza poter più labbro a labbro unire.
79
E si alto puzzo l’ aura ne bevea ,
Che già ne divenia cruda e pungente ;
Nè il mesto infermo che sperare avea ,
Non la piaga ir tentando onde al rodente
Umor il varco aprire , e non valea
Saggia mano o virtude altra possente (5^);
Onde alfine gemendo gl’ infelici
Lasciavan le bell’ aure e i cari amici (55).
u
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8o
C osi coloro che un’ istessa sorte
Meco disciolse dalle patrie sponde,
E il mar non vinse , altro poter più forte
Entro tomba straniera alfin nasconde (56).
Oh quanto è piana all’ uom la via di morte !
Che ovunque il corso mova , o sovra le onde
L’ arresta , o in strania terra , avida man o :
Pensaci e superbisci orgoglio umano.
8t
S dogliamo poi dal lido , un lungo pianto
Lasciando all’ ossa degli estinti amici,
E seeondiam la costa , aprendo intanto
Le vele e l’ alma a più sereni auspici :
Ma quanto al sen di Monzambich, e quanto
In Monbazza tramar popol ninnici ,
Tu ’l sai , signor , che aall’ infami sponde
Te non divide lungo tratto d’ onde.
82
Pietosi alfin del lungo errar gli Dei,
D’ ogni conforto e di speranza privi
A te n’ han scorto , e tu sì dolce sei (67) ,
Che le estinte speranze anco ravvivi :
A me lor duce, ed a’ compagni miei
Così cortese i favor tuoi derivi,
Che d1 India , dove abbiam volto le prore ,
Sempre l’augurio ne sarai migliore.
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QUINTO a5i
Paragona , signore , or tu colui
Che i Dei Penati seco trasse al mare (58),
E quei che fér famosi i tanti sui
Error per onde ignote e sirti avare (59) ,
Che sebben alta maraviglia altrui
Spirare le cantate imprese e chiare ,
Nessun provò di lor quant’ io sostenni ,
Nè per quali onde scorsi , e donde venni.
84
Si , lui che tanto bebbe d1 Ippoerene (60) ,
E donde gara arse famosa tanto
Fra le belle di Grecia illustri arene
Chi sola n’ ebbe della cuna il vanto ,
E quegli che inspirò sì dolci avene,
Che al patrio Mincio ne fé’ novo incanto ,
E, lasciate le selve, i Frigii eroi (61),
E i nepoti Latin cantò dappoi (6a).
85
Fingali pure a piacer di Circe i lidi,
E ne vestan di fiori i bei soggiorni ;
Fingan sirene ond1 il nocchier s’ affidi
A fatai sonno da cui più non torni ;
Fingan chiusi negli otri i venti infidi ?
E ninfa che deplori i suoi bei giorni ,
Se vegga Ulisse abbandonar l’ arene
Della fresca isoletta ove il ritiene :
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252 CANTO
86
E Arpie voraci , e Polifemi ignudi ,
E piloto da un Dio nelle onde spinto,
E varcar vivo le letee paludi
11 Frigio pellegrin da pietà vinto;
Che questi sensi miei semplici e rudi
Raggio di ventate han si distinto,
Che a fronte loro invan P ingegno finge ,
E invano poi Musa colora e pinge.
87
Qui tacque Vasco , e dai facondi ancora
Labbri pendeva la rapita gente (63) ,
Quasi da lor fosse sgorgato fu ora
Soave mormorar di rio cadente.
D’ eroi sì grandi or P uno or P altro onora
L’ amico Re , qual fosse lor presente ;
E non solo il valore ed il consiglio ,
Ma vederne parca P ardor del ciglio.
88
E or questa or quella delle udite cose
Ciascuno con piacer si ripetea;
E come tante avesser corse acquose
Strade , maravigliando rivolgea.
Ma mentre Vasco i grandi fatti espose ,
Fatto ritorno al mare il giorno avea ,
Onde coll’ ombre che cadeano intorno
Fece ai tetti reali il Re ritorno.
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QUINTO
253
«0
Oh come dolce è della lode il suono ,
Se dal proprio valor nc sgorghi il rivo !
Giammai miglior mercede e miglior dono
Eroe mortale s’ ebbe e immortal Divo :
Sola 1’ opre di lor che più non sono
Altrui fa dolce esempio e slimol vivo;
Nè freddo cener spegne e tomba chiude
Il valore cantato e la virlude (64).
9°
Solo d’Achille l’ alte imprese e 1’ armi
Credè felici nella greca tromba
11 Macedone invitto , -e i vivi carmi
Ne invidiò sulla famosa tomba ;
E quei cui tanti incise illustri marmi
Atene , ed il valore anco rimbomba ,
Diceva che niun dono eguagliar puote
Il miei che stilla da soavi note.
9r
Ben Vasco ha donde celebrare i vari •
Casi che il fero lungo tempo errante ,
Ed inferire che cotanti mari ,
Nè così infami furo corsi innante :
Ma il Mecenate ov’ è che i latti chiari
Consegni a Musa che gli adorni e cantc ,
Dove un Augusto che il reai favore
Spili de’ grandi ingegni al sacro ardore ?
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*54
CANTO QUINTO
9'2
Sol fra Tarmi cresciuto il terren mio
F ìgli produce al par selvaggi e crudi ;
Nè rati dolce sentier Musa s’ aprio
Fra T alme altere e i bellicosi studi :
Solo feroce in loro arde disio ,
E suou lor giova d’ arme infrante e scudi ,
Nè curan se argomento agli altrui carmi
Restino poscia il bel valore e T armi.
93
Oh vergogna del nome portoghese ,
Che mentre Trace capitano e Geta
Cantalo va , nel Lusitan paese
Non sorga voce di drvin poeta :
Nè son già queste di natura offese ,
Che qui T aura febea spirar pur lieta
S’ udria fra placid’ ombre o in molle riva ,
Ma duro orecchio la respinge e schiva.
94
Pure T ingrato barbaro costume
Cosi non spegne in me di patria amore C65),
Che T alme ninfe del paterno fiume
Non ne guidi a cantar l’alto valore;
Ed è di qui che a nuovo voi le piume
Spiega con Vasco il portoghese onore ,
Clie per si ferrei cor giammai parola
Moveria Musa, o scioglierla carola.
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NOTE
-?f>r
. Ah CANTO QUINTO
!
I
L 1SFJSTE don Enrico , uno de? figliuoli del re Gio-
vanni Primo t fu quegli che primo ideò e mosse le spe-
dizioni portoghesi lungo le coste occidentali dell’ Affrica.
Alcune navi , armate per suo ordine e condotte da uffi-
ciali della sua casa , scoprirono Madera , le Canarie ,
le Isole del Capo V erde , ec. ec. , e si trassero dal Capo
Doyador , che nessun navigator europeo aveva ancora
ardito di passare , insino a Sierra Leona , tratto di pae-
se , cojl detto per significare lo spaventoso rumore che
lunge mandano i flutti , rompendosi sopra gli scogli
della costa f in modo somigliante a ruggiti.
“ Consacrata , dice il Mailer , agli utili studi la
44 propria vita , e lunge dai piaceri della corte , il prin-
M cipe Enrico stavasi sulle coste dell ’ Oceano , rogo -
44 landò egli medesimo le spedizioni marittime destinate
41 a verificare quanto antichi geografi conghietturarono
41 sulV esistenza d’ isole e continenti situati , per quanto
44 credevasi , all’ occidente dell'Affrica, lì navigatore
“ Zar co , che discoperse V isola di Madera , vi trovo un
l< Inglese , detto Machern , gettalo da un naufragio in
41 quella solitudine ed ivi divenuto affatto selvaggio.
44 Primo ad approdare alle isole della Madonna e di
44 S. Michele fu don Gonzales U alo de Cabrai j e in
44 quei tempi all ’ incirca si conobbero le altre Aesorre ,
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a56
NOTE
44 Terzeira , Farai e S. Tommaso. Mentre Alfonso F ,
11 pronipote di Giovanni 7, combattendo i Mori di Fez ,
“ prendeva Alcassar de Cagu , Arzilla e T anger ,
11 altri eroi portoghesi cercando sull’Oceano le vie di
44 commercio , note nn giorno alle flotte dei Cartaginesi ,
41 dei Tolomei , dei Faraoni , piantavano il lusitano
44 stendardo sulla Costa d’ Oro , e un d’ essi , Diego
44 Cane , spinse in una corsa fino al regno di Congo.
14 Fu allor cosa degna d’ osservazione che i F eneziani
14 somministrarono ai Portoghesi , loro competitori, molle
44 carte marittime , delle quali i primi non conobbero
44 1’ importanza. Pavidi quelli di avventurarsi al mare
44 del Sud , riguardavano il Capo Tormentoso quasi in-
44 superabile barriera che serrava ad essi il cammino
44 dell ’ Indie. Più ardito di loro un Portoghese oltre-
44 passo il Capo di Buona Speranza , e giunto all’ In-
44 die , novelle strade aperse al commercio e portò la
44 civiltà europea nei paesi dell ’ Oriente. Sotto A/bu-
44 cherche ed i suoi successori , i vascelli del re Ema -
44 nuele penetrarono nel Mar Rosso , e sino all’ estremità
44 del golfo , affinché non vi fosse punto veruno delle
44 immense spiagge dell 1 Oceano Atlantico il quale non
44 conoscesse la dominazione portoghese. Tanto eroe fu
44 F osco di Gama , i cui cittadini ai suol giorni non
44 ebbero per valore , solerzia , industria e sapere , al-
44 tra nazione che lor prevalesse
a
Madera in lingua spagnuola significa leguo. L’ infante
don Enrico aveva mandato a Madera alcuni coloni , i
quali per aprirsi il passo nel fitto delle selve , appic-
carono a queste il fuoco che più non furono capac
di spegnere. Dicesi che sette anni durasse V incendio.
3
Jam medio apparet fluctu nemorosa Zacynthos.
Virgilio.
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Che v * avna con le Grazie e con Cupido
tenere stanza j non più in Cipro o in Gnido.
Ariosto.
5
Et gens quae nudo residens Massilia dorso.
Lucaue,
6
Il Promontorio Arsinario degli antichi.
7
Inde , uhi prima fides pelago , placataque venti
Dant maria , et iene crepitane vocat Auster in allumi
Veducypt sodi naves et littora complent.
Virgilio. .
8
£’ isola di San-Jago , San Giacomo , protettor della
Spagna .
9
Euriale , Stenone e Medusa , fgliuole di Forco.
Medusa , la quale era bellissima , si ti‘asse addosso lo
sdegno di Giunone , che la rendè bruttissima , e ne tras-
formo in serpi le chiome. Quindi nacque , secondo la
favola , quell ’ immensa quantità di serpenti da cui VAf-
Jrica è ricoperta. Credesi che le Orcadi siano C isola
di S . Tommaso e V isola del Principe.
Camoens
258
NOTE
io
Fiume grandissimo che mette foce nell ’ Oceano Occi-
dentale con tanto impeto , che si sente , dicono , il ri-
flusso delle acque , in alto mare , cinque o sei leghe di-
scosto dal lido. È nota V infelice fine della recente spe-
dizione inglese , comandata dal capitano Tuchey , per
discoprirne le fonti ed esaminarne le rive.
, il
Dehaxo ostando jà da Estrei la nova
Otte no novo Hemisferio resplandece ,
Dando do segundo asce certa prova.
L. Camoens nelle Rime.
I Portoghesi , avendo passato V Equatore , dovevano
veder declinare il Polo settentrionale ^ ed innalzarsi il
meridionale. Gli antichi f i quali non avevano spinto
la lor navigazione oltre il Tropico , non perdevano mai
di mira la stella del Norie , che chiamavano Calisto ov-
vero V Orsa Maggiore: quindi si favoleggiò dai poeti
aver Giunone ottenuto da Tetide che Calisto mai non
potesse attutarsi nel mare.
la
ZJn poco me volgendo a V altro polo f
Là onde il carro già era smarrito. ■
Dante.
i3
Qué* tratti sono V emisfero australe , ossia la quinta
parte del mondo , detta Oceanica , ovvero Australasia
o Polinesia. Soggiunge il poeta che il cielo australe è
meno stellato del nostro . ed infatti non vi si scopre
quasi altro di notte che le sette stelle , dette la Crociera
Meridionale. Queste sette stelle servono di guida ai
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NOTE
naviganti ; allorché hanno passato la linea. È noto che
Dante indovino, o, per meglio dire , conobbe questa co-
stellazione meridionale , in q uè' famosi versi ove canta:
V mi volsi a man destra , e posi mente
sili1 altro polo , e vidi quattro stelle
Non viste mai Jfuor eh alla prima gente.
Goder pareva ’l Ciel di lor fiammelle ,
O settentrional vedovo silo ,
Poiché privato se’ di mirar quelle l
Dante.
14
Il fuoco di Sant ’ Elmo , argomento di superstizione
ai mannari. E prodotto dal fluido elettrico , e per lo più
annunzio il fine della tempesta.
La desiata luce di santo Elmo.
Ariosto.
i5
Le trombe di mare , turbine , o procella di vento che
vien giù da nube, squarciata. Questo fenomeno è dipinto
con molta verità dal poeta. Le trombe , spesso accom-
pagnate da spaventose correnti d’ aria , mettono in gra-
vissimo periglio le navi.
16
. . . Come nell ’ aer si raccoglie
? ue.U’ umido vapor che in acqua riede
osto che sale.
Dante.
17
Hoc fit , ubi interdum non quii vis incita venti
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NOTE
260
Rumpere quam coepit nubem ; sed deprtmit , ut sii
In mare de coelo tamquam demissa colvmna
Paullatim , quasi quid pugno , brachiique superne
Conjectu trudatur et extendatur in undas.
Lucrezio.
18
j4c ea quidem quae potui opta est et dulcis levitate
omnis in sublime fertur , salsa autem propter gravitatem
in inferioribus partibus remanet , ut in suo loco.
Aristotele.
*9
Ouintus ab aequoreis nitidum jubar exlulit undis
lucifer.
Ovidio.
20
U astrolabio y che fu inventato fn Portogallo , re-
gnando Giovanni //, da due medici ebrei , aiutati dal
famoso matematico Marlin Boemo. Essi furono che com-
pilarono le prime tavole delle declinazioni del Sole.
21
Quum subito e sjlvis , macie confecta suprema ,
Ignoti nova forma viri , miserandaque cultu ,
Procediti supplexque manus ad littore tendit.
Respicimus : dira illuvies , immissaque barba f
Consertum tegumen spinis , ec.
Virgilio.
22
Centum olii curva haec habitant ad littora vulgo
Infandi Cyclopes , et allis montibus errant.
Virgi^o.
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NOTE
26 1
a3
I difeusor a grandinar le pietre
Da V alte mura in guisa incominciaro , ec.
T. Tasso»
a4
. . • Scelerata excedere terra
Linqui pollutum hospitium, et dare classìbus Austros.
Virgilio.
a5
Subito d’ alla nube un denso velo
l? aria coperse.
Benivieui.
26
✓
X’ apparizione di questo spirito viene giustamente con-
siderala come una finzione veramente epica e degna di
un ingegno sublime. Essa fu molte volte imitata. Al-
cuni comentatori hanno voluto scorgere in Adamaslorre
V imagine di Maometto.
27
Insonuit, veniensque immenso bellua ponto
Eoiinet , ec.
Ovidio.
23
. . . Ila il capo ricciuto ,
Xe chiome ha nere , ed ha la pelle fosca ;
Pallido il viso , oltre il dover barbuto :
Gli occhi gonfiati , e guardatura losca ;
Schiaccialo il naso e ne le ciglia irsuto.
, Ariosto.
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262
NOTE
\
Orrida maestà nel fero aspetto
Terrore accresce , e più superbo il rende.
Rosseggino gli occhi , e di veneno infetto ,
Come infausta cometa il guardo splende.
Gli involve il mento , e Su P irsuto petto
Ispida e folta la gran barba scende :
E in guisa di voragine profonda
S* apre la bocca d’ atro sangue immonda •
T. Tasso.
29
Clamorem immensum toltiti quo pontus et omnes
Intremuere undae.
Virgilio.
30
. . . Tunc percutit horror
Membra ducis.
Lucano.
31
Bellum etiam prò caede houm , stratisque juvencis ,
Eaomedontiadae , bellum ne inferro paratis ?
Et patrio Harpyias insontes pel/ere regno ?
Occipite ergo animis , atque haec mea fi gite dieta.
Virgilio.
3a
Questa fu l’armata di j4lvàrts Cabrai , che da or-
ribile procella fu sopraggiunta presso il Capo di Buona
Speranza. Ventidue giorni durò la burrasca : de 1 tredici
legni che componevan la squadra 1 sei ne perirono con
tutta la ciurma ; i sette altri , in miserissimo stato ,
non poterono che con molto stento arrivare al porto di
Sofala.
r
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ti 0 T E
33
263
Bartolomeo Dias , i/ quale, durante il regno di Gio-
vanni II , passo pel primo il Capo di Buona Speranza ?
ma senza scorgerlo che nel ritorno. Egli lo denomino
il Capo delle Tempeste , Cabo Tormentoso , perche
a quell ’ altezza era stato sovrappreso da una tempe-
sta molto gagliarda. Giovanni II lo appellò Capo di
Buona Speranza , nell’ idea che questo passaggio dovesse
aprire la strada delle. Indie. Dias s' imbarco di nuovo
sulle navi di Cabrai , e perì nel disastro di quest ’ ar-
mata.
34
Francesco di Almeida , primo viceré delle Indie.
Questi vinse Quiloa e Mombazza , scon fisse V armata
navale del Soldano d’ Egitto , e fu de* primi a fondare
la portoghese potenza nell ’ Indie. I Negromanti di quel
paese gli predissero che egli non ripasserebbe il Capo di
Buona Speranza. Egli lo ripasso tuttavia f ma essendo
approdato nella Baia di Saldagna , piglio parie in una
contesa che i suoi attaccarono coi natii del paese , e
miseramente fu morto.
35
Emmanuele Losa di Sepulveda , che apparteneva ad
una fra le più nobili famiglie del Portogallo , era
stato nelle Indie Orientali governatore dell’ importante
fortezza di Diu ; nel l553 s’ imbarco al porto di Co-
chin per veleggiare in Europa , unitamente alla propria
moglie Eleonora di Sala, figlia di un generale porto-
ghese nelle Indie. I figli , il cognato e molta mano di
servi 0 schiavi del medesimo faceano parti • di questo
viaggio funesto. La totalità degl’ imbarcati ascendeva a
seicento persone.
A II’ altura del Capo di Buona Speranza il vascello
u assalito da sì tremenda tempesta , che non vi fm
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NOTE
264.
speranza di oltrepassare quel promontorio ; sicché dopo
aver veduta imminente ad ogni istante la morte , naufra-
garono sulla costa.
Non /instando le scialuppe a salvare tanta gente , ap-
pena trecento persone poterono toccar terra. Gli altri
furono inghiottiti dalP onde f insieme col vascello $ meno
infelici de ’ loro compagni , perchè non fu sì lunga per
essi la durata dei patimenti.
Privi di messi d' imbarcarsi e, nudrirsi , e feriti la.
maggior parte nel sofferto naufragio , i sopravvissuti si
trovavano in una piaggia sconosciuta. Il Losa , fo-nito
di coraggio come di risolutezza , diede ordini affinchè si
raccogliesse quanto si potea dagli avanzi del vascello
naufragato ; il che alimentò per qualche tempo i nau-
fragati j ma altri mezzi di vivere non offerendo quel
suolo , venne V istante di dover cercare qualche paese abi-
tato o frequentato almeno dagli Europei. Si conchiuse
adunque di mettersi in cammino verso il fiume detto dello
Spirito Santo , ove i Portoghesi di Mozambicche e di
Sofà la si portavano a commerciare.
Ma conveniva trascorrere cento ottanta leghe per giun-
gervi. Il Losa tenne ai suoi compagni un discorso atto
a ridestarne il coraggio , terminando col pregargli affinchè
nel ripartimento delle fatiche cui si andava incontro t
volessero usare qualche riguardo alla debole comples-
sione della sua moglie e de’ suoi figli j al qual propo-
sito ebbe motivo di essere grato alP affezione e all ' ob-
bedienza che gli serbarono quegP infelici , postisi affatto
nelle, sue mani.
Può agevolmente uno farsi P idea dei travagli eh’ essi
patirono lungo il cammino j ai quali per un crudele
contrattempo si aggiunse . che altor quando solo trenta
leghe restavano a farsi , « torrenti rigon fi dalle pioggie ,
ed alcune roccie inaccessibili li costrinsero a tali gira-
volte , per cui questo rimanente di viaggio riuscì loro
di ren'o leghe più lungo.
Pervenuti finalmente al fiume tanto sospirato , si videro
ben accolti dal re 0 rapo africano di quelle contrade ,
il quale avea soventi volle commerciato coi Portoghesi.
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NOTE
a65 ’
Egli si fece pertanto premura di avvertire il Lo sa ,
che il capo del confinante territorio a cui stavano per
volgersi , era uomo maligno quanto crudele. Ma P ardente
desiderio di trovare uno stabilimento europeo vincendo
tutte P altre considerazioni , trascorsero il secondo dei
tre rami per cui il Jiume dello Spirito Santo si getta
nel mare.
Nè andò guari che videro venirsi incontro dugento Ca-
fri armati ; comunque stremi , i viandant portoghesi
si accinsero a difendersi. Ma quei malandrini trova-
rono miglior partilo il dissimulare con essi per di-
spogliarli senza V uopo d’ un combattimento f sirchè si
negoziò conrhiudendo che. gli stranieri si fermerebbero
in un dato luogo ai medesimi accennato dai Cafri , per
sentirsi ivi annunziare i voleri di quel re . grandemente
propenso a favorirli , come costoro dissero.
Dopo essersi ivi trattenuti alcuni giorni , questo re fece
loro sapere che la tardanza sua nel rispondere er ' deri-
vata in parte dalla scarsezza dei viveri in quel va ‘se ,
contraria alle buone intenzioni eh * egli aveva a loro ri-
guardo , ma esserne stata maggiormente cagione la tema
che armati in tal guisa inspiravano ai suoi popoli. Cbò
per tanto prometteva ni medesimi tutta sicurezza e pro-
tezione , se per provare le pacifiche loro inclinazioni
avessero acconsentito a rimettergli P armi.
Invano P accorta Eleonora s ’ adovrò a distogliere il
consorte dal P aderire a sì fatta richiesta ; invano gli ri-
cordò la svantaggiosa pittura che loro aveva fatta di
questo rapo di barbari V altro in cui prima incontra-
ronsi. Sì misero era lo stato cui il Lesa e le sue genti
erano pervenuti , che tutto credettero dì tentare per libe-
rarsene. Ma non appena consegnate ebbero ai Cafri le
armi , costoro gli tolsero i loro tesori . e d’ ogni cosa li
dispogliarono , trucidando quelli che ardirono opporre una.
inutile resistenza. Eleonora , estenuata e tratta agli estremi
da tanta sequela di disastri, si lasciò sprofondare nella,
sabbia , risoluta che fosse ivi la sua tomba. Sol non
potè rattenersi dal far qualche tenera rampogna sulla
funesta loro fiducia al marito e ai compagni , cui
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NOTE
266
raccomandò la propria memoria , se tornati un di fos-
sero in patria.
Il Iosa , abbandona tosi a tutta la disperazione che in
tale evento è propria d i un marito e di un padre , ri-
mase alcun tempo in u na stupida immobilita. Poi tor-
nato in se stesso , si di ede a correre per ogni parte in
traccia di qualche alimento onde sostenere la misera esi-
stenza di questa moglie e dei fgli . Ignudo , inerme ,
sotto ardente cielo e in mezzo a popoli feroci , che po-
teva egli sperare ? Dopo vane cure egli torno , e vide
morta di fame la sposa ; unitamente ai suoi teneri fgli ;
dopo la qual vista si addentrò nel deserto , senza che se
ne avesse oltre contezza.
La maggior parte degli altri perì di stento , e ridotti
eransi a ventisei , quando un mercatante portoghese , ve-
nuto da Mozambicche per far compera d’ avario , li tol-
se , ricattandoli , dalla schiavitù, fra questi uomini ,
quasi miracolosamente conservati ì si trovava il fratello
di Eleonora.
36
Ned cadal ante diem , mediaque inhumatus arena.
Virgilio.
37
O chiunque tu sia , che fuor d’ ogni use
Pieghi natura ad opre altere e strane :
E spiando i secreti , entro al più chiuso
Spnzii a tua voglia de le menti umane ;
S’ arrivi col saper , eh’ è d’ alto infuso ^
Alle cose remote anco e lontane ;
Deh dimmi , qual riposo o qual mina
A’ gran moti de l’Asia il Ciel destina ?
T. Ta&so.
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NOTE
38
267
Sed gravi ter gemitus imo de pectore ducens ,
Heu j ec.
Virgilio.
39
Onde osar monti metter sopra a monti.
Anguilla™.
. . . Che monte impose a monte.
T. Tasso.
40
Non videi ullus amans.
Ovidio.
4i
Rimase a! Jìn con gli occhi e con la mente
Fissi nel sasso , al sasso indifferente .
Ariosto.
4»
. . . Che nulla umano
Consiglio vai contra poter divtno.
Varchi.
43
guod caput ante fuit , summo est in monte cacumen ,
ssa lapis Jiunt , ec.
Ovidio.
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a68
NOTE
44
Et procul in tenuem ex oculis evanuit anram.
Virgilio.
45
Et pater Anchìses , passi s ite littore palmis , ec.
Z)i, prohibete minai} Di , talem avertiti casum , rr.
Virgilio.
46
Ly isola di Santa Croce , o*>e prese terra Bartolomeo
Dias , distante sessantadue leghe dal Capo di Buona
Speranza.
47
Queste correnti impedirono al Dias di passare pi ù ol-
tre } sono esse pericolosissime . luogo appellasi il
Capo de ' Correnti , ed incontrasi alquanto avanti a So-
fala. Il Gama non lo potè superare se non la mercè di
un ventò sommamente in favore , il quale , soffiando da
tramontana , lo rispingeva dal lido.
48
Ecco che il Sol portando il taci o giorno
Che in terra nacque il Re del del superno , ec.
S[>. Speroni.
49
Che non è cosa che pià presto chiame
A ribellarsi un campo . che la fame.
Arlotto.
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Questi legni appartenevano ai mercatanti della Macca ,
ed ai porti del Mar Rosso ; essi andavano alle Indie y
poi discendevano a Soja/a , prima di tornarsene alle na~
live piaggie.
5i
Pella Arabica lingoa auae mal Jalam.
Il testo.
Sa
. . . Mixtoque ingens ex orla tumuli u
Laetilia.
Virgilio.
53
Lo scorbuto.
54
Et ecce peno tristitia magna in terra aliena.
Libro de1 Maccabei.
55
Veggasi in Tucidide la descrizione della pestilenza che
qui viene imitata.
56
. . . Ignota , Patinare , iacebis arena !
Virgilio.
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270
NOTE
57
Hinc me digressum vestris Deus appulit oris.
Virgilio,
58
Sum pius jEneas.
59
Virgilio.
Virum , captile post tempora Troiae ,
Qui mores hominum mullorum vidit , et urbes.
Orario.
. . . Gli errori e le fatiche
Del figliaci di Laerte.
Petrarca.
60
. . . Aptusque bibendis
Fontibus Aonidum.
Giovenale.
. . . Tu prima m’ inviasti
Verso Parnaso a ber nelle sue grotte.
Dante.
61
Alcuni hanno deriso il Camoens perche fa parlare di
TJlisse e di Enea ad un Barbara delle coste di Zangue-
bar. Non 'e però ad ogni modo impossibile che questo
principe , il quale trafficava coi Mori e, cogli Arabi ,
nazioni allora fiorenti nelle lettere , avesse egli pure
tolto V ingegno.
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O gloria dei Latin , disse , per cui
Mostro ciò che potea la lingua nostra !
O pregio eterno del loco ond' io fui .
Dante.
63
Pendeva la gentil vaga Oriana
Da la parlante bocca de la Fata.
6. Tasso.
Mentre ei così ragiona , Erminia pende
Da la soave bocca , ec .
T. Tasso.
64
Saepe audivi Q. Maximum , P. Scipionem , praelerea ci-
tatis noslrae preclaros viros solitos ita dicere : cum ma -
jorum imagines intuerentur , vehementissime sibi animum
ad virtutem accendi f scilicel , non ceram illam , ncque
Jìguram lantani vim in se se ha bere , sed memoria re-
rum gestarum eam flammam egregiis viris in pectore
crescere , ncque prius sedar i , quam virtus eoruni famam
atque gloriam adaequaverit.
Sallustio.
65
Non restate però , donne , a cui giova
Il ben oprar , di seguir vostra via :
Nè da vostra alta impresa vi rimova
Tema che degno onor non vi si dia.
Ariosto.
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3
I LUSIADI
Canto sesto
ARGOMENTO
Vasco di Gama salpa da Melinda ; e mentre naviga
prosperamente , i soldati , per ingannar P ozio , rac-
contano alcune istorie , tra le quali è principale quella
dei Dodici d’ Inghilterra. Bacco scende al mare , ne
raccoglie a consiglio i Numi, c gli eccita a distruggere
i nuovi naviganti che vanno allo scoprimento dell1 In-
dia. Succede una terrihil burrasca. Ma Venere soccorre
P afflitta armata che finalmente approda al lido desiato.
I
P ieno di riverenza e di stupore
Era rimasto il Re, che le novelle
Cose tutto gli aveano acceso il core
Per le alte genti, e chi scendea da quelle 5
E sentire parea sdegno e dolore
Che cotant’ acque il dividesser d’ elle ,
E che più presso dell’erculeo segno
Non ne ponesse il Ciel questo e quel regno (*).
Camoens 18
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274
CANTO
3
E a ristorarli di si gran cammino
In cento guise il regio core apria ;
Nè piacer tanti all’ amator latino
L5 egizia donna sovra il mare offria }
Che non sorgeva in ciel fresco mattino ,
Che il corso usato sole non forni a ,
Ch’ ei non volesse a giuochi e mense accolti
Gli accenti berne e contemplarne i volti (a).
3
Ma dei venti e del cielo il vario aspetto
Vasco spiava , e ne vedea sereno
Succedersi il bel tempo , e sol di schietto
Azzurrino ondeggiar P equoreo seno.
E poiché avea piloto , e il regio affetto
Navi e nocchier gli avea fornito appieno ,
Di spinger chiede l’animosa prora,
Clic immenso tratto a lui restava ancora (3).
4
Stendendo il Re la destra , a quelli e a questi
Ofì'eria d’ amistà pegni sinceri ;
E , Se parlile voi , dicea , qui resti
Almen commercio <T animi e voleri ;
Che se dal gran catnmin stanco vorresti ,
Vasco , congiunger genti , i tuoi nocchieri
Ognor a me coll’ Afirican soggetto
Un popol formeran stesso e diletto (<£.
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5
Al Re ài grato cor mercede rende
Vasco , ed amici detti a detti amici ;
E già le vele inverso F India stende
Finor tentata con incerti auspici.
Cauto il piloto ed astri e venti intende ,
Nè noti in lui di dubbia fede indici;
Onde sicuro ognun del gran cammino
11 fine si promette ornai vicino.
6
Ed egli ornai potea segnare i regni
Che del suo «rimo guardo il Sole indora,
Che già P Indo Oceàn fendeano i legni ,
E salutavan la cercata aurora;
Ma Bacco , che vedea gli alti disegni
Al fin giunti , or arrossa , or si scolora ,
E cento furie in questo ed in quel lato
Ne versan Felina accesa e il cor turbato.
7
Vedrò al Tago, dicea, come al latino
Fiume ondeggiar d’acque famose il letto?
Fi perchè man lo scrisse di destino
hninutabil ne fia F elenio detto (5) ?
Ma a divino poter , potei’ divino
S’ opponga. E di sue faci acceso il petto
Dalle celesti sedi al mar discende ,
E inverso il reai tetto il caminin prende.
CANTO
376
8
Alle caverne il fondo algoso serra (6) ,
Ove raccoglie Tacque immense il Nume,
E ove, quando Aquilon le chiama in guerra,
Mugghian ferocemente ed alzan spume ;
Ma in mezzo lieto sen d’asciutta temi
Stawi, e vi ridon di tranquillo lume
Le belle arene di nativo argento,
Su cui Sole non raggia, o spira vento.
9
Qui sorgon di cristallo immense sedi
Al buon Nettuno e a cento Dee marine C?) ,
Di sì vivo splendor, che quasi il credi
O diamante , od altra gemma affine ;
E dal vivo cristallo uscir pur vedi
Alte torri e colonne adamantine;
Stanvi l’ altere porte a bel lavoro
Di bianche perle messe e solid’ oro.
10
Or grand’ evento , or lieta istoria incisa
Da quel vago fulgor si manifesta :
Nei scolpiti sembianti i lumi affisa
11 Dio tuibato, e il piè sospeso arresta:
L’ antico Caos da prima ei vi ravvisa
Senza che raggio o vaga forma il vesta,
Indi i quattro elementi uscirne fuora ,
Qnd’ il tutto §’ informa e si colora (8).
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SESTO
*77
1 1
Sorge primiero il foco , e splende e brilla
Sol di se stesso in pura sfera accolto,
Onde Prometeo suscitò favilla
Ad animarne di natura il volto ,
E labbro rise e lampeggiò pupilla :
L’ acr succede , che volubil , sciolto ,
Non stempra ardor, gelo non rende immoto ,
Onde tutto agitar di vita e moto.
12
Vien poi la terra , e P arboscel di fionda
E vi verdeggia il suol d’ erbette vive (9) :
Di fere e augei popol diverso inonda ,
E P un fa nido , e pasce P altro rive*;
E giù per P ampie viscere feconda
Vena serpeggia d’acque fuggitive,
Ch’ esce quindi raccolta in ampii mali ,
O in ruscelletti mormoranti e chiari.
13
Gli empii giganti in guerra e Giove ardente
V' e scolto delle porte al lato manco ,
E sotto Parso suol Tifeo fremente.
Che sbuffa e fa tremar dell’Etna il fianco (io);
V’è Nettuno che vibra il gran tridente,
E destrier n'esce come neve bianco (n),
E fuor ne balza cosi snello e vivo ,
Che insultai* di Minerva ei par P olivo.
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278
CANTO
>4
Ma poco ei resta , che maggiore il preme
Cura , ed inoltra alle regali so glie (ia) :
Il buon Nettuno alle sue Ninfe insieme
Gli sorge incontro , e per la destra il toglie :
D’ un mormorar confuso ondeggia e freme
L’immenso tetto che il gran Nume accoglie,
E chiede ognun qual cagion guidi e donde
Dogli Indi il vincitor scenda ira 1' onde.
1 5
Ed egli: In te non sia temenza alcuna,
Se i tuoi regni, o Nettuno , io violar oso,
Chè anco in mezzo agli Dei volge fortuna
Sua rota . e turba 1’ immortal riposo ;
Ma pria ch’ io parli , gli alili Numi aduna
Ond' il vasto dividi impero ondoso ,
Chè è comune periglio e comun danno
Quello che chiudo in seno immenso affanno.
16
Nettun, che da’ suoi detti, e più dal ciglio
Torvo, sospetta qualche gran novella,
Tosto consente , ed a sè chiama il figlio
Tritone , che gli diè Salacia bella (i3) :
E questi un giovin Nume, ed a consiglio
Del padre , araldo i Dei marini appella ,
Se ragione talor sorga di sdegno ,
O cosa che minacci il patrio regno.
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SESTO
379
*7
D’erbe palustri e di verdi alghe avvolto,
Il crine e pel di mento irsuto e nero
Sovra il seno per gli omeri e sul volto
A. lui si sparge, e il rende ispido e fero (14):
D’un gran teschio marino ha il capo involto.
Che il veste intorno qual faria cimiero,
Nè , il nuoto a secondai* rapido e lieve ,
O Veste ai fianchi allaccia o velo breve.
18
Il corno afferra , e d’ alte voci e chiare
Col robusto alitar fa che risponda (i5) :
Ne rimbombano i cupi antri del mare,
E ne rimugge l’ Eco in ogni sponda ;
Già le grotte muscose e 1' alghe amare
Espongon cento Dei sulla chet’ onda ,
Ed il gran suono tutti li raccoglie
Del fondator di Dardano alle soglie.
*9
Fra le natanti sue varie famiglie
Primo il padre Oceano affretta il piede ,
Dori e Nereo cento leggiadre figlie
Guidan d’ un casto amor frutto e mercede ,
Sol Proteo par che seco si consiglie ,
Che già le alte cagioni ei chiaro vede,
Pur lascia i paschi algosi, e accoglie in uno
L’ ampie foche ch’ei pasce al gran Nettuno (16).
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28o
CANTO
20
Ma di Nettilo la bella sposa move
Dolce così sovra i bei passi lenti (*7) ,
E da cerulei rai tal grazia piove ,
Che ne pendon rapiti il mare e i venti 0$).
Sorge dal mar prole gentil di Giove,
Manto sciogliendo al piè di vaghi argenti ,
Che di quei moti il vezzeggiar seconda
E lambe a tergo lungo tratto d’onda.
21
Al fianco suo quasi nascente auretta
Increspa il cheto mar beltà novella ,
E la siegue un delfin eh’ ella saetta (19)
Di dolce riso e di gentil favella:
Anfitrite è la bella giovinetta
Che move sposa di Nettuno anch’ella,
E piacer desta o pena ove le piace.
Sì cara ha ne’ bei rai d’ amor la face.
20
Ine e il fanciul sottratti a crude voglie 0°) ,
Solcan novelli Dei 1’ equoreo piano 00.
Scherzando quel perla o corallo coglie ,
E il regge Panopea con bianca mano.
Siegue colui che le mortali spoglie OO
Lasciò sul lido , e sì d’ amore insano ,
Che anco richiama la sua Scilla al mare (a 3) ,
A cuj Circe cangiò le forme care.
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« E S T O
28 1
23
Di spiegati tappeti aureo lavoro
Le Ninfe accoglie , e vaghe sedi i Numi
V’ han di vivo cristallo , e già ristoro .
Offre frese’ ambra d’ odorati fumi.
L’ aure ne spirao s'i , che a par di loro
Spiran men dolci gli anbi profumi.
Bacco e Nettuno or questo Nume, or quella
Ninfa saluta, e in dolci modi appella.
24
Poiché a discorde e vario suon quiete
Successe , e all’ accoglienze atto e rispetto ,
Sorge Bacco nel mezzo . e le secrete
Ire palesa ed il crudel sospetto ,
E or turba il volto, ed or vibra inquiete
Le luci , e sembra che gli bolla il petto ,
E in cento vie tenta spirare altrui
Contro de’ Portoghesi i furor sui.
25
Tu, cui dal clima adusto e dall’algente,
O da qual seno più si giaccia ignoto
Movono tribù tarii al gran tridente
Quanti volvono flutti Affrico e Noto ;
E tu che immense braccia apri, o possente
Oceano , e il suol circondi e guardi il noto
Confine ai varii popoli prescritto,
E che violare esser dovea delitto;
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!
26
E voi Deitadi sì diverse e tante (24) ,
Cui dolce è starsi in questo fresco argento,
E non soffrite che mortai si vante
D’ invendicata offesa e d’ ardimento ,
Ove son l1 ire antiche e il lampeggiante
Volto fra* i nembi ed il fischiar del vento ,
Onde puniste già 1’ umana prole , ,
A cui par poco ornai la terra e il sole (a5)?
27
Vedeste pur di quanto ardir s’ accese
Ad espugnar il Cielo in lega stretta ,
E come a scherno i vostri sdegni prese
Di fragil lino armata e di barchetta ;
- Ma se all’ umane temerarie imprese .
, ; Sollecita non vien la gran vendetta ,
F orse presto cangiar aovrem costume ,
E noi mortali, ecl il mortai fia Nume.
28
Eccovi picciol regno che signore
Chiamarmi de-1 dal fondator primiero
Cogli arditi disegni e colle prore
Dei nostri dritti contrastar P impero;
E quasi sovra gli altri ei sol maggiore
Sorga , e di Roma più feroce e altero ,
Correr d’ ignoto flutto immense vie ,
Vostre leggi sprezzando e l’ire mie.
SESTO
283
29
Ma pur poterò i venti , allor eh’ il primo
Solco r onde divise , in guerra armarse ,
E dell’empio nocchier fra 1’ alga e iT limo
Sparger le membra lacerate ed arse ;
E noi timida greggia, ed in quest’imo
Seno appiattati mirerem spiegarse
L’ audaci vele , noi da divin seme
Usciti , e che tremando il mondo teme ?
30
Che non già solo , o Dei marini , è vostro
Il danno , ma comune io pur v’ ho 1’ onta :
Però qui venni, onde congiunto il nostro (»6)
Periglio, n’ arda poi l’ira congionta;
Chè già T audace gente ha volto il rostro
Delle gran navi ad oliente , e conta
• Degli antichi miei lauri ornar le chiome,
.* Nè lasciare fra gl'indi a me più nome.
31
Nè solo il Fato, che a piacer disegna
Gli eventi di quaggiù*, cosi l’ affida (27),
Ma perch’al fine desiato vegna,
• L’ istesso Giove i gran destili ne guida ;
Chè ancora fra gli Dei costume regna
Di volger là dove fortuna rida,
E che dove minor virtude splende
Cieco favore ivi il difetto emende.
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284
CANTO
Però fuggo dagli astri e cerco altrove
Chi al mio dolore e all’ onte mie risponda;
E se il barbaro Cielo non si move ,
Trovi pietade almeno in seno all’ onda.
Or mentre detti accoglie ed ire nuove,
A lui pianto improvviso il volto inonda (a8) ,
E aneli’ atto pietoso , od arte fosse
0 forza di dolor , i Numi mosse.
33
Tal arse in mezzo a lor sdegno repente ,
Che v’ è ogni legge di dover negletta ;
E in cento parti un mormorar si sente
Confuso che furor suona e vendetta :
E già delle onde il regnator consente
Che un messaggier rapide penne inetta
Ad Eolo , e a nome di Nettuno ei sciolga
1 venti , e quante ha vele il mare avvolga.
34
Sol Proteo opporre al fier cenno volea
Quanto già vede fentro i destin futuri ;
Ma tal ivi tumulto ed ira ardea,
Che alcun non v’ è che il favellar ne curi ;
Anzi gridar s1 udio In maggior Dea :
E che mai rechi co’ tuoi vani augiiri ,
Vecchio vate ? Sa ben colui che regge
Ciò che ne impone, e il suo voler n'è legge.
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35
Già il regnator de’ venti il cavo lato
Scosso avea del gran monte ov’ei li serra (29);
E que’ feroci spirti a se chiamato
Il gràn comando espone, e intima guerra;
E quelli , dove il varco è lor mostrato ,
Sboccan precipitando, ed uno atterra
Gran quercia, e scote l’altro antiche mura ,
E già coirono i nembi e il ciel s’oscura.
36
Or mentre tanti Numi ed Austro e Coro
Ardon di sdegno e fremono inquieti (3o) ,
Seguian gli arditi legni il corso loro
Dell’ Inde spiaggie ornai securi e lieti ;
E il Sol tornato al mar co’ bei crin d’ oro
Lasciato i flutti avea tranquilli e cheti.
Dei nocchieri altri dorme,, altri le stelle
Nota vegliando, e il vario sorger d’elle (3i).
37
E ornai la notte a mezzo corso il bruno
Carro ed i pigri avea destrieri spinto ;
E giaceansi color dall’importuno
Sonno e dal gelid’ aer già quasi vinti :
Gridan concordi alfìn , che d’ essi alcuno
. Liete storie ricordi o casi finti,
E il giocondo narrar quindi rileve
U - sonno , e 1’ aspettar noioso e greve (3a).
286
CANTO
38
Leonardo, a cui giovin beltade fitto
Avea partendo 1 dolci strali al core,
Qual altro rallegrar potria l’afflitto
Nocchier, dicea , che ragionar d’ amore ?
Ma Y elioso più saggio : Ah non è dritto
In tanto di straniere acque timore
Ragionar cosa onde si franga il petto
Che de’ mali indurar deve all’ aspetto :
39
E mal s’ addice a noi che alte procelle
Ed oste ignota , aspettan forse ancora
Altre faville concepir che quelle
Onde nasce l1 ardire o s’ avvalora.
Loda ognuno il consiglio , e eh’ ei favelle
Di guerrier fatto approva; ed egli allora:
Sol patina storia a voi da me fia resa,
E d^Anglia fia la celebrata impresa.
40
Mentre Giovanni il grande genitore (33)
Pietro d’opre eguagliava e d’alto aspetto,
E dispersi i ni un ci , al suo signore
Offria tranquilli omaggi il patrio letto ,
Nell’Anglia, dove tardi il primo fiore
Mette il terren dal crudo Borea stretto,
Erinni sparse tal velen che a nui (34)
Fur bel seme d’onor V invìdie altrui.
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SESTO
287
4*
Fra vaghe donne e cavalier potenti
Vide la Reggia acerba gara accesa ,
Incerto se movesse i cori ardenti
Temerario sospetto o giusta offesa ;
Ma di si vivi sdegni e si cocenti
Detti si alimentò la gran contesa ,
Che favola correa di bocca in bocca
Il bel pregio maggior die donna tocca.
4a
I feri cavalier diceansi pronti -,
Se v’ha chi a lor difesa armi la mano,
Vibri pur desso spada o destrier monti
In chiuso vallo od in aperto piano?
E le donne , alle cui dimesse fronti
Il bel pudore fea riparo invano,
Fra gli amici a cercar costrette foro
Chi i volti difendesse e l’ onor' loro.
43
Ma non fedel congiunto e non amante
. O detto in lor difesa od arme move (35),
Che nel regno Soriano a tutti innante
Di gran nome i nimici e d’ alte pruove :
Esse molli di pianto , ed in sembiante
Che tratto avrebbe ai dolci pianti Giove,
Al duca d’Àlencastro unite vanno (36) ,
E il pregan di ristoro in tanto affanno.
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288
C A NTO
44
Congiunte ai nostri ei 1’ arme aveva e P ire
Quando di guerra la C astiglia ardea ,
E negli atti guerrier feroce ardire
A gentilezza unito ei scorto avea;
E mver P amica gente anco un desire
Di cor paterno dolce lo traea;
Ch’ ei lasciata sul Tago avea vezzosa
Figlia fatta colà sovrana e sposa.
45
E però, dicea lor, se alti guerrieri,
Leggiadre donne , il vostro stato chiede ,
D] animi arditi e egregi cavalieri
Città regale sovra il Tago siede,
E quanto sien magnanimi ed alteri
li mio stesso valor può render fede (3j).
Ad essi, io farò noti e con inchiostri
E per via di messaggi ì desir vostri;
46
E credo ben che a loro gloria avranno
Il vendicare il vostro onore offeso;
Che non sol di valor pregio si fanno,
Ma gentilezza hanno fra 1 armi appreso,
Così il duca , che nascer temea danno
Se fosse ei stesso armato in campo sceso,
Pure le belle lagrime ne terse,
E ognuna a quanto proponea s’ offerse.
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SESTO
289
47
Ei de’ nostri campion trascelto il fiore ,
Noma a questa ed a quella il suo guerriero ,
A cui far manifesto il bel dolore ,
E invitarlo a vestir l’ arme e il cimiero ;
E tentan quelle quanto puote amore
Di sensi e di pregare lusinghiero ,
E esprimer sembran nelle care note
Il bel rossor delle pudiche gote.
48
Appena giunse il messaggiero, e rese
Le carte , e chiaro feY l’invito, il ciglio
Brillò di tutti, e alto disio s’accese
Chi primo provocasse il bel periglio.
Il Re n’ arde primiero , e il la palese ;
Ma lo ritien di maestà consiglio (38) ,
E quegli sol se fortunato appella
Che campion disegnò l’ ignota bella.
49
Già risuona rumore e fervon genti
Nella città che diede nome al regno (39) ,
E di candide vele e di lucenti
Prore ondeggia sul Doro il nobil legno.
1 cavalieri di tutt’anne ardenti
Aspettan lieti di partire il segno :
Son dodici i guerrieri, e tante sono
Le belle a cui fan di lor arme dono (40).
Camoens 19
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2'9°
CANTO
50
Gli accompagna il sovrano, e in mezzo a folto
Popol fausti lor prega i venti e i Numi :
Intero sembra il regno in essi accolto ,
E quanto ha di valor, di bei costumi.
Tutti dei primi fiori han sparso il volto ,
Di belT ardir brillano a tutti i lumi;
Ma P un che di Magrizzo il nome avea (41)
Agli altri amici suoi così dicea:
51
Giunto tempo mi par che un desir mio
Secondi , amici , a cui contrasto invano ,
D’ altro veder che il bel Doro natio ,
E scorrer P aureo Tago in fertil piano ;
Ma popoli e costumi , e dire : anch’ io
Qui fui , là vidi opra d’ ingegno e mano ;
Ed in Anglia per vie diverse e nuove
Quinci passar , se ciò da voi s’approve.
5a
Nè fortuna farà, per quanto roti,
Ch'io manchi a lei che suo campion m’elesse,
Non per frappor di monti e fiumi ignoti ;
E io volerò con voi sull’ aure istesse :
Che se colei che non ascolta i voti ,
Questo dolce sperare ai venti desse,
Per voi s’ adempia , amici , il mio difetto ,
E non n’abbia la bella onta e dispetto.
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SESTO
29I
53
Cosi dicendo, d’un amplesso onora
1 restanti compagni, e i lochi passa
Che del patrio valor suonano ancora.
Leon , Granata , indi Navarra lassa (4»)
A tergo, e gli alti Pirenei divora (43):
Da quelle altere cime il guardo abbassa,
E salutato il suol che Spagna miete ,
Ai Franchi scende ed alle terre liete.
54
Ma piacer fosse, o pur voler di Fato,
Fra i Germani gran tempo lo ritenne :
All’ alme vele intanto avea spirato
Un eguale aleggiar di fresche penne ;
Nè vento incontro al facil corso armato
Presta la prora il bel Tamigi tenne :
Tutti raccoglie il duca in lieto viso,
E coi vezzi le belle e con il riso.
55
Era già tinto P orizzonte in croco,
E usciane il di che il bel valor dovea
Chiamare a pruova , e della pugna il loco
Inviolato regia fe reudea.
In faccia al suo guerrier di vivo foco
Ciascuna bella e d’aurei fregi ardea:
Stanno essi su destrier leggiadri e snelli ,
E ber sembran valor dagli occhi belli.
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56
Lei sol , cui manca il suo Magrizzo , siede
Mesta , nè vago vel , nè color vivo
Cinge alle belle membra, e le si vede
Talora il ciglio rosseggiar furtivo :
Ma lo stuol che di quel dolor s’ avvede ,
Lei consola , e tornar 1’ ostro nativo
Giura al bel volto, e far per tutte ognuno
Quanto per una sol dovria far uno.
57
U Re fra i grandi del suo regno assiso
Già siede spettator del grand’evento;
Nei minor seggi il popolo diviso
Pende aspettando con il guardo intento :
Cosi stretti in areion, sì Ieri in viso
Grecia mai vide a militar cimento
Scender guerrier, quai da diversa parte
Mosser gli eletti cavalier di Marte.
58
Fervono i gran destrieri, e ne biancheggia
Fra F agitar di guerrier moti il freno;
Sulle bell’ armi il Sole arde e lampeggia
Qual ripercosso sia d’ argenteo seno (44) :
Ma il popolo raccolto incerto ondeggia ,
Come abbia il nostro stuolo un guerrier meno,
Quando improvviso strepito s’ ascolta , .
Qual di corner che giunga a quella volta :
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SESTO
293
%
Ed ecco bel garzon che agii destriero
Al corso sprona , e di fin’ arme splende :
Stupisce il volgo che leggiadro e fero
Venir lo mira, e in duo si parte e fende:
Magrizzo è questi 1’ altro cavaliero ;
Egli di gentilezza intorno rende
Con un dolce inchinar cortesi uffici ,
Nè ultimo giunge fra i guerrier felici.
60
Tosto cinge colei le gemme e gli ori ,
Per cui dal mondo è la virtù negletta (4$),
E ne ridon del volto i vaghi fiori ,
E dolcemente il guardo ne saetta.
Guerriera tromba intanto ai begli ardori
Si mesce, e di quel suon che l’ire alletta
Palpitar vedi i fervidi guerrieri,
E appuntar le aste e sciogliere i destrieri (46).
61
Ma si ne trema il suolo , e cotal face
Lampo lo scontro delle lancie insieme,
Che gelido spavento il cor ti sface,
Nè alcun comprende ciò che spera o teme:
Altri balza di sella, ed altri giace
Col suo destrier che morde il suolo e freme;
Vermiglio il fianco a questi, e a quei sul petto
Abbandonarsi vedi il vago elmetto.
/
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ag4 canto
62
Colà guerrier senza destriero e scudo ,
E qui senza guerriero un deslrier erra;
E F inglese valor di forze ignudo
Invano sull’ arcion si stringe e serra ,
Che il correr fero e il ritornar più crudo
De’ Portoghesi or l’uno or l’altro allena:
Stringon le spade alfìn , ma nulla giova
Di disperato ardire estrema prova.
63
Il raccontar come feroce scenda
L’ acciaro , e il feireo arnese apra e divida ,
Vanto è di chi sognate lodi intenda,
Nè il valor nostro a vano suon s’ affida :
De’ fatti il fatto da ciò solo penda ,
Che accolti i nostri fur con liete grida ,
E fe’ ritorno delle belle al volto
Quel vago vel che aveane invidia tolto.
64
Esse stesa là mano ai vincitori ,
Ne sciolgon dal cimiero i biondi clini (47) ,
E regie mense vi prepara e onori
Il duca a festeggiarne i bei destini.
Tutto v5 è respirar di dolci odori ,
E brillai1 di cristalli oltremarini :
E a lieto dì siegue più lieto giorno
Finche non fero al natio suol ritorno.
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SESTO J295
65
Mag rizzo , a cui di nuove terre invito
Più dolce fean le già vedute cose,
Non ritornò con loro al patrio lito 7
Ma nuove genti di veder dispose;
E già le Fiandre, d’Inghilterra uscito,
Correa, dove un Francese a morte ei pose
Con tanto di valor bel grido e suono ,
Che reai mercede n’ ebbe e nobil dono.
66
E altro cui scorrer l’Allemagna piacque (48)
Dimostrò pur di quale patria uscio;
E un fier Germano al suo valor soggiacque ,
Che con inganno di sfidarlo ardio.
Ciò dicendo Velloso, in tutti nacque
Nuovo e più dolce d’ascoltar disio,
E il pregano a seguir le belle imprese
Contro il fiero Germano ed il F rancese (49).
67
Ma il nocchiero vedea da scura parte
Nube sorgergli contro , e all’ opre desta (So) :
Ora è d’ uopo , dicea , di forza e d’ arte ,
Che chiusa in quella nube è la. tempesta:
E di ristringer 1’ ampie vele sparte
Senza dimora impon ; nè alcun si resta ,
Che già il vento cresceva, e P onda bruna
Parea bollendo minacciar fortuna.
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296
CANTO
68
Ma tosto imperversar di venti e nembi
S’ incalza , e volge vasti flutti al lido.
Deh ! presto raccogliete i maggior grembi ?
Grida il piloto , e ne rinforza il grido ;
Ma Aquilone precipita , ed i lembi (5i)
Ne afferra e fischia, e tal sonante strido
La rotta vela diè , che d’ un profondo
Suono tutto sembrò scuotersi il mondo.
%
Segue il gridare de’ nocchier , che il lato
Premè sul mare a un punto sol la nave ,
E gran parte di pelago agitato
Accolse in seno minacciosa e grave :
Accorra altri alla tromba , insta il turbato
Piloto , il fianco altri soccorra e sgrave ,
Su , su ; non indugialo , chè il legno affonda ,
E già ne vince il soverchiar dell’ onda (5a).
70
Dei feroci guerrieri ognun primiero
Corre volando ove il periglio preme ;
Ma tanto è 1’ ondeggiar , P urto sì fiero ,
Che noi consente il mar che spuma e freme.
Nè più la nave a governar, nocchiero
Basta , nè d’ essi stuol robusto insieme ,
Chè l’onda altera il timon vinto aggira
Come a lei piace, e dove il vento spira:
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SESTO
a97
71
Ed egli fischia , e sì le forze intende ,
Qual se crollar le smisurate membra
Debba di torre che le nubi ascende.
Ribolle il fondo, ed acque ad acque assembra;
Già sulla cima ai neri flutti pende
Del capitan la nave , e picciol sembra
Battei che levi sull’ irato corno
L’onda che cresce e gli spumeggia intorno.
72
L’ una vince il gran mare, e invan le armate
Coste ed oppone invano i fianchi immoti,
Ed altra errando va con le spezzate
Antenne ove urti il vento e il turbin roti :
Si confondono intanto e fan pietate
Del nocchiero le lagrime ed i voti ,
Che a lui non giova che al periglio intento
Le vele a tempo restringesse al vento (53).
73
Talor degli astri alla tranquilla sede
L’ ondeggiar s’ erge dei spumanti argenti ;
Si sprofondano quindi , ed uom si crede
Toccare i regni delle morte genti (54) :
Or rugge Noto , or Aquilon succede ,
E squarcian nubi e versano torrenti ;
E la notte ne ardea di cotal luce,
Che orrore accresce, e maggior notte adduce.
/
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298
CANTO
74
Lungo le sponde i flebili alcioni (55)
Rinnovavano il lor caso dolente (56) ,
E misto il tetro canto ai venti , ai tuoni ,
11 naufragio annunziar parea presente ;
E vèr gli algosi fondi ove non suoni
L’insolito fragor, piombar repente
Vedeansi dal periglio fuggitivi
E dall’ alta procella i demn vivi.
75
Vulcan di cosi onibili e diversi
Rai non temprò del gran Tonante il telo
Quando furo i giganti arsi e dispersi ,
Nè con tal mormorar d’ oscuro cielo
Era fra i nembi il gran braccio a vedersi
Squarciar all’ acque immense il denso velo,
Quando avvolto fra gorghi il mondo giacque,
E duo soltanto rispettaron P acque ;
76
Quanto il precipitar rotto dell’ onde
Alpestri fianchi scote, e quercie altere
Svelle e radici altissime profonde.
Erran sugli Aquilon le selve intere (57) ,
E le minute arene e P alghe immonde
Dai cupi fondi , dove Sol non fere ,
Rapite e miste in questa parte e in quella
Ondeggian sparse con la gran procella (58),
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SESTO 399
77
Le membra a Vasco un freddo orror discioglie,
E tutto già ne è di pallor dipinto ;
Nè comprende i pensier che in mente accoglie :
Or alle nubi , or fra gli abissi spinto
Già si vede perire , e sulle soglie
Perir degl* Indi , e tanto mar già vinto ;
E turbato e confuso a chieder prende
Grazia colà donde mai tarda scende (59).
78
Tu che le penne ai spiriti celesti
Sciogli , e a cui terra e mar tremano innante (60);
Tu che al popolo tuo le vie schiudesti
Del Rosso mare , e il ristorasti errante ,
Tu che una fragil arca sostenesti
Sull’ antico ondeggiar delle acque tante ,
E lui fra i nembi raccogliesti al lido
Chi in vaso scelto avevi eletto e fido;
79
Se tante onde nimiche i nocchier tuoi
Corser finora , e invan ferver d’ ascose
Arene , e tutti invano i mostri suoi
Quindi la terra e quinci i’ onda oppose ,
Perchè vorrai, signor, che il mai’ gl’ ingoi,
Giunto il fin che la gente si ripose ?
Tu sai ben che ad incogniti emisferi
Recar tentiamo i santi tuoi voleri.
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3oo
CANTO
80
O lor felici, a cui si sciolse intorno (60
Questa larva di vita ed aura lieve ,
Per la fede pugnando ? e immortai giorno
S’ aperse lor chiudendo un viver breve !
Ben vaglion quella pace e quel soggiorno
Quest”1 incarco di membra infermo e greve ,
Che di mali e perigli aspra e la vita,
E solo dolce allor che è ben fornita.
81
Così dicendo più s’infuria il vento,
Quasi muggir d’ irati tori insieme :
Tutto è tremuoto , turbine , spavento ;
Stride ogni yela , ed ogni antenna geme ;
E cotal fanno orribile concento
11 ciel che tuona , c l’ Ocean che freme ,
Che romper fede gli elementi , e pare
Nel mar versarsi il ciel, nel cielo il mare (6a).
82
Ma già su tant’ orror sorta la stella (63")
Era del bel mattin lieta e gioconda ,
E la sua vaga Dea venia con ella (64)
Sull’ acque a ricompor la chioma bionda ,
E volgersi di flutti in gran procella
Da lunge ascolta e gemerne la sponda ,
E d’ alto poi le amale vele mira
Errar rotte e disperse , e freme d’ ira.
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83
Ben s’ avvisa la Dea che i feri, sdegni
Bacco ha desìi del mar : Ma sciolga 1 ale
Ai venti, grida, e il Ciel di fultnin segni,
Che i rei desiri avran mai fine eguale j
E chiama a se quante ne1 patrii regni
Ninfe tendon bell’ arco e vibran strale ,
E impon che vengan tutte od odorosa
Mammola al crii» cingendo , o fresca rosa (65).
84
Scende con loro al mare, e il biondo crine
Fa vaga pompa di novel colore.
Chi non diria che colga rose e brine.
Dove pria sparse fila d’oro Amore (66)
Ella offerir le Ninfe pellegrine
Disegna ai venti irati, e volge in core
Gli animi alteri raddolcir con elle ,
Si fiorite mostrandole e sì belle.
85
Nè tu potesti dall’ insidie aitarte ,
Noto , al dolce apparir di Galatea ;
Nè Borea fier che dalle stanche sarte
D’ Orizia al piè le penne raccogliea ;
E 1’ auree chiome tra le rose sparte
Così increspava Amor , così seiogliea ,
Che già lutto è converso in dolci ardori.
Quel fiero imperversar d’ ira e furori (67).
3o 2
CANTO
86
Ed Orizia così parlando , il crudo
Amatore sciogliea qual cera al foco :
Comprendo or ben che di pietade ignudo,
Borea, non senti amore, o il prendi a giuoco:
E se d’ aspre maniere , oppon tu scudo ,
Di’ , dove avranno i dolci vezzi loco ?
O deponi gli sdegni , o tua non sia ,
Ma d amante più placido Orizia.
Galatea pur di cara fiamma accende
Gli occhi, ed a Noto vien ridente e lieta,
Chè un dolce guardo suo lo lega e prende ,
Ed i furori il bel riso n’ accheta \
E dall1 amale forme ei così pende ,
Che, quasi auretta sia tranquilla e cheta,
Solo d" amor e di piacer sospira
Ove la bella vincitrice il tira.
88
Così l’un vento e l’altro d’amorosa
Ninfa depone al piede il crudo ingegno ,
E dolce accento e bel laccio di rosa
Dure alme allaccia e vince immenso sdegno:
Stende Venere allor la man vezzosa ,
E dà loro di pace amico pegno ,
E giuran quelli sulla man di neve
L’ onde increspar sol d’ un’ auretta lieve .
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SESTO
3o3
«9
é
11 bel mattin crescea lieto e sereno ,
Che gi-i spirar movea di placid’ óra,
E ne rideano i colli e il lertil seno
Che il ricco Gange trascorrendo indora ;
Ed i nocchieri il nuovo almo terreno
Sorger lieti vedean dall' alta prora (68) :
E quella pur di Calicut è terra,
Dicea il piloto , se il desir non erra (69).
9°
Sì , sì , V indo terreo vi s1 apre innante ,
Poi soggiungea , che ben vegg’io gli aprici
Piani ; e se là drizzate il corso errante ,
Sono i vostri desiri ornai felici.
Solleva Vasco il guardo ed il sembiante ,
E salutati appena i lidi amici
Cade sul suol di riverenza in segno
Vèr lui che di bontà gli diè tal pegno.
9*
Non solo a te degg’ io grazia e favore ,
Signor, dicea, perclf il terren mi mostri
Da me con lungo errar d’incerte prore
Finor cercato fra procelle e mostri ,
Ma perchè tanti nembi e tant’ orrore
Mi rassereni intorno , e me dai chiostri
Di morte fratto , e qual da sonno sciolto
Torni ai placidi fai del divin volto.
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3o4
CANTO
92
Per fiorito sentiero agli ardui colli
Di gloria urnan destre non arriva (jo),
Non per giacersi in piuma e avvolto in molli (71)
Pelli , condor soavi giorni a rtva ,
E mentre dietro a piacer vani e folli
Smarrisce l'alma ogni beltà nativa
Agitarsi d'intorno il vano suono
Degli avi estinti, come proprio dono.
93
Non per colmar di nappi a mense liete ,
E il molle crine , e il sen sparger d’ odori ,
E dei desir la rinascente sete
Pascer d’ ozii gentili e dolci amori ,
Onde iva l’ ondeggiar dell’ inquiete
Voglie , frutto d* onor mai n’ esca fuori ;
Ma per gravi perigli e per sublime
Sforzo s’ afferran le dilette cime.
94
Ora dell’ armi e del vicin cimento
Non udir palpitando il suon feroce ,
Ora sfidando la procella e il vento ,
E mar che franga a sconosciuta foce ,
Ora il petto indurando e F ardimento
A crudo gelo incontro , o Sol che cuoce ;
E dalla fame e dai perigli oppresso ,
Mostrare alla fortuna il volto istesso.
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9J
Dai varii casi allor colto l’ ingegno
Degli affetti signor tranquillo siede ;
E quasi da secnro e stabil regno
L’ ondeggiar de’ mortali immoto vede ;
Sol di se stesso pago ei prende a sdegno
Qne’ folli onori che virtù non diede;
E benché sol viva a se stesso noto,
A cercai' poi lo viene il cornuti volo.
Camoens
20
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A
3
NO TE
AL CANTO SESTO
j4tQUE utinam rex ipse Noto compulsai eodem
Afforet JEneas !
Virgilio.
2
En dancas , juegos , fiestas jr aìegrias
P ussaro n. ledqmente alqunos dias.
• Ercilla.
Jamque dies , alterque dies processiti et aurae
Vela vocanl.
Virgilio.
4
Nulla dies pacem hanc Italis j nec Joedcra rumpet )
Quo res cumque cadent. ^ ^
Nec posse Italia Teucrorum avertere regem ?
Quippe vetor fatisi Vir#aio.
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3o8
n o r E
6
• • . Caecis domus alla cavernis.
Vida.
7
Intus aquae dulces , vivoque sedi Zìa saxo ,
Nympharum domus.
Virgilio.
8
Lucidus hic aer , et (/Mae tria corporn restane
Igni* , a qua , e< tellus ttnus acervus erant.
Ut semel haec rerum , etc.
Ov idio.
9
Prolulit terra herbam virenlem , tic.
- Genesi.
10
Irasta Giganleis injecta est insula membris
Trinacris , et magnis subjeclum molihus urget
Athereas ausum sperare Tj pilota sedes.
Ovidio .
il
• « » Tuque o , cui prima frementem
Eudil equum magno tellus percossa tridenti ,
JS eptune , etc.
Virgilio.
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NOTE
i»
Non stette il Duca a ricercare il tutto ,
Chi là non era asceso a quell ’ effetto .
Ariosto.
i3
Coernleum Tritona vocat , conchaque sonanti
Inspirare jubet.
Ovidio.
’4
Borrenti c apillo f
atque impexum.
quem incomptum t et asperum ,
Plinio il giovane.
i5
Dà fiato intanto al corno , e n’ esce il suono
Clie d’ ogni intorno orribile s} intende ,
E in guisa pur di strepitoso tuono
Gli orecchi e il cor degli ascoltanti offende .
T. Tasso.
16
Proteo maria che pasce il fero armento
Di Nettuno.
Ariosto.
. . . Et turpes pascit sub gurgite phoca r.
Virgilio.
*7
E gli atti suoi soavemente alteri.
Petrarca.
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3io
NOTE
18
Stavano cheti tutti i maggior venti ,
forse a tanta beltà col mare attenti.
Ariosto.
*9
Era opinione dell* antichità che il delfino avesse in-
telligenza superiore a quella di tutti gli altri pesci. Gli
antichi naturalisti narravano di esso fatti meravigliosi ,
e nei libri di Plinio il giovine trovasi l’ avventura d* un
delfino e di un fanciullo , piacevolmente raccontata.
Fuor di dubbio egli è in relazione con queste idre sta-
bilite , che la mitologia ha figurato Nettuno , il quale
innamorato di stufi trite , ( non polendo vincerne la
freddezza , non riuscì a commoverla se non mediante
i consigli e l’ opera di un delfino , il quale n’ ebbe
poi in ricompensa il privilegio di starsene sempre accanto
a lei.
20
Bisogna qui ricordarsi la storia d* tao , seconda mo-
glie di sitomanie re di Tebe, Ella concepì per Frisso
suo figliastro una incestuosa passione , il qual delitto
sovente nelle favole si riscontra. Non polendo ottenerne
V amore , ella volle rovinarlo insieme colla sua sorella.
Ma la sua passione illecita fu scoperta da sitamante.
Egli montò sulle furie in maniera che trucido uno de*
figli che Ino gli nvea partorito. Fuggi ella coir altro f
il qual noma vasi Melicerta , e si lanciò nei putti d-l-
V Ellesponto. Essa ed il figliuol suo sono stati posti
nel novero delle divinità del mare ; i/, qual onore non
era certamente stato meritato da Ino. È forza convenire
che coloro i quali in ogni modo vogliono in tutte le fa-
vole del !' antichità riconoscere un significato morale, sa-
rebbero imbarazzali di molto se questa favola « Ino
dovessero giustificare.
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NOTE 3ll
ai
Con Melicerla in collo Ino piangendo,
Ariosto.
ao
i’ apoteosi di Glauco non è irragionevole quanto
quella rii Ino. Egli era famoso per la sua destrezza nel
tuffarsi e nuotare sole aequa. Tuttavolta un giorno
eh’ egli hagnavasi in mare , improvvisamente dispa-ve ,
e fu pubblicamente detto che gli Dei dell ’ Oceano V a-
vevano ammesso nella loro società , a fne di ricompen-
sare il suo ingegno. Si sa rf altra parte che Circe in-
namoro di lui ; e siccome egli preferiva a lei Scilla ,
la maga avvelenò la fontana nella quale usava bagnarsi
la sua rivale , e Scilla fu cangiata in un mostro , il
quale aveva intorno alta cintura molte teste di cani e
di lupi. Ella si getto in mare nel sito ove gli Dei ne
fecero quel terribile scoglio che sorge in faccia a Ca-
riddi.
23
Glauco è tra lor che in pesce si trasforma, ec.
Tatui Uo.
a4
Di quibus imperi uni pel agi, quorum a , sora curro.
Virgilio.
a 5
N il mortalibus anluuni est.
Coelum ipsum pctimus stultitia.
Orario,
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3l 2
NOTE
3.6
Te propter Paphias aedes , Cyprumque reliqui.
Claudiana.
a7
Come piace al Signor che in cielo stassi ,
■Et indi regge e tempra V universo.
Petrarca.
a8
V alea più dir , ma P interruppe il pianto.
T. Tarso»
a9
Per far Eolo a Nettuno eterna guerra
De i cavi tetti suoi fero sprigiona
Gl ’ ira fi venti.
B. Tasso.
Haec uhi dieta , cavum conversa cuspide montem
Impulit in latus : ac venti , velut armine facto ,
Qua data porta ruunt , et terras turbine perdant.
Virgilio*
30
Atque ea diversa penitus dum parte geruntur.
Virgilio.
31
Non si ignora V uso stabilito sui vascelli di far ve-
gliare per tre ore ogni individuo delta ciurma a sua
volta } il che si nomina faro il quarto.
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NOTE
3 1 3
3a
E quihus una levi deducens pollice filum ,
Dum cessarti aline , comontaque sacra frequentarti ,
Nos quoque , quas Pa/las me/ior Dea delinei , inquit ,
Utile opus manuum vario sermone levemus ; eie.
Ovidio.
33
Allor che Claudio col bel freno aurato
Reggeva Roma , ec.
V. Tasto.
Nel tempo che regnava Fieramonte.
Ariosto .
34
Correptam miserae mentem vexabal Erynnis.
Vida.
35
Che per lei comparisca non si parla
Guerriero ancor.
Ariosto.
36
Poi il duca di Lancastro che pur dianzi
Era al regno de? Franchi aspro vicino.
» Petrarca.
37
Risponde il Re pagan : Ben ho di lui
Contezza , e’I vidi a la gran corte in Francia
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NOTE
3i4
Quanti ’ io tP Egitto messaggier vi fui ,
£ V yirf» ia noiW giostra oprar la lancia.
T. Passo.
38
. . . Sed nostri reverenda ponderis obstat.
Stazio.
39
Sfila città di Porto davano gli antichi il nome di
Ca l'e. Uniti insieme 1 due nomi , ne fu combinato il
no me di Portogallo.
40
Fanno menzione gli storici di tale avventura. Essi
precisamente non dicono quale specie d insulto sia
stato fatto alle dame . ne come possibd fosse che do-
dici donne di alto grado non trovassero nella loro fa-
miglia vendicatori , e fossero costrette ad andarne a ar-
care in paese stranieri. Ma comunque la cosa sia ,
assicurano che. i due Be permisero 1/ combattimento.
Ci hanno ancora gli storici conservalo 1 nomi de
campioni portoghesi che furono vincitori. Tale av-
ventura onorava troppo il valore e la galantina de
Porjoghesi , perche il Camoens non la inserisse nel suo
poema.
Anzi V un d’ essi , che Aslagorre e detto ,
Cosi parlava a la compagna A letto. ^
4*
Leon passa e Vienna , indi V n lenza
E vede in Avignone il ricco ponte ,
y
te»
Ariosto.
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NOTE
3i5
4S
. . . la montagna
Che divide la Francia da la Spagna.
Ariosto»
44
. . . Il Sole
V armi percote, e ne trae fiamme e lampi.
T. Tasso.
45
Non quel che il vulgo cieco ama et adora ,
A’ oro.
Sannazaro.
• . . Mida o Crasso
Con l ’ oro , onde a virtù furon ribelli.
Petrarca.
46
le n tare i freni e por le lance in resta.
T. Tasso.
47
le dame a riposare i cavalieri
Menano a un lor palagio indi vicino,
Ariosto.
48
Codesto cavalier portoghese si chiamava Alvaro Nas
d’ Almada. Egli ricevette un cartello di sfida da un
Alemanno il quale misurar si volle con esso lui , a
patto che tutti e due avrebbero scoperto e sema corazza
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3i6
NOTE
il lato Arsirò de l petto. Il Portoghese accettò la propo-
sto senza sospettarvi una gherminella. Era mancino il
Tedesco , di modo che mettendosi in guardia etri* op-
poneva il suo lato sinistro corazzato al fianco disar-
mato del suo nemico. Alvaro , conoscendo il proprio
discapito , lo strinse e so fiòco in mezzo delle sue brac-
cia y come Ercole avea Jalto di .4 ateo.
49
Pregar colei che in cortesia seguisse
Il conto intero.
So
Ariosto.
Il nncchier che al governo vi sedea ,
Io veggo , disse , alzando gli occhi in alto ,
Una procella apparecchiarsi grave.
Ariosto.
5i
. . . Stridens Aquilone procella
V slum adversa Jerit.
Virgilio.
5a
E colli e caste e ciò che vi ì di grave
Grtta da prora e da poppa e da sponde ; ec.
l tri attende a le trombe , e a tor di nave
1? acque importune , e ’! mar nel mar rifonde :
Soccore altri in sentina , ec.
Ariosto.
53
Novità y confessus gelidum pallore timorem ,
lam sequitur victus , non regit arte navem.
Ovidio.
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NOTE
3l7
Ognun gridando a Dio si raccomanda.
Ariosto.
54
Friggo n talvolta il mar venir tant' alto
Che par che arrivi in fin al eie/ superno j
Talor fan sopra /’ onde in su Uil salto
Che a mirar giù } par lor veder V inferno.
Ariosto.
' 55
E un uccello simile alle oche , chiamato dai Francesi
Martin-pcrheur , il quale solitamente a>>ita sulle coste del
mare. Dicono che quando il mare è agitato , canta con voce
lamentevole e lugubre. I naturalisti esaltano assai la tene-
rezza dello alcione femmina per il maschio. Quando è
vecchio , essa il nutre f lo porta a! sole, e nei luoghi dove la
temperatura dell ’ aria gli è giovevole. Quando è morto ,
ella poco tempo gli sopravvive. La favola di Alcione e
di Ceice è appoggiata a tali cognizioni. Si sa che Al-
cione , desolata per la morte del suo sposo il quale era
perito in un naufragio , si gitto nel mare ; gli Dei la
fecer rivivere nell ’ uccello che porla il suo nome.
56
. • . Litoraque Halcyonem
Risonane.
Virgilio.
Cantando ripetean V antico pianto.
57
Poliziano.
Insurgnt Aquilo , quantus altis montibus
Frangit trementes ilice s.
Orazio.
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NOTE
3l8
GV irati venti che nell ’ aria bruna
Combattendo col mare e colla terra
Svellon dalla radice arbori e sassi.
B. Tasi*.
58
Miscentesque imo turbatam gurgite arenam.
Sannazaro.
59
Ingenui , et , duplices tendens ad sidera palmas ,
Talia voce refert.
Virgilio.
60
Slui mare , qui terra s , qui coelum numine compiei,
piritus alme , ec .
Vida.
61
. . . 0 terque quaterque beali
Queis ante ora patrum Trojae sub moenibus altis
Contigli oppetere !
Virgilio.
6a
Extimnit Natura chaos ; rapisse videniur
Concordes elemento moras , rursusque redire
Nox manes mistura Deis , etc.
Lucano.
63
1 la stella che precede il mattino , detta Lucifero dai
poeti } è quella a cui gli astronomi imposero il nome
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NOTE
3i9
i fi Venere. Dice il Camoens che la stella di Orione
/ugge dinanzi a lei ; egli si appoggia all’ opinione rice-
vuta , che Orione annunzia la tempesta , come V onere
annunzia la calma.
64
Già fiammeggiava V amorosa stella
Per l’ Oriente.
Petrarca.
. . . La stella
D’ amor apparve fiammeggiante e bella.
B. Tasso.
65
Codesta finzione ingegnosa e ridente è una di quelle
che più onorano l’ ingegno dei moderni.
66
Quasi smalto su l’ór cosparse i fiori.
T. Tasso.
67
Spargi con le tue man le chiome al vento,
Ivi mi lega , e può mi far contento.
Petrarca.
• 68
lamque ruhescehat stellis Aurora fugatis ,
Cum pronti ohscuros colles hiimilemque videmus
Italiani. Italiani primus conclamat Achates ; etc.
Virgilio.
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Ariosto.
320 NOTE
69
Ma mi par di veder 1 ma veggo certo f
freggo la terra.
70
&gn°r , non .torto /’ ombra in piaggia molle
Tra fonti e Jìor , tra Ninfe e tra Sirene ,
Aio /'n cima alV erto e faticoso colle
De la virtù riposto è il nostro bene.
T. Tasso.
71
Ardua virtutem profert via.
Siilo Itati.
• . . Che seggendo in piuma
In fama non si vien , nè sotto coltre-
Dante.
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- -»
<6 ^<v?na e/i /a/uwt.
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I LUSIADI
CANTO SETTIMO
ARGOMENTO
La flotta d'a. fondo a Calicatte , e manda un’ am-
basceria al Samoriuo o lmperalor del paese. L'n natio
della Barberia , che i naviganti ivi trovano , gl in-
forma dello stato del paese. Il Catual o governatore di
Calicutte si trasferisce a bordo delle navi.
I
T j a bella terra sorgea loro innante ,
E ridere vedean le piagge elette
Di lieti germi d’ odorale piante ,
E venirne sul mar le dolci aurette.
Intrepidi guerrier, pur dopo tante
Fattene, è qui dove sua tòce mette
Il Gange e r Indo , e dove tanti eroi
Giunger lentaro , e sol giungeste voi.
Camoens 21
3 2t
CANTO
2
Voi degni Portoghesi , a cui se angusto
Diè fortuna retaggio , il Ciel maggiore
Virtude aggiunse , onde dal culto ingiusto
Affrica cieca trarre, e non rigore
Di freddo clima, e non ardor d’ adusto ,
0 di fortuna instabile favore
Dall’alta impresa arresta, o ad empia guerra
Spinge contro colei che è donna in terra (0.
3
Voi, che oltre ogni poter del vostro solo
Valore , ogni gran numero adempiete ,
Fecondando col sangue in lontan suolo
1 nuovi solchi che la Fede or miete ,
Spiegate pure all’ alte imprese il volo ,
Che scritte son le vostre sorti liete ,
E il Ciel col vostro braccio alzerà il segno ,
Che i poveri e gli umili ei leva al regno (a).
4
Germania intanto in lati campi stesa (3)
Di straniero pastor segue la tracciaci),
Che lei nodnta al grembo della Chiesa,
Per sozze vie lontana indi la caccia;
E già le spade a scellerata impresa
Solleva , e della madre il sen minaccia ,
Mentre dovria da barbari ed ignoti
Lidi recarle i popoli devoti.
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SETTIMO
3a3
5
E d1 altra parte l’ anglo regnatore (5)
Torsi vede Sionue e il bel terreno
Che lo saluta e chiama anco signore ,
Ed ei si giace a’ suoi piaceri in seno;
E perchè intorno a lui lascivia infiore.
Le boreali nevi, insulta al Irena ,
E fero insegne il buon popol di Cristo ,
Ma non 1’ usurpator del grande acquisto.
6
Tu , che da Cristo nome tieni , e lui (6)
Adori , ond’ esci fuor del tuo soggiorno !
Sono forse tua preda i regni sui,
Forse ampie terre non ti stese intorno:
Su, se gloria ti move , i destrier tui
Ardan feroci, e facciano ritorno
Dove gli aspetta ancor Carlo e Luigi (j ) ,
, E riconosca il Nilo i gran vestigi.
7
Neppure Italia degli eroi nutrice
Tiene consiglio coll’ ardii* guerriero?
E non è dessa a cui rivestir lice
L’ alme sembianze del perduto impero ?
Ma d’ agi e di piacer serva infelice
Cangiò con ozio vii Tonar primiero,
E ove feroce suono alle iirmi appella ,
Sorge contro il suo sen divisa ancella C8).
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324
CANTO
8
Qual forza , o qual destin sì di voi stesse
Vi fa nimiche , o cristiane genti ,
Forse un resto ancor siete della messe
Che a Cadmo germogliar del drago i denti!
Il Trace intanto i vostri allAr s’ intesse,
Ed impara il Giordan barbari acceuti ,
Ffà il fero usurpator posa la tromba ,
Che inulta vede ancor la sacra tomba (9).
9
Sì , già Y ampie campagne ingombra armato ,
Che l'odio antico a nuovi oltraggi il desta:
Or che opporrete in così dubbio stato
Al nuovo minacciar della tempesta ?
Se da te stessa a lacerarti il lato
Siegui , misera Europa , altro non resta
- Se non che folto , e sui destrier veloce ,
Pel crin t’afferri V Affrican feroce.
10
Ma se l’ire superbe accende solo
Di ricchezze e di regni avara sete ,
Su belle arene d’ òr 1’ Ermo e il Patdlo
Volvonsi , ed auree glebe Affrica miete (io).
Oro fila l’Assiro, ed oro ha il suolo
Della deserta Libia: or via movete,
E la gran tomba a liberar di Cristo ,
Se non zelo , vi mova immenso acquisto.
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SETTIMO
325
1 1
Su , presto tuoni su Bisanzio , e tornì
All’ impero cristian 1' antico nido
Il frdmine guerriero, e ai fier soggiorni
Rieda il cacciato usurpatore infido (n):
Di Scizia i gelidi antri e i brevi giorni
Cangiar gli giova con più dolce lido ,
E già d’ impuro seme infetta e mesce
Le vostre terre , e in lor possente cresce.
12
E non udite con T Armeno e il Trace
Gemerne avvinta anco la Greca sede,
E la robusta gioventù che pace ,
Dal duro giogo oppressa, ornai vi chiede;
E mentre ad empii riti astretta giace ,
Voi difensor dell’ oltraggiata fede
Vi nomerete ancor? il nome augusto
Deponete una volta , o il brando ingiusto 0»),
13
Pur se discordia rea gli alterni sdegni
Siegue a pascer fra voi , siccome suole ,
Non chiuderà dentro gli angusti regni
La vetusta di Luso altera prole ;
Già più d’ un seno a’ suoi guerrieri legni
Offre l’ Affrica , e intera Asia la cole ,
E dalle prore or la felice gente
L’India saluta e il placido Oriente.
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3a6 canto
14
Rideva il Cielo, e ritener le belle 0 3)
Anco parea sembianze della Diva,
Che incatenati i venti e le procelle
Di Guido e Pafo rivedea la riva;
Nè fremere il nocchiero or questi or quelle ,
Ma lieto vedea il suol che a lui s’ apriva,
E che il patrio cangiar dovea costume
Sotto leggi migliori e miglior Nume.
1 5
E già barchetta pescatrice avea
Fatto contento il capitano e accorto,
Che breve tratto sol lo dividea
Da Calicut e dal novello porto;
Ed ei tosto le navi rivolgea
Laddove spera ai lunghi error conforto ,
Che dell’impero Malavare e sede
È Calicut del Re che ivi risiede 04>.
16
Fra l’Indo e il Gange ampio terren si stende"
Cosi , che chiuso fra i duo fiumi ei giace ,
Dall’Austro ha il mare, e inverso Borea pende
L’alpestre Emodio che i confin ne face OS):
Varii signori accoglie, e forma prende
Di varia religion quale lor piace ,
Nè v’ è chi proprio Nume non inviti
A sacrileghe scene ed empii riti («6).
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SETTIMO
*7
D agli alti fianchi del gran monte P onda •
Sgorga onde scorre l’uno e l'altro fiume,
Che a correr siegue e intera Asia circonda,
E nuovi nomi ognor dal loco assume.
Le bell’ acque divise in doppia sponda
Sboccano quindi ove sonanti spume
L’Indico frange, e fra lor ferlil seno
Di penisola siede il bel terreno ;
18
Che indi in piramidal forma ristretto,
Rimpetto a Ceilan sporge sul mare :
Nutre genti diverse, e qual d’aspetto
Mite e costumi , e qual di voglie avare ;
Ma colà dove il Gange in ampio letto
Incomincia a raccor 1" acque sue chiare ,
E fama che il bel suol di soli odori
Vi pasca i suoi felici abitatori (17).
19
Quai di nome novel distinte ancora
D’ usi distinte son le varie genti:
Di stirpi e d’ ampio suol che lor s’indora
I Delii ed i Patan son tra i potenti ,
L ’ Orio e il Decan d’ alta pietà v’ onora
Del bel Gange le limpide sorgenti ;
E a Bengala è ricchezza il fertil solco,
Di cui più lieto mai mietè bifolco.
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3a8 ‘ c a ir t o
20
Siegue Cambaia che a ragion guerriera
Detta e dal grande regnator suo Poro ,
E Narsinga che ha lungo la riviera
Popol molli a raecor le gemme e P oro ;
E qui dal mar cresce di monte altera
'Fronte che quelle genti e i campi loro
Dal crudo Canarà copre e difende,
Mentre s’allunga quasi muro e stende.
21
Gatte ne è il natio nome, ed al suo piede
Falda dì lieto suol si sporge alquanto ,
Che quasi freno al mar tornarne ei vede
11 salso flutto in bianche spume infranto.
Qui dell’ intero Malàvare siede
Sovrana Calicut , qui il regio manto
Veste, qui corte e lieti orti a diletto
Vi tiene il Re che Saraorino è detto.
22
Appena Vasco il nuovo lido afferra ,
Un de’ più fidi Portoghesi eletto :
Vanne, lui dice, alla novella terra (i#)
Messaggiero , ed esplora il regio affetto,
Di’ lui. che oltraggio non rechiamo o guerra,
Ma che ospi/ii rechiamo e amico tetto ;
E quel picriola ve'a già mettea
Su fiumicel che al mar si congiungea.
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SETTIMO
329
23
L’ignoto aspetto e le maniere nuove (19)
Trasser gran gente al lido , e misto a quella
Pur v’ebbe uom che aflrican nacque là dovevo)
Del fiero Anteo la piaggia anco favella.
Ei che avea visto i Portoghesi altrove ,
Ché breve tratto questa terra e quella
Parte e divide , awisb tosto i noti
Sembianti che venian pel fiume ignoti.
24
E in lingua ispana il messaggier richiese,
Quale dal Tago a sì remote sponde
Destin Io guidi ; e il messaggier riprese
Ardir cui pari mai non sorse altronde ,
Non antica o moderna etate intese;
Quanto trascorso abbian di venti e d onde,
Onde di sante leegi abbia sincero
Conoscimento P India , e Nume vero.
25'
Monzaide P Affricano era nomato ,
E un’ alta riverenza il vinse allora ,
E soggiunse a colui maravigliato :
E chi sì alto mai spinse la prora ?
Ma se da te chi regge il nuovo stato
Forse si cerca, piccol tempo ancora
T’ è d’ uopo l’ aspettar finché il sovrano
Torni , che breve tratto or n’ è lontano ;
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33o
t A N T O
26
E però finchò a luì non giunga il suono
Del venir vostio , ricovrarti al seno
Potrai del mio tugurio , e piccol dono
Gustar dei frutti del novel terreno (21);
E se importuni i desir miei non sono,
Ristorati che avrai gli spirti appieno ,
Teco ai legni condurmi , che nen giova
Gente amica appressar in terra nova.
27
I dolci inviti il messaggier seconda
Di lui che gli offre non sospetti segni;
E , qual se antico affetto ivi risponda ,
Mescon gli amici detti e i miti ingegni (sa).
Parca la mensa fu, ma pur gioconda,
Che amistà vi rinnova i dolci pegni,
E quindi inveì* le navi insiem partirò ,
E unitamente al capitan s’ offrirò.
28
Vasco , che ispano favellare ascolta ,
Tosto la destra stringe di colui ,
E varie cose chiede ; e già v’ è molta
Gente accorsa a raccorne i detti sui:
Così Rodope un dì vedea la folta
Selva e le fere pendere da lui
Che ancora ricordava i de lei lumi
E la tpjjta Euridice e i giudi ISujni.
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SETTIMO
33i
29
Ed egli : O genti , a cui di patrio nido
Vicinanza sì rende a me dilette,
Quale dal Tago e dal famoso lido
Per ampii mari alto destin commette (*3) ?
Non è di novità no solo grido
Che voi per ampii mari e per sospette
Crudeli terre a questi lidi or mena,
Di cui vi giunge picciol suono appena,
30
Ma scorger panni nell’ immenso ardire
Di divino voler traccie profonde (*4) ;
Ed ei però di tanti venti l’ire
• Miti vi rese e v5 appianò tant’ onde :
Eccovi or India a voi dinanzi aprire
Le ricercate alfin terre feconde;
Qui vene d’ór, piagge d’aromi liete,
E in ferlil suol genti tranquille e chete.
3r
Questa che or afferraste è de’l’ aprico
Tratto una parte, e Malavare e detta:
Diversi Numi uso vi cole antico,
E di vario signor freno rispetta.
Fu prima un regno sol, nò obblio nimico
Di lui , che F ebbe ultimo Re soggetta ,
Spense il nome, e Samara Perimale
Si chiama ancor, che n’era il nome tale.
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33a
CANTO
32
Ma mentri egli de’ popoli contenti
Reggea i voler concordi, a questi lìti
Approdar dall’Arabia ignote genti,
Che pubblicar del lor profeta i riti;
Sciolser costor così facondi accenti,
E costumi spiegar sì casti e miti,
Che Perimale messaggier dal Cielo
Scesi li crede , e arde di santo zelo ;
33
E di condurre alla gran tomba accanto
Disegna oscuri giorni ed umil vita.
Gemme e tesor colà spedisce intanto
Dove s’innalza «al ciel l’ampia meschita;
E poiché l’età sua piegante alquanto
Di dolci figli non avea munita, ,
Parte fra’ fidi suoi ciò che ere pria
D’ immenso regno eredità natia.
34
Già Cochin , Cananor forman novelli
Regni, e già conta Chale il suo signore,
E P isola del Pepe il conta e i belli
Terren di Caluana e Cagranore.
Ma Galicut , eh’ era il miglior fra quelli ,
Un nuovo dono esser dovea d’ amore ,
E l’ ebbe vago giovinetto , a cui
Niuno ascondeva il Re de’ pensier sui.
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SETTIMO
333
35
Impone a questi maggior nome , e il face
Di grado tal che a tutti gli altri impera;
Indi da lor si parie, e pura pace
Prepone e umil soggiorno a reggia altera;
Quindi del Samorin, come a lui piace ,
Sorti il nome F origine primiera ,
Ed egli stesso al giovinetto il diede
Da riviver perenne in chi succede.
36
Quanto costì popol novello miri
Alta origin si crea di sogni e fole ,
Brevi vesti od avvolte in strani giri
Non hanno e velan sol ciò che onor vuole C*5) :
Fra Polei son divise e fra Nairi
Le stirpi , e questi son F illustre prole ,
L’ ignobl volgo quelli, ed ambo insieme
Stringer non puon connubii e formar seme.
37
Anzi amore non può sceglier consorte ,
Se stalo egual non vi risponda pria;
E ciò che al genitor diede la sorte
, Il figlio serba , o servo od altro ei sia :
A* superbi Nairi è più che morte
Se alcun Poleo gli tocchi , e dalla ria
Macchia e il corpo a purgar da que’ vestigi
Lsan riti , lavarci e suffumigi.
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334
CANTO
38
Ma oltre di quanto or io teco favello,
A costumi stranier popolo usato
Vedrai, signore: il sol Nairo è quello
A cui lice d’ uscire in campo armato ;
E dove ardan le pugne ei da rubello
Nimico stuol difende il regio lato,
E gli e segno d’onore il blando ignudo
Stringere ognor, e il braccio armar di scudo.
39
Bramen s’ appella >1 sacerdote , e intera (26)
L’ augusto nome riverenza elice :
De’ socratici dogmi esso l’austera
Dottrina serba, e norma altrui l’ indice ;
Inseguire col dardo augello o fera ,
E pascer carni ad un Bramen non lice :
Solo la legge s’addolcisce in quanto
Ei starsi può di giovin sposa accanto.
40
Donna che nodo maritale stringe
Del consorte ai congiunti acceder puote :
Felici in quanto gelosia non tinge
Lor d’ un bieco pallor giammai le gote.
Così i costumi suoi ciascun si finge,
E dall’avo discendono al nipote:
Ampio ne è il tratto e d’ ogni dono abbonda ,
Che dal Nilo alla China oflrjr può l’onda.
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SETTIMO 335
4»
Ma la cittade trascorreva intanto
Grido di nuove genti , e ne dicea
L’ignoto aspetto ed il color del manto;
E un inessaggier spedito il Re v’ avea (aj).
Popolo immenso al messaggiero accanto •
Ondeggiava confuso e al mar sceudea
Di veder vago e di saper che porti
Gente che pria non giunse ai patrii porti.
42
Questi fe’ dolce al capitano invito,
Che a lui d’ ispane insegne ornato il petto
Discende, e quanto è generoso e ardito,
Mostra agli atti magnanimi e all’aspetto 08).
Con un fresco aleggiar di remi al lito
Corre il picciolo legno ove ha ricetto,
E il mar ne spuma, e lieto poi dal mare
L’ accoglie il nuuiicel dall’ acque chiare.
43
Dove bacia il ruscel le prime arene ,
L’ attende cavalier d’ egregio stato ,
Che , Catual nel patrio nome , viene
Di Nairi all’ un cinto e all’ altro lato :
Al capitan che scende ei ne sostiene
11 braccio, e come è quivi onore usato,
Morbido letto gli offre quindi, in cui
Lieve sia tratto sulle braccia altrui.
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336
CANTO
44
Adagiati cos'i, tosto il sentiero
Prendon che breve alla città conduce.
Sieguon leggiadri in ordine guerriero
I Portoghesi che avea seco il duce (*9) :
Intorno inonda il popolo straniero ,
E quanto ne’ nuovi ospiti riluce
Di magnanimitade e di valore,
Tacito ammira, e ne arde intanto il core (3o).
45
Vasco ed il Catual, or delle genti
Si chieggon gli usi, ora del suol novella,
E Monzaide Fra lor gli ignoti accenti
Toma a ciascun nella natia favella:
Eran già presso là dove crescenti
Di bei lavori altere mura e bella
Fronte ergeasi di tempio, e tosto a loro
L’ alte porte s’ aprir sonanti d oro.
46
In viva pietra incisi, o fragil legno
Sorgonvi i patrii Dei , ma di maniere
Sconce cosi che mai l’umano ingegno
Cotante imaginò Sfingi e Chimere (30.
II Lusitan , che nel paterno regno
Un Dio sol cole di sembianze vere,
Volge confuso i sguardi e sbigottiti
Tanti e si sozzi Dei mirando uniti.
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SETTIMO
337
47
Altri par Giove Aminone, e in sulla fronte
Gli si ergono due coma imperiose.
Ignudo appare questi, e quei bifronte ,
Quale F antica età Giano compose ;
Altri è Briareo novello, e quasi monte
Sorge con cento sue braccia nervose ,
Ed altre son confuse immani forme
Di sozzo cane ovver d’ augel deforme (3a).
' 48
11 Catuale in atto umfl raccolto
Devotamente inchina i muti sassi.
E picciol voto mormorando sciolto ,
Colà s’ avvia dove avea volto i passi. .
11 popolo ondeggiava immenso e folto ;
Altri dai muri , altri pendente slassi
Dagli alti tetti , e dalie varie strade
Sbocca unito ogni sesso ed ogni etade.
49
i ^
Ma già di bei giardin s’ apria l’aspetto (33)
Donde spiran fresche aure e dolci odori:
Qui soggiorna il Sovrano , e in reai tetto
I tributi v’ accoglie e i sommi onori :
Uscia vago e leggiadro il bel ricetto
Di mezzo alle belle ombre e ai molli fiori.
Ed era reggia insieme e sede amica „
Di placid’ ozii e di campagna aprica.
Camoens aa
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338
CANTO •
50
Entrando miran sulle porle impresse
Armi e guerriere insegne all’ aura stese ,
Antiche storie donde F India tesse
Origine d’ eroi lunga e d’ imprese (34) :
Ài fìnti aspetti le sembianze istesse
Chiare cosi gentil scalpello ha rese,
Che ora l’uno fissando or l’altro volto ,
L’ eroe si svela che v’ è dentro scolto (35).
51
Primo viene un guerriero a cui la bionda
Chioma bel verdeggiar di pampin veste ;
Seco ha gran gente, che ove Idaspc inonda
S’ avanza sì qual chi a pugnar s’ appreste ;
Poi gran città del fiume in sulla sponda
S’innalza, e par che a vagheggiarla reste
Con sì bel riso e con sì rosee gote ,
Che Semele il figliuol scorger vi puote.
52
Oltre par che bevendo asciughi il fiume
Immensa gente assira, e duce è d’ella
Donna cui dolce è sì degli occhi il lume (36)
Che dolce sembra tremolar di stella:
Ma dal Cielo non è P empio costume ,
Che tanto è pura men quanto più. bella ,
E seco ognor si trae bianco destriero ,
Che è di nefandi amor sozzo mistero.
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SETTIMO
339
53
Ondeggiar quindi si vedeano altere
Le bandiere di Grecia e così folte (37),
Che le belle del Gange acque e riviere
Giaceansi tutte alla grand’ ombra accolte ;
Così superbo il giovm condottiere
Mira le tante paline al piè raccolte ,
Che sdegna ornai l’ antico nome , e vuole
Nuova nomarsi del gran Giove prole.
54
Or mentre Vasco in lor s’affisa, e piove
E dai guardi e dagli atti un vivo ardore ,
Sappi, il Catual dicea, che genti nove
Verranno, e il pregio ne sarà maggiore:
Già da lontane parti il Ciel le move,
Gridano i nostri vati, ed il valore (38)
Fia che l1 illustre antico grido a t terre ,
E nuove incideransi imprese e gueire.
55
Tu India costor faran soggetta , e invano
F orza opporrassi , invan procella o vento ,
Che alto voler gli scorge, e non lontano
Ne veggon essi il presagito evento-,
Ma di c -r sì magnanimi e di mano
Fiati noi , che ii Gange scorrerà contento,
Nè tributar paragli i tesor suoi ,
Ma splendore acquistai- da’ nuovi eroi <39).
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34o
CANTO
56
Eran parlando intanto alle auree soglie
Giunti , che son del reai tetto estreme.
Qui nobd letto il Samoriny accoglie,
E superbi lavor col fianco preme ;
Egli tanta d’ intorno a se raccoglie
Maestà, che il là grave e dolce insieme,
E acquista riverenza al nobil volto
Il crin gemmato e il petto d’ostro avvolto (40).
57
Uom d’alto stalo e di sembiante antico
Stassi curvo e devoto innanzi a lui,
Che natia foglia di quel suolo aprico
Ministra riverente ai desir sui ;
E quinci a lento passo e in atto amico (41)
S’appressa a Vasco altro Bramen, da cui
Ogni più grave aliar pendea del regno ,
E d’inoltrare al capitan fa segno.
58
Con un dolce spiegar di destra invito
H Re gli fa, che sieda e che favelle;
E l’altro stuol che stava al duce unito
Si spiega al par d’ali guerriere e belle (4»).
Lo guarda il Samorino ed è rapito
Dal generoso ardir delle novelle '
Sembianze, mentre Vasco ai nuovi accenti
Il varco aperse ed incantò le menti.
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SETTIMO
34l
59
Un Re possente , i cui confin circonda
L’ ampio emisfero ove s’ estingue il giorno,
Che è la parte d’ Europa più feconda ,
E bagnan ricchi fiumi il bel soggiorno ,
Gran tempo è già che di si bella sponda
Non dubbio grido gli risuona intorno,
E più di te che di sì vasto impero
Sei la gloria maggiore e il signor vero (43).
60
Però a me tanti ignoti mari e venti
Suo messaggi ero di varcar commette;
Onde d’ alterna fé , se tu il consenti ,
Nodo si stringa, e io il tuo consenso affrette,
E gli giova sperai* che ambo le genti
Di legami sì bei congiunte e strette ,
Sebben divida d’alti mar distanza,
Crescano di commercio e di possanza;
61
Che quanto dal bel Nilo al Tago, e quanto
O sotto P arso Etiope , o alle remote
Rive della Zelanda ha pregio, e vanto,
Accoglie il regno suo qual natia dote;
Le ricchezze d’Europa a te frattanto
Varcheran su quest onde ora mal note (44),
E gloria non volgar fia quindi a noi
Ricoverarci spesso a’ porti tuoi.
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E poiché vegga tu da qual si parte
Questa proposta sua sincero core ,
Egli promette in ogni incontro aitarte
armate genti e di guerriere prore ,
E teco ogni periglio aver di Marte
Comune, se comun ne fia l’amore (45).
Or dimmi tu, signor, se aver ti piace
Con sìt possente Re commercio e pace.
63
Così Vasco parlava, e al cavaliero
Rispondea 1’ altro : Ben m’ è sommo pregio
Che sia recato a me da sì straniero
Suol dolce invito ed oratore egregio.
' Pur , perchè tutto a voi si scopra il vero ,
Per inviolato dover sacro io deggio
Le offerte vostre e gli animi còltesi
Al consiglio reai far pria palesi.
64
Però quanto vi piace or qui potrete
Ristorarvi dai lunghi errori vostri;
E credo ben che a quanto proponete
Verran quindi conformi i parer nostri.
Tolto intanto alle cose avean le chete
Ombre i dolci candori ed i begli ostri,
Nè s’ agitavan più gli egri mortali
Di vane cure e di bellezze frali (46).
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SETTIMO
343
65
Fur liete cene preparate e cento
Di dolce urbanità cortesi modi.
Qui tutti accoglie il Catual contento ,
E allegre melodie v’unisce e lodi.
Ei , come stringe ordin reale , intento
V eglia a sapere ond: escano que’ prodi ,
E quai d’ antica patria e quai di legge
Abbian costumi , e qual signor li regge.
66
Il rosato mattino uscito appena
Col primo respirare i fior pnseea,
Che lusinga di sonno non raffrena,
Ma Monzaide chiamato , il richicdea
Se certa fama e se novella piena
Avea di lor , \iè ignota soggiungea
Esser gente dovriati, a cui vicino
Di patrio suol ti pose il tuo destino.
67
Però quanto di vero in te risiede •
Fa pur ch’io sappia, e donde origin prenda
La nuova gente , onde poi quanto chiede
Il decoro reale a lei si renda.
Ed egli: Molto il tuo desio richiede,
Ma tu da me fìa che ciò solo intenda }
Ch’ella è gente di Spagna, e posta donde
Affrica guarda il Spi che torna all’ onde;
\
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344
CANTO ’
68
E siegue un Dìo eh’ è di mortai natura
Misto , la donna donde il velo prese
Bella madre fu detta e verghi pura;
E intatta ognor la prima fè ne scese (47).
Ciò sol m’ è noto , sebben non oscui’a
Fama risuoni ancor di grand’ imprese ,
Che il suo gran braccio è fulmine di Marte ,
E sovra gli avi alte mine ha sparte :
69
Chè pugnando lor tolse e dove il Doro
Placido scendere dove il suol feconda
Il Tago ricco di bell’ acque e d’ oro ,
E gl’ inseguì fra la procella e l’ onda ;
Nò fero ardor d’adusto clima a loro.
Ne il nuovo mare che Affrica circonda
Valse sì che insultando ed acque e genti
Non giungesser fin là le altere genti;
70
E rocche superate, e fur talora
L’istesse lor città distrutte ed arse;
Nè guerrier sorse sì temuto ancora,
Che armato vaglia incontro ad essi starse;
Che anzi or d’ armi mirò Pirene , ed ora
D’ ossa nimiche le sue rupi sparse ,
Se osò talun da quegli alpestri sassi
La patria minacciar che al di là stassi.
Digitized by Godale
SETTIMO
345
7r
Che se poi lume il tuo pensier disia
Maggior , richiedi a loro stessi il vero ,
Che han per costume di cotal natia
Grandezza ragionar schietto e sincero.
Vanne alle belle navi , e osserva e spia
Il feroce guerrier, 1’ agii nocchiero,
E quale tempra d’ armi e qual di prore
Armati fianchi, e qual di gloria ardore.
72
Tosto colui picei ola vela stende ,
• E seriz’ altro indugiar scioglie dal lito.
Vano stuol di Nairi al mar discende
Seco , che fean l’ udite cose invito :
Ne ferve F onda . e vago al sole splende
Il biancheggiar di cento vele unito;
E già son presso ai legni, e sul maggiore
Paolo gli accoglie , e rende a tutti onore.
73'
Stendardi porponn . regie bandiere •
Alle fresch’ aure s’aprono improvviso,
E grandi fatti e immagini guerriere
Vengon repente a lampeggiare in VÌS0C48):
Cosi la vista il nuovo oggetto fere.
Che avido guardo il Catual v’ha fiso;
E tanta maraviglia al cor gli piove,
Che non batte palpebra o passo move';
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346
CANTO
74
E a Paolo , che il seguia , gli alti stupori
Palesa , onde ogni vel tolga alla mente;
Ma quei prega che sieda e si ristori
Di liquor dolce o di gentil presente.
Spiran Jè mense di soavi odori.
Zampilla il bel rubin d’alto cadente (49) ,
Nulla ei gusta però, che legge austera
Gli vieta d’ appressar mensa straniera.
75
Le trombe non di strepito guerriero,
Ma destan P aure intorno a dolce suono :
Tuona dell’ alte navi il fianco altero ,
Ed è nunzio di pace il lampo e il tuono:.
Or legno il Catual mira , ora nocchiero ,
Ma altrove i suoi pensier rapiti sono,
E torna ai bei stendardi, e attento guarda
•. Que’ magnanimi aspetti, e par che n’arda.
76
S orge , ed il capitano al lato manco
Siefue , e Pardo e Coeglio , e loro addita
LTom di sereno aspetto e di crin bianco ,
Che primo avea ne’ bei colori vita:
Veste gli cinge in greca foggia il fianco,
E un ramo stringe nella destra ardita,'
E ben dimostra la novella insegna
Che d’ alto stato e a grand’ imprese ei vegna.
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SETTIMO
347
77
Si il ramieel : ma dove errante e vago
M’ aggiro e sieguo ignote vie prolonde !
Deh. vaghe ninfe di Mondcgo c Tago ,
Di voi qualcuna il bell" ardir seconde:
Già non è questo o ruscelletto o lago,
Ma Ocean eh, e suona d’ alti gorghi e cf onde;
Ed ho vento nimico e fragil renio,
E senza voi scherzo dell’ onde ir temo (5«).
78
Noto v’è ben su quant’ industri carte
Il vostro nome io scriva, e il volto santo:
Pure fortuna mi divide e parte
Dai dolci fiumi ancor eh’ io lodo e canto ,
Talché d’ irato mar, di crudo Marte
Fra i peligli agitato e quasi infranto.
Nuova Canace, incontro a morte vada
Nuda penna stringendo e nuda spada (5x).
79
Or peregrino su straniere arene
All’ altrui mensa povertà ni’ appella (5a),
Naufrago a nuda costa ora m’attiene
E or mi balza fortuna ancor più fella;
E se rider talor sembrò la spene.
Fu lampo che destò maggior procella,
Onde portento è pur s’io fin qui trassi
L’ addolorato fianco e i spirti lassi.
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348
CANTO
8ó
Nè dé’ miei mali essér dovea la meta ,
Ch’io digiuno mendichi, erri smarrito;
Ma nè amico favor, non fronde lieta
Spuntar mi vidi . o farmi dolce invito ;
E mentre io pur credea che a me poeta
Allori germogliasse il patrio lito ,
Gl’ istessi eroi cantati ai versi miei
Reser dura mercè di fati rei (53).
81
Mirale , ninfe , or voi dai vostri regni ,
Qual sorga messe di selvaggi cori ,
E come accolti sien gl’ illustri ingegni ,
A cui dovria la grata patria onori (54).
Or chi sarà che via novella segni
D’ altero canto ai lor guerrier sudori ,
E s1 oltre il Ciel ne scorge i passi e 1’ armi,
• Chi 1’ alte imprese scriverà ne’ carmi ?
82
Pur patrio amore ancor mi punge il fianco:
Sorridetemi voi , ninfe vezzose ;
E se il favore altrui mi verrà manco,
Bastimi l1 aura delle dolci rose ;
Nè per immensa via timido o stanco
Io svolgerò con voi vetuste cose,
Gloriose memorie , e i versi miei
Sol degli eroi fìan degni e degli Dei (55).
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SETTIMO
349
83
Non canterò chi beve, empio e crudele ,
Per impinguar se stesso , il sangue altrui ,
Nè a Dio, nè al suo terren signor fedele,
Insulta, o comun bene, ai dritti tui ;
Non chi a desir superbo apre le vele
Ond' illustrar gli osculi giorni sui ,
E all’ ombra poi della maggior fortuna
Nodrire i vizi dell1 ignobil cuna.
84
Non chi a feroce crudeltà consorte
Fa il poter che d’ altronde in lui discende *
Non chi i cento sembianti della sorte
Si veste , e il volgo incauto all esc a prende ;
, Nè apollinee corone io fia che porte
A lui che in nobil grado altero splende,
Ma per sè stesso conservar sublime
Piacendo al Re, Y ignuda plebe opprime.
85
Non canterò chi crederia delitto
Pur Leve dritto torre al suo Sovrano,
E sostien poi che il mercenario alflitto
A sordo limitar sospiri invano;
Nè chi con lance ingiusta e cor non dritto
I sudori e lavor dell altrui mano ,
E donde il pregio e la fatica ignora,
Tassa a talento, o per metà divora.
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35o
r A n t o
86
Ma nobile di versi avrà conforto
Chi per la fè pugnando e per il reguo ,
Aggiunse glorioso a lieto porlo.
Ed or di patrio amor splende bel segno.
Deh per la nuova via chi qua m’ha scorto,
A regger siegua il faticato ingegno (36) !
Nè forse , vaghe ninfe , a voi fia greve
Correr aspro sentier con piè di neve (37).'
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NO TE
3 Si
AL CANTO SETTIMO
I
Ija Chiesa.
a
. . . Tanto sovr’ ogni stato
Umiliale esaltar sempre gli piacque.
Petrarca.
\
• 3
. . . Lalis errare et J lumina campii
Sannazaro.
4
l’ Alemagna era agitata allora dalle dispute della
eresia di Lutero ; e le guerre che Carlo V ebbe a so-
stenere centra i Protestanti non gli hanno permesso di
volgere le sue armi contro Solimano , il quale minac-
ciava la cristianità. La riguardevole e felice spedizione
di Carlo U nell’ Affrica c’ induce a credere che il Sul-
tano avrebbe riscontrato in quel principe un avversario
degno di lui.
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352
NOTE
5
I Re <P Inghilterra avevano assunto il titolo di Re di
Gerusalemme. Il principe , del quale parla qui il poeta ,
i Arrigo Vili. Egli avea scritto dapprima contro Lu-
tero in favore della Chiesa di Roma , e terminò sepa-
randosi interamente dalla Santa Sede ì e dichiarandosi
capo della Chiesa Anglicana .
. 6
II Camoens fa qui un ’ apostrofe a Francesco I. Non
è vero che le sue pretensioni sul Milanese fossero af-
fatto prive di fondamento ; ma egli è incontrastabile che
le guerre d’ Italia • riescirono funestissime alla Francia.
7
Se cristianissimi esser voi volete r
E voi altri cattolici nomati ,
Perche di Cristo gli uomini uccidete ?
Perche de’ beni lor son dispogliali ?
• Perche Gerusalem non riavete,
Che tolto è stato a voi da’ rinegati f
Perchè Costantinopoli e del mondo
La miglior parte occupa il Turco immondo ?
Ariosto.
8
Audiet cives acuisse ferrum
Quo graves Persae rnelius perirent.
Orano.
i X’ empie tue voglie , a te stessa nemiche ,
Con gloria d’ altri , e con tuo duolo amaro ,
Misera , t’ hanno a sì yil fine spinta.
Guidiccioni.
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NOTE
353
Ahi serva Italia , di dolore ostello !
Nave senza nocchiero in gran tempesta ,
Non donna di province , ma bordello.
Daotc.
Italia tanto celebrata e scritta ,
Or dolorosa ì appena scn lien dritta.
P. Sasso.
Oh d’ ogni vizio fetida sentina l
Dormi Italia imbriaca , e non ti pesa
Ch’ ora di questa gente , ora di quella ,
Che già serva ii fu, sei fatta ancella.
Ariosto.
Dunque fa ver che quclV Italia , quella
Che dall7 adusto polo alV onde algenti
Stese il gran braccio , e le domate genti
Fé7 men barbare d7 opre e di favella ,
Cotanto or sia da sè diversa , ch 7 ella
L7 antico valor suo più non rammenti
E ’l senno antico / anzi i suoi mal fomenti ,
E de7 già servi suoi si faccia ancella ?
di giogo il collo e di ferite ha il petto
Livido e brutto , e in tal obblio è sepolta
Che danno e scorno suo prende a diletto.
' Deh un giorno almeno a si vii scorno tolta
V cgga e ravvisi il suo cangiato aspetto ,
Saggia un tempo e regina , or serva e stolta.
Alalconi.
9
Ite , superbi e miseri Cristiani ,
Consumando l 7 un l7 altro , e non vi Caglia
Che il sepolcro di Cristo è in man di cani.
Petrarca.
Camoens
a3
354
NOTE
lo
Le ricchezze del Turco hai non lontane.
Ariosto.
Se si cerca tesoro , ivi il terreno
Porta ognor pieno il sen di gemme e d’ auro f
E puro argento in vece d’ ossa i monti :
Se fama eterna , mai sì chiaro lauro
Non ornò, ec.
B. Tasso.
il
Torni a le notti d? Acheronte oscure ,
Suo degno albergo .
T. Tasso.
13
Quis furor , o cives ! quae tanta licentia ferri ?
Gentibus invisis Lalium praebere cruorem ?
Cumque superba foret Babylon spolianda trophaeis
Ausoniis , umbraque erraret Crassns inulta ,
Bella gerì placuit , nullos habitura triumphos ! etc.
Lucano.
13
Jamque rubescebat radiis mare , etc,
Virgilio.
*4
Creta Iovis magni medio jacet insula ponto.
Centum urbes habitant magnas j uberrima regna , etc.
Virgilio.
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NOTE 355
i5
E questa una diramazione del monte Immao , ossia
del Caucaso. È noto come quella catena di montagne
che traversa V Asia , assume diversi nomi in differenti
contrade.
16
Altri adora le belve , altri la grande
Comune madre , il sole altri e le stelle.
T. Tomo.
17
Codesta è una favola , la quale sembra adottata da
Plinio , appoggiato alla fede dei filosofi naturali greci f
la falsità di essa fu scoperta dai viaggiatori moderni }
ma la ragione Cavea dimostrata già prima.
18
Tarn satus Anchisa , delectos ordine ab omni
Centìim o ratores augusta ad moenia regis
Ire jubet.
Virgilio*
*9
II abito altero t inusitato e nuovo.
Petrarca.
40
Qui il racconto è conforme alla storia. Quel Moro ,
per nome Monzaide , prestò in effetto servigi grandi ai
Portoghesi } e quando essi entrarono in discordia col
Samorino , il Moro diventò sospetto al Re , il quale
stimò eh’ egli fosse d’ accordo con loro. Egli si rifuggì
sulla loro flotta e si fC cristiano.
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356
NOTE
21
Dixit , et angusti subter fastigia tedi
JEneam duxit,
Virgilio.
22
Iungimus hospitio dextras , et teda subimus.
Virgilio.
a3
Sed tibi qui cursum venti , quae fata riedere ?
Aut quis te ignarum nostris Deus appulit oris ?
Virgilio.
Ei cominciò : Qual fortuna o destino
Quaggiù ti mena ?
Dante.
24
Quisquis es , haud credo invisns coelestihus auras
r itales carpis , Tyriam qui adveneris urbem.
Terge modo , eie.
Virgilio.
a5
Tane quoque cura fuit partes velare tegendas.
Ovidio.
a6
Sono i successori degli antichi Eramani. Non si
comprende per qual ragione il poeta li chiami discepoli
di Pitagora. Questi viaggiò di fatto nell ’ Indie per istu-
diarvì la dottrina de * sapienti di quella contrada. Ne
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NOTE
357
attinse i do enti principali che trasmise poscia a ’ suoi
settari , cioè a dire la metempsicosi , l’astinenza delle
carni , la contemplazione , ec. Ma non pare che ad essi
egli abbia nulla insegnato. Solo i nostri missionari
hanno incontralo le fatiche dei viaggi per ammaestrare
gli uomini. I filosofi dell ’ antichità non viaggiavano che
per istruire se medesimi , e si sa d’ altra parte che le
filosofiche cognizioni erano divulgate nell’ India molto
tempo avanti che giungessero nella Grecia e nell’ Italia,
sovverti che il traduttore dice malamente socratici dogmi}
invece di dogmi pitagorici.
*7
Ouum praevectus equo longaevi liegis ad aures
Nuntlus ingentes ignota in veste reportat
Advenisse viros , etc.
Virgili».
28
. . . Un uom già carco cf anhi
Di aspetto venerando e signorile ,
Che a lo splendore e dignità de’ panni
Mostrava esser di sangue alto e gentile.
B. Tasto.
a9
Nec non et Phrygii comites et laetus Iulus
Incedunt.
Virgili».
3o
. . . Quos o mais euntes
Trinacriae mirata fremii, Trojaeqve Juventus.
Virgilio.
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358 if o t t
3x
Multaque pratierta variarum monstre, ferarum.
Virgilio.
3a
Centauri in forìbus ttabulant , Scillaeque biformes J
Et centumgeminus Briareus , ac bellua Lernae
Jtorrendum stridens j flammìsque armata Chimaerat
Gorgo nes t Harpyiaeque , et forma tricorporis umbra e.
, Virgilio.
33
lamque iter cmenti , turres ac teda Latinorum
Ardua cernebant.
Virgilio.
34
. . . V idei Iliacts ex ordine pùgnas
Bellaque jam fama iotum vulgata per orbem.
Virgilio.
35
Credo equidem pivot ducent de marmore vultut.
Virgilio.
Quivi intagliato in un atto soave
Che non sembiava imagine che tace:
Giurato si saria eh* ei dicesse Ave.
Dante.
Questa è la serie degli eroi che viva
Nel metallo spirante par si mova.
T. Tasto.
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NOTE
36
359
Ella è Semiramide, le greche favole la figurarono
innamorata di un cavallo , il che facilmente non accade
e non è probabile ; e gli storici la accusano di un amore
incestuoso pel suo figlio , eccesso di cui si hanno non
pochi esempli .
37
Ne P aria tremolare ai venti freschi
Si veggon le bandiere.
Ariosto»
38
Gli scrittori portoghesi hanno asserito che /fuetto,
profetia era sparsa nelle Indie , allor quando essi vi
arrivarono , e gli Spagnuoli hanno scritto lo stesso in-
terno la monarchia degli Incassi.
39
Che dot suo vincitor si glorie il vitto.
Petrarca.
40
/
Di gemme la sua fronte era lucente.
Dante.
41
E rivalsesi a me con passi rari.
Dante.
Venir vir noi con passo grave e rade.
Filerete*-
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36o
NOTE
4»
. , . Il le oculosque laquentis
Jam dudum et totum lustrabat lamine corpus.
Virgilio.
43
Il nome tuo , che non riman tra? segni
Di Alcide y ormai risuona anco fra noi.
T. Tasso.
44
Egregiam vero laudem et spolia ampia refertis
Tuque , puerque tuus , magnani et memorabile nomea»
Comunem hit 11 c ergo populum paribusque regarnus
AuSplCiiSe
Virgilio.
45
Ei promette a lo incontro assecurarti
Il non ben fermo stalo ; e se voi duo
Sarete uniti , or quando i Turchi e i Persi
Potranno unqua sperar di riaversi ?
T. Tasso.
46
Tarn volucres , hominumque genus superabile curìs
Mulcebant placidi tranquilla oblivta somni.
Ausonio.
47
. . . At venter . . .
sine vi t sine labe pudorìs
Arcano tntumuit Verbo. Vigor actus ab allo
Irradiane f vigor omnipotens , vigor omnia complens ,
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NOTE
36 1
Descendi t , Deus il le Deus : totosque per artus
Dat se se , miscetque utero , eie.
•Sannazaro.
48
In gens argtntum mensis y caelataque in auro
Forila facia patrum , series longissima rerum.
Virgilio.
49
. . . Spumare capaccs
Per pateras , largoque novum diffundere nectar.
Sannazaro.
5o
Soccorri a me si che tolta da errore
La vaga mia barchetta prenda porto.
Dondi.
. • . Et limidae dirige navis iter.
Ovidio.
51
F quella che la penna da man destra }
Come dogliosa e disperata scriva y
E ’l ferro ignudo tien da la sinestra.
Petrarca.
52
Grave paupertas malum.
Alceo,
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36a
NOTE
53
SeA innocenti» tm nostram quis exceperil eventus , vi-
des. Pro verve virtutis proemiti , falsi sederti poenat
subimus.
Boecio.
54
Sì per gran colpa de1 signori avari
Che lascian mendicare i sacri ingegni.
Anodo.
55
Tu vatem , tu Diva , mone . • • etc;
. , . Major rerum mihi nascitur ordo^
Or convien di’ Elicona per me versi ,
Et Urania mi aiuti col suo coro
Forti cose a pensar ^ metter in versi .
T Ujui
Dante.
56
ytccìpe igitur haustum , quo refectus
centendas.
in ulteriora
Boecio.
' 57
... E riposati alquanto ,
Torneremo più intenti al novo canto. >j«asstt
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I LUSIADI
CANTO OTTAVO
ARGOMENTO
Il Catual esamina le pitture che sono sulle ban-
diere portoghesi , ed ascolta le spiegazioni che gliene
fa Vasco di Gama. Si toccano in questo episodio i
fatti principali delle istorie di Portogallo sino ad
Alonzo V. Il Samorino chiede ai suoi Indovini che
significhi l’arrivo di questi stranieri , e ne riceve in-
fausta risposta. Trame contro a1 Portoghesi.
I
Il Catual non rivolga dal bello
Vecchio gli sguardi , e lo feria 1’ oggetto
Del scettro eh’ ei stringea d’ un ramoscello
Verde vestito e del barbato aspetto (0;
E chi fosse , e per qual rito novello
Portasse un ramo nella destra stretto (a),
Chiedeva; e per Monzaide rispondea
Il generoso Paolo, e sì dicea;
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364
CANTO
7
Quanti qui vedi alteri aspetti accolti (3)
Entro brevi figure e in picciol loco ,
Invan chiedi , Signor , quale dai volti
Spirasser nelle pugne ardire e foco :
Son tutti eroi già in fredda polve sciolti ,
Ma al grido loro ognora il mondo è poco j
E questi che precede in bianche chiome ,
E Luso , donde a noi venne il bel nome .
3
Figlio di Bacco , e di sue grand’ imprese
Fido compagno e del valor consorte , -
Quanto chiude la Spagna ampio paese
Corse, e parve assai piìi che gucrrier forte:
Poi del tranquillo Doro amore il prese ,
E sulle belle rive ei venne a morte ,
Ond’ è che degli Elisi il nome antico
Converse in Lusitania il suolo aprico (4).
4
Quel verde ramo insegna è a lui nativa
E fu il tirso di Bacco , onde le chiare
Pure sorgenti dell’ origin diva
Scendono a noi più venerate e care ;
E questi eh’ esce del bel Tago a riva
Dai procellosi error di lungo mare ,
E solco segna d’ampie mura intorno,
E vi disegna a Pallade soggiorno,
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OTTAVO
365
5
E Ulisse, che alla Dea che in sen gl’ infonde
Sì chiaro lume , illustre pegno dona.
Egli arse Troia, e per lui sorge sponde
Di ricco fiume a dominar Lisbona.
, Ma quel guerrier che tante correr onde (5)
Fa d’ uman sangue, e sì feroce tuona
Sopra gente che un1 aquila vermiglia
Spiega Ed al Catual Paolo ripiglia :
6
Virìato è costui : lo fé’ natura
D’ oscuià campi abitator selvaggio ,
Ma non belar d’armenti e non verdura
Di prati esser poleano il suo retaggio ;
Dei fier Romani il grido ei solo oscura ,
E ciò che prima olmo nativo o faggio
In sulle patrie rive ombra gli offerse,
In lance ed aste incontro a lor converse.
7
Poiché non arti nè valor poterò
Vincer chi lor premea che fosse vinto (6),
D’ indegno tradimento oltraggio fero
A Vinato che ne giacque estinto.
Questi che presso siegue eroe straniero
E Sertorio di sdegno ancor dipinto :
Ricovra esul da Roma in seno a noi ,
Ed accende ogni cuor de’ torli suoi.
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366
canto
8
Vedilo qui dove le nostre affretta
Falangi incontro alla sua gran nimica,
E pargli assicurar l’alta vendetta
Cinto di portoghese asta e lorica ;
Questa che seco va fida cervettafr),
Sua consigliera la credè 1’ antica
Etate , ed ei par che 1’ ascolti e spire
Seco la grand’ impresa e il bell’ ardire.
9
Questa insegna poi mostra il grand’ Enrico ,
Che primo il Portogallo in dotai sede
Ottiene : Ungaro noi , ma dell’ antico
Gran tronco Lorenese altri lo crede.
Egli dagli Affrican sgombra l’aprico
Terreno, e vincitor piti volte riede
Di Gaileso e Leone , e guida poi
. A sciorre il bel Giordano i guerrier suoi.
10
Ma il Catual nuovo guerrier vedea ,
E ne parea d’ alto stupore impresso ,
Che sol di pochi ei condottier movea;
Ma Barbari dispersi, e quindi appresso
Cader rocche vedeansi, ed egli ardea
In cento pugne d’ uno spirto istesso ;
E ammirato chiedea , come raccoglie
Un solo tanti allori e tante spoglie (8).
ì
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OTTAVO 367
1 1
Tu vedi il primo Alfonso, il maggior nome (9)
Che abbia la fama , il Lusitan risponde ;
Il solo onor di Cristo alle sue chiome
Cotante avvolse vincitrici fronde ,
Ch’ ei vinti gli Afifricani, e prese e dome
L’ empie cittadi e le meschite immonde ,
Quanti ingombravan del bel Tago i liti ,
Volse barbari. culti in sacri riti.
• 12
Se il Macedone invitto , e quei che. nato -
Al Tebro in riva i crudi Galli ha vinto ,
Sì poche schiere raccoglieansi a lato ,
Come costui che sì feroce è pinto ,
Non dome tante genti , e non 1’ armato
Corso ad ignote foci avriano spinto.
Ma il grande eroe mirar tutto in se stesso
Non puossi , e solo è ne7 suoi fidi espresso.
i3
Vedi costui che nobil ira in volto («0
Accende , e fassi al suo signore innante ,
E sgridando il timor da cui fu colto ,
Impon che tomi onde voltò le piante («);
Egas Moniz s’ appella , e tale ha scolto
Ardue in su l’intrepido sembiante,
Che l’incerta vittoria appena il vede
In campo uscir, toma d' Alfonso al piede.
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368
CANTO
*4
Poi de5 guerrieri arnesi ei spoglia il fianco ,
E straccio veste di chi vassi a morte ,
Intrepido traggendo al lato manco
I giovinetti figli e la consorte.
Del detto suo che vede venir manco
Solo sembra turbarsi il guerrier forte ,
Ed in compenso offre la sposa e i figli ,
Ond’ alto esempio fedeltà ne pigli.
1 5
Eccoti Fuas Ropigno che feroce
Sbocca di là donde il nimico attende ,
E piomba così fervido e veloce,
Che preme l5 oste e la città difende.
Miralo poi qual dalla patria foce
Guerriere navi al corso spinge , e incende ,
Dove Abila sul mar siede, le armate
Galee che FÀffrican vJ avea spiegate.
16
Il primo ei fu che gemiti e ruine
Sparse non sol per le affricane ville ,
Ma che tulle ingombrò Fonde marine
D’ impuro sangue e di cadaver mille ;
E ai gran fatti rispose illustre fine.
Che quanto ei piobbe ardor dalle pupille,
Tanto di sangue in così santa guerra
A inalbar poi versò la patria terra.
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O T T A Y O
36;,
' '7
Questi che vedi ristoram all’ acque
Del Tago i cavalier stranieri sono ,
Onde Lisbona al primo Re soggiacque.
Ma vedi quel di Marte orribil tuono ,
Il grand5 Enrico ? Ei per la fede giacque (ia) ,
E cos'i caro de5 bei giorni il dono
JV5 ebbe il Ciel , che qui vedi al vento mossa
Spontanea palma ricoprirne le ossa.
t8
Quegli è Teutonio che improvviso armo3se
A trarre Auronche da tiranno impero ,
Che il danno di Leira il zel ne mosse ,
Già del gran Dio ministro, ora guerriero (i 3)$
E dove cinto di trincere e fosse
Sorge di Santerems il muro altero ,
Ei vola quindi , e quasi dal Ciel vegna ,
Già leva m alto la temuta insegna.
*9
Ma vedi là fra quelle lance alzale,
Onde il Vandalo ferve in aspra guerra ,
Lui che duci e guerrieri, armi e sprezzate
Nimiche insegne quasi turbo atterra ,
E Men Moniz che alle spagnuole armate
Insegna rispettar la patria terra,
E d’Egas figlio il grande genitore
Col volto stesso esprime e col valore (i4>.
Camoens 24
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3yo CANTO
20
Volgiti e mira il fervido Gerardo 05)
Scender d’Evora ov’ ei furtivo ascese :
Sovra 1’ asta s’ appoggia, e con il guardo
Accenna le due guardie' a terra stese :
Nè il grand’ evento siegue incerto o tardo ,
Sempre compagno delle belle imprese ,
Che la città già da nemici cinta
Ignora quasi ancor d’essere vinta.
21
Martin Lopez è questi, e il crudo aspetto
Che stagli a fronte un Castiglian ribelle 06),
Che ad Alfonso sdegnando irne soggetto ,
Si mesce ad armi scellerate e felle.
Vinta Abrante , ei ne va quale da letto
Esca fiume e raccolga acque novelle ;
Ma il generoso ardir Lopez v’ oppone ,
E vinto fra’ suoi fidi è quel fellone.
22
Qui vedi quattro Re che in lega uniti
Movon da varie parti a fera guerra ;
Del gran periglio i Lusitan smarriti ,
Ciò che oprare convenga , instabil erra ;
Ma i pacifici altari e i casti riti
Matteo lascia inspirato e il brando afferra (17),
E su i timidi volti alzandol nudo ,
Grida: Compagni andiam chè il Ciel n’ è scudo.
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OTTAVO
3 71
23
E già nell’aer tremendo segno appare,
A cui braccio mortale invan resiste :
Cadono i Re turbati , e vanno al mare
Reali insegne a impuro sangue miste ;
Indi Alcacér piega la fronte e pare
Maravigliar dell’ armi anco non viste ,
Che T infida in cimier cangiato avea
Ei che pastor la Chiesa un dì reggea (18).
24
Siegue Paio Correa che di Castella (19)
Maestro il nome Lusitan ritiene.
Scorre d’ Algarve il suol face novella
Di Marte, e ingombra di trofei le arene;
Tavila ai nostri caeciator rubella
Ei preme tosto di dovute pene ,
Con arte poi Silvez ripresa , a lui
Giuoco è F ardir de1 difensori sui.
25
Ma dove lascio voi da gloria spinti
Per le contrade galliche ed xbere (io) }
Ecco gli avventurici’ che giammai vinti
Da regie giostre uscirò e guerre vere ;
E questi che al suo piè cotanti estinti
Mira in sembianze fra sdegnose e altere
Gonzal Ribeira fu , cui fare insulto
Gli audaci osar, ned ei si giacque inulto.
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CANTO
%2
26
Or qui raccogli il guardo e costui mira
Che anco ne’ bei vessilli arde di sdegno :
Questi salvò con la magnanim’ ira
La patria ornai piegante a giogo indegno,
Che mentre alln paventa ed altri aggira
Ribelle spirto e di viltà fa segno ,
Fu sol per lui che non signor straniero.
Ma ritenesse il Tago il patino impero :
27
E il Ciel gli diè favore , e dove vano
Ogni valor sembrava alla difesa ,
Col consiglio ei sostenne e con la mano
Le patrie genti e la felice impresa:
Miralo qui l’egregio capitano,
Quanta fra il Guadi'nna e Beti è stesa
Nazion feroce empire di spavento ,
E i feroci pensier spargerne al vento.
28
Egli però che sa che non da Marte ,
Ma dal Cielo si vince ogni periglio,
Si raccoglie devoto in erma parte ,
E prega che su lui rivolga il ciglio :
Senza d lor duce intanto uccise o sparte
Van le schiere, nè resta altro consiglio,
Se non che torni il capitano al campo ,
E lo ravvivi del guerner suo lampo :
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OTTAVO
29 •
Ed ei risponde umfl , che ancor non era
Giunto il momento, e stassi curvo al suolo,
E nuove penne aggiunge alla preghiera
Ad affrettar del b^l trionfo il volo .
Talché 1’ etade degli eroi primiera
Il suo Pompilio più non mostri solo.
Che in mezzo all1 armi e fra guerriero squillo
11 sacrificio suo compiea tranquillo. .
30
Questi , che uno sperar sì vivo in Dio
Guidò all’ armi compagno ed al valore,
Si nomeria Scipion se del natio
Suo nome esser potesse altri maggiore (ai) ;
Ma la felice terra che il sordo
Sempre Nymno il dirà, che non minore
Di quante mira il Sol *arà per lui ,
F ormando al grand" esempio i figli sui.
3?
Qui sul violato suol gl’ Iberi ardiri
Insiegue il fier Rodrigo, e i pingui armenti
Ritoglie che i predon traean rapiti,
Benché poche raccolte ei s’ abbia genti ,
E i lacci scioglie a un suo fedel , feriti
Altri di loro, altri di vita spenti; .
E la F ernan d’ Elvas la spada mostra
Che il sangue reo d’un traditore rimostra.
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374
CANTO
32
Nè questo sangue sol, ma tanto ancora
Bebbe del Castiglion la spada istessa,
Che di Seres il campo ne colora
Tutta l’ oste nimica a preda messa :
Ma vedi tu quei che alto in su la prora
Stassi e sfida il nemico che s’appressa?
E Rui Pereira, e in quest’ istesso aspetto (aa)
Alle patrie galere oppose il petto (*3).
33
E d’ altra parte poi mira quel colle
Che scabro sorge e di fresclr5 ombra nudo ,
E quant’ armata genie al piè gli bolle
Che sovra di se stessa alza lo scudo :
Son tutti Castiglian che l’aspra zolle
Tentano superar del sasso ignudo ;
Ma già noi ponno, e per l’alpestre schiena
Balzar gli vedi in giù spiranti appena ;
34
Chè di là dove il colle ergeasi altero
Sol diecisette nostri all’ alte imprese 0»4>
Scelti, col lampeggiare e il tonar fero
Han le nimiche schiere al suolo stese r
Nè ti stupir che il bell’ ardir guerriero
Fin dal gran Vinato a noi discese ,
A cui col più magnanimo ardimento
Contro mille Roman valser trecento.
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OTTAVO
35
Enrico e Pietro (»5) da Giovanni usciti
Qui a bell’ opre d’ onor movono insieme ;
Nè sai su q;ual dei duo sembianti arditi
Brilli più viva la paterna speme :
Un del suo nome empie i Germani liti ,
L’ altro sul mar vola primiero e preme
Ceuta che fuor dell’ onde uscire il mira
Qual lampo nunzio di terrore e d’ira.
36
Quegli è Pietro che intrepido sostenne
L’ intera Barbaria due volte armata ;
E questi, a cui qual Marte ardon le penne 0»6)
Del bel cimiero e tien la spada alzata,
Alcacere difese e il petto tenne
Incontro al fulminar d’ immens’ armata ;
Ma mentre fassi al suo signore scudo, !
Il non suo colpo il fe’ di vita ignudo. •
37
Molti vedresti ancor feroci aspetti ,
E magnanimi duci e opre famose;
Ma il color non adegua i grand’ oggetti,
E le bell’ aiti scendonvi ritrose ,
Che invan opra d’ ingegno avvien che aspetti
Nobil mercede d’ alme neghittose (*7) ,
Chè parton rivi è ver di fonti puri ,
Ma s' insozzan tra via torbidi e impuri.
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376
CANTO
38
Gli avi ed i padri or d’ Oceàn che freme
Vinsero 1’ ire , or superaro il Moro ,
Onde vita e splendor scendesse insieme
Nei gran nepoti che verri an da loro :
Ma dov’ è mai che il generoso seme
Metta radici e spieghisi in bell’ oro ,
Se d’ ozio e di piacer per molle strada
Scingon qual peso l’onorata spada Ca8) ?
39
Altri v’ha che sol grande è da se stesso
E non sol da color che furon pria,
E il numero ne fora anco più spesso
Se n’appianasse alto favor la via.
Ma chi regna sol mira ove con esso
D’ alto derivi nobiltà natia ,
E virtude sovente , animo egregio
Soggiace a chi di molte etadi ha pregio.
4°
Però non niego che talor d’ aprico
Terren venga sì florido -arboscello
A cui l’ interne vie l’umore antico
Scorra e il faccia di chiome ombroso e bello;
Ma raro è ormai chi di virtude amico
Si mostii , appena o questo volto o quello
Vedi di lor cne il bel pregio nativo
Serbili del tronco e dell’ illustre rivo 0*9)*
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OTTAVO
377
4*
Così quanto ne’ gran vessilli avea
Finto egregio pennel co’ suoi colori ,
E che ondeggiando a fresco ciel parea
Muoversi e lampeggiar di nuovi ardori ,
Paolo spiega a colui che ne bevea
Coll’ orecchio e col guardo alti stupori ;
Nè pago è sol di quanto ascolta e vede,
E cento volte un fatto stesso chiede. ,
42
Ma già 1’ aura si fea gelida e bruna (3o) ,
Che volta il sole altrove avea la fronte
A genti che n’. infiorano la cuna
Mentre par che morendo a noi tramonte i
E il Catual mirando il di che imbruna,
Pria che- tutto si tinga l’ orizzonte ,
Da Vasco s’accomiata, che l’oscura
Notte al riposo destinò natura.
43
Di palpitanti viscere frattanto
Fumavan Pare, e i sacerdoti impuri
Stavanle muti e riverenti accanto
Solleciti a raccome i grandi augiiri ;
Che chi vestiva allora il regio manto
Imposto loro avea che non oscuri
Segni spiasser della gente uova,
E che sperarne o che temerne giova.
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378 x canto
44
Ma Satanno , a cui gli empii sacrifici
Offerti sono e quelle vittime arse ,
Scopre di tetro fumo infausti indici,
E le viscere insozza a terra sparse ;
E turbato il ministro d’ infelici
Presagi , appena timido appressarse
' Osa al sovrano , e farne manifesto
Che l’ospite novel gli fìa funesto (3l).
4^
S’aggiunge a questo ancor, che ad un diletto
Ministro di Macone il Teban Nume
Appare , e del profeta coll’ aspetto
Inganna lui che ha dolce e pio costume.
De’ patrii riti ardea nel costui petto
Alto zelo , ed accolto in sulle piume
Cosi Bacco gli parla e si n’ accende
Il dubbio cor che a rei pensier già pende.
46
Alto mal vi minaccia, e là dal mare
Sorge il periglio che v’ annunzio io stesso.
Presto sorgete , o genti a me si care ,
Ed il cacciate pria eh’ ei vi sia presso :
Indi lo scote ; pur non cosi chiare v
Suonan le note a lui dal sonno oppresso ,
Che distingua se larva o voce sia ,
- E ritorna a dormir cheto qual pria.
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OTTAVO
•*79
47
Il Nume allor maggior sembianza prendè,
E fischia tal che sembra idra o cerasta.
Non vedi tu colui da cui discende
La legge che il battesmo a voi contrasta?
10 per te veglio, e te, che il fato attende,
11 gran periglio a risvegliar non basta?
Su su, ti scuoti, che già scende al lido
Popolo ignoto e ai nostri riti infido (3a).
48
Pria che piè fermi, dal novel soggiorno
Cacciata sia la nuova gente o uccisa;
Che quando appena il Sole indora il giorno,
Senza periglio umano guardo il fisa ,
Ma poiché gli ampii cieli arde dintorno ,
Cieco il guardo divien che in lui s’ affisa.
Tal fia di voi se poca parte solo
Consentite a costor del nuovo suolo. ‘
49
Balza allor sbigottito , e i lumi intenti (33)
Volge , e l’ irato volto ei più non vede , -
Ma si sente gli spiriti bollenti
Di fuoco tal che non comprende , e chiede
Lume , ed i servi desta , e par che tenti
Scuotere il Nume che l’ investe e fiede ;
Aspetta r alba appena , e scopre a? sui
Compagni quanto il sogno ha mostro a lui.
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38o
CANTO
5o
Qual fra saggi addivien , Ira loro loco
Non ha un consiglio sol, ma ognun s’ oppone,
Altri il ferro minaccia ed altri il foco ,
E tradimenti e insidie altri propone.
Concordan tutti alfìn che a sperar poco
Da violenza fora e da tenzone,
E consiglio miglior con doni ed oro
Eia trarre i Catuali ai desir loro (34).
5t
Ora promesse ed ora suono infido
Di voce a questo e a. quel spirando vanno,
Che se la nuova gente a far qui nido
Venga, i nativi quindi errar dovranno;
Che non tengon costor terra nè lido .
Ma per tutto lor pregio il rapir hanno ;
E che sperar , dicean , da chi costume
Tien della forza sua farsi il suo nume?
5a
Oh quanto deve chi s’ asside in trono
Vegliar col saggio guardo e col pensiero,
E geloso -spiar se a cui fa dono
De suoi segreti , un cor chiuda sincero !
Che degli altrui lamenti e voci il suono
Non giunge a lui se non dal consiglierò ;
E se malvagio è questi, ove il regnante
11 vero scoprirà nel suo sembiante (35) ?
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OTTAVO
I Catuàl, che il popolo commesso
Reggean, dell’oro il suon già vinti avea,
E dai comun pai’er già s’ era espresso
A Vasco differir ciò che chiedea.
Ma mentre questo e quel del rio successo
L’ occulte fila dentro se volgea ,
Al capitan lenti pareano i giorni
Onde contento ai patrii lidi ei torni:
54
Altro pensier non ha che al suo signore
Recar del nuovo suol certa novella ,
Ond’ ei possente di guerriere prore :
Le armate genti sue spedisca a quella ,
E distenda lo scettro vincitore
Anco su i venti ignoti e la procella,
Ch’ ei cura non avea che di Scoprire
L’ indico suolo e i nuovi man aprire.
55
Però tornarne al Re rivolge in mente ,
E pregar lui che il suo partire affretti ,
Chè già i pensieri della nuova gente
Al saggio duce divenian sospetti.
Ma il Re che tristi nuove ovunque sente,
Ondeggia in piena di confusi alletti.
Nè degli auguri suoi che molto onora,
Ma de’ Mori il gridar premealo ancora.
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382
CANTO
56
Quindi il timor che forse il regno tolto
Non gli sia da costoro il cor gli move';
Ma cupidigia, ov’ha il desir rivolto,
Dal disegno primier quinci il rimove ;
Che ben conosce il Samorin che molto
Fia che amistà col Lusitan gli giove,
E che certi verran vantaggi e vari
Se fian comuni alle due genti i mari:
57
E molto chiede de’ consigli altrui,
E i diversi parer tacito pesa;
Ma quello alfin de’ consiglieri sui
Ascolta ^he lo move a ingiusta impresa ,
E senza indugio impon che torni a lui
Vasco cui grave ogni dimora è resa,
E giunto appena: Aprimi, dice, il vero (36),
jKè timore ti vinca o altro pensiero.
58
Ignoto a me non è che te fortuna
Guida, ed errando vai per. l’ Ocedno ,
Nè che parte dal ver quanto di cuna
Vantasti altera e di reai sovrano.
F orS’ è vèr, o ha di ver sembianza alcuna,
Che sì ardito signor dal più lontano
Lido d’ Esperia i legni spinga dove
Se Sano terre ignora e genti nove:
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OTTAVO
3S3
59
Ma se , qual dici lu , da lieti regni
Or movi il corso e da reale sede ,
Quali del tuo sovrano illustri pegni
Rechi e d1 egre gii doni ampia mercede (3?) ?
Che costume giammai fu ai chi regni
Sol con vago nocchier mercarsi fede,
E con doni ed ,indicii men fallaci
Si stringono fra i Re trattati e paci.
60
Ma se , qual d’ altri fu , cacciato or sei
Dal natio suol per nera opra d’ inganni ,
Tutto è patina ad uom forte , i regni miei (38)
Ristoreranti dai sofferti affanni;
Nè se predando il mar tu corra, dei
O minacele temerne od altri danni,
Che il conservar la vita è sacro dritto ,
E per man di natura il portiam scritto.
61
Il saggio capitan che già sospetto
Avea de’ Mori, avvisa tosto donde
Nasce il nuovo timor nel regio petto,
E alteramente al Samorin risponde ;
Ma Vener di grandezza ogni suo detto (39)
Cosi ne sparge e tal grazia gl’ infonde,
Che un non so che di generoso e grande
Il sembiante e la voce intorno spande.
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384
CANTO
62
Se l’uoin dal suo Fattor perfetto nato,
E posto fra i piaceri in lieta riva,
Non si turbava quel tranquillo stato
In lui disceso dall’ origin diva,
Ed il fonte de’ mali a lui celato
Col suo disubbidir ei non s’apriva,
Regnato avria giammai malizia e frode
Che or di si fier sospetto il cor ti rode.
63
E però vuole Sapienza eterna
Che sol si arrivi al ben vincendo il male;
E la speranza col timor ne alterna ,
Onde comprenda l’ uom d’ esser mortale,
E consente così che tu non scerna
L’ inganno di coloro a cui sol cale
Che tu di me diffidi , e per secreti
Empii disegni il ritornai* mi vieti.
64
Ma dimmi? se sul mare io di rapine
Vivessi del terren nativo fuore,
Altre acque forse non avrei vicine,
Su cui spiegar le predatrici prore ,
Perché varcai* l’ Antartico confine
Quasi preda fingessi a me maggiore,
Correndo sott’ opposti ignoti cieli ,
E fra cocenti ardori e acuti geli ?
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OTTAVO
385
65
Che se meco io non rechi egregio dono,
Senza cui credi il mio parlar fallace,
Sappi che dal mio Re spedito io sono
Sol d’ India esplorato!* ; ma se ti piace
Che al Tago io tomi, e de5 tuoi pregi il suono
Giunga meco colà fido e verace,
Ben avrai doni qoai tuo grado chiede ,
E quai d’ altero Re ti faccian fede (4°).
66
Nè ti stupir se di remoto regno
Signor si lunge le gran navi affida.
Perchè a leon magnanimo lo sdegno
Cresce a par del cimento che lo sfida;
E se ti poless’ io dentro l’ ingegno
Imprimer quale ardir in sen gli annida,
La maraviglia non avrebbe loco,
E questo ancora ti parrebbe poco h
67
Chè i portoghesi Re dai più remoti
Di formaro F altissimo pensiero
Di vincer ogni rìschio, acciocché noti
Fosser di nome ovunque ower d7 impero (41);
Nè benché vani e in varie parti ignoti
Mar giaccian sotto incognito emisfero ,
Intentala lasciare arena o lido
Ove giunga e si franga il flutto infido.
Caino cns "i 5
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386
CANTO
68
E il gran sentiero ai Lusitani aperse
Quel fortunato Re che ardita prora
Spinse primiero , e d1 Abila disperse
L’empio Affrican che v’avea nido ancora (42),
Che il figlio altero oltre scorrendo seerse
Nuove luci del ciel sol viste allora,
L’Idra, la Lepre, la bell’Argo e l’Ara (43),
Ond’ e lunge da noi la notte chiara.
%
.Altri quindi successe , e l’ ardimento
A nuove imprese ognor più vivo sorse ;
E dove l’ un straniero nembo o vento
Incontrò prima, altri più lunge corse:
Affiica ad Austro volta ove d’ attento
Nocchier lo sguardo mai non vide l’ Orse ,
Già tutta corsa abbiamo , e invan per noi
Versa il Tropico ardente i calor suoi ;
70
Che i gravi inceudii superati e vinti
Quanti il vento ampii mar mesce e confonde,
Fra i bei margini alfin d’ oro distinti
Del ricco Gange veggiam correr Y onde ,
E da stranie procelle urtati e spinti
A scogli infami, a scellerate sponde,
Ti siamo al piede e ti chiediam sinceri
D’ India pel signor nostro indicii veri.
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OTTAVO
7 1
Ti sembra , o Re , che tante cose e rare
Finger convenga per si vii cagione , *
E che a fil cosi debile fidare
Debba la speme sua sozzo ladrone ,
Che volendo saprei tonar sul mare,
Nè de’ diritti miei render ragione ,
Ma di questo e di quel spogliar crudele
Le ricche terre e le vaganti vele.
72
Però, se quant’ io parlo, al regio core
Giunge puro qual parte a me dal petto ,
Deh! non mi tolga inganno il tuo favore
Ond?io riveggia il patrio lido e il tetto (44):
Che se orma anco rimanti di timore ,
Eccomi: al tuo giudizio io mi commetto.
Che verità si splendida e conforme
Nascondere non può le vaghe forme (45).
73
Pendea rapito il Re dalla sectira
Fronte di Vasco, e da' suoi gravi accenti,
Nè creder può che la menzogna impura
Si vesta di maniere sì possenti :
In sè rivolge i detti e s’ assecura
Che già non è di predataci genti
Tal parlar, ma che il vero il capitano
Dica , ed i Catual temano invano.
e
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388
CANTO
74
E la speranza concepita innante
Aggiunge al creder suo nuova ragione ,
Onde approva col placido sembiante
Quanto u sagace capitano espone.
Più vale in lui quel ragionar costante
Che 1’ arti ree de’ Catuali , e impone
Che alle navi intorni, e di natia
Merce amico cambiai* fra lor vi sia.
7$
Sì, manda pur senza sospetto, e in pegno
N7 abbiti certo la reai mia fede :
Quanto recasti tu dal patrio regno ,
E i nostri frutti traine indi in mercede.
Stabilito così l7 amico segno ,
S7 inchina il capitano al regio piede ,
E verso il Catual , da cui dipendo
Tornarlo alle sue navi , il cammin prende.
76
Ma non fresco aleggiar di remi , o mira
Spiegarsi alcun di bianca vela al lito ,
E ne chiede colui che altrove gira
Tosto lo scaltro ragionare ardito,
E seco poi per vie lontane il tira
In fin cne venga il chiaro dì rapito,
E fai* dove il Sovran non veggia od oda
Quanto consiglia a lui l’ iniqua froda,
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OTTAVO
389
77
Dice che tosto i chiesti legni avria ,
Onde i suoi riveder sicuro e cheto:
Soggiunge poi che il nuovo dì potria
Aspettar , e il tornar ne fia più lieto ;
Ma il capitano in se raccolto spia
Quel suo parlare , e ondeggiane inquieto,
E da que’ tanti avvolgimenti sui
Scopre che vinto i Mori avean colui;
78
Anzi solo da lui l’infida gente
Il fin si promettea del reo disegno,
Che altri di senno e autorità possente
Dopo il Sovrano non avea quel regno:
Ed egli or tutto finge, or tutto mente,
Rivolgendo sagace e scaltro ingegno
Onde la trama alfin dell’ empio inganno
De’ Portoghesi congiurasse a danno.
79
H capitan di partir chiede, e il preme
Col permesso reai che seco avea ,
E che già quanto stabilito insieme
Era col Re, vietar ei non potea;
Che le merci cambiar doveansi , e teme
Che ogni tardanza aspetto abbia di rea ,
Nè che a fido vassallo il come o il quando
Esplorai* lice di reai comando.
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390
CANTO
80
Ma nulla move il Catual cui fìtto
E il reo disegno da perverso fato ,
E per quai modi affretti il suo delitto
Volgendo va nell’ animo turbato ,
Od il ferro bagnar nel fianco invitto
Di lui che il crede amico, oppure armato
Di faci i legni violarne , donde
Non più ritorni alle native sponde (46).
81
Dopo molto pensar ciò solo approva
Ch’ erano qui 1’ arti de’ Mori intente ,
Onde d’india giammai sul Tago nuova
Giunga, nè come il nuovo mar si lente:
A Vasco non ragion, non priego giova,
Che tornare non può s’ ei noi consente ,
Perchè tutto in potere era di lui ,
E dipendea ciascun dai voler sui :
82
E a quanto adduce in suo favor, risponde:
Che P armata s’ appressi e afferri il lito ,
Onde il cambio proposto, e dalle sponde
Sia 1’ andare e il tornar lieve e spedito ;
Chè il tenersi sì lunge alto sull’ onde ,
Mentre un Sovrano fea gentil invilo,
Era di ladron segno o di nimico
Che schiva i porti, nè alcun crede amico.
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OTTAVO 3gi
33
Vasco , che col pensier veglia e col ciglio.
S’ avvisa ben che tal favella 1’ empio
Onde trarre le navi al gran periglio
E gl’ incendii destar quindi e lo scempio ,
E quanto ha di valore e di consiglio
Richiama, e antico volge e nuovo esempio,
E tutto teme , ed alla dubbia mente
Giunge sospetto quanto vede e sente (47)1
84
Qual se tu specchio opponga al sole , in esso
Si riflette così la luce lieta,
Che pare il lucidissimo inflesso
Altrove riprodurre il bel pianeta;
E se Faggiri poi, così da presso
La luce quel rotar siegue inquieta,
Che su’ tetti, pei muri, e par che vele
Or alto or basso e in cento parti il sole (48).
85
Tal Vasco balza a quella parte e a questa
L’ alta procella dei turbali affetti ;
- Pure in tant’ ondeggiar pensier gli resta ,
Se forse lui Coeglio al lido aspetti;
E al grand’ uopo ha così la mente presta ,
Che fa che alcun secretamenle affretti ,
E a nome suo tornar gl’ imponga, e eh’ egli
Teme d’inganni e sull’armata vegli (49?.
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392
CANTO
86
Così color che ravvivar vorranno
Gli eroi che polve sono ed ombre ignude,
Sovra il nemico ognor a spiar hanno,
E far che il pensier vegli e P opra sude 5
Gl’inganni antivedere, indi l’inganno
Vincer con la fortezza e la virtude ,
Chè tingeria d’ alta vergogna il volto
A un capitano il dire : Io venni colto (5o).
87
Nel barbaro disegno immoto il truce
Catuale a Vasco i lacci suoi non spezza :
Alteramente generoso il duce
L’ ire egualmente e le minacele sprezza :
Pronto a non più mirar la vaga luce
Oppone a rio pensier nobil fermezza, .
E faccia quanto sa 1’ altrui livore
Pur eh’ ei salvi le navi al suo signore!
88
Già scorsa era la notte, e il nuovo giorno
Già rivolgea per l’ alto il carro acceso ,
Chiede Vasco di fare al Re ritorno ,
Ma da’ custodi suoi gli vien conteso.
Pur sospetto che sparso il fatto intorno
Attiri a lui del regio sdegno il peso
(E si spargea se oltre il furor ei spinge)
Di tema l’empio Catuale stringe.
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OTTAVO
^9?
89
Arti novelle volge , ed a lui chiede
Che condur faccia le sue merci al lido.
Vediam , dice , se in cor pensier ti siede
Nimico, o se la fe risponda al grido.
Del nuovo inganno il capitan s’ avvede ,
Pur gli consente quanto ei chiede infido ,
Che alla sua libertà cieca fortuna
Strada non offeria se non quest’ una.
9°
Ma Vasco esporre de’ suoi legni alcuno
Nega, che tutto da costor paventa,
E stringon patto insiem che mandi l’uno
I legni, e che le merci egli consenta:
Quanto conchiuso avea col popol bruno
Scrive quindi al fratello , e fa che senta
Che se dubbio opponesse ower dimora ,
In sulle spiagge ei fia ristretto ancora.
91
Giunte al lido le merci , le raccoglie
Avidamente il Caluale avaro ,
E del pregio natio che in lor s’accoglie
Restauri interiditor Diego ed Alvaro;
Indi i suoi lacci al capitano scioglie,
Chè pargli ritener pegno più caro ,
E quel che al giusto ed al dover non piega
Priego o comando merce vile or lega.
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3g4
CANTO'
9»
Comprende ben che Sol vergogna e danno,
Se più Vasco ritien. vernarne a lui,
• E già ri tesser più sècuro inganno
Spera con queste , e il torna ai legni sui :
E Vasco che più cauto i casi fanno,
Visto che sia fede e promessa altrui.
Nè che tornarne a terra ornai gli giove,
Giunto alle navi , piè di là non move.
93
Qui cautamente il saggio duce aspetta
Che scopra il tempo i dubbii eventi ancora,
• Ohe esperienza a lui consiglia e detta
Nulla sperar da chi menti finora.
Oh come è spesso ragion negletta,
Come si priega invano , invan si plora
Laddove spiega P interesse insegne ,
O in alto seggio, o in loco umile ei regne (5i)
94
A Polidoro ampia ricchezza e inolia
Presso il Trace crudel comprò la morte (Sa),
E vaga pioggia in lucid’ oro sciolta
Ruppe di Danae le ferrate porte :
Tarpea delle promesse il suono ascolta ,
E tanto in lei di patria è P ór più forte ,
Che il fier nimico entro la rocca accoglie ,
Sebben quindi in mercè morte ne coglie.
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OTTAVO
395
95
Apre questi le rocche , ed al nimico
Più vai del ferro ad ogni gran cimento :
Questo il forte fa vii, finto l’amico*
E la frode consiglia e il tradimento;
Nè v’ ha fior di beltà cosi pudico
Che non calpesti il barbaro talento ,
E fin di coscienza i gridi oppressi
Svolge da retto fin gli studi istessi :
96
Quindi di leggi interpretar fallace,
O leggi a cui non è sorgente il vero;
Quinci ingiustizia e avidità rapace ,
E forza e dritto di tiranno impero :
Ed ogni mente ove gli giova o piace
Volgendo regna qual signore altero,
E fin talora dentro il tempio eletto
Onor s’ usurpa di mentito aspetto (53).
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NO TE
AL CANTO OTTA VO
. . . U„ venerando vecchio
Che con la barba bianca fino al pelle
Mostra gran reverenza nell' aspetto.
B. Tìss*.
a
Quii procul ille autem ramis insignii olivae
Sacra ferens ? nosco crines incanta/ ite manta
Jlegis Romani.
Virgilio.
S
Questo passo e una imitazione tirilo scudo d’ Enea
ohe V mere fa foggiare a Vulcano il quale nella pit-
tura di V irgilio divenne un quadro profetico della gran-
dezza di Roma.
4
Tra le diverse origini che si assegnano al nome di
Lusitania , è anche questa , che i campi tra il Do uro e
la Guadiana si chiamassero Lisii od Elisii per la lorq
amenità, e quindi venisse a tutto il regno l’antico nome
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398 NOTE
di Lusitania .conte dalla città di Porlo ne venne il nome
moderno di Portogallo.
5
Ma chi è quel Jier che a se d’ intorno allaga
Del Moro sangue V arenoso lito ?
Mari irono.
6
JHanc hosti gloriam
non potuisse.
dedit y ut videretur aliter vinci
Floro.
7
Egli è Pompeo , ed ha Cornelia seco.
Petrarca.
8
Quis y pater , ille virum qui sic comitatur euntem?
Virgilio.
9
. . . Hic Caesar'et omnis luti
Progenies magnum caeli ventura sub axem.
Virgilio.
10
Quel che in sì signorile e sì superba
V irta vita prima , è Cesar , che , ec.
Petrarca.
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NOTE
399
il'
. . . neque terrilus heros
Acrior ad pugnarti redit et firn suscitat ira.
Virgilio.
la
Codesto Enrico era un prode Alemanno, nato a Bon-
neville vicino a Colonia. Le cronache portoghesi rife~
riscono i miracoli che il poeta gli attribuisce. Si vede
oggidì ancora la sua tomba nel monislero di San Vin-
cenzo , ma non vi si trova il palmizio.
il
Quia et Marrubio venil de gente sacerdos
Fronde super galeam et felici comptus oliva ,
Archippi regis missu , fortissimus Umbro.
Virgilio.
14
• _ • .Et qui te nomine reddet
Sylvius JEneas.
Virgilio.
15
Il Gerardo , al pari di molti eroi di queJ barbari
tempi , non fu dapprima che un malandrino. Egli era
di nobile condizione. Ma divenuto colpevole di molti
delitti i onde sottrarsi alla persec azione della giustizia ,
si fece capo di una masnada di ladri che inspirarono
fero spavento. Nondimeno mai non depose il pensiero
di riconciliarsi col suo Re per mezzo di qualche azione
strepitosa. Per la qnat cosa tentò di espugnar Evora
che apparteneva ai Mori. Egli sorprende le sentinella
addormentate e le scanna, taglia a pezzi la guarnigione v
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NOTE
4oo
« si impadronisce della città , che consegna nelle mani
di Alfonso I. Tal servigio fece dimenticare i suoi
trascorsi er rori . e gli ridonò la buona grazia del suo
sovrano. Egli fu eletto governatore di E vara , la quale
fin d’ allora porta nello scudo del suo stemma un ca-
valiero il quale lien la sciabola in una mano e due
teste nell’altra .
16
Don Pietro Fernandes di Castro apparteneva ad una
delle più illustri famiglie di Spagna. Avea ricevuto un
oltraggio dai Copti di Lara , e non polendo esserne ri-
sarcito perche il Re li proteggeva , si ritirò presso i
Meri , e fece indifferentemente la guerra agli òpagnuoli
ed a ’ Portoghesi.
*7
Don Matteo , vescovo di Lisbona , il quale sotto il
Re Alfonso I si pose alla lesta dì poche truppe per
togliere ai Mori Alcazer. Gli storici portoghesi hanno
scritto che i soldati di don Matteo erano in punto di
darsi alla fuga , aliar quando il vescovo si mise ad
orare , e nel momento istesso fu visto nell ’ aria un ve-
gliardo , vestito di bianco , il quale avea sul petto una
croce rossa. Ad uno storico si convien dubitare della
verità di tali miracoli , ma un poeta dee giovarsi del
maraviglioso che gli vien fatto d’ incontrare j qualun-
que ne sia d’ altronde la fonte .
18
L’ uno e V altro di lor , che nei divini
Uffici già tratto pio ministero .
Sotto V elmo premendo i lunghi criniy
Esercita de V armi or l’ uso fero.
T. Tasso.
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NOTE
401
*9
Egli erti «no degli uomini più valorosi del suo se-
colo , e gran maestro dell’ ordine di San Giacomo. Du-
rante una tregua , da lui fermata coi Mori , alcuni ca-
valieri del suo ordine, che erano a caccia nella campagna,
furono improvvisamente attaccati da una numerosa truppa,
di inimici. Essi valorosamente si difesero e venderono a
caro prezzo la vita. Il Correa vendicò la strage di quei
valorosi colla conquista di Tavila , ove mise ogni costi
a ferro e a fuoco.
ao
Erano essi , per quanto si dice, il Gonzales Riheiro,
il quale più sotto vien nominato il V osco Anez , e
Ferdinando Martines di Santaron. La specie di caval-
leria errante , professata da loro , era tuttavia comunis-
sima nel lor secolo.
21
. . . Nec Romula quondam
Vllo se tantum tellus jactabit alunno.
Virgilio.
22
Una flotta numerosa di Castigliani veleggiava verso
il porto di Lisbona , e correva ad assalire quella città.
jLe galere portoghesi che la difendevano , ineguali d’ assai
in numero ed in forza , non potevano scansar d’ esser
predate, se l’inimico si avvicinava. Il Rujr Pereira
colla sola sua nave mosse contro il vascello ammira-
glio e venne all’ arrembaggio. Egli pugno lungamente ,
come un uomo che ha rinunziato alla vita , e perì ; ma
procurò alle galere portoghesi il tempo sufficiente pei-
ripararsi al sicuro.
Camoens
26
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NOTE
a3
402
. . . e scudi y
Fa del suo petto a la diletta amica.
B. Tasso.
*4
I Castigliani assediavano la città di Almada , posta
sopra una montagna , presso a Lisbona. La guarnigione
non aveva acqua. Bisognava andarne a cercare a f piedi
della montagna , e V impresa era pericolosa. Diciassette
soldati discesero per attignerne , e furono scoperti dagli
Spagnuoli } i quali corsero addosso a loro in numero di
quattrocento. I Portoghesi si difesero, con valore , e fu-
rono fortunati a segno di ricondursi salvi nella citta.
a5
Don Pietro , figlio di Giovanni I , visitò quasi tutte
le corti dell’ Europa , e segnalassi principalmente in
Alemagna , dove combatte contro i Turchi sotto le ban-
diere dell’ imperato r Sigismondo.
26
Alfonso V essendo uscito un giorno da Ceuta , fu
attaccalo da un numeroso drappello di Africani . a4
•Trave stento egli ricovrossi in citta , e non si sarebbe
tolto a ’ suoi nemici se l’intrepido valore di. don Duarte
di Fin mie e di pochi cavalieri del suo seguito non
avesse tenuto saldo contro In folla ilei Mori. Il V ialine ,
oppresso dal numero , cadile vitiima dell ’ eroico suo
zelo.
, \
27
Honos alit artes. Noto proverbio, o, conue dice Tullio,
Pro tmi a stimulant ad virtutem.
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0 T E
38
4o3
/,’ ozio , /a e Z’ oziose piume
Hanno del mondo ogni virtù sbandita,
39
Dine tua me virtus rapit . . ■
. . quae , si deesset tibi forte creato
Nobilita s, eadem prò nobilitale fuissel.
Nam quid imagi nibus , quid avitis f ulta trmmphis.
Àtrio, quid pieni numeroso tonsille fasti
Prof, , crini , cui vita labat ? Perii ornai s in ilio
Nobilita s cujus laus est in orìgine sola.
Felix, qui tantis animimi natalibus aequa s
Et parteni Ululi non summam poms in '‘‘is.
Lucano nel Panegirico a risone.
3o
Lo giorno se n’ andava , e V aer bruno
Toglieva gli animai che sono in terra
Da le fatiche.
3l
Dante.
Il poeta segue fedelmente le storiche tradizioni. Il
Barros racconta nella prima sua Deca aie un indovino
fece vedere al Samorino di Calicutle in un vaso pieno
{l’acqua alcuni vascelli che venivano nelle Indie di
lontano , e. gli disse come quelli eh orativi sopra , di-
strutto avrebbero nell’ Oriente l’impero dei Mori. *
3a
Soliman , Solimano, i tuoi sì lenti
Riposi a miglior tempo ornai riserva :
Che sotto il giogo di straniere genti
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MOTE
404
Za patria , ove regnasti , ancor è serva.
In questa terra dormi , e non rammenti
Chi insepolte de’ tuoi V ossa conserva ?
Ove sì gran vestigio è del tuo scorno ,
Tu neghittoso aspetti il nuovo giorno ?
T. Tasso.
33
u4t vero JEneas aspectu obmutuit amens
yittonitus tanto monitu imperioque Deorum
Mncsthea , Sergestumque vocat.
34
Virgilio,
E con lusinghe , con minacce e doni
Di corromper cerco tutti i Baroni.
35
. . . Che non chiaro si vede
Un chiuso cor in suo alto secreto.
B. Tasso.
Petrarca.
Nudaque veritas.
36
37
Orazio,
Egli ne recava } ma non erano bastanti per far pren-
dere ad un sovrano delle Indie una idea magnifica del
Be del Portogallo. Erano mantelli di scarlatto , cappelli
guarniti di piume , rosari di corallo , rame , zucchero ,
olio e miele , I possessori dell* oro , delle perle , dei
diamanti e dei rubini non dovevano rimanere abbagliati
da quella specie di magnificenza.
Dia
ìd by Coogle
NOTE
38
4o5
Ontne solum forti patria est , ut piscibus aequor.
Ovidio.
Ed ogni stanza al valentuomo è patria.
Guarini.
39
Minerva istessa in cor P ardir gli pose.
Omero.
4°
Tum Phoebo et Triviae solido de marmore templum
Instituam.
Virgilio.
4*
0 \
Sappi che tanto abbiam sinor sofferto
In mare , in tetra , all' aria aperta e scura ^
Solo acciocché ne fosse il calle aperto
quelle sacre e venrrabil mura ;
Per acquistar appo Dio grazia e merlo ,
Togliendo lor di servitù sì dura :
Nè mai grave ne fa per fin sì degno
Esporre onor mondano e vita e regno.
T. Tasso.
4»
Cacciai d’ Europa , 0 almen di Grecia snida.
Ariosto.
43
Quattro costellazioni meridionali che dominano la
/
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NOTE
4o6
Nigrizìa , il Capo feerie e la Guinea . In quanto alla
spiegazione del loro nome poetico , sì conosce la nave
Argo e P Idra soffocata da Ercole, X ’ origine del
nome di Lepre , imposto ad una unione di tredici stelle
di varie grandezze , si può riconoscere nella somiglianza
fra la disposizione di quello stelle e la figura di questo
animale y come le stelle del carro dell’ Orsa minore
somigliano a quattro ruote e ad un carro. X’ altare ^
dicono i poeti , era quello sful quale gli Dei giurarono
fedeltà a Giove dopo la guerra dei Giganti. Il Saturnio
collocò in cielo quesP ara dopo la sua vittoria. \
44
Nolitc me retinere , quia Dominus direxit me viam
rneam : dimiltite me , ut pergam ad Domina m meum.
Risposta del servo di ALramo a ReLecca,
45
La donna in lui si affisa , e dal suo volto
Intenta pende , e gli atti osserva e mira.
T. Tasso.
46
Qui face Dardanios t ferroque sequare colonos.
Virgilio.
* 47
Ardet abire fuga . . .
Atque animum nunc huc celerem , nunc dividit illue
In partesque rapii varias perque omnia versai.
Virgilio.
Mentre in varii pensier divide e parte
L ’ incerto animo suo.
T. Ta«».
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NOTE
407
Goffredo il dubbio cor voi ve e. sospende
Fra pensier varii , e non sa dove il pieghi.
Teme i barbal i inganni , ec.
T. Tasso»
48
Come quando dall ’ acqua o dallo specchio
Salta lo raggio all’ apposita parte
Salendo su per lo modo parecchio . ec.
Dante.
Sicut aquae iremulum labris ubi lumen aenls
Sole repercussum , aut radiantis imagine lunae ,
Omnia pervolitat late loca , jamque sub auras
Erigitur , summique ferii laqueario tedi.
Virgilio.
Cosi raggio che specchio mobil ferza
Per la gran sala or qua or là si scherza.
Poliziano.
Qual d’ acqua chiara il tremolante lume ,
Dal sol percossa o da’ notturni rai ,
Per gli ampli tetti va con lungo salto
A destra età sinistra , e basso et alto.
Ariosto.
49
. » . Serge stumque vocat fortemque Cloanthum
Classem aptent taciti , sociosque ad littora cogant.
Arma parent , et quae sit rebus caussa novandis
Dissimulent.
Virgilio.
5o
7
. . . Mal convegno
A un capitano dir : Non me ’l pensai.
Ariosto.
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VOTE
Totum quicquid habent homines in terra , pecunia
vocatur.
S. Isidoro.
5a
. . . Polydorum obtruncat et aura
Vi potitur.
Virgilio.
j4urum per medios ire satellites ,
Et perrumpere amai saxa , potentìus
Ictu fulmineo. Concidit angurie
èrgivi domus , oh lucrum
Demersa excidio. Diffidit urbium
Portas vir Macedo , et subruit aemulos
lìeges muneribus. Munera navium
, Saevos ilìaqueant duces.
Crescentem sequitur cura pecuniam
Majorumque fames.
Orario.
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I LUSIADI
CANTO NONO
' ARGOMENTO
Vasco di Gama, scampato dai pericoli e dalle in-
sidie ^ scioglie da Calicuttc e fa vela verso V Europa.
Nel mezzo dell’Oceano Venere gli addita un’isola
dilettevolissima , ove trova ristoro d’ ogni affanno
sofferto, tra gli amplessi di Ninfe vaghissime e nel
seno d’ ogni contento.
4 I
r
.Anvajvo aveano i duo le merci esposte ,
Ed attendean chi le chiedesse invano ,
Che i Catual con frodi ed arti ascoste
Chi ne mostri desir volgon lontano :
L’ empie loro speranze erano poste
Solo in quest’ indugiar fallace e vano ,
Onde frattanto dalla Mecca i legni
Giungessero opportuni a’ lor disegni (i).
CANTO
4lO
a
In riva al Rosso mar presso la bella
Arsinoe , a cui l5 antico nome meno (a)
Venne col tempo, e Suez ora s’appella,
Giace la Mecca , e sopra il vago seno
S’apre il famoso e lieto porto d’ ella,
Che con culto ingannato il Saraceno
Fatta maggior colle sacre acque crede
Che un di sgorgar della gran tomba al piede (3).
3
Gidda è nomato ; nè quel mar migliore
Porto vede su quanto ei cinga d’ onde,
E d’ Egitto al Soldan che n’ è signore
Vene tributa di grand’ór feconde.
Al rinnovar d ogni anno armate prore
Al Malavar movean da quelle sponde r
Tutti dell’ Indo mar solcando i flutti
A. riportarne del bel suolo i frutti.
4
E non lontano era quel tempo a cui
Ricominciava il bel commercio, e il Moro
Or qui tutti volgea gl’indugi sui
Sollecito aspettando il giunger loro,
Che di numer possenti e forze , a lui
Recato avrian ben più che argento ed oro.
Arme e guerrieri onde mine e gravi
Destar incendii alle odiate naviVD.
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NO « O
4 A
5
Ma quél signore, 1 cui santi decreti
Fissò la sapienza ed il consiglio ?
Ed ei li guida per sentier secreti,
Tal che lor non s'opponga arte o periglio,
E giungano al lor fin sicuri e lieti ,
Apre dal eie! sopra Monzaide il ciglio ,
E con quel guardo suo che i cor penetra
Di dolci sensi l’ ammollisce e spetra. A
6
Costui, che altro era delle genti istesse, ■■
Parte agl1 inganni di quei Mori avea ,
Ed ei , dove bisogno lo chiedesse.
Ire alle navi e ritornar potea.
Ma quegli a cui le ineguaglianze stesse
Servono , e gli alti fin trae d’ opra rea ,
Dispon che , tocco da pietade , appelle
V asco in disparte , e poi cosi favelle :
7
Ti sia noto, o signor, che ingiuria e danno
Qui ti prepara il Moro, e solo aspetta
Le amiche n*vi che la Mecca ogni anno
A raccor droghe a questi lidi affretta,
E con loro che armate in guerra vanno
Spera far de1 tuoi legni alta vendetta,
Che, già da tanto mai' battuti, poco
Puon far contrasto, e si ridurli in fuoco.
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.8
Vasco il detto rivolge , e poiché vede
Spirar secondi al suo ritorno i venti ,
Ne rescritto ottener cortese crede
Dal Re che vinto avean le infide genti ,
Impon che ai legni .volgan tosto il piede
I duo , ma si solleciti ed attenti ,
Che niuno del partir sospetto prenda,
E sospettandol poi non lo contenda.
\
9
Il buon consiglio tradì tosto il grido ,
Che qual era narrò la cosa in torno (5) ,
E presi fur, mentre scendeano al lido,
E cinti di custodi in rio soggiorno ;
Ma giunto al capitan , che dall’ infido
< Moro ad essi conteso era il ritorno,
Di ritenere impon siccome pegni
Molti che a cambiar gemme avea sui legni-
lo
In CaKcut assai pregiati e cari
Eràn costoro , e alto romor già porta
* Che tratti vanno prigionier sui mari ,
E la città già del gran danno è accorta:
Intanto il capitan dai seni avari
Vuol che si tragga P àncora ritorta (6) ,
Di partir minacciando , e già s’ ad opra
impaziente ogni nocchiero all’ opra.
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ROVO
4i3
1 1
Le funi avvolge questi , e quegli scioglie
Le vele , e il grido del partir già senti :
Inonda tosto alle regali soglie
Confuso stuol di desolate genti ;
V’odi amico, fratei, figliuolo e moglie,
E fra indistinto suon d’ urli e lamenti ,
Chi lamenta l’ altrui , chi il proprio fato ,
E già da tante grida è il Re turbato.
12
Le merci e i Portoghesi ( e invan ne freme
L’odio de’ Mori nell’inganno colti)
Al capitan invia , pregando insieme
Che 1 suoi gli torni, nè vendetta ascolti;
Che se altri avvolse scellerata speme ,
Parte ei non ebbe nei disegni stolti.
Vasco più lietamente accoglie i sui
Che le preghiere e le promesse altrui.
13
E di partir già risoluto apria
La purpurea sull’ aure alta bandiera,
Che stringer pace , o nuova aprirsi via
D’util commercio più col Re non spera »
Pur come saggio scopritore , ei pria
Che sciolga dall’ incognita riviera
Un peg no reca non fallace o vano
Onde d’ India far fede al suo Sovrano.
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4*4
CANTO
*4
Nato taluno sotto il nuovo cielo
Seco conduce sull’ ardite prove ;
E quale da corteccia , ower da stelo
Fior si colpa, aromatico o liquore ;
Virtù di germi avvolti in bruno velo,
E scorze ardenti di gentil calore
Onde ricca è Molucca , e donde veste
Ctìi'ian le odorifere foreste;
1 5
E ciò per opra di Monzaide , a cui
Luce dal Ciel' cosi vivace piove ,
Che di partir seco risolve, e i sui
Giorni mondar d’acque migliori e nove (7)
Fortunato* Altri can , che a sciorre i lui
Nativi error d' alto spontanea move
Aura possente , e sembra per te solo
Guidare i Portoghesi all’indo suolo*
16
E già d’Adamastóro inver l’australe
Punta volgean le navi , altere e liete
Che lf Aurora scoperto il suo natale
A vesse , e il ferlil suol che l’ Indo miete :
E solo i rischi e dell’ immenso sale
Le instabili vicende ed inquiete
Fean I01* contrasto, e forse ancor l’aspetto
Del fier gigante ne agghiacciava il petto.
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NONO
4i5
l7
Poi Y imago de’ figli e delle spose
Che lor sembra veder conere al lito(8},
E il piacer di narrar le tante acquose
Strade ed L rischi dal cammin tornito (3) ,
E bel premio d’ onor , che alle famose
Opre esser deve insiem mercede e invito *
Succede, e ogni timor cosi discaccia,
Che nocchiero non v’ è che muti faccia.
iS
Ma Venere che veglia alla difesa
De: Portoghesi per voler di Giove ,
E che , a camparli da’ perigli intesa*,
Dolce sovr’ essi il suo bell’astro move,
Lor meditava della bella impresa
Onorata mercede e gioie nove ,
E volea loro le fatiche e i gravi
Rischi di tanto mar render soavi.
r9
Va pria la bella Dea volgendo seco
Quanto solearon già d’ignoti man,
Quanto contro lor mosse il livor cieco
Di Bacco , e in guerra spinti i lidi avari ,
E i venti sciolti dall’Eolio speco;
E vuol che di Netlun tranquilli e chiari
Muovansi i bei cristalli, e die diletto
Sorga dal fondo dell’ algoso ietto.
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4 16
canto
\
20
E quanto il gran disagio a lor rapio
Di gio% aulì freschezza e di vigore,
Non il sol mar e il zeffiro natio
Ma bel fratto amoroso anco ristoro ,
Pur consiglio le par quel suo disio
Far chiaro e manifesto al figlio Amore ,
((h’ei tutto puote, e i Numi in mortai velo
Trarre quaggiuso e 1’ uom rapire al Cielo)
21
Che il bel sen vorria lor d’ un’ isoletta
Sull’ onde stesse oilrir, da cui già nacque,
Ove fiori il bel suolo e frutti metta ,
Ed ombre spieghi , e corra di dolci acque;
Che Oriente più d5 una a lei diletta
Ne chiude , ed ella donde ignota giacque
La trarrla sulle chele onde marine
Quando le belle navi avvia vicine Ciò).
22
E che del vecchio Nereo le donzelle
Chi da begli occhi un dolce fuoco piova,
E chi tenere brine ha su novelle
Rose , e chi fra coralli il riso mova ,
Laddove poscia spoi gerian le belle
Rive sul mar dell isoletta nova,
N aspettino i nocchieri , e loro invito
Faccian di ricovrarsi al sen fiorilo ;
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NONO
4*7
23
Ch’ella, giunte colà le amiche vele,
Inspireria dal Ciel si dolce ardore ,
Che ogni ninfa languisca a un suo fedele ,
E fiamma si risponda e core a core :
Ma poiché tutto quel garzon crudele
Può trarre a fine, e fren non sente Amore,
Vola rapida a lui con tal consiglio ,
Che al suo peusier le arti congiunga il figlio.
*4
Accoppia i bianchi augei che Fullun’ora
Canlan dolce cosi che non par quella (u);
E già trascorre il lieve cario , e fuora
Ella ne sorge sì leggiadra e bella,
Che aura non move, e il cielo s’innamora (ia)
Dove 1’ una scintilli o l’altra stella;
E sol gemer colombe in dolci note (i3)
Odi fra i solchi delle rosee rote.
25
Già d’alto s’apre Idalia, e il vago suolo -
Con la candida man ne addita e segna :
Ivi giacessi Amore, e l’altro stuolo
Seco avea de’ Iratei eh’ egli disegna
Spedire a grande impresa ; e poiché solo
Vede ch’empio costume al mondo regna.
Ed ombra siegue di ben falsi e fiali (14),
Vendetta pigliar vuol de’ rei mortoli.
Camoens 27
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4i8
CANTO
26
Vede Atteon che piacer duro allettaci 5),
E corre le foreste e fiera guata,
E dolce guardo invano in lui saetta
Che ogni bella gli vai cerva piagata ;
E vuol che suo tormento e sua vendetta
Divenga tosto la beltà sprezzata,
Onde ramingo ei debba temer poi
Per le amate foreste i cani suoi.
Vede color che ai primi onor del regno
O natura solleva ower favore,
Non del pubblico ben far meta e segno ,
Ma coglier per se stessi ogni bel fiore (16);
E quei che chiaro nome han d’ alto ingegno
D’ atrii superbi amar 1’ aureo splendore ,
E adulando avvilir P egregio dono ,
Onde poi non si scerna il giusto e il buono.
28
Vede chi sprezza il poverel digiuno ,
Nè pietà sente dell’ altrui cordoglio ;
Chi finge la giustizia e sotto il bruno
Ciglio furor sol cova e insano orgoglio;
Chi fren non pone ad avarizia alcuno ,
È stassi al pianto altrui qual alpe o scoglio .
Chi a favore del Re sol legge detta ,
E V utile ad altrui lascia negletta.
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*9
Vede infin che niun ama un ben verace.
Ma qual ben siegue desir stolto e rio ,
Ed il disprezzo della pura face
Gli sdegni accende e V ire move al Dio ,
E senza indugio a vendicar l’ audace
Ribellione dell’ uman desio ,
Dispon l’ armata , e quanto al gran disegno
Giovi e all’ onor del disprezzato regno,
30
Di que’ piccioli Amor chi dardo affina (17),
Chi turcasso risarce od arco infranto,
Temprando i bei sudor con la divina
Pieghevole armonia di molle canto :
Chi canta accesa barbara Reina
Che odia le molli piume e il reai manto*,
Chi pastorella che d’ amor ferita
L’ usignuol patrio ben amando imita.
31
Non tranquillo stillar di freschi umori ,
O viva fiamiha appresa a secca fronda
Qni giovare tu vedi i bei lavori,
Che altro fuoco gli amori ed hanno altr’onda.
Viscere palpitanti, ardenti cori
E lungo piantò che d’intorno innonda,
Son l’acqua e il fuoco che alla gran fucina
Or tempra il ferro, ed ora i dardi affina (18).
3a.
Crudo diletto indi fra lor s’accende
Di provare in altrui l’arme lucenti;
Alti sospiri il molle petto rende
Di chi raccoglie al fianco i strali ardenti;
Ma dove poi l’aspra saetta scenda
Accorrono le ninfe, e quei lamenti
E la piaga ne fan si cara e lieve ,
Che pai- dolce il languir, la pena breve (19).
33
Altra di lor d’un bell’ aprii fiorito
F a dolce pompa , ed altra vien men vaga ,
Che non può far contrasto il cor ferito
Laddove giunga l’amorosa piaga.
Chi strai d’erba fallace e d’aconito
Intrìsa coglie, e sì crudele impiaga,
Che avvinto stassi da possente incanto _
Di ciglio imperioso o di bel canto.
34
Da quest’incanto saettai- poi cento
Nascon men pure fiamme e men pregiate >
E or destano in eroe d’amar talento
Rozze bellezze a pascer greggi usate,
Talché più d’arme e di guerrier cimento
D’un abete e d’un faggio ha l’ ombre grate/
Ed or per vili e rozzi in rete ascosa
Illustre donnea è colta e regia sposa (ao).
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421
NÒNO
35
Ma 1’ erbe e i fior di fresco praticello
Il volo ornai dei bianchi augei radea
E vaga più di quel fiorir novello (21) \
Dal bel carro discesa era la Dea.
Le vola incontro Amore , e dietro a quello
Tutto il seguace stuol l’ali battea :
Sembran nembo d’ aurette , e al giunger loro
In fronte le si sparge il bel crin d’ oro.
36
Ella senza indugiar stretto il figliuolo
Al sen materno, a lui cosi ragiona:
Amore, o grande mia potenza solo(*»j,
Nè solo mìo poter, ma mia corona;
Amore, ristorare il nostro duolo *'
Tu puoi, che il tuo valor tremendo suona;
Nè lo strale di Giove allor che scote
Gl’immensi cieli contrastar il puote.
37
Tu sai s1 io m’ ami il Portoghese , e sai
Se timore e dolor mi strinse il core,
Chè tu meco bagnasti i dolci rai ,
Quand1 io del mar vedea sorto il furore ,
E a quai prieghi discesi e quanto oprai
Onde guardarne le dilette prore,
Perch’ei solo fra quanti il Sole veggia
L’ opre e i pensier de’ miei Roman pareggia.
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CANTO
E poiché tanti tramò Bacco inganni
A lui degl’indi scopritor primiero,
E le procelle dai sonanti vanni,
E guerre mosse incontro al buon nocchiero (a3),
Vorrei che a ristorarne i duri affanni
Zeffiro di quest’ onde abbia l’ impero , •
E che in placidi seni il mar ridutto
Gli offra di dolci amor giocondo frutto.
39
A quest’uopo però le belle figlie
Del mar tenterai tu d’ una saetta ,
Onde d’amar per lui si riconsiglie
Qual v’ha fresca Nereide giovinetta;
Ch’ io tutte poi , qual chi pietade piglie ,
Raccoglierò su placida isoletta,
Che a questi miei nocchier ridente e lieta
Ritornando offrirò sull’onda cheta.
E qui coi molli vezzi e coi divini
Modi sui vaghi fior più vaghe ancora (a<0 ,
- Coronando le tazze e i molli vini
Di rosa che il pudor primo colora,
E col dolce cader dei cristallini
Fonti il bel rezzo e la piacevol’ óra
Ne ristorin gli affanni,, e il lieto loco
Alberghi solo la letizia e il gioco.
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NONO
4 23
4*
E s’ io stessa dal sen nata dell7 onde
Or regno assisa fra gli eterni Dei,
Nuove tu pure d’alti eroi feconde
Stirpi sorger farai da’ mari miei;
Ed il protervo mondo avrà ben donde
Amar tue leggi e apprendere chi sei,
Se tu, possente Amor, trai fin dal mare
Celebrati connubi i e stirpi chiare.
4 2
Così proposto al figlio il suo disegno,
Egli ne ride e il fatai arco scote ,
E già le belle di ferir fa segno
A cui son tante dolc’ insidie ignote (aS);
Indi seco raccoglie il caro pegno
E ne vezzeggia le gioconde gote ,
Mentre per le bell’ aure il carro lieve
Levan più lieti i duo destrier di neve 06).
43
Soggiunge Amore: A quanto chiedi, amica
Convien che venga quella diva ancora.
Che sebben spesso a" desir miei nimica,
Pure soglio compagna amar talora;
Quella che il vero narri o il falso dica
Fa maggiore col suono ed in brev’ora
Cresce gigante e che cent’ occhi aggira ,
E cab che vuol per cento bocche spira 0?X
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4M
CANTO
44
Muovon vèr ella, e poich’ al lor disio
Piegata l’ han coi dolci prieghi, innanti
Vola al bel carro ed empie del natio
Grido gli sparii dei gran lumi erranti (a8).
Già suona il grande ardir che il nuovo aprio
Sentier sull’ onde, e i nomi ed i sembianti
Dei nocchier dice ; e perchè fe non manchi,
Credulità gli va compagna ai fianchi.
45
Per l’ ampie vie degli umidi lor regni
Ferisce il chiaro suono i marin Numi ,
E dove Bacco avea desti gli sdegni
Piegansi a molli sensi atti e costumi ;
Ma l’ alme ninfe di più miti ingegni
Quasi ne bagnan per pietade i lumi ,
Che contro a tal virtude avesser elle
1 venti provocato e le procelle.
46
Intanto Amor, che aspetti ai colpi tui
Tempo opportuno, lieto movi in guerra;
Bolle l’ onda al cader de’ strali sui ,
E sovra lor si ricongiunge e serra.
Già languon cento Dee, nè sanno a cui
2 suoi nuovi sospiri il cor disserra,
Chè non da vago volto o dolce guardo ,
Ma dalla fama sol parte il bel dardo C»9)s
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«•NONO
425
4 1
Teti Prestava ancor che feano acerba
Gli alteri pregi onci’ è sul mar signora ;
Ma qual cor conti*1 amor fierezza serba !
Di nuova forza il grand’ arco avvalora ,
E cade anch’ essa la beltà superba.
Non ha più strali Amor, ma ninfa ancora
Non chiude il mar che dolce non sospiri
E ristoro non chiegga a’ suoi martiri.
48
Ma già vel reca la pietosa Diva
A cui cento su Gnido ardono altari:
Ecco le belle navi e l’aura viva
Che sul dorso le spinge ai cheti mari;
Presto correte donzellette a riva
A córre i frutti disiati e can (M ,
Che Vener vi precede, e vaghe sponde
•D’amorosa isoletta apre sull’ onde.
49
Move di Nereo la leggiadra prole
Al lieto loco ove la Dea l’ invita (3i) ,
E tutto il sentier segna di carole
Vezzosamente destra a destra unita :
Qui le bell’ arti sue lor mostra e vuole
Che l’una cacciatrice, altra romita
'Si finga, o per le selve il piè succinta
. O da dolce ozio alle fresch’ ombre vinta.
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4a6
CANTO
50
Per l’alto mare intanto un qualche seno
Chiedean le belle navi onde ristoro
D’ acque dolci riti*ar . nè venir meno
Per l’ampio tratto che restava loro.
E già sparse vedean pel elei sereno
Le mattutine nuvolette d’ oro ,
E con il nuovo raggio ecco mostrarse'
Da lunge un’ isoletta ed appi'essarse.
51
Essa verni’ pare a per la chet’onda
Qual vela a cui zeffiro dolce spiri;
E già ne segna il buon nocchier la sponda,
E coi guardi la siégue e coi desiri.
La spingèva la Diva ed a seconda
L’ isoletta correa de’ bei respiri ,
E l’armata appressar parea che a quella
Venere ofiria la piaggia aprica e bella.
5*
Ma poicliè vide le dilette navi
Drizzarsi là dove il bel suol £oria ,
Gli amanti richiamò spirti soavi;
E l’ isoletta che ondeggiava pria
‘Giacque Deio novella, e là le gravi
Ancore s’ afferrar dove s‘ apri a
Bel porto ad oriente , e in cheto seno
Taceano i flutti di conchiglie pieno (35).
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4^5
iti O N O
53
Vagamente s’ofìrinn tre collinctte
Che a far lieto il bel suol F altere fronti (33)
Ergean vestite di minute erbette
Fra zampillar di ruscelletti e fonti i
' La fresca vena colà fuori mette
Dove s’ ergono al ciel gli aprici monti ,
E giù pei fertilissimi declivi
Fugge rompendo i freschi argenti vivi (34).
54
Bomoreggiando le bel!' acque sparte
Si raccolgono quindi in picciol lago
Che in seno a un valloncel che i colli parte
Si stende, come il vuoi, limpido e vago (35).
Sovr’esso pende un alberetto, e ad arte
Par che vi specchi la sua bella imago ,
Ch’ ei si pinge così nella frese’ onda ,
Che gareggiati la vera e finta fronda (36).
55
Intorno al bel crìstal spiegan fiorita
Chioma cento . arboscei di dolci odori ;
V? è F arancio leggiadro , e F Oro imita
Che di Dafne ai capei filai* gli Amori.
Si piega il cedro sotto i frutti , e invita
Il dolce furto de’ suoi bei tesori ,
Nè il compagno vi sta negletto o vinto
Col pomo suo d’ un bel pallor dipinto.
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4 28
CANTO
56
Non spandon ombra al placido recesso
Abeti e faggi, o tronchi ispidi ed irti.
Ma lauri hanno i bei colli, e a quelli appresso
Sorgon platani ombrosi e gioviti mirti.
Siegue il pin coronato , il brun cipresso
• Che il loco addita dei beati spirti (37) ,
E dal fertile sen spontanea move
Qual pianta frutto mette e ambrosia piove (38).
57
Vago sugli altri il bel ciliegio viene ,
Indi la dolce rubiconda mora
Che dall’ istess1 Amore il nome tiene (39):
V’ è il pomo gran col dolce riso fuora ;
' Al suo bell’ olmo s’ avviticchia e attiene
.Tenera vite che fiorendo odora;
E dal tralcio gentil pendente mostra
Un grappol che verdeggia, un che s’inostra(4°).
58
Sorge il bel pomo che dal solco aprico
Di Persia tratto fecondò migliore.
Il p«h' pi rami dal che sull’antico
Tronco gravido sta di dolce umore ;
‘ E sovriil ramo suo languente il fico
Sembra aspettarvi il passer rapitore,
‘ Che mentre il sen gli squarcia e néttar beve
Dal caro oltraggio egli sapor riceve.
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■NONO
4^9
59
Ma il fresco verdeggiar che quasi manto
Spiegò Natura in quelle piaggie erbose
Tanto più lieto ti s' allaccia quanto
Declina il suol vèr le vailette ombrose:
Quivi il candido collo abbassa alquanto,
Quasi ricerchi ancor le acque amorose
Narciso; e quivi il giovinetto Adone (4O
Fiorisce di dolor vaga cagione.
60
E tale di dolcissimi colori .
Fanvi gara gentil la terra e il cielo.
Che non sai se 1’ aurora i fior colmi (4»>
0 se tinga di questi il suo bel velo:
Or vedi violetta i bei pallori
Finger d’amore su romito stelo (43),
E spuntar dopo lei la fresca rosa
Simile a gota d’acerbetta sposa (44).
61
Quindi vedi brillar sui fior novelli
1 freschi argenti del mattin rosato,
Onde su questi si riflette e quelli
Candor più dolce e rosseggiar più grato j
Ma se frutti più cari o fior più belli
L’ alberetto maturi o spieghi il prato
Non sai, nè sai se più il bel suol Rinviti
Con canori augelletti o fere miti;
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43o
cantò
62
Che mentre il cigno duolsi e gli risponde
Filomena piangente ed amorosa (.4^),
Scende il cervo leggiadro alle bell’ onde
E vi specchia la sua fronte ramosa;
Nè tìmido del suon d’ aurette e fronde
Pasce il lepre securo o timo o rosa;
E coll’esca rivede il dolce nido
Passer che serpe non paventa infido.
63
Ma dalle navi ornai le pellegrine
Genti scertdean sulle fiorite arene ,
Ove parean le vaghe Oceanine
Sol d’ozi aver pensiero e d’ ombre amene (46);
Van per le belle selve il biondo crine
Spargendo all’ aure od inspirando avene,
O tendon l’arco e fingono seguire
Fera che fugge e che non von ferire.
64
1 contenti nocchier tengon le liete
Piagge di scoprir vaghi il nuovo suolo,
O col disio di trai- dalle secrete
Sedi timida damma o capriolo;
Nè sapean che a quell’ ombre ascosa rete
Disposto avea di Venere il figliuolo ,
Oye a cercar vi correria la vita
Altra fera più dolce e già ferita.
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NONO
65
Altri fulminea canna, altri alle prede
S7 addatta arco sonante e stringe dardo
Ond’ illeso campar non abbia fede
Cerva di cui va zeffiro piti tardo:
Altri tranquillo poi fra F erbe siede,
E que’ colli vagheggia , e con il guardo
Siegue i bei rivi che cadendo al basso
Avvolgon dolcemente arena o sasso.
66
Ma un non so che quasi a bel fior simile
Rosseggiare miravan di lontano (47) ,
E avvisan tosto che così d’ aprile
Dolce non pinge la rosata mano;
Ma che colori sono onde gentile
Beltà s’ avvolge e fere il guardo umano ,
Che or mostrarsi pareano ed or celarsi
Fra l’ ombre incerte e gli arboscelli sparsi.
67
Fu Velloso il primier che lieto grido
Mise e , Amici , gridò , che mai vegg’ io ?
Qui certo agresti ninfe han sede e nido ,
Se pure antico grido non mentio;
Ben altro che dolci acque e fresco lido
Qui n’ offre a ristorar I' arso disio
11 Cielo che prepara auree venture
A chi fra 1’ armi ed i perigli indure.
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432
CANTO
68
Su , su , veggi am se finte larve o dive (48)
Scoprano quivi il bel celeste viso;
E balza ognun per le fiorite live
Qual can cui faccia il cacciatore avviso.
Le Dee che fingon starsi all’ ombre estive,
Qual di sparvier che piombi d’ improvviso
Fuggon gridando, e avvolgonsi vezzose
Fra le alte siepi e le boscaglie ombrose.
69
Ma mentre corron si leggiadre e snelle,
Suonan di lieti risi i bei boschetti ;
E , poiché quel sudor le le’ più belle ,
Restansi un poco e volgono gli aspetti ;
Quindi, una languir sembra e alle novelle
Erbette s: abbandona ed ai fioretti ;
Altra corre a tuffarsi in mezzo all’ onde ,
E sporge fuori con le chiome bionde (49)-
70
Leonardo che egualmente in petto ardea
Di guerrier foco e d’ amoroso ardore.
Ed a cui sempre rio contrasto fea
Ne’ suoi dolci desir l’ingrato Amore,
Tal che il misero non si promettea
Più dolce alcun dal barbaro signore,
Sebbene ad or ad ora il bel desire
Sorgesse, qui seguia la vaga Elfirc
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NONO
433
71
Costei , sull’ altre giovinetta e bella ,
Chioma <T oro scioglieva e piè di neve ,
Ma quasi acerba di beltà novella
Innanzi all* amator correa più lieve;
Poiché nè ritener, nè appressar ella
Puote , e già n’ è dal molto correr greve ,
Arresta d corso addolorato e intanto
Coi sospiri la siegue e con il pianto.
7*
Ferma, candida ninfa, i tuoi bei passi,
E un puro cor che ti vien dietro aspettai
Ogni altra suora tua pietosa stassi,
E fuggirai tu sola, o giovinetta!
Mira che i membri ho dal seguir già lassi;
E forse il mio destin che si t’attretta,
Crudo destin che me fin dalle fasce
Di sospiri e di lagrime sol pasce.
73
Ma pur t’arresta, e alquanto io mi riposi
Al fianco tuo, se altro il destin non vuole,
E da quegli occhi tuoi benché sdegnosi
Io vegga scintillare un più bel sole:
Destini ad altri Amor gioie e riposi,
Un solo guardo io m'abbia, e di parole
Breve suon, se pur anco i fati rei
ÌVon s opporran tra’ tuoi begli ocelli e i miei.
C amo ens 2B
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434
CANTO
74
Deh non stancarti, e sempre fresco rida
Quel. giovinetto fior di cui tutto ardo (5o) :
Volgiti, o bella, e la fortuna infida'
Pietade apprenderà dal dolce guardo.
Qual cor si fero in uman petto annida
Che 1’ altrui sorte a ristorar sia tardo ?
Il mio destin cangiar tu sola puoi ,
Sola, se arresti, o bella, i passi tuoi. '
75
Perchè sì vaga congiurar vorrai
Col rio tenor della mia fera stella ,
E serviranno così dolci rai
Al mio crudo Signor d’ arme novella !
Almen rendimi il core, e fuggirai
Più sciolta ancor , giacché mi sei sì fella ,
Sì un core avvolto entro i bei crini d’ oro
Ti può stancar nel corso, o mio tesoro C51)-
76
Questa speranza sol mi lascia Amore,
O che il mio core prigionier mi renda,
O che se il porti teco , il tuo rigore
Dal suo lungo pregar non si difenda.
Ma se pietà ti move il mio dolore ,
Ben fia che Amore ancor l’arco riprenda,
E ben ra’ aspetterai se Amor ti fere ,
E se m’aspetti io non ho più che spere.
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/
NONO 435
77
Ma già la ninfa, che fuggi a per gioco (5»),
Discopria del bel volto i vivi fiori :
Siedono quindi tutte, e il giglio e il croco
Fa molle letto ai fortunati amori j
Oh quai cari sospiri ha il vago loco
Oh di quanta dolcezza inonda i cori (53) f
Qui riso e detto che ferisce e molce ,
E onesto desiar e languir dolce.
78
Tosto alla fronte dei guerrier diletti
Intrecciano le Dee serti diversi
Ora di verde lauro, or di fioretti
D’ un bel pianto d’ amor freschi ed aspersi ;
E avvinte e strette d1 innocenti affetti
A quello, a cui soave preda fersi,
Giurano in faccia ai consapevol Dei
Eterna le di candidi imenei.
79
Ma la maggiore delle ninfe, a cui
Fan coro le altre del mirin soggiorno,
Figlia del Ciel che ne’ begli occhi sui
Ha il dolce azzurro di, quei puro giorno,
E che placa, Nettun, gli sdegni tui,
Snella gli volga dolcemente intorno,
Come Rema del bel loco e Dea
Regie accoglienze al capitan porgea.
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436
CANTO
80
Con soave parlar pria di se stessa • -
A lui fa cenno, e, qua! di Ciel consiglio
Ivi la tragga: lo ti tonò la spessa -
Benda, gli dice, che ai mortali il ciglio
Ingombra, e tu vedrai, purgato d’essa,
Quest’ ampio globo dell’ umano esiglio,
E quanto in sè racchiude e dove poi
Approderanno i Portoghesi tuoi.
81
Indi gli offre la destra e ad alto monte
Lo scorge, che sorgeva a lor dinanli,
Ove al nascente Sol spiega la fronte
Tetto reai di limpidi adamanti (5^).
Cento leggiadre ancelle accolgon pronte
Su bei talami d’ òr gl’ illustri amanti ,
Mentre avvivano le altre i dolci amori
Alle bell’ ombre e in seno ai molli fiori.
82
Così al bel fianco di leggiadre Dee
Dei felici guerrieri ognun s’asside,
E dei travagli il dolce obblio si bee
Sul caro labbro che ad Amor sorride (55),
Che a valorosi cuori ugual si dee
Mercè che lor sul bel sentiero aifide,
E ben lo serba il Cielo a chi sol prezza
Vera vertute ed i perigli sprezza.
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NO N O
437
83
Che Teli e le altrp ninfe, e di fiorita
Isole Ila le sedi ombrose e chele (56)
Son F auree pompe che l umana vita
In bel premio d5 onor talora miele ,
E il fresco rezzo che ad amare invita
Coi puri ruscelletti e F aure liete
Gli applausi sono e i trionfali allori
E i meritati dalla patria onori. . -
84
E Giove, Palla, Febo e l’altro coro
Di ninfe, semidei, di minor Numi
Eroi fur che si cinsero *F alloro (57) ,
Avvolti arielr essi di mortai costumi:
Numi li disse poi Fama, e di loro
Popolò F alte sfere, i mari, i fiumi
Onde mostrar che il grido di virtù de
Non freddo marmo o poca terra chiude.
85
Però se voi nobil d^sio pur move
D’ aver soggiorno in fra i celesti segni,
Mollezza vii non leghi o volga altrove
Gli animi alteri e i bellicosi ingegni (58),
Nè crudeltà quasi ad onore giove,
Che tema il volgo oppresso i vostri sdegni,
Ma giustizia e valor sia il bel retaggio
Onde Fuom passa venerato e saggio.
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438
CANTO
86
Leggi scrivendo onde il potente freno
jN’ abbia, così , che il debil non opprima,
O la spada impugnando; e il Saraceno
Anco tema il valor che il vinse prima;
Così alla patria non verrete meno,
E giunti 0611’ onor sull’ ardua cima
Nuova isoletta fiorirà per voi,
E miste si vedran ninfe ed eroi.
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NOTE
i ? .
I v/ ?
AL CANTO NONO
Jf SDVIGE hospitio caussasque innecte morandi
Dum , etc.
Virgilio.
2
Città fondata da Tolomeo in onore di sua sorella
Arsinoe , ora Suez.
3
I devoti pellegrini della Mecca visitano una fontana
dove i discepoli di Maometto asseriscono eh ’ egli siasi
bagnalo più volte. I Maomettani attribuiscono a quel -
P acqua la virtù di cancellare i peccati e di guarire le
malattie.
4
. . . ' Faces in castra tulissem
Implessemquc foros Jlammis . . .
Virgilio-
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44o
NOTE
5
.. • • Fuso rumore per ttrbem.
Stazio.
6
. . . Primusque rudente m
Conlorsit laevas proram Palinurus ad undas.
Virgilio.
7
Si dispon di lasciar Macon da canto ,
E Cristo confessar vivo e potente ,
E domanda con cor da Fede attrito
JD1 iniziarsi al nostro sacro rito.
Ariosto.
8
. . . Et Neptunum suprema voce rogavi
Del reditum fessis , dulcesque videre parentes.
Orf. Arg.
Quando mi gioverà narrare altrui
Le novità vedute , e dire: Io fui.
T. Tasso.
xo
Alierà mari colitur medio gratissima lellus.
Virgilio.
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NOTE
44 1
ii
Dulcia defeda modulatur carmina lingua
Canta tor Cygnus funeris ipse sui.
, Marziale.
13
E ’/ del di vaghe e lucide faville
S’ accende intorno , e in vista si rallegra
D' esser fatto seren da si begli occhi.
Petrarca.
i3
tenere ed dimore , stando in un bosco molto om-
broso e seminato di forit fecero scommessa fra loro , a
chi ne. coglierebbe maggiore quantità in un dato spazio
di tempo , ed allontanandosi /’ un da! V altra , si misero
a farne raccolta. Amore confidava nella prontezza delle
sue ali che rapidamente il portavano di fiore in fore.
Ma la ninfa Peristèra , senza essere scoperta , si unì a
frenerò , e tutte due rimisero quantità sì grande di
sfiori che Amore fu vinto. Offeso da tale inganno , egli
muto la ninfa in colomba.
M
O felix hnminum genus
Si vestros animos amor
Quo coelum regitur regat.
Boezio.
i5
Pretendono alcuni commentatori che qui sotto il nome
di Att“one il poeta contrassestni il re Sebastiano , e eli
voglia rimproverare la sua passione per la caccia. Fuor
di dubbio è da condannarsi ogni eccesso / ma fra tutte
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le inclinazioni che può avere un principe f la caccia è
forse la meno pericolosa. Sarebbe stato a desiderarsi *
pel bene del Portogallo , che quel monarca non avesse
accoppiato alla sua passione pel cacciare } Poltra piu
perniciosa e funesta del conquistare • Se egli non fosse
andato a seppellirsi , insieme col suo esercita ? nelle
sabbie dell’ Affrica , il Portogallo non sarebbe caduto
sotto la dominazione della Spagna , ed i vasti suoi po.f-
sedimenti nelle Indie non sarebbero divenuti la preda di
Filippo II,
16
N il nisi turpe juvot, curae est sua cuique valuptas ,
Haec quoque ab alterius grata dolore venit.
Ovidio.
J7
Volan scherzando i pargoletti Amori ,
Di lor vittoria altri godendo lieti }
Altri pigliando a saettare i cori
La mira quindi , altri tendendo reti :
Chi tempra dardi ad un rusrel più busso ,
E chi gli aguzza ad un volubil sasso.
Ariosto.
18
Questi con gran furor volgendo mena
La cote che rotando arde e sfavilla ;
Di lacrime quel poi tien P urna piena
Che sopra il sasso gocciolando stilla .
Mario di Leo.
Oscula cum poterls iam dare sanus eris,
Ovidio.
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NOTE
443
ao
Unite Jìt ni quae se timuit committere honesto ,
Vili* in amplexus infcrioris vai.
Ovidio.
ai
Fillida mia più che ligustri bianca ,
Più vermiglia che rosa.
Sannazaro.
aa
Nate , mene vires , mea magna potentia solus ,
Nate , patris summi qui tela Typhoea temnis ,
Ad te confugio } et supplex tua numina nosco.
Virgilio.
a3
Frater ut Mneas pelago tuus omnia circum
Littora jactetur odiis Junonis iniquae.
Virgilio.
24
Formosi pecoris custos , formosior ipse.
Virgilio.
a5
. . . Dixit F tnus , il le pharetram
Solvit , et arbitrio malris de mille sagittis
Unam seposuit , sed qua nec acutior ulla.
Ovidio.
Amore intanto la faretra prende ,
Forbisce i dardi e gl* indorali strali ,
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NOTE
444
Maccende le sue fiamme ,( ? arco tende ,
.Per yàr sanguigne stragi da’ mortali.
E poi superbamente in alto ascende , ec.
Mario di Leo.
a6
. . . Et fiotum gnernio Dea tollil in altos
Jdaliae lucos.
Virgilio.
*7
Tot linguae , totidem ora sonant.
Virgilio.
a8
Et jam fama volans tanti praenuntia luctus
Evandrum Evandrique domimi et moenia complet ;
Quae modo victorem Latio Pallanta ferebat.
Virgilio.
a9
Te prius optavi quam mihi nota fores.
jinte tuos animo vidi quam lamine vultus ,
Prima finii vultus nuntia fama lui.
Nec tamen est mirum si sicut oporteat arcu.
Missitibus telis eminus ictus amo.
Ovidio.
3o
His mulcet
Connabii.
dictis , tacitumque inspirat am arem
Stazio.
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NOTE
445
3i
E fa la Dea che tulle ardati d'amore.
Ariosto.
3a
Litora nati vis collucent pietà ìapillis.
Properxio.
33
. . . Vita valletta amena
Che a P ombra di due monti ^ ec.
Ariosto.
Trovò fra due paggetti una valletta .
34
B. Tasse*
Trova una fonte alfa limpida e pura
Che d' un colle scendeva.
B. Tasso.
Fresca e gelata una fontana viva.
Poliziano.
35
Là dove l'acqua del hel poggio scende ,
E queta in grato pelago si stende.
Bcnivieni.
36
. . . N vmora alta citatis
Jncuhuere vadis , fallai responsat imago
Frondibus et longas eadem fugit umbra per undds.
■ Stazio.
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NOTE
446
E come clivo in acqua di suo imo
Si specchia quasi per vedersi adorno.
Dante.
Dinanzi a tutte l’ altre Primavera
Piena di fior sopra alle' gelid' omle
Si specchia , e ben potea veder qual era.
Benivieni.
37
Il laur che tanto fa bramar sua fronde.
Il mirto che sua Dea sempre vagheggia.
Poliziano.
38
Che credea volontarie e non arate
Quivi produr le terre, e a più graditi
Frutti non culle germogliar le viti.
T. Tasso.
39
?uesto ricorda la sì nota e sì commovente avventura
iramo e di Tisbe , narrala con tanto affetto da Ovi-
dio e dal Lafontaine. Qual tesoro d’ immagini , qual |
fonie di ricchezze poetiche non offre V antica Mitologia !
1
40
. . . V alma vile
Di porporino ammanto o d' ambra o d oro
fresie i suoi figli che maturi ha in grembo.
Alamanni.
' 41
Si sa che bidone fu cangialo in anemone , cerne
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NOTE
447
Narciso in quella specie di giglio che porta il su»
nome.
4*
,4 mingere s raperei ne rosis Aurora ruhorem
An darei , et flore s tingerei orla dies.
Ros i tnus , color ttnus et unum mane duorum
Syderis et floris , narn domina una V enus.
Ausonio.
43
La rosa il pregio cede al tuo pallore
Questo e il color che Amore
Di sua man tigne e segna.
I
T. Tasstf.
44
. . , A ut mixta ruhent ubi lifia multa
Alba rosa : lalcs virgo dabnt ore colores.
Virgilio.
45
E di musico cigno il flebi! canto ,
E V usignuol che plora e gli risponde.
_ T. Tasso .
46
Quel soavo mostrarsene ritrosa
Era un no che voleva.
Guarim .
47
Adspicit insite tas late flore scere ripas
Claraque per densas discurrere lumina sylvas
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NOTE
448
Pa.storu ni ludo ^ et laelos ad sydera cantus f
Vivinasque audii voces , eie.
Sannazaro.
48
Dryaàum sylvas sallusque sequamur. ^ ^
Qual che tu sia. od ombra od uomo certo.
x Dante.
49
Per le spalle la chioma iva disciolta ,
E ly aura le facea lascivo assalto.
' Ariosto.
So
Tu procul a patria ( nec sit mihi credere tantuhi ! )
Alpinas , ah dura ! nives et frigora Ehm,
Me sine sola vides. Ah ! te ne frigora laedant .
Ah ! libi ne teneras glacies secet aspera plantos.
5i
Volgi in qua gli occhi e mira in su quel Corilo
Filli , deh , non fuggir che io seguo ; aspettami ,
Portane il cor che qui lasciando accorilo.
Sannazaro.
5a
Non fugìs , ut fugias , ut. copiare fugis.
Casini.
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NOTE
449
53
Et anima mea liquefacta est.
Cantica.
54
La schiena del bel monte, e sopra i crini
D’ oro e di gemme un gran palazzo folce.
Polixiano.
55
Quivi ogni lor martir posto in obblio ,
Solcando il mar d’ Amor per cammin corto .
Il legno carco del lor bel desio
Condusser lieto al desiato porto.
Ni fu presente de le nozze il Dio ,
Nenere casta vi venne a diporto ,
È le Ninfe del rivo e del boschetto
Cantavan la lor gloria e il lor diletto.
B. Tasso.
56
Si crede che P isola Anchédivc , paese fertile e deli-
zioso dove han dato fondo i Portoghesi tornando dalle
Indie , abbia fornito al poeta V idea della sua isola
favolosa ed allegorica.
5 7
. . . Palmaque nobilis
, . . Evehit ad Deos.
58
Orano.
Qui autem sectatur otium , replebitur egeslate.
Libro de’ Proverbi.
Camoens
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I LUSIADI
CANTO DECIMO
ARGOMENTO
Intanto che i naviganti siedono alla mensa im-
bandita da Tetide , una Sirena canta le gesta de’ loro
successori nella terra eh’ essi hanno scoperta. Finito
il banchetto , P Astrologia mostra a Gama la sfera
celeste e la terrestre. I Portoghesi salpano dalP isola ,
e giungono felicemente a Lisbona , apportando la fau-
sta nuova di avere scoperto le indie.
I.
Oma, volgeva ad occidente il giorno
Dell1 infedele Arsinoe il vago amante ,
E lusingar parea del bel soggiorno
L1 erbette verdi e P odorate piante
Il zeffiretio che già i’ea ritorno CO»
Ed incresparsi i rivi ed il sembiante-
Drizzar vedeansi i geisomin di neve
Che il fresco ristorava aleggiar lieve;
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. 45 3
CANTO
2
E le leggiadre ninfe avvinte ai lieti
Sposi al tetto reai volgeano i passi,
Ove invito lor fea la bella Teti
Di ristorar gli spirti e i membri lassi:
Folgoreggian le limpide pareti;
Sparsa di cento fior la mensa stassi,
E dentro puri bei cristalli accolti
Fumano i cibi variati e molti.
3
Giammai non seppe i morbidi sapori
Cangiar l’ Egitto molle in tante guise (a) ;
E già volano intorno i dolci odori
Delle vivande in ordine divise
Su vaghi seggi di cristalli e d’ori:
Ridon le ninfe al bel convito assise ;
Stan fra quelle' gli amanti, e in rftaggior sede
Prima col capitan la Diva siede.
4
Brillano i molli vin d’un porporino
Che mai non ebber viti antiche o nove,
Ed è del fonte istesso ond’il divino
Labbro s’innebria all’ auree mense Giove;
Spuman le coppe d’ór del bel rubino
Che d’alto zampillando in sen lor piove,
E vivo gelo al calor dolce unito
Morde il palato e fa novello invito (3).
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DECIMO
453
5
Quindi i scherzi leggiadri, i lieti detti
Ed i candidi risi invita quelli;
Questi risponde, e intanto Amor saetti
Le vaghe ninfe e gli amator novelli;
Nè vi mancan di musici diletti
Concenti armoniosi, e in mezzo ad elli
Sorge improvvisa e di dolcezza piena
Scorrevol voce di gentil Sirena (4).
6
Subito tutta V armonia dipende '
Dal ricercato suon dei cari accenti;
E, qual la vaga voce o s’alza o scende,
Or striscian lievi , or tuonano i concenti:
Sul piè s’ arresta la cervetta , e pende
Dal ramo l’augeìlin, tacciono i venti (5),
Nè la soggetta onda più frange e appena
Un dolce mormorar rende l’arena.
7
Inalza la Sirena in lieto suono
Gli eroi che un dì trionferan sui mari;
E sebben l’ alme illustri ancor non sono ,
D’ uopo non ha che i gran nomi n’ impari ,
Chè per alto di Giove amico dono
Proteo li vide giù distinti e chiari ,
E poi da lui la Dea canora apprese
Gli alteri fatti e le onorate imprese.
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'454
C A N t O
8
/
Ma chi mi cinge aureo coturno , o canto
Guerrier m’inspira, e il buon voler fa pago?
Chè Demodoco mai , nè Jopa tanto (6)
In Feacia cantaro ed in Cartago.
Bella Calliope . che mi siedi accanto _
Ed Ippocrene ornai cangi col Tago,
Al grand’ ardir tu mi rincora e il bianco
Braccio sopponi ond’io non ceda stanco (7).
9
Tu sai ben che non sol caduto è il fiore
Degli anni miei , ma che P etade ornai (8)
Tramonta, ed il natio vivace ardore
0 sorte spense o infievolì d’ assai ;
Sai che non siegue i passi miei favore;
. Però, ninfa, ravviva i dolci rai,
' Ond’ ormai giunto al destinato segno
Dolor non vinca il travagliato ingegno.
10
Gli strami mari aperti e i grand’ eroi
Celebrava il gentil dolce Concento,
Che per la nuova via verranno poi
1 lusitan vessilli aprendo al vento;
E quant’onde il mar frange ai lidi Eoi
Saran d’alte vittorie alto argomento,
E gl’indi regnatori o in nodo avvinti
Di dolce pace o dissipati e vinti.
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DiC IMO
455
r 1
Quindi cantò la bella Dea di lui
Che vincol stringerla di fé s'i pura;
Che dal fìer Samorin vedrebbe i sui
Regni rapirsi, ardere templi e mura,
Sovrano a un tempo e sacerdote, a cui
Eran del Malavare i riti in cura .
Tanto maggior del suo crudel nimico,
Quanto più fora ai Portoghesi amico (0'.
1 2
. Ma tosto ripigliava in suon più grave:
Ecco già scioglie la fatale prora,
Nè di straniero mar minaccia pavé
Lui, che suo nuovo Achille il Tago onora.
Senton l’onda soggetta e l’alta nave(io)
• 11 domator dei regni dell’Aurora 00,
E sembrano, o ribelle India, mostrarte
Il gran Pacheco che di Belem parte.
13
Ei giunto ad Oriente, il braccio amico
Offre al Re di Cochino , e poche schiere
À se raccolte intorno, al gran nimico
Sperde ed abbatte le falangi intere:
Mira del ricco Gange il letto aprico
Vincitrici ondeggiar l5 alte bandiere,
Mentre d’immensa strage e sangue infido
Fuma lo stretto Cambalano e il lido.
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456
CANTO
14
Il Samorin sulla sconfìtta freme,
Ed arma nuove pugne e nuove genti;
Moversi sembran dalle sedi estreme
Le selve, tanto fragor d’ arme senti.
Di Bipure e Tanore armali insieme
Scendono da Narsinga i Re possenti;
Tutto è rapito il Malavare in guerra ,
E quindi il mai' ne ferve , indi la terra.
1 5
Non s’ arresta Pacheco , e fier combatte
Con il guardo ad un tempo e colla spada:
Lampeggia l’uno , e l’altra fere e abbatte,
Nè sai se il mar più n’arda o il suol ne, rada;
Quei nuove schiere e macchine rifatte
Oppone, onde maggior tempesta cada,
Stancando invano con promesse e voti
Sorde Divinitadi e Numi immoti 0»).
i 16
Ma sta l’eroe siccome scoglio, e invano
O lancia ostile o macchina l’ offende ,
Che inegualmente egli riversa al piano
L’ armate schiere e le macchine orrende :
Il preme a fronte il barbaro A Africano,
Il feroce Àffricano a tergo il prende,
Ed ei su questa parte or tuona or quella
Qual da venti sospinta atra procella.
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DECIMO
457
*7
- \
Il Samorin l’ignuda spada toglie
Onde le genti ei stesso accenda e guide;
Ma fero colpo il suo compagno coglie,
E il reai manto il colpo stesso intride:
Poiché Tire e le forze invano accoglie
Arti di tradimento avvolge infide,
E tenta il gran guerriero in cento modi
Or di veleni or di secrete frodi.
81
Però nulla seconda i rei disegni ,
E toma disperato al gran cimento;
Globi di fuoco onde ne incenda i legni
Con arte nuova fa volar al vento;
Tuonan dovunque bellicosi ingegni (1 3),
Dove manca il valor tien lo spavento;
Ma fra cotant’ orror, di mezzo a tante
Furie più fier lampeggia il gran sembiante.
*9
Sentilo, Grecia e Roma: e qual de’ tuoi
Figli colse d’onor si ricca messeci)?
Nè crederan le età che verran poi
Le vinte pugne e le città sommesse;
Nè come sol da cento guerrier suoi
Cinto, il feroce eroe tanto vincesse,
Se pure a lui dalla celeste volta
Schiera nou scese in adamante avvolta.
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458
‘ ! G À N T O
20
Boy’ è colui che solo al gran periglio
Toscana intera sovra il ponte vinse 05),
•E quel d’ Atene celebrato figlio
■Che, stretto al varco, immenso oste respinse?
Qui alla .canora ninfa il mesto ciglio
.. Un vago cerchio di pietà dipinse,
11 E al rio pensiero che le sorse in mente
Così suono accoppiò triste e dolente.
21
O Belisario, che mendico e cieco (16}
. Questa sol cogli di valor mercede ,
Lascia che eroe novello accoppin teco
Le belle ninfe che hanno in Pindo sede;
Per immenso sentiero il gran Pacheco
Moverà all’ armi e alle vittorie il piede;
E quindi giunto al fin del gran cammino
A’ mali tuoi l’uguaglierà il destino.
22
Così nudo sen more, e vile peso
Fatto al patrio terren chi lo difende,
Perchè chi regna par dal merto offeso,
E sol se stesso e i suoi piaceri intende;
E mentre solo ha il fido orecchio teso
A lui che i vizii ne lusinga e accende,
Ciò che esser deve alla virtù corona
Rapisce lingua che scaltrita suona.
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DECIMO
459
23
Ma come tanto entro di te s’ indora
Cieco livòr , di reai petto indegno ,
Che tu triste prepari a lui ventura,
Mentri ei ti rechi al piede un ricco regno ?
I tuoi nepoti quella tomba oscura
Avranno caro ed onorato segno,
E tu sepolto sotto illustri marmi
Nè tributo di pianto avrai nè carmi.
a4
Ma nuovo eroe già fende il nuovo flutto (17)
Di reali divise ornato il petto ,
E seco si conduce un suo bel fratto
Che agguaglia il padre ancorché giovanetto.
Sovra Quiloa piomberan essi , e tutto
Àrderà d’ ampia strage il mar soggetto.
E miglior leggi ne daranno poi,
E signor che ristori i danni suoi.
25
La vicina Monbazza al fero tuono
Di pallor tingerà la fredda gota ,
Nè etade o sesso v’ otterrà perdono ,
Nè le torri che lunge il nocchier nota :
II figlio poi d’ alla vittoria il suono
Su quanto coire in mar l’India remota
Spargerà sì che V Oriente intero
Tremerà al nome del fatai guerriero.
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460 CANTO
26
‘ • t
%
Già tutto ferve il mar di vele bianco (is-)
Che move il Samorino a cruda guerra;
Ma l’eroe tuona dall’armato fianco,
E or l’antenna sull’ onde or timon erra:
Vedil com’ éi dispon gli ordigni, e il manco
Opposto lato al maggior legno afferra,
E la prora tenendo vincitore
Tutto sparge di sangue e di terrore.
a7
Pur ciò che errore all’ uman guardo incerto
Sembra , è spesso divino alto consiglio ;
E a coronar l1 eroe di miglior serto
Il Cielo ridurrallo al gran periglio ,
Ove non gioverà tonar dall’ erto (19)
Dell’ ardue poppe di Francesco al figlio,
E in Chaul dagli Egizii , e quindi cinto
Da’ fier Cambai morto cadrà, non vinto.
28
Fremerà il mar , veri-anno in guerra i venti ,
Nè onda il seconderà , nè d’ aura il volo ,
Ma contro l’arme e contro gli elementi
Starà pugnando il fier Lorenzo solo.
A rimirar correte , eroi già spenti ,
Sceva novfel del portoghese suolo ,
A cui fra mille alti perigli avvolto
Nè trema il cor , nè si smarrisce il volto.
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DECIMO
46l
29
Fero colpo lo coglie e via ne porta
La destra gamba , ed ei par che noi senta;
Siegue a pugnar, e benché mezzo morta
La spoglia , ancor l’ altera spada avventa ;
Ma torna il colpo e nuova piaga apporta ,
Tal che il feroce ardor più noi sostenta ,
Ed ormai fatto immobil tronco e gelo
Ricerca sol coi languidi occhi il Cielo (ao).
30
Vanne, bell’alma, in pace, e di serena (ai)
Luce conforta è vesti ogni ferita ,
Che inulta non avrà barbara' arena
La bella spoglia a cui tu fosti unita.
Alta vendetta seguiratti appena
Sarai tu sciolta dalla fragil vita ,
E già parmi sentir la gran tempesta
Che sugli Egizii ed i Cambai si desta.
31
Ecco il padre che Amore in guerra move
Da cento furie armato di dolore;
E il crudo pianto che dagli occhi piove
Di duolo è segno a un tempo e di furore.
Le nobili ire ei vien pascendo dove
Ondeggiar vede le nimiche prore :
Tu il senti, o Nilo, e, Gange tu, già porti
Immense spoglie al mar di vinti e morti (aa).
«
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462
CANTO
32
Siccome loro che raccolga l' ire
Tenta il corno ne' tronchi e F aure fìede ,
E quasi il fier rivai corra a ferire
Sparge l’arena intorno a se col piede (2$):
Così F rancesco , ovunque il guardo gire ,
Altro che oggetti di furor non vede,
E già di Dabul la ruìna affretta
Quasi a presagio della gran vendetta.
33
Indi come fier Austro ed Aquilone
Precipitali talor sul salso regno,
E tutta daHa cieca ima magione
Bolle Fonda, e nocchiero assorbe e legno;
Tal dove Calieut in guerra oppone
L’ armate prore , arde F eroe di sdegno ,
E già gli alberi rotti e d’ acque grave
Di Meliquez al mar s’ apre la nave.
34
Ma maggiore vendetta infuria e freme
Del gran Mirmócen sopra il legno altero ,
Ed armi e membra di lor parti sceme
Sovra F onde disperde il turbin fero :
Fra i vortici del fumo avvolti insieme
Ne mugghia il nero mare, il ciel più nero,
E v’ odi intanto fremiti indistinti
Di feriti , di naufraghi , di vinti.
DfgiiKed by lìooftle
DECIMO
463
* 35
Ma oimè che di nascer di- sì lieto giorno >
Notte n’ adombrerà gli aurei splendori ;
E mentre «1 Tago egli farà ritorno . , <
Disperderà il destino i begli allori <m)1
Già veggo Adamastór eoi nembi intorno ,
E di cielo e di mar .turbini e orrori ,
E infame arena ricoprir quell ossa , , ; ;
Che ijivan d'Egitto minacciò la possa 0*5).
36
Colà a feroce esercito infinito.., -,
Succederà F imbelle Cafro ignudo , _ •
E un palo s1 aprirà quel varco aitilo »
Che non potè strale ferrato e crudo. .«
Come fra’ suoi pensieri erra smarrito *•
L? umano ingegno, d’ ogni luce nudo.
Che punto appella di destino immoto
Ciò che è di Provvidenza oprare ignoto (a6)J
37
Ma qual bell5 astro , ripigliò la Diva , [ *
Sull’ acque di Melinde i crini accende ?
E di Lamo , di Brava: e Oia la riva '.i
Fuma di sangue ove il nuov’ astro splende (*5). .
Ah ben vegg’ io V alto guerrier che arriva :
Qual fra l’ isole d’ Austro, e • qual si stende
Ignoto mare d’ Oriente ai lidi ;
E echeggierà di sue vittorie ai gridi.
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464 ‘ CANTO
38
Questi è il grande Albucherche, e cotal fanno
Bel raggio l’arme ch’egli rota in guerra (*8).
Ormutz ne fremerà d’immenso affanno
Al novello signore ingrata terra ;
! Là contro i feritori torneranno
Quante saétte arco infedel disserra,
E vedran come Iddio dinanzi vada
A quei che stnngon per la fe la spada.
3 9
Le spiaggie or di Gertìn fugati e vinti
Ingombreranno d’urli e di spavento;
Or sul mar di Mascate a morte spinti
Agiteralli la procella e il vento ,
Tal che in mezzo ai feriti ed agli estinti
Spoglierà Ormutz P indomito ardimento ,
E sul Tagò verrà supplice e prono
Del ricco Barem con le perle in dono.
40
Oh quanti allori la guerriera mano
Coglierà allora che fra l’armi ascesa
L’illustre Goa, tutto il tonar fia vano
Delle macchine ostili alla difesa!
Pur consiglio , che a saggio capitano
Val quanto ardir di gloriosa impresa,
Vorrà eh,3 ei volga il corso, e tempo aspe tu
Miglior che P alte mura a lui soggetti.
DECIMO
465
4*
E già fra Paste il veggio, ed il guerriero
F ulminare de’ bronzi , e il vivo fuoco
Tornar più crudo , e stretto il ferro altero
Ogni rischio e periglio aver per gioco (29).
F erve dietro al gran duce ogni guerriero ,
E tutto inonda d’ alta strage il loco :
Lion non v’ è che sì feroce rugga ,
Non tigre che sì cruda il sangue sugga.
42
Nè tu che in seno alla nascente aurora
Nutrì , o Malaea , i tuoi terre n felici ,
Lieta di quanto il Sol feconda e indora
Potrai celarte all’ arme vincitrici ;
E invan di venen tinti usciran fuora
Gli strali, e invano affollerai nimici(3o)t
Che Giai , Grisi e Malacci inslem raccolti
Trionfo fien d’ignoti nomi e volti.
43
D’ Albucherche più lodi avrebbe apprese \
La beila diva del canoro ingegno ,
Ma il bel suono sul labbro le sospese
Acerbo fatto e men di lode degno;
Ch se il destin fbrniotti a grand’ imprese ,
E poi di generosa anima indegno
Giudicii esercitar severo e truce,
E più compagno apparir dei che dycer(3i).
Camoens 3o
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466
C ANTO
44
E quando i tuoi guerrier durai- costatiti
In fra i perigli vedi e fra le morti ,
E da disagio e da stanchezza infranti .
Ad ogni tuo voler sorger più forti ,
Indicio è non leggier di chi sembianti
Umani vesta e cor di fera porti,
Lieve fallo punir di pene estreme
A cui fa colpa Amore e scusa insieme.
45
Ma seguendo la ninfa : Ecco , cantava ,
Di Òoarez le bandiere , eccole piene (3a)
Già d’aura trionfai su quanto lava
Il Rosso mare; e il nuovo suon che viene
Medina e Mecca di terrore aggrava ,
E coll’ estreme d’ Abissinia arene
Barborà si scolora che lo scempio
Vicin teme di Zeila e il crudo esempio.
46
Quindi famosa per antico grido
Taprobana ( ma tanto all’ alma Teti
Cara e diletta or più , quanto il bel lido
Veste di dolce amomo ì boschi lieti )
Vedrà le belle insegne entro il suo nido
Sui popoli ondeggiar tranquilli e cheti ,
E al Lusitan raccoglierà poi solo
Il bel tesoro del suo fertil suolo.
\
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DECIMO
467
47
Seqniera quinci al regno di Candace (33)
Per sentier giungerà più brieve e corto,
E l’Eritreo sotto la prora audace
Un solco segnerà non anco scorto :
Costui Maccuà , dove raccolta giace
L’acqua che piove il cielo, e d’Arqui il porto,
E isole scoprirà che a mortai voto
Tenner finora il ricco seno ignoto.
48
Meneses poi del Gange in sulle rive (34)
Verrà da tutta 1’ Aurica temuto,
E Ormutz , che ad armi tornerà furtive ,
Premerà di novel giogo e tributo:
E te pur che le bell' acque native
Accoglieran con trionfai saluto ,
Te, Vasco, rivedran gl’indi devoti
I dritti ventilarne , accome i voti (35).
49
Pure 1’ ora fatai che giunger deve
T’ aprirà presto le terrestri porte ,
E cangieratti con miglior mercede
Le regie bende al erme illustre attorte :
Meneses nuovo al grand’ onor succede
Che a te invidiar parrà l’ acerba morte :
Fia quest’Enrico , e il bel valore in lui
Coll’ aprii s’ aprirà degli anni sui (36).
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468
CANTO
50
Nè di Colela e di Panama ignude
Ei sol vedrà le mura al suolo sparte ,
E sprezzerà quanto d’ atroce chiude
O feral bronzo o macchina di Marte;
Ma, ciò eh’ è in giovin cor vera virtude,
L’ umane voglie onde oeni mal si palle
Premerà si che mai ragione ancella
Faccia d’oro' desire o di donzella.
51 ,
Ma poiché tolto a queste basse soglie
Di nimico mortai non fia eh’ ei tema , .
Tu , Mascaregna , sebben non t’ accoglie
Regio splendore e dignità suprema ,
Mille vi raccorrai vittrici spoglie ,
Ed il bieco livor lo senta e frema (37),
Ch’ei ben toglier ti puote insegna o fregio,
Ma non vero valore , animo egregio.
52
Bintam , che d’ anni e di periglio stretta
Tenne Malacca lungo volger d’anni ,
Te ristorar vedrà <r una vendetta
Gli anni crudeli e gl’ infiniti danni :
Non strider d’ archi e rapida saetta
Che indi rechi di morte acerbi affanni,
Nè arrestarti potran scempii e mine ,
E invidia stessa arrossiranno alfine.
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DECIMO
469
53
Ecco Sampaio sol di te minore (38)
L’ onta lavar del nero tradimento : ,
Del Malavar raccolto in Cananore
Sarà il nerbo maggior fugato o spento,
Come di procelloso astro splendore
Alzarsi il veggo sovra il mare , e sento
Infra i naufraghi gridi e le spezzate
Antenne ribollir l7 onde turbate.
54
Nè di Cuziale ei solo le guerriere
Navi disperde sulla torbid7 onda ,
Ma co’ suoi grandi auspicii e le bandiere
Ettor Silveira qual torrente inonda ,
E per le armate barbare riviere ,
Che il Cambaico sen bagna e circonda ,
Dei fieri Guzarat disperde P ossa *
Col nome dell7 antico e con la possa.
• 55
Cunha succede , e move sì feroce (39) ,
Che ogni nemico suo gli trema in faccia ,
Che della spada al par la fera voce
Semina lo spavento ov7ei minaccia .-
Ei Chale innalza , e quindi sì veloce .
Sovra P altera Bizai’m si caccia ,
Che Meliquez non può riparo o scudo
Opporle , e invan ne freme il guerrier crudo.
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CANTO
56
Siegue Norogna, e Panni ne conduce <40)
Fatta compagna del valor la sorte.
Altro Silveira sotto il nuovo duce
L’ altera Diù sostiene e il petto forte
Ai feri Rumi (4O oppone; indi qual luce
Che più sereno e dolce giorno porte
Dell’ I ritreo sulle sonanti sponde ,
Vasco, un tuo fior P aure innamora e Ponde.
57
Ma di quai splende gloriose faci
Il guerrier che succede al grand’ onore (4») !
Lungo le coste del Brasil P audaci
Egli disperderà francesi prore ;
Quindi signor dell’ Indo mar, seguaci
Trarrà P onde ed i venti al suo valore ;
E Bramen vinta , egli primier secura
Via s7 aprirà tra il foco all7 alte mura.
58
Di Cambaia al signor sosterrà il trono
Vinta Mogol che minacciava offesa ,
Onde nobil fortezza in regio dono
JN7 avrà da lui che il mosse all’alta impresa:
S * opporrà quindi col guerrier suo tuono
Di Calicut al Re ; nè sol difesa
Ei fia , ma il fugherà congiunto al truce
Esercito che a tergo si conduce.
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DECIMO 47 1
59
Àrderà Repelino , e il Re turbato
Esule fuggirà dal paino impero :
Scorgerà poi della vittoria il fato
Al capo Comorino il gran guerriero,
Ove il fìer Samorin di cento armato
Tonanti prore sfiderallo altero ,
E Beedàla vedrà dispersi i legni
Che usurpare parean dell’ onde i regni.
Go
Cosi coll’ alta spada vincitrice
Purgata l’ India intera , i popol sui
Ne regnerà magnanimo e felice
Sotto la pace che verrà con lui :
Solo , Balticalà , la destra ultrice ,
Tentar vorrai , nè arresteranno i tui
Furor gli avanzi di Beedàla ignudi
Fatti sterili arene e vii paludi.
6i
Martino ei nomerassi , a cui da Marte
Nome verrà quasi da padre a figlio ,
E incerto penderà se bellic’ arte
Tanti allori gli mieta oVver consiglio:
Castro sarà dell’ alte imprese a parte,
E l’ìstessa del volto aria e del ciglio
Spiegherà si, che sòl potrebbe il Tago
Andar dei duo guerrieri altero e pago.
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472
CANTO
62
Già correr senti , bestemmiando il Cielo ,
Popol vani di nome e genti mille ,
Che mordendo del labbro il folto pelo
Volgono di vendetta alte faville : 1
Altre stanno qual rupe , altre col telo
Pugnan da lunge , e un sol destino unille ;
Persi , Abissini e Rumi , e crudi ingegni
Di Marte e Furie ascose e armati legni.
63
Sta Mascaregna incontro al gran torrente (43) *
Nè alcun de’ suoi guerrier si cangia in visoi
Pure dall’ inondar di tanta gente
Ora l’uno è rapito, or l’altro ucciso ;
Ma Castro vola, e cosi giunge ardente,
Che par cader di fulmine improvviso ,
E per orior di Cristo al gran periglio
Seco l’ uno conduce e 1’ altro figlio.
64
Scoppia intanto un incendio , e volve infranti
Sassi e gran moli al ciel la schiusa polve;
E Fernando, che stassi a tutti innanti,
Coglie la fatai furia e in cener solve.
Ne freme Alvaro , il buon germano,, e tanti
Stimol Natura e Amore al cor gli volve,
Che chiuda il verno il mar, che aspra tempesta
Nembi e venti scateni, ei non s’arresta.
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DECIMO
473
65
Siegue il fier padre , e s’ apre dietro a quelli
All’ esercito wtier T onda già vinta ;
E , benché varii e misti i popol felli ,
Uguaglia un fato sol la gente estinta ;
Qui scagliarsi e ferir , e là vedelli
Puoi salir 1’ alta rocca indarno cinta ,
Ma così che par lampo il ferro e il piede ,
E sol di lor fan le ruine fede.
66
In campo aperto il vincitor poi sceso
Sfida il Re di Cambaia, ed ei ne teme
11 guardo sì che al solo scampo inteso
I barbari cavalli incalza e preme ;
Nè i regni suoi della gran spada al pesò
Ritrai- potrà P empio Idalcan che freme ;
E ardere in riva al mar Dabul ei vede ,
E Pondà che men nota addentro siede.
67
Queste ed altre verranno a così beta
Isoletta feroci anime altere,
Traendo sulla vinta onda inquieta
Le vincitrici palme e le bandiere ;
E delle belle imprese a lor fian mela
.Queste ridenti placide riviere ,
Nè a ristorarne i rischi e le fatiche
Mancheran liete cene e ninfe amiche.
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474
CANTO
68
Tal cantava la ninfa ; e i detti suoi
Seguian 1’ altre col liso, e tutte insieme (44)
Poi liete ripetean : Vivan gli eroi
Che il Ciel condusse a queste piagge estreme;
Essi non sol, ma qual verrà dappoi
ìnclita stirpe e glorioso seme
Sempre compagno avrà di lido in lido
Di fortunata impresa il chiaro grido.
69
Poiché all’ illustri mense ognun fu tolto
Coi desiderii suoi lieti e contentici),
E con diletto entro la mente accolto
Ebbe il bel suono dei futuri eventi,
Parve che si spargesse a Teti in volto
A ura novella , e lampeggiarne ardenti
Gli occhi così che vera apparve Dea ,
E vòlta al capitan così dicea :
70
Grazia del Cielo, o Vasco, a te concede
(Acciocché il tuo desir sia qui compilo)
Che quanto occhio mortai non scorge e vede
Si mostri a te qual stassi in sé romito:
Seguimi dunque co’ tuoi fidi, e il piede
Non contrasti ritroso al grande invito ;
E colà il guida ove fra sasso e sasso
A un gran monte s’apriva angusto passo (46).
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DECIMO
7*
Ma presto apparver maraviglie nuove,
Che s’ appianar le cime , e vago prato
Bei rubini spiegò, quasi che Giove
Così F avesse a suo diporto ornato ;
E sulT aer tranquillo che non move
Vago globo mirar, per ogni lato
Cosi splendente di sereno giorno ,
Che ir ardeva egualmente entro ed intorno.
7*
Non comprendi che sia ; sol dir potresti
Che di più cerchi il fabbro lo compose ,
E che lavoro sol di man celesti
Finse que’ varii cerchi e li dispose :
S’ aggiran essi or men veloci , or presti
Intorno a un centro che comun lor pose
L’ Artefice immortai che in ogni parte
Divino vi spiegò disegno ed arte:
73
Anzi verace del suo Nume imago
In se stesso comincia e a se ritorna.
Così F alme rapì splendido e vago
Che il guardo ammiralor niun vi distorna;
Ma Teti soggiungea: Qui farai pago
Qual di saper desire in te soggiorna,
Che in questo globo, Vasco, tu vedrai
11 mondo , se r intendi or meco i rai.
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74
Miralo come al Suo Fattor risponde
D’ eteree parti misto e spirti vivi,
E che non sai donde fuor metta e donde
A termin certo di suo corso arrivi.
Egli nel centro suo siede e l’ asconde
L* immenso folgorar de’ rai nativi,
Nè guardo il vede, e solo intender puote
CU’ ei stassi in mezzo a così vaghe rote (43)*
75 ’
Questo cerchio , che è primo a te presente (48),
Ed i seguaci minor cerchi abbraccia,
E onde sgorga di luce ampio torrente
Che guardo uman noi può mirar in faccia (49),
Empireo è detto , albergo della gente
Che d’ un verace ben sol corse in traccia (5o);
E sotto lui , che sempre giace immoto ,
Altro cerchio s’ avvolge in vasto moto.
76
»
E questo il mobil primo, e il moto impresso
Seco i cerchi minori in giro adduce.
Onde la notte il dì siegue da presso ,
E quella manca, e il dì torna e la luce.
V’ e sotto il cielo cristallino espresso ,
Che con sì tardo moto si conduce
Che un solo passo ei move allor che il Sole
Corsa duecento volte ha l’alta mole.
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DECIMO
477
77
Mira il bel cerchio che vien dopo lui
Di quanti globi lucidi scintille :
Ha ciascun le sue leggi e gli orbi sui
Onde piovon le dolci auree faville.
Questo bel cinto qui spiegato , a cui
Splendor non è che pari arda e sfaville.
Le belle fere accoglie, che egualmente
Febo trascorre per la stèra ardente.
78
Ma mira quanto ti si pinge e indora
Leggiadro aspetto di bei lumi erranti:
Ecco la gemin’ Orsa , e dell’ ancora
Amabil Cassiopea gli almi sembianti.
Questi è il Cigno si dolce allor eh’ ei mora,
Quell’Andromeda e il padre , e ad essi innanti
11 Drago, Orion siegue e la soave
Lira, la Lepre (5i)? il Can, d’Argo la nave.
79
Sotto è il ciel di Saturno; indi la bella
Segna face di Giove il suo cammino ;
Poi Marte vedi e F ebo e 1* alma stella
Che tremola di raggio mattutino :
Là freschi argenti sparge la sorella
Del Sole, astro gentile a voi vicino
Che or tutta intera , in parte ora riluce ,
Secondo beva di fraterna luce.
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So
Altre di queste sì diverse sfere
Ruotano lievi, e sono altre rapite;
Talor dal centro lor fuggon leggiere ,
E volgonsi talora ad esso unite;
Come volle Colui che del volere
Eterno agli alti fin le ha stabilite ,
E i tesori celarvi si compiacque
Delle nevi , dei turbini e dell’ acque.
81
Centro comun ne è poi la vostra terra
Gol mar che v’ alza per confin le sponde ,
Sebben l’umano ardir spesso si sferra
E vuole ancor signoreggiar sull’ onde.
Or tu parte vedrai di quanto serra,
E quanto ignote nè ancor viste asconde
Immense terre e genti d’ infiniti
Maii divise e di costumi e riti.
82
Ecco Europa che Nume e riti tiene
Veraci, e d’ arti sovra tutte splende :
Appresso la selvaggia Affrica viene
Avara e avvolta Ira ritorte bende:
Mira qual tratto di selvaggie arene
Di là dal capo Adamastdr si stende f
E dove segna quasi orme di belva
Gente immensa e che duce si rinselva.
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DECIMO
479
83
Mira poi gli ampii tratti , e 1’ arse e nude
Genti che il fero Monolatria abbraccia,
E dove di Gonzallo la virtude(5a)
Per Cristo segnerà sanguigna traccia:
Per «pianto va 1* ignoto clima , ignude
Sterili masse in oro assoda e allaccia.
E quello è il lago sconosciuto a cui
Beve l’immenso Nilo i tesor sui.
84
Mira che non rigor d’ aspre e ferrate
Porte i lor tetti e i sonni n’ assicura *
Che saggie leggi insieme e venerate
Ne cacciano il periglio e la paura.
Verran le negre genti un giorno armate
Sovra Sofala qual di corbi oscura (53)
Nube, ma non però Ha vinta e presa,
Chè il vostro Naia ne sarà difesa (54).
85
Di là donde alza il Nd l’ umido conio ,
E onde non fé’ vetusto ingegno fede
Se fìer covil v’ avesse o umnn soggiorno,
I fedeli Abissin v’ lian leggi e sede ;
E qui coll1 acque del bel fiume intorno
Meroe famosa un giorno isola siede ,
A cui nome novel col tempo venne ?
E quel di Nobe sol indi ritenne.
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48o
CANTO
86
Là. Vasco , a par di te fìa chiaro un figlio (55)^
Sebben la fatai ora opnor vicina
Coi freschi allór pendenti ancor sul ciglio
Rapirà la bell’alma pellegrina (56):
Mira le spiagge ove dal gran periglio
Te raccolse Melinde alla marina
Coll’ amp io rio che s1 apre or Opi detto
Presso Quilmanse 1’ arenoso letto.
87
Mira là dove s’ apre il vasto seno
A cui di Rosso mar il non e sorge.
Dai color forse donde il grembo ha pieno
11 gran Capo che sopra altier vi sporge.
Qui Natura divide il bel terreno ,
E già l’Affrica fugge , Asia si scorge;
E il tributo maggior su queste arene
Da Arquicco , Suache e Maceuà le viene.
88 '
Quella che in fondo al vago seno vedi
Spiegarsi sovra il mar con porto amico ,
E Suez, ma Arsinoe fu, se al grido credi.
Or tributaria dell1 Egitto aprico :
Quelle son 1’ acque che dall1 ime sedi
Si divisero al cenno d’ un antico ;
E già l'Asia comincia, Asia possente
Di làmose cittadi e immensa gente.
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DECIMO
48l
®9
Del Sina è là l’altera cima, piena
Del grido ognor che sacra urna le diede;
Poi Mora e Gida onde di dolce vena
11 fresco zampillar giammai ti fiede;
Indi sbocca lo stretto che ti mena
Al regno d’ Adem che trascorre al piede
Della gran selva Alzira ignudo e vivo
Sasso che pioggia non feconda o rivo C57)*
9°
In tre nomi divisa ecco vicina
Nutrice Arabia di più genti erranti ,
E oVe agli usi di Marte si destina
Feroce stirpe di destrier volanti C58) :
Quindi mira la costa che cammina
Oltre il seno di Persia, e t’apre innanti
Il gran Capo di Farmaca , a cui diede
Nome antica città che polve or siede.
91
Dosar qui vedi , e la dolce aura spiri
Dell’ incenso miglior che giunga a voi ;
E Rosaigaie là, se il guardo giri,
Tosto incontro ti sorge; e l’altro poi
Che steso e sparso in varie piagge miri
È il grand’ Ormutz coi molti regni suoi ,
Che nano un giorno celebrali e chiari
Laddove Castelbranco arda sui mali (59).
Camoens 3i
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482 CANTO
92
Siegui il capo Afaboro e il corso ameno
Del gran lago che tratto ora feconda
Di Persia, or parte d‘ Arabo terreno,
E quivi sposa al gran Nettuno P onda ;
E Barcem mira con le perle in seno ,
Di cui sparge quel suol l’Aurora bionda,
E di Tigli e d Eufrate indi le ciliare
Acque foce comune aprirsi al mare.
. 93
E già Persia tu vedi intenta ognora'
A cinger valli e maneggiar destrieri ,
Che ai popoli guerrieri ingiuria fora
Non cinger armi e studi oprar guerrieri ;
Ma mira quanto lunga etade ancora (60)
A cangiar vale, qui s’ ergeano alteri
D’ Arrnuza i tetti , ed or dal nudo suolo
L’isola di Gerii ni vi sorge solo.
94
Quivi dal Tago il bell’ ardir nativo
Recherà il gran Menese , e a pochi unito
Di Lara il Perso o traggerà cattivo,
O spargerà de’ coipi estinti il lito.
Pietro Sosa dappoi sul fuggitivo
Avanzo arderà si,' che sbigottito
Invano chiederà che Ampazza il chiuda
Cadente pur sotto la spada ignuda.
/
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DECIMO 4^3
Ma ormai lo slrelto di Carpela e il rio
Suolo abbandona cbe Carmania è detto ,
Óve sì ingrato è il solco e sì restio ,
Clie giammai frutto indora , olire fioretto ,
Che da quel monte già sgorgar vegg’ io
L’ acque dell' Indo , e formar vasto letto ,
E più lontan . ma quasi presso a loro,
Scendere il Gange con le arene d’oro.
' 96
D’ Ulcinde è qui la fertil terra , e addrento
D’Iacquete il sen, dove trascorre e cresce
E a se poi toma il liquido elemento :
Indi Catnbaia vien che ricca mesce
Ai felici terreni il salso argento ;
Ma le tanti cittadi onde fuor esce
La bella costa il ricordarti è vano,
Se indi avran leggi dalla vostra mano.
97
Dall’Austro al Capo Comorì l’aprica
India trascorre , e a fronte qui le siede
Ceilan che il bel nome dell’antica
Taprobana cangiò , ma non la sede ;
A’ Portoghesi tuoi la terra amica
Sarà così , cbe questo a quel succede ,
Ed allori vi miete, e nuovo e folto
Popol vi forma ,e v’è Sovrano accolto.
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484
CANTO
98
Fra l’uno e l’altro fiume la feconda
Terra s’ apre in pianure e vasti regni ,
E di duo Re la gente vi seconda
Diversi riti , e ognun di Numi indegni.
11 regno di Narsinga ha qui la sponda
Che le ossa di colui , che i sacri segni
Volle palpar del suo Signor, racchiude
Testimoni di grazia e di virtude.
99
Qui lontana dal mare un di sorgea(6i)
Meliapor, città superba e bella,
Che incensi e voti a sozzi Dei porgear
Presso il mare. ne sorse indi novella,
Che la stessa seguiva usanza rea ,
Quando Tomaso tolte alla rubella
Gentilità già varie genti , il piede (6»)
Qui spinse portator di vera Fede.
100
♦
Un di eh’ egli qual padre a tutti aita
Porgeva m mezzo a folto popol misto,
E ove il di richiamava, ove la vita,
Errar sull’ onde enorme legno è visto ;
11 Re, cui regia mole ancor compita
Non era , lieto va del nuovo acquisto ,
E che sia tratto al vicin lido impone ,
E vari ingegni al gran lavor dispone.
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DECIMO
485
V
ior
Ma grave è sì , che ogni valor ne è vinto
Di chi vi suda intorno ansante e stanco.
Scende Tomaso al lido, e il sacro cinto
V’ appone ond’ ei cingea l’ umil suo fianco $
E il legno quasi da frese’ aura spinto
Seconda il veechiarello infermo e bianco ,
Che lieve il tragge là dove poi sorse
Tempio al gran Dio che la sua inan gli porse.
102
Sapeva ei ben che il Ciel promette al fido
Servo d' aprir de’ suoi portenti il fonte ,
E che s’ei dica a un monte: Or scendi al lido;
Al lido tosto scenderebbe il monte (63).
Cotanto oprò del bel portento il grido,
Che i suoi detti seguian le genti pronte;
Solo ai Bramèn d’ empio pallor la gota
Tinse l’alta virtute ad essi ignota,
103
Sacerdoti costor di quella gente ,
• Temon 1’ alto poter che in lui risiede,
- E già rivolgon nella cieca mente
O eh’ egli mora , o torca altrove il piede ;
Ma V un , che sovra gli altri èra possente ,
Tal si mentisce una bugiarda fede !
Tal empia cosa oprò di cui 1’ orrore
Fia tutto alle future età terrore.
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486
v
CANTO
104
Uccide un figlio , e apposto il gran delitto
Al buon Tomaso , a crudeltà consorte
Fa lo spergiuro, e chiede che suo dritto
Giustizia spieghi, e lo condanni a morte.
Egli possente più , quanto più afflitto ,
11 guardo leva alle celesti porte ,
E cotanta virtude al cor gli scen'de ,
Che dei rischi mortai maggior lo rende.
105
Con quel nuovo poter che a lui si strinse
Vuol che si tragga il giovinetto estinto ;
E , Dimmi , grida , chi 1’ acciar qui spinse
In nome di Colui che morte ha vinto.
Tosto il sembiante al morto si dipinse ,
E sciolto da rio gelo il labbro avvinto
Additò il genitor che avea presente ,
E che vergogna e non il fallo sente.
106
Maravigliato il Re, battesmo chiede
Dalle man di Tomaso, e il popol folto
Gli bacia il manto e gli si siringe al piede,
Chè veder pargli il Nume stesso in volto:
U odio sol dei Bramtn 1’ armi non cede ,
E quanto loro il bel portento ha tolto
T entano ricovrar per altrui mano
Svegliando popolar tumulto insano (64).
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DECIMO
487
107
Ma dei disegni e del voler del Cielo
Ministra è sol malizia umana; un giorno
Ch’ ei novelle spargea fiamme di zelo
Barbari gridi si le varo intorno ,
E dardi e sassi , e infranto il casto velo
Fe’ la grand’alma al Fattor suo ritorno,
Che a tornarsene a Lui candida e lieta ,
Del bel sangue dovea tinger la meta.
108
Pianse, o Tomaso, il Gange il tuo partire,
E risonarne lungamente 1 lidi (65):
Ma , voi , che dietro al glorioso ardire
Seguite a illuminar popoli infidi ,
Mirate qual sul labbro aura vi spire,
E qual tremendo incarco il Ciel v affidi :
Sale voi siete; e a che varrà , se il guasti
Aura terrena di desir men casti ?
109
Ma seguendo la costa e la famosa
Cittade , mira sovra il seno ond’ ella
Si curva al Gange correr popolosa
La superba Narsinga, e dopo quella
Orizà beta d’ogni fertil cosa,
E del Gange venir, dove la bella
Costa decima, le dolci acque e chiare
A riconoscer col tributo il mare.
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488
CANTO
I IO
L’ abitator di questa fertil sponda '
Vive securo sì, che giunto a morte,
Se stilla il tocchi pur della bell’onda,
Crede che seco ogni sua colpa porte.
Mira poi Cattigham che alla feconda
Provincia di Bengala apre le porte ;
E Bengala colà che l’ Austro vede , .
A cui si volge il suol dov’ ella siede. '
1 1 1
Siegue il regno Arracdra, il Pegù presso?
Cui lieto e fresco ride il suol soggetto.
Comune un dì y’avea sul suolo istesso
E la fera il covile , e l’ uomo il tetto ,
Che d’ origin cognata a segno espresso
Sicuro il popol v’offeria ricetto, .
Sebben saggia Reina indi ne tolse
L’ empia credenza, e a miglior fin la volse.
1 12
Tavai è là che al vasto Sien mette,
Tenassar indi viene e Queda altera
Del suo buon pepe e di sue piante elette;
Benché un giorno sarà per voi primiera
Molucca fra le celebri isolette
Che ornano qui la fertile riviera,
E T Oriente intier dal mar venuto
Vi recherà di merci ampio tributo.
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DECIMO
439
n3
È fama che qui il mar con le sonanti
Onde passasse un tempo, e dal terreno
Di Sumatra , che unito era dinanti ,
Molucca dividesse il nuovo seno (66) :
Per V auree vene entro il suo sen vaganti
Il Chersoneso d’ Or fu detto, o almeno
Creduto fu l’antico Ofir, da cui
Traeva il Re più saggio i tesor sui.
1
Mira la punta a cui si serra intorno
Il mar così, che a stento il fende prora:
Qui alla bella Calisto fa ritorno
La costa , e corre diritta indi all’ Aurora :
Quei son Patane e Pan dentro il contorno
Di S'ien posti, che altre terre ancora
V’ abbraccia e regge ; e quegli è il fertil Mena
Che dal lago Chiamai tragge sua vena.
1 15
Quivi d’ignote genti ignoti cento
Nomi, fìer Lai, po,i Brami ed Avi erranti
Per P ombre cupe di boscaglie, e addrento
Il Gueo più crudo ancor d' atti e sembianti ,
. A cui di sangue uraan la bocca e il mento
Cola, ed a cui non mai pensato innanti
Barbaro rito 1’ aspra carne incide
Con ferro ardente, onde ne fuma e stride.
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49»
CANTO
n6
Mira Camboia e il fertil sen che parte
Il Mecon che signor de’ fiumi è detto,
Che cent’ acque raccoglie e le comparte
Pieno sboccando sul terren soggetto:
11 IVil cosi colle bell’ acque sparte
S’ apre sugli arsi campi immenso letto.
Fede è costì che bruto e fera avvive
Quell’ alma stessa che immortai rivive.
ri7
Quivi tranquille accoglieran le sponde (67)
Colui che vi verrà naufrago e infranto,
E d’arene anco sparso e d’alghe immonde
Altro tesor non recherà che il canto,
Quando rapito fia per immens’onde
Lunge dal patrio suol che amava tanto,
Miseri che suoni trombe o ispiri avene,
Più di bel suon che di favor fian piene.
xi8
Mira la bella chioma che la Costa
Spiega odorata di Campa, la meno
Or nota Cochinchim, poi la riposta
D’ Ainam riviera aneora ignoto seno;
E qui l’ altera immensa China è posta ,
Di cui tanto trascorre il bel terreno,
Che cinger tutto intorno, e abbracciar pare
L’ un polo e l’ altro , e l’ uno e l’ altro mare.
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DECIMO 49*
"9
Mira il celebre muro che cammina
Quanto s‘ allunga il Tartaro e distende ,
Barbaro suol che al di là della China
Giace, e da quella il copre e lo difendei
Oh gran poter a cui tutto s* inchina ,
E maggior quasi a umana fe si rende!
Qui se il Re mora, non erede o figlio,
Ma succede il maggior d’arme e consiglio (68>.
120
Ma lasciamo altro suol che poi famoso
Costumi e leggi avrà da voi migliori,
E Fisole seguiam che dall’ondoso
Seno di questo mare or metton fuori';
Quello colà lontano e mezzo ascoso,
E della China sotto eguali ardori
Posto , è l’ alto Giappon che ricche vene
Di serpeggiante argento in grembo tiene.
12 i
Ma mira quante del bel mare figlie
Mostransi a gaia fertili isolette:
Tindore ecco, e Ternate, a cui vermiglie
Di viva fiamma ardon 1" altere vette :
Qui vago augel che par che l'ór somiglie
Trascorre le bell' aure , e quivi mette (69)
Il garofano ardente i pomi suoi
Che i Portoghesi raccorran sol poi..- -,
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49a
CANTO
ri 22
Banda cogli aurei suoi frutti nativi ,
Quindi sorge , e augeìletto in sen le vola
Che cento spiega al di colon vivi,
E l’aspra noce fa suo cibo sola.
Presso è il Borneo, e in dolce pianto quivi
Sembran le piante sciogliersi , e ne cola
La canfora, a cui sol suo pregio deve
L’ isoletta che in grembo la riceve.
ia3
Dalla seguace, che Timdr s’appella,
Viene il salubre Sandalo odoroso :
Sunda poi mira venir dietro a quella
Ampia cosi , che ha l’ un de’ fianchi ascoso ;
Un fonte sgorga qui che tal rovella
Virtù racchiude dentri il fondo algoso,
Che se tu legno immergi .entri il bel rivo ,
11 traggi fuor converso in sasso vivo.
ia4
Mira Sumatra in isola cangiata ,
Pel cui fertile sen cheto si move
D’olio pingue ruscello, e tal pregiata (70)
Ambra grntil dalle cortecce piove , -
Che lagrima sì dolce ed odorata'
Non die’ alla figlia di Cinica Giove ,
E su quant’ altra vantar possa, lieta
Di ricche vene d’ór, di molle seta.
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DECIMO
ia5
Mira il monte Ceìlan che sull’istessa
Alzarsi sembra region de’ venti,
E ove orma umana sovra il sasso impressa
D’alta religi'on fere le genti (71).
Quindi Maldiva vedi che s’appressa,
E dall’acquoso sen mira crescenti
Le belle piante che corona il pomo
Onde il veleno più. possente è domo (7»).
126
Di fronte al Rosso mar quinci piegarse
Zocotorra che ha d’ aloe immensa dote,
Ed altre poi per tutt’ Affrica sparse
Che fiano al valor vostro" un dì devote ,
E ove senti d’ odori un misto alzarle ,
E di Madagascarre alle remote
Isole giungi, e mira quante terre
A voi serbate il mar circondi e serre.
127
Ma visto quanto il Cielo vi destina
Onde apriste sentier col valor solo,
Lasciam la bella orientai marina
E dispieghiamo ad Occidente il volo.
Mira il terreno immenso che cammina
Dal polo di Calisto all’altro polo,
E quanto abbraccia nel gran corso liti
Di mare ignoti , e ignote genti e riti.
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494
CANTO
128
Dove la costa si dilata e stende
Ampio a voi sorgerà regno novello:
Santa Croce fia detto, e or nome prende-
Dai purpurei suoi legni altero e bello (7^)4
Lungo la costa poi nuove acque fende
Portoghese noccliier, sebben rubello (74)
Recherà in dono ad altro soglio innanti
Popoli e terre non credute avanti.
129
Egli giunto sul mar coi legni sui,
Che all’ antartico ciel corre diretto ,
Immane /gente scopriravvi a cui
Cresco» sopra F uman membra ed aspetto,
E il tonfine vedrà che poi da lui
Lo stretto Magellanico fia detto ,
Ove non son più terre, o sonvi ascose
Sotto le penne d’ Aquilon nevose.
130
Cosi cortese a voi concede il Fato (?5)
Pi veder pria le celebrate imprese
Che sovra un mar da voi soli tentato
Farà un giorno il valore portoghese.
Ed or che dell1 onore a voi serbato
Avete già le belle menti accese,
Onde sarete ognor pregio e corona
All1 amorosa Dea che Amor vi dona-,
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decido
49S
i3i
Tornar potete al mar, chè spiran cheti
I venti, e tutto il bel cammin seconda.
Cosi disse la Diva, e i nocchier lieti
Lascian la bella innamorata sponda:
Dolce ristoro han dall" amica JL eli
Di saporite frutta e di frese5 onda,
E le manne Dee liete e soavi
Van caro peso delle belle navi.
i3a
Risolcando cosi tranquillo mare
Con aure che movean da ciel sereno
Sorger presto mirar sull5 onde chiare
I lieti colli del natio terreno.
Oh- quanto parver lor più dolci e care
Le vaghe rive che hanno il Tago in seno!
E al regio piè venuti i buon nocchieri
Andar di nuovi nomi e fregi alteri.
i33
Musa, non più; chè ornai la cetra d’oro (76)
JViega il bel suono , ed è lo spu to infranto ,
Non dal verso che ognor fia mio tesoro ,
Ma perchè a sorde ingrate genti io canto;
Chè non regia mercede o sacro alloro ,
Onde si svegli illustre ingegno al canto,
triova sperar là dove è solo in pregio
Purezza, e non splendido core e regio (77).
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496
CANTO
134
Qual cieca legge di destino avaro
Fisso ha cosi , che dove il patino ingegno
Pronto risponde ed il valore è chiaro ,
Non sorga poi di gratitudin pegno:
Ma tu, giovin signor, che amalo e caro
Adorni di te stesso il patrio .regno ,
Tu ammenderai l’error, che ben t’è nota
L’illustre gente al scettro tuo devota.
135
Tu vedi ben come il periglio sfidi,
O sotto l’arse zone, o alle gelate
11 venerato tuo voler la guidi;
Come fra le aste e fra le spade alzate
Barbare genti incalzi e Mon infidi,
Come naufragi corra ed onde irate ,
Nè per disagio stanca ceda o doma j
Purché tu cinga vincitor la chioma.
1 36
Ma tu Balte fatiche ed i perigli
Render dei lievi, e farti a lei sostegno,
Ed addolcir le leggi ed ai consigli
Teco innalzar chi per virtù n’ è degno,
E far che ognun la giusta parte pigli ,
Qual lo stato consente ovver l’ingegno ,
Onde concordi fra i diversi uffici
Giungano a un fine i popoli felici.
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DECIMO
i38
Alzi per te candide mani al cielo
Chi volle il Cielo all1 are sue presente ,
Chè solitario chiostro e casto velo
Terrene cure ad esso non consente ;
Ma quei che a fero ardore, a crudo gelo
Più temuto ti fanno e più possente, '
Gli arditi cavalier colgano onori
Dei perigli consorti e degli allori.
!39
Veggan per te, signor, Franchi e Britanni,
Germania, Italia, e quanti verran pdl.
Che come nacquer fra i guerrieri affanni,
Tal crescon sempre i Portoghesi tuoi;
E da te , che pur devi i giovin anni
Sull’ esempio formar de’ patrii eroi ,
L’ acerbo ingegno si commetta e affide
A dii già molto visse e molto vide.
140
Ma in campo aperto giovinetto scendi ,
E ove rimbombi strepitar guerriero
Te stesso sprona e del gran suono accendi*,
E sotto il regio fren spumi destriero ;
Chè il mirar come saggio or ti difendi,
Or il fianco nimico investi, il vero
Valor sol forma, nè cotai faville
Spirar potrianù mille carte e mille.
Camoens 3a
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498 CANTO DECIMO
*4»
Nò sdegnar al tuo piè le Dee sorelle t
Che <T immortali tade è loro il dono,
Esse sol rinverdir posson le belle
F rondi al tuo crine e sole ornarti il trono.
Io pien dell’ avvenir già chieggo a quelle
Celia maggiore e più robusto suono ,
Che già parmi vederti altero in voi lo
Fra barbari cavalli ed aste avvolto.
i4^
E mentre i gioghi ripidi d’ Atlante
Tremeranno dinanzi al tuo valore ,
O di Marocco i muri e di Trudaute
T’acclameran felice vincitore,
E delle gloriose imprese e tante
Achille stesso sembrerà minore ,
Dalla cetra io trarrò tal suono altero
Che anco di me parrà minore Omero (78).
-v »
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Ah CANTO DECIMO
. . . AÌ-vra soave
E salo increspa il bel ceruleo grembo.
T. Tasto.
a
Qual mensa trionfante e sontuosa
J)i filini si voglia successor rii Nino ,
O qual mai tanto celebre e famosa
Di Cleopatra al vincitor Latino ,
Potria a questa esser par , che l’amorosa
Fata avea posta innanzi al Paladino ?
Tal non cred’ io che s’ apparecchi dove
Ministra Ganimede al sommo Giove.
Ariosto.
3
. . . sedendo a mensa lieta
Mescolar 1' onde fresche al viti di Creta,
T. Tasso.
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5oo
NOTE
4
E' in angeliche tempre udir le dive
Sirene } ec.
T. Tasso.
5
E facea racquelare i fumi e i venti.
Poliziano.
6
. . . Cythara crinitus Iopas
Personal aurata docuil quae maximas Atlas.
Virgilio.
Extremum hunc Aretusa mihi concede labcrcm.
V irgilio.
Ma già degli anni estremi il freddo gielo
Fa debil la mia voce. '
B. Tasso.
Già discendendo Parco de? miei anni.
Dante.
9
Egli era il re di Cochino , Trimum-para f il primo
alleato che abbiano avuto nelle Indie i Portoghesi ed il
più. fedele. Sendo egli tributario e vassallo del Samo-
rino di Calicutte, stimò di suo profitto Punirsi coi ne-
mici di quel principe. Tale alleanza gli fé? quasi per-
dere il regno. Egli fu assediato nella sua capitale dal
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NOTE
5oi
Samorino . e vide met.il a punito tutti i suoi stali. I
Portoghesi da principio ti mostrarono suoi vendicatori t
protettori , ma predominarono poscia nel suo reame t
come in quelli di tutti i sovrani dell ’ India che avevano
ricevuto di buona o di mala voglia quegli avidi ed im-
periosi stranieri.
io
Sensit otius.
numinls il/a
Ovidio.
. . . Cymha populorum capar
Succubuit uni , ec.
• Seneca.
1? alto mar di’ jldria già sospira e geme
Sotto i veneti legni.
' B. Tastfj.
II
v
Si/latte esagerazioni poetiche dovevano naturalmente
esser bene accolte in secoli nei quali la grandezza e la
forza del corpo erano condizioni essenziali dell' eroismo.
Ma si può osservare che la poesia in lutti i tempi ha
lusingato P immaginazione. colf ingrandire eli oggetti , o
ColP esprimere le idee morali per mezzo di fisiche imma-
gini. Si sa bene che il vascello del Pacheco non gemè
realmente sotto del suo piede ; ma si riscontra con pia-
cere in quella poetica menzogna il carattere della domi-
nazione che il rnnaui ttalor portoghese andava ad eserci-
tare sui mari de>P Oriente. JjU stessa eloquenza , meno
audace della pò- sia , usò più volte, simil figura. Il
Po isiict . nella O-azione funebre della Regina d’Inghil-
terra . ha magnificamente dipinto P Oceano , che incur-
vava tutte le sue onde lotto la Dominatrice dei mari :
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5oa n-o t e
tl Courhant toutes ses ondes *ous la Dominatrice dei
meri. ,,
la
Iupiter (amen ad has preces surdas aurei hahebat.
Omero.
Empiendo il del di poli e di querele .
Arioito.
iS
Dopo aver perdute sei battaglie , il Samorino , racco-
gliendo tutte le forze , mosse ad attaccare il Pacheco con
due o trecento barche le quali non valevano quanto ire
dei nostri vascelli da guerra. Molli battelli piatti , le-
gati insieme , portavano grandi castelli , muniti di grosse
artiglierie, che non si sapeva ni collocare , ni appuntare ,
e non producevano effetto alcuno. Finalmente aveano
messo sovra altri bastimenti grossi mucchi di legne , in-
tonacale di catrame e di bitume. Si spingevano contro i
vascelli portoghesi quelle piramidi infiammate , P effetto
delle quali assolutamente dipendeva dalla direzione del
vento , e che potevano danneggiare altrettanto gli Indiani
che i Portoghesi. Il Pacheco dissipò tutto quel V appa-
rato , meri formidabile che voluminoso , con centoventi
soldati , due vascelli ed alcune scialuppe. Ci voleva
nullameno di molto foraggio per affrontare con sì poche
forze tanta moltitudine , la quale mancava bensì d} arte ,
di sapienza e d’ armi , ma combatteva con furare. I
Mori che militavano su quella flotta 5 erano più valenti
assai degli Indiani.
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NOTE
5o3
*4
Euro o nessun che in alta fama tagli*
Vidi dopo costui (s* io non m’inganno)
O per arte di pace o per battaglia .
Petrarca.
i5
. . . E quel che solo
Contro tutta Toscana tenne il ponte.
Petrarca.
16
In questi naturali ed affettuosi movimenti si riconosce
l’ anima d’ un poeta. Quest * apostrofe introduce felicissi-
rnamente la disgrazia del Pacherò . il quale in fatti non
è stato più fortunato di Belisario. Dopo tante conquiste .
nelle quali non aveasi procacciato che una medi ocrissima
agiatezza , i suoi nemici lo accusarono di concussione
presso il re Emmanur/e. Egli e morto, secondo alcuni y
in uno spedale , e come altri dicono , in una prigione.
Il suo pronipote ridotto ad una estrema indigenza , sotto
il regno di Caterina , si porto dal primo ministro di
quella principessa , nominato Gilìanes d’ sfratta , e gli
espose la sua povertà ed i servigi prestati dal suo avo.
Il ministro , turno pieno di affetto e di virtù , andò
tosto a gettarsi a ’ piedi della lìegina , impetrando una.
grazia da lei. Poiché ne ottenne la promessa : *• Mada-
ma , ei le disse, io vi dimando pel nipote d’ uno degli
eroi del Portogallo la commenda che voi mi avete con-
ceduta pdt mio figlio. , Rispose la Regina che il fglio
del ministro conservasse la commenda . promettendogli
che la prima che andasse varante P avrebbe conferita al
pronipote del Pacheco. u Madama , soggiunse il mini-
stro , il mio figlio può aspettare, e il discendente del
conquistatore delle Indie non è in isiatù di sojferire ri-
tardo. .,
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5p4
NOTE
*7
Don Francesco d’ Aìmeìda , primo viceré portoghese
nelle Indie , uno dei più prodi e dei più virtuosi .
18
Totumque aliali classibus aequor.
Virgilio
*9
Ivi non ti varrà fona o consiglio.
Martirano.
ao
. . . Tum vita per auras
Concessit maestà ad manes } corpusque reliquit-
Virgilio.
ai
... . Salve aeternum mihi , maxime Palla ,
lEternumque vale.
Virgilio.
aa
Poi vtr D arazzo , e Farsa glia percosse
SI che il Nil caldo si sentì del duolo.
OaDte.
a3
Non altramente il tauro ove P irriti
Geloso amor con stimoli pungenti :
Orribilmente mugge , e co 1 muggiti
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NOTE
5o5
Gli spirti in sì risveglia , r P ire ardenti :
E'I corno aguzza a i tronchi, e par ch} inviti
Con vani co 'pi a la battaglia i venti:
Sparge col pie P arena , e ’/ suo rivale
Da lunge sfida a guerra aspra e mortale.
-T. Tasso.
34
Questa morie ri’ A Intrida e già predetta nel canto V
tini gigante Adamastorre , ma con meno di ragguagli
che in questo luogo. Si potè riscontrare nelle note dt
quel Canto V che il viceré , tri quale gli indovini del
paese hanno pronosticato eh’ egli non passerebbe il Capo
di Buona Speranza , fu ucciso presso quel Capo , nella
baia di Saldagna . dai Cafri , coi quali ì Portoghesi
vennero in rissa. Un individuo del seguito del viceré
aveva fuor di proposito insultali gli abitanti della costa ,
i quali lo maltrattarono. Questi venne a chieder ven-
detta a ’ suoi compagni , che presero tosto le armi , ad
onta che il viceré gli consigliasse a desistere , e trasci-
narono lui stesso nella zuffa , in cui fu ucciso da un
colpo di freccia. Sembrava che ne IP atto di andarvi egli
prevedesse il proprio destino. *• Amici , ei dicea . e dove
conducete voi un uomo di sessanp anni , che disfece tante
flotte e tanti eserrit ?„
Il suo figlio Lorenzo , del quale il poeta descrive Id
coraggiosa morte , era un giovine delle più alte speranze.
Egli fu attaccato , vicino a Chaul . di una flotta di do-
dici vascelli egiziani , capitanata dal Mirhussen , ammi-
raglio del Soldano d’ Egitto. Quella flotta era ben al-
trimenti terribile che le almadi* f barchette ~) indiane.
ElV era riunita alla flotta di Cambaia , composta di
quaranta bastimenti , e comandata da un uomo pieno di
coraggio e di spirito, nominato Malech-azz . uno dei piìt
pericolosi nemici del Portogallo, L'renzo fu obbligato a
combattere in 'una posizione svantaggiosa e col vento
contrario. Tina palla di cannone gli portò via una co •
scia. Egli si fete attaccare alP albero del suo vascello ,
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5o 6
NOTE
ed ivi , tenendo sempre in mano la sua spada t egli dava
i suoi ordini , ed esortava i suoi a combattere valorosa -
mente. Un altra „ palla gli fracassò una spalla e lo
trasse a morte. E quello il temjro in che le grandi azioni
erano comuni fra i Portoghesi , i quali di tal modo si
renderono padroni delle Indie. Il poeta mette con ragione
faremo in paragone di Sceva centurione , la morte del
quale è descritta nella farsagha di Lucano , e cono-
sciuta abbastanza per le narrazioni di molti storici.
a5 - /
Pompeios juvenes risia atque Europa , ned ipsum
Terra tegit Lihye.s , si tpmten ulta tegit.
Quid mirum loto si spargitur orbe? J a cere
Unb non poterai tanta ruina loco.
Marziale.
26
Demonio il chiama angelica favella j
Ma il pazzo mondo lui Fortuna appella.
T. Tasso.
E divenuto il mar di sangue tinto.
L. Martelli.
aS
Questa è la luce de la gran Costanza.
Dante.
» • •
Invenere
a9
tnedias acies , mediosque per ignes
viam,
• Virgilio.
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.3o
Specie di pugnale, usato dal Malesi. Esso allungasi
in linea spirale , e le sue ferite sono pericolosissime.
Con tale arma terribile trenta di quei Malesi , che sono
i pià feroci fra tutti gli isolani dei mari dell' Oriente ,
vanno in una barca ad assaltare improvvisamente un va-
scelto , con un furore che non si può immaginare , c
qualche volta accoltellano tutta la ciurma , prima che
essa abbia potuto pensare a difendersi.
3i
E' Albucherche. aveva ne ! suo pai a zio una bellissima
schiava indiana j un soldato portoghese ebbe V ardire di
entrare nell’ appartamento del comandante supremo, e
per amore o per forza uso con esso lei. Informato P Ab-
bucherche di tal eccesso . fece impiccare immantinenh il
temerario portoghese . l\on molti avviseranno col Ca-
rnata* , che tal fatto oscuri la gloria dell' Albucherche.
. 3»
Lope Soares di A/berearia , governatore delP India ,
partì a quella volta, nel l5l5. Ee li sparse il terrore sulle
coste del Mar Rosso y arse Cranganor , e fece il re di
Ceylan tributario del Portogallo.
33
Diego Lopez di Sequiera , governatore dell ! India ,
nel i5i8 corse vittorioso il Mar Rosso } ed aprì tratta-
tive coll 7 Imperator dell ’ Etiopia.
34
Don Duarte di Meneses , conte di Tarouca , gover-
natore dell ’ India nel i.Sai , ricondusse all * obbedienza
Ormutz che s' era sollevata dal giogo.
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5o8
NOTE
35
Il V rtsco de Gama fu il sesto governatore delle Indie ,
S)jion ha goduto di tal dignità che tre mesi .
36
Don Enrico di Meneses, in età di aR anni , succedette a
V osco di Gama nella carica di viceré dell9 India • Egli
travagliò grandemente il Re di Calicutla , distrusse Pa- ,
'noma , Caleta , ed in ogni incontro Jece prova di grande
valore.
• ' 37
Il Mascarenas era stato nominato successore, del Me-
■nècj'.c. In sya assenza è stata affidata P amministrazione
degli affari n Lope Vaz di Sampayo , il quale giurò
di cedere il posto appena comparisse, il Mascarenas. Ma
in vece di osservare la sua promessa egli lo foce impri-
gionare y esempio di oppressione molto comune fra li
viceré portoghesi.
Don Padre Mascarenas espugnò Malaca , fortezza
(punita di 3oo pezzi d9 artiglieria e piena di difensori ,
n I tempo che il suo nemico stava tramando in Goa la
l'ovina di lui.
38
Lope V ir di Sampayo vinse nelP India molti nemici
con singolare valore , e riportò una gran vittoria navale
sopra C tizia le , Moro di gran nome , . che comandava una
fotta di i3o vascelli.
39
Egli era della famiglia di qttelP illustre Tristano di
Ctìnha t del quale il poeta ha di già fatto un elogio sì
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NOTE
509
g rande j e meritava di esserlo. Tal nome è uno de ’ più
famosi nella storia ilei viceré dell’ India.
4°
’ tilo,
Don Gnrsia di Noronha , che col titolo di viceré suc-
cesse a N unito di Cùnha , partì da J^sbona nel i538.
41 !
Nome che denota gli Egiziani. I
4*
Martino Alonso di Sousa , duodecimo governatore del-
l’ India. Fu cavalier valentissimo , ed avea già fatto
prova nel Brasile della militare virtù , che poscia tanto
fece spiccare nell’ India il suo nome.
43
La città di Diu sostenne due assedii egualmente cele-
bri nella storia del Portogallo. Nel primo ella e stata
difesa dal Stive-f ra , e nel secondo dal Mascarenas. Egli
si fu a quest’ ultimo che Giovanni De Castro venne a
recar soccorso , dopo avere disfatto gli assediatori per
terra e per mare.
44
L ’ una disse cosi, l’altra concorde
L’ invito accompagnò d’ alti e di sguardi.
T. 'Tasso.
Cosi favella , e seco in chiaro suono
Tutto l’ ordine suo concorde freme.
Lo stesso..
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5io
NOTE
45
Postquam cpulis Bacchoquc modum lassata voluptas
Imposti it.
Lucano.
Poiché de 7 cibi il nalttrale amore
Fu in lor represso , e V importuna sete , ec.
T. Tasso.
46
yindiam sopra quel poggio , e cederai
1j t magna rocca nella fredda valle ,
E da me il cammin dritto imparerai ,
fi quale è un stretto e poco usato calle $
Così si mosse K ed io lo seguitai ec.
Fil errino.
42
Enee ed amor d' un cerchio lui comprende
Sì come questo gli altri , e quel precinto
Colui che il cinge solamente intende.
Dante.
4»
Il poeta ha qui seguito l'antico sistema de' Peripate-
tici i quali ammettevano undici globi e la terra nel
mezzo. Il decimo cielo , che de nomi navi no il primo mo-
bile . rotava continuamente d'Oriente in Occidente , e tutti
gli altri cicli nel suo moto traeva. Questa dottrina era
insegnata nell' università di Coimbra al tempo del Ca-
jnocns , tic poteva egli conoscere le eterne verità rivelate
poi dal Galileo e dal Newton.
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... E non comprende , ec.
Che ingegno uman si alto non si estende.
Tibaldco.
50
Ch' è tutto ardente e. rutilante foco ,
Per eh' Olimpo il chiamar le antique genti f
Ove sempre ridendo in feste e in gioco
Godono il sommo ben le eterne menti.
Varchi.
51
Quest’ è la lepre che Orione ha perseguitato in caccia ,
e che gli i sfuggita coll ’ aiuto di Mercurio. Gli antichi
V hanno collocata nei cieli. L’ istoria delle altre costel-
lazioni di cui qui parla il poeta è nota generalmente.
5a
Gonzalo di Silveira , missionario Gesuita. Egli era
fratello del conte di Sortella , e passò all’India nel 1.555
con D. Leonardo di S'usa , capitano generale della flotta
di quell’ anno. Nelle Relazioni de’ Gesuiti si legge
quanto opero per la fede questo ministro del vangelo } e
come sostenne il martirio.
53
, . . Conte gli storni
tniano a dare il fero assalto i Mori.
Ariosto.
54
Don Pedro de Nhajra , valente cavaliere castigliano.
5l2
NOTE
Con soli 35 uomini , atti a portare le armi , sostenne
l’assedio di 6000 Cafri in un forte che il Re di Sofala
gli uvea permesso di costruire.
55
JYunc age , Dardaniam prolem quae deinde sequalur
Gloria , qui maneant Itala, ile gente nepotes ,
Ilìuslres animas nostrumqre in nomea iluras ,
Expediam dictis , et te tua fata docebo.
Jlle ( vides ) puri! juvenis qui nititur basta ,
Proxima sorte tenet lucis loca ; primus ad auras
/Ethereas Italo commixtus sanguine surget ,
Sy h’ius , Albanum nomea , tua posthuma protesi
Ouem iibi longaevo serum Lavinia coniux
Educet sylvis regem , regumque parentem j
linde genus longd nostrum dominabitur Alba.
Virgilio.
56
Don Cristoforo , figlio di fiasco di Gama , andò per
comando del padre in aiuto del prete Gianni , o signor
dell ’ Etiopia , contro i Mori. Egli vinse in. due successive
battaglie , e nella tersa fu ucciso.
57
E dal sereno del giammai non cade
Pioggia che bagne in quella parie il mondo.
T. Tasso.
58
. . . Et equorum duellica proles .
Lucrezio.
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5 1 3
NOTE
Don Pedro di Castelbranco , capitano di Or in ut , mo-
strò gran valore contro una grossa armata turchese a.
Co
Tantum aevi longinqua vaici mutare vetustas.
Virgilio.
61
È la città che gli Europei chiamano San-Tomè , o
San Tommaso , seguendo le tradizioni qui ammesse dal
poeta portoghese. Eli’ è opinione ricevuta che l’apostolo
San Tommaso predicò la fede nell’Oriente, e ricevette
la corona del martirio nel Coromandel . I Portoghesi af-
fermano aver trovato il suo corpo nel mezzo alle rovine
dell’ antica Mèliapur , città che quantunque dodici leghe
lontana dal mare , pure fu inondala. Era stala fabbri-
cata più lungi la nuova Mèliapur , di cui i Portoghesi
si impadronirono. Si f sa d’ altra parte che gli storici
moderni appellarono Cristiani di San Tommaso tutti
quelli dell’ Egitto e dell’ Africa che professavano una
specie di rito greco , mescolato di giudaismo.
61
Già era il mondo tutto quanto pregno
De la vera credenza seminata
Per li messaggi de C eterno regno.
Dante*
63
Si habuerilis fulem , et non luiesitaveritis , non solum
diffìcilia facietis , sed et si monti huic dixeritis , Tolte
«l jacta te in mare , fi et.
S. Matteo*
Camoens
33
5 1 4
NOTE
64
Cogitaverunt ut Lazarum interfcerent , quia multi
propter illuni abibant ex Judaeis , et Creitela nt in Jesum .
S. Giov.
65
Te nemus sfngitiae , vitrea te Fucinus unita ,
Te liquidi Jlevere Incus.
Virgilio.
Marcida te fractis planxerunt Jsmara thyrsis , -
Te Tmolos , te Ajsa Jerax , T/icseaque Naia ,
Et Thelana metu juratus in orgia Ganges.
Stailo.
Pia user le sante Dive
La tua spietata morte ,
1 fumi il sanno , le spelonche e i faggi ,
Pianser le verdi rive } ec.
Sannazaro.
66
Questa opinione , sommamente verisimile , e la stessa
che pii antichi avevano sull ’ Italia e sulla Sicilia , «
c//c r spiegata in qtte’ bei versi di V irgilio che sem-
brano imitati dal Camoens.
IJaec loca vi quondam et vasta convulsa ruina
Dissiluisse ferunt : cum protinus utraque tellus
I na Joietf vmit medio ut pontus , et undis
H espen un- siculo latus absadit , arvaque et urbe s
Littore diductas angusto inlerluit aestu.
67
II Camoens , interessante miai sempre quando parla di
se medesimo , trova qui un’ occasione Jortunatissima per
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NOTE
5i5
rammentare il sua naufragio tulle cotte di Camhaia ,
quando torno dalla China dove era stato esiliato dal
viceré dell ’ Indie.
68
Questo errore storico prova P ignoranza di quel tempo
intorno a ’ costumi del vasto impero della China , il
quale, uvea ricevuto sulle sue coste alcuni negozianti
dell ’ Europa. Egli è vero bensì che gli imperad tri chi-
nesi son padroni di nominare il lor successore ; ina essi
lo scelgono sempre tra i loro figli : per tal modo se
non é rispettato V ordine di primogenitura , sono per
altro rispettati i naturali diritti. Ma bastava un sol
fiatto male interpretato per ingannare uomini i quali mai
non P erano internati addentro la China.
<*)
Si chiamano uccelli del paradiso. Le loro penne son
colorite di un misto d' oro , di porpora e di azzurro.
Fanno i loro nidi in siti elevati e quasi inaccessibili , è
siccome di rado si lasciano accostare , ed è il pigliarli
diffìcilissimo , correva P opinione che mai non posassero
sulla terra.
70
Specie di liquore solforoso , del quale si trovano sor-
genti in varie contrade.
1l
Nell’ isola di Cerino sorge una montagna alta setta
leghe. Sulla sua cima si trova una pietra piatta , nella
quale è P impronta del piede dì un uomo. Gli Orientali
dicono che quella è un ’ orma di vi damo. Altri preten-
dano che è il vestigio d* un solitario indiano. Ma tutti
tengono in profondo rispetto quella montagna , alla
quale vanno moltissimi pellegrini.
e
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5i6
NOTE
7»
II cocco delle Maldive , specie d* albero il quale , per
la sua forma e per le sue foglie , è molto somigliante al
palmizio. Si alza dal fondo dell ’ acque fino al di sopra
della loro superficie. Il suo frutto è coperto d* una dura
scorza , della quale si fanno vasi molto in pregio , de*
quali è fama che distruggano la forza dei veleni che in
essi vengono posti.
73
Il legno del Eresile. Alvares Cabrai fa il primo che
discoprì la costa del Eresile , dove fu gettalo dalla tem-
pesta nell * anno i5oi , non sapendo di aver toccato il
continente dell’America. I Portoghesi non mancarono di
stahiìirvisi in appresso , ad onta degli Spagnuoli divenuti
padroni del nuovo mondo. Il Bresile fu chiamato Santa
Croce f in principio.
Ferdinando Magallanes 0 Magellano , gentiluomo por-
toghese. Il re Emmanuele ricusò di aumentare i suoi
assegni di cinque reali al mese . Egli si ritirò presso
Carlo V . ed ottenne la naturalità spagnuola. Nessuno
ignora eh * egli ha scoperta verso la punta meridionale
dell America la Terra del Foco ^ e lo stretto che porta
ancora il nome di Magellanico.
7 5
Fin qui Giove permette , e non mi è dato
Più in là scoprirvi de’, futuri eventi.
Marino.
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NOTE
76
Hac tenu.t , 0 Superi , partus tentasse verendos
Sii salii,
Sannaiaro.
77
3fa oggi è fatta , o secolo inumano !
V arte, del poetar troppo infelice.
Lieto nido , esca dolce , aura cortese
Bramano i Cìeni. Non si va in Parnaso
Con le cure mordaci : e chi pur sempre
Col suo destin garrisce e col disagio ,
V ien roco e perde il canto e la favella.
G. B. Guarino.
78
. . • Victor que virtim volitare per ora,
Primus ego in palriam mecum ( modo vita supersit )
Aonio rediens deducam vertice Musai
Primus Idumaeas referens tibi , Mantua , palmas.
Virgilio.
. . . Pertjue omnia saecula fama
( Si quid habenl veri vatum pracsagia ) vivam.
Ovidio.
Con s! sublime stil forse cantato
Avrei del mio signor l * armi e gli onori ,
Che non avria de la Meonia tromba
Da invidiar Achille t e la mia patria ,
Madre di Cigni sfortunati , andrebbe
Già per me cinta del Secondo alloro.
Guarino.
FINE
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INDICE
^Avveiitimento degli Editori .... pag. in
Compendio della Vita di Luigi Camoens ,
scritto dalla Baronessa di Stael ...» X1
Giunta al Compendio della Vita, del signor
Villenave . . » 31X1
Cenni del sig. Sismondo de' Sismondi sopra
il Poema u xjmI
Giudizio di G. Andres sopra il Poema.
»
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Prefazione del Traduttore . . .
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XXXIX
I LUSI AD
I
Soggetto storico del Poema. . .
97
3
Canto I
99
LI
II
99
59
Ili
99
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IV
99
V
97
223
VI
97
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VII
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99
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